PFIZER E GLI ACCORDI SEGRETI CON L’UNIONE EUROPEA La Commissione Europea ancora oggi si rifiuta di pubblicare i messaggi di testo scambiati tra la presidente del braccio esecutivo dell’Unione Europea Ursula von der Leyen e Albert Bourla, l’amministratore delegato della società farmaceutica Pfizer, dando l’ennesima dimostrazione che tra l’azienda farmaceutica e l’UE ci sono stati dei rapporti privilegiati e che i cittadini non devono sapere. Un’indagine del Mediatore europeo Emily O’Reilly, pubblicata nel gennaio 2022, ha rilevato che la Commissione non ha chiesto i messaggi all’ufficio della von der Leyen. O’Reilly scrive a proposito: “Se i messaggi di testo riguardano politiche e decisioni dell’UE, dovrebbero essere trattati come documenti dell’UE”. Tuttavia, in risposta, la Vicepresidente della Commissione Vera Jourová ha insistito sul fatto che non c’è nulla di importante. I nostri media e i nostri governanti sembra non vogliano dare peso a questa vicenda che ha condizionato le scelte sanitarie di milioni di cittadini, spesso obbligandole contro il loro volere. Negli USA però il quotidiano NewYork Times non ha accettato le risposte evasive dell’ UE come hanno fatto tutti i giornali europei e ha ha citato in giudizio la Commissione Europea. Il NYT sostiene che la Commissione Europea ha l’obbligo legale di pubblicare i messaggi, che potrebbero contenere informazioni sugli accordi del blocco per l’acquisto di miliardi di euro di vaccini Covid-19. La decisione del New York Times arriva dopo che anche Alexander Fanta, giornalista di netzpolitik.org, ha chiesto l’accesso ai testi, ma gli è stato rifiutato. All’UE e alla sua presidentessa Ursula Von der Leyen non è mai interessata la salute dei cittadini europei ma, probabilmente, il profitto e altri interessi che ne avrebbero avuto tramite l’acquisto di milioni di dosi del vaccino prodotto da Pfizer.


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PFIZER E GLI ACCORDI SEGRETI CON L’UNIONE EUROPEA

La Commissione Europea ancora oggi si rifiuta di pubblicare i messaggi di testo scambiati tra la presidente del braccio esecutivo dell’Unione Europea Ursula von der Leyen e Albert Bourla, l’amministratore delegato della società farmaceutica Pfizer, dando l’ennesima dimostrazione che tra l’azienda farmaceutica e l’UE ci sono stati dei rapporti privilegiati e che i cittadini non devono sapere.

Un’indagine del Mediatore europeo Emily O’Reilly, pubblicata nel gennaio 2022, ha rilevato che la Commissione non ha chiesto i messaggi all’ufficio della von der Leyen.
O’Reilly scrive a proposito: “Se i messaggi di testo riguardano politiche e decisioni dell’UE, dovrebbero essere trattati come documenti dell’UE”.
Tuttavia, in risposta, la Vicepresidente della Commissione Vera Jourová ha insistito sul fatto che non c’è nulla di importante.

I nostri media e i nostri governanti sembra non vogliano dare peso a questa vicenda che ha condizionato le scelte sanitarie di milioni di cittadini, spesso obbligandole contro il loro volere.
Negli USA però il quotidiano NewYork Times non ha accettato le risposte evasive dell’ UE come hanno fatto tutti i giornali europei e ha ha citato in giudizio la Commissione Europea.
Il NYT sostiene che la Commissione Europea ha l’obbligo legale di pubblicare i messaggi, che potrebbero contenere informazioni sugli accordi del blocco per l’acquisto di miliardi di euro di vaccini Covid-19.
La decisione del New York Times arriva dopo che anche Alexander Fanta, giornalista di netzpolitik.org, ha chiesto l’accesso ai testi, ma gli è stato rifiutato.

All’UE e alla sua presidentessa Ursula Von der Leyen non è mai interessata la salute dei cittadini europei ma, probabilmente, il profitto e altri interessi che ne avrebbero avuto tramite l’acquisto di milioni di dosi del vaccino prodotto da Pfizer.

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Condividiamo da La Riscossa: Il compagno Emilio Lambiase, membro del Consiglio Mondiale Josè Martì e Presidente del Circolo Armando Hart Davalos, sezione italiana della società culturale Josè Martì, è stato premiato dal Presidente di Cuba e Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba, Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, durante i lavori della V Conferenza Internazionale per l’Equilibrio del Mondo organizzata dal Consiglio Mondiale Josè Martì, la MEDAGLIA DEL 25° ANNO DELL’OFFICINA DEL PROGRAMMA MARTIANO. 👇 L’articolo completo 👇 https://bit.ly/Cuba-Emilio-Lambiase


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Condividiamo da La Riscossa:

Il compagno Emilio Lambiase, membro del Consiglio Mondiale Josè Martì e Presidente del Circolo Armando Hart Davalos, sezione italiana della società culturale Josè Martì, è stato premiato dal Presidente di Cuba e Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba, Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, durante i lavori della V Conferenza Internazionale per l’Equilibrio del Mondo organizzata dal Consiglio Mondiale Josè Martì, la MEDAGLIA DEL 25° ANNO DELL’OFFICINA DEL PROGRAMMA MARTIANO.

👇 L’articolo completo 👇
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NO ALL’IMPERIALISMO SI AL MULTILATERISMO Non sosteniamo le proteste sostenute e finanziate dall’estero. In due foto la rappresentazione plastica della realtà. Da una parte Cina e Iran che chiedono la fine del unilateralismo per un mondo multipolare che possa far crescere e far progredire tutti liberamente contro le imposizioni e le sanzioni del mondo unipolare dell’Imperialismo statunitense e dei suoi alleati europei. Dall’altra la nuova rivoluzione colorata mostra il suo vero volto. Parviz Sabeti – il più famoso torturatore e assassino della Savak, la polizia segreta dell’Iran dello scià alleato di USA e Gran Bretagna, l’organizzazione più brutale del Medio Oriente, con le famigerate camere di tortura in cui gli oppositori politici, in particolare comunisti, venivano sottoposti a ogni tipo di sevizia – è apparso ieri durante la manifestazione promossa a Los Angeles contro l’Iran. No alle facili tifoserie. Il mondo non è in bianco e nero. Pur essendo lontanissimi ideologicamente dal regime iraniano degli ayatollah, oggi bisogna capire quale è il nemico principale, e il nemico principale è l’imperialismo USA con i suoi alleati e tutte le finte rivoluzioni che organizza nei Paesi che si oppongono alla sua politica oppressiva e sanguinaria.


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NO ALL’IMPERIALISMO
SI AL MULTILATERISMO

Non sosteniamo le proteste sostenute e finanziate dall’estero.
In due foto la rappresentazione plastica della realtà.
Da una parte Cina e Iran che chiedono la fine del unilateralismo per un mondo multipolare che possa far crescere e far progredire tutti liberamente contro le imposizioni e le sanzioni del mondo unipolare dell’Imperialismo statunitense e dei suoi alleati europei.
Dall’altra la nuova rivoluzione colorata mostra il suo vero volto. Parviz Sabeti – il più famoso torturatore e assassino della Savak, la polizia segreta dell’Iran dello scià alleato di USA e Gran Bretagna, l’organizzazione più brutale del Medio Oriente, con le famigerate camere di tortura in cui gli oppositori politici, in particolare comunisti, venivano sottoposti a ogni tipo di sevizia – è apparso ieri durante la manifestazione promossa a Los Angeles contro l’Iran.

No alle facili tifoserie. Il mondo non è in bianco e nero.
Pur essendo lontanissimi ideologicamente dal regime iraniano degli ayatollah, oggi bisogna capire quale è il nemico principale, e il nemico principale è l’imperialismo USA con i suoi alleati e tutte le finte rivoluzioni che organizza nei Paesi che si oppongono alla sua politica oppressiva e sanguinaria.

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COSA C’È DIETRO ALLA CORSA ALL’AUTO ELETTRICA Torna in auge un’analisi finanziaria del 19 maggio 2022 di Profundo richiamata da alcuni giornali italiani. In quel report si dice chiaramente che «Un’elettrificazione più rapida aumenterebbe le azioni e i profitti delle case automobilistiche» L’analisi condotta su sei case automobilistiche, rileva che esse «aggiungerebbero 800 miliardi di euro al loro valore azionario se effettuassero una transizione più rapida in questo decennio invece di aggrapparsi al loro modello di business dei motori a combustione». «La concorrenza di veicoli elettrici a batteria più economici e normative più severe ha colpito le vendite e ridotto le loro economie di scala». Volkswagen potrebbe aumentare il suo valore di mercato di oltre tre volte (253%) e Stellantis quasi cinque volte (388%) rispetto a oggi se passassero all’elettrico più velocemente del previsto, secondo l’analisi. Le opportunità sono ancora maggiori per Mercedes-Benz (+471% in 10 anni) e BMW (+472%). Più indietro la Toyota (+70%) più lenta degli altri a elettrificare i modelli. In tutto questo la “salvezza del pianeta” non c’entra niente. Ormai è il segreto di Pulcinella che le auto elettriche provocheranno un incremento colossale dell’inquinamento. Il vantaggio in termini di emissioni si realizza dopo i 75mila chilometri, quando si dovranno cambiare le costosissime e devastanti batterie. Inoltre il contributo europeo alle emissioni di CO2 è trascurabile, l’8% del mondiale, mentre ormai coi nuovi motori le cause del particolato sono da attribuirsi più all’usura dei pneumatici che del motore a scoppio. Gli USA già corrono con gli incentivi (costo dell’auto elettrica e a benzina uguali), Francia e Germania si stanno attrezzando. L’Italia faticherà più di tutti. Considerando però che la manodopera impiegata nella costruzione di auto elettriche è radicalmente inferiore a quelle dei motori a combustione interna e che le manutenzioni saranno tutte monopolizzate dai costruttori (addio cara officina sotto casa!), l’impatto sulla forza lavoro è chiara: più capitale e meno lavoro. Aumento della “composizione tecnica” del capitale con conseguente aumento della sua “composizione organica”, quindi riduzione della quota salario, aumento del saggio di sfruttamento. Ma –attenzione! – a causa dell’enorme sopravvalutazione della quota capitale, “caduta tendenziale del saggio di profitto”. Qualcuno 156 anni fa lo aveva già detto. Ma chi era?


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COSA C’È DIETRO ALLA CORSA ALL’AUTO ELETTRICA

Torna in auge un’analisi finanziaria del 19 maggio 2022 di Profundo richiamata da alcuni giornali italiani.
In quel report si dice chiaramente che «Un’elettrificazione più rapida aumenterebbe le azioni e i profitti delle case automobilistiche»
L’analisi condotta su sei case automobilistiche, rileva che esse «aggiungerebbero 800 miliardi di euro al loro valore azionario se effettuassero una transizione più rapida in questo decennio invece di aggrapparsi al loro modello di business dei motori a combustione».
«La concorrenza di veicoli elettrici a batteria più economici e normative più severe ha colpito le vendite e ridotto le loro economie di scala».
Volkswagen potrebbe aumentare il suo valore di mercato di oltre tre volte (253%) e Stellantis quasi cinque volte (388%) rispetto a oggi se passassero all’elettrico più velocemente del previsto, secondo l’analisi. Le opportunità sono ancora maggiori per Mercedes-Benz (+471% in 10 anni) e BMW (+472%). Più indietro la Toyota (+70%) più lenta degli altri a elettrificare i modelli.
In tutto questo la “salvezza del pianeta” non c’entra niente. Ormai è il segreto di Pulcinella che le auto elettriche provocheranno un incremento colossale dell’inquinamento. Il vantaggio in termini di emissioni si realizza dopo i 75mila chilometri, quando si dovranno cambiare le costosissime e devastanti batterie. Inoltre il contributo europeo alle emissioni di CO2 è trascurabile, l’8% del mondiale, mentre ormai coi nuovi motori le cause del particolato sono da attribuirsi più all’usura dei pneumatici che del motore a scoppio. Gli USA già corrono con gli incentivi (costo dell’auto elettrica e a benzina uguali), Francia e Germania si stanno attrezzando. L’Italia faticherà più di tutti.
Considerando però che la manodopera impiegata nella costruzione di auto elettriche è radicalmente inferiore a quelle dei motori a combustione interna e che le manutenzioni saranno tutte monopolizzate dai costruttori (addio cara officina sotto casa!), l’impatto sulla forza lavoro è chiara: più capitale e meno lavoro.
Aumento della “composizione tecnica” del capitale con conseguente aumento della sua “composizione organica”, quindi riduzione della quota salario, aumento del saggio di sfruttamento. Ma –attenzione! – a causa dell’enorme sopravvalutazione della quota capitale, “caduta tendenziale del saggio di profitto”. Qualcuno 156 anni fa lo aveva già detto. Ma chi era?

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2035 STOP AUTO BENZINA – DIESEL UNIONE EUROPEA CONTRO I POVERI MENTRE FINGE DI FARE POLITICHE “GREEN” Quella che in apparenza può sembrare una cosa giusta, fatta per il bene di tutti, in realtà è una cosa totalmente folle e che fa gli interessi di alcune multinazionali a scapito di altre, ma soprattutto contro gli interessi del popolo che poi dovrà pagare per tutto questo. È folle perché le auto elettriche non sono la soluzione. Purtroppo, sottolineiamo, magari ci fosse una soluzione reale al problema. Ma così non è. Tutti gli esperti del settore lo sanno. La produzione di auto elettriche è estremamente inquinante, lo smaltimento delle batterie è estremamente inquinante, per non parlare dell’estrazione dei minerali che servono a produrre le batterie e oltre al fatto che bisogna aumentare enormemente la produzione di elettricità per poter ricaricare milioni di auto attaccate alla rete elettrica nazionale, e abbiamo visto le difficoltà di produrre energia senza i combustibili fossili (perché questi vanno eliminati gradualmente, sennò che politiche green sono?) Non esiste ancora una soluzione a questo problema. Certo bisogna che si investa in ricerca per produrre auto pulite, o che inquinino sempre meno. Ma soprattutto bisogna investire in mobilità pubblica, pulita, efficiente, capillare ed economica, in modo che possa essere una reale alternativa all’uso di auto private, che, elettriche o no, sono comunque ecologicamente insostenibili. Questa scelta, come tutte le scelte fatte dall’Unione Europea, come quella sull’efficientamento energetico delle case è fatto contro il popolo. Perché i poveri – e per poveri intendono la stragrande maggioranza della popolazione che vive del proprio lavoro, non solo disoccupati e precari – devono imparare a stare zitti, ad andare a vivere fuori dalle città e ad essere poveri e pronti a fare tutto quello che vogliono senza ragionare e porsi troppe domande. Poi però il capitalismo dovrà anche dare una risposta a tutti i lavoratori che perderanno il posto di lavoro nell’industria dell’auto europea. E questa risposta non ce l’hanno e non l’avranno mai. L’unica soluzione è lavorare meno, tutti e meglio … ma questo si può fare solo con un cambio di sistema radicale che metta al centro l’uomo e l’ambiente in cui vive e non il profitto.


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2035 STOP AUTO BENZINA – DIESEL
UNIONE EUROPEA CONTRO I POVERI
MENTRE FINGE DI FARE POLITICHE “GREEN”

Quella che in apparenza può sembrare una cosa giusta, fatta per il bene di tutti, in realtà è una cosa totalmente folle e che fa gli interessi di alcune multinazionali a scapito di altre, ma soprattutto contro gli interessi del popolo che poi dovrà pagare per tutto questo.
È folle perché le auto elettriche non sono la soluzione. Purtroppo, sottolineiamo, magari ci fosse una soluzione reale al problema. Ma così non è. Tutti gli esperti del settore lo sanno.

La produzione di auto elettriche è estremamente inquinante, lo smaltimento delle batterie è estremamente inquinante, per non parlare dell’estrazione dei minerali che servono a produrre le batterie e oltre al fatto che bisogna aumentare enormemente la produzione di elettricità per poter ricaricare milioni di auto attaccate alla rete elettrica nazionale, e abbiamo visto le difficoltà di produrre energia senza i combustibili fossili (perché questi vanno eliminati gradualmente, sennò che politiche green sono?)

Non esiste ancora una soluzione a questo problema.
Certo bisogna che si investa in ricerca per produrre auto pulite, o che inquinino sempre meno.
Ma soprattutto bisogna investire in mobilità pubblica, pulita, efficiente, capillare ed economica, in modo che possa essere una reale alternativa all’uso di auto private, che, elettriche o no, sono comunque ecologicamente insostenibili.
Questa scelta, come tutte le scelte fatte dall’Unione Europea, come quella sull’efficientamento energetico delle case è fatto contro il popolo.

Perché i poveri – e per poveri intendono la stragrande maggioranza della popolazione che vive del proprio lavoro, non solo disoccupati e precari – devono imparare a stare zitti, ad andare a vivere fuori dalle città e ad essere poveri e pronti a fare tutto quello che vogliono senza ragionare e porsi troppe domande.

Poi però il capitalismo dovrà anche dare una risposta a tutti i lavoratori che perderanno il posto di lavoro nell’industria dell’auto europea. E questa risposta non ce l’hanno e non l’avranno mai. L’unica soluzione è lavorare meno, tutti e meglio … ma questo si può fare solo con un cambio di sistema radicale che metta al centro l’uomo e l’ambiente in cui vive e non il profitto.

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LA LOTTA INTESTINA DENTRO IL CAPITALISMO USA Abbiamo più volte espresso il nostro punto di vista sulla battaglia che si è scatenata tra i gruppi capitalistici tra le due sponde dell’Atlantico, in cui i paesi europei soccomberanno impietosamente, chi prima e chi dopo. Oggi due notizie contraddittorie provengono da Oltreoceano. L’inflazione negli USA è in troppo lieve calo rispetto al previsto e ciò manda in confusione le politiche degli speculatori. D’altro lato questo fatto fa incaponire la FED (La Banca Centrale statunitense) a tenere i tassi alti, che danneggiano gli investimenti e favoriscono la speculazione. Quindi le politiche di stretta dell’economia continueranno in controtendenza alle politiche espansionistiche del governo attraverso l’IRA, di cui abbiamo già parlato. Premono insieme freno e acceleratore. Sono pazzi o c’è una lotta interna tra le due grandi fazioni – chi fa profitti con la produzione e chi con la speculazione? A mio parere, un po’ l’uno e un po’ l’altro. Se le due fazioni si trovano d’accordo nel cannibalizzare l’Europa, poi litigano per divedersi il bottino da bravi “predoni”, «secondo la forza relativa», come diceva Lenin. Qui il Parlamento Europeo, per rifarsi il maquillage un po’ scomposto dagli scandali, non trova di meglio che condannare all’inferno la produzione manifatturiera europea, distruggendo l’industria delle auto. E anche qui i “predoni” nostrani litigano su come attrezzarsi la zattera migliore


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LA LOTTA INTESTINA DENTRO IL CAPITALISMO USA

Abbiamo più volte espresso il nostro punto di vista sulla battaglia che si è scatenata tra i gruppi capitalistici tra le due sponde dell’Atlantico, in cui i paesi europei soccomberanno impietosamente, chi prima e chi dopo.
Oggi due notizie contraddittorie provengono da Oltreoceano.
L’inflazione negli USA è in troppo lieve calo rispetto al previsto e ciò manda in confusione le politiche degli speculatori. D’altro lato questo fatto fa incaponire la FED (La Banca Centrale statunitense) a tenere i tassi alti, che danneggiano gli investimenti e favoriscono la speculazione. Quindi le politiche di stretta dell’economia continueranno in controtendenza alle politiche espansionistiche del governo attraverso l’IRA, di cui abbiamo già parlato.
Premono insieme freno e acceleratore. Sono pazzi o c’è una lotta interna tra le due grandi fazioni – chi fa profitti con la produzione e chi con la speculazione?
A mio parere, un po’ l’uno e un po’ l’altro. Se le due fazioni si trovano d’accordo nel cannibalizzare l’Europa, poi litigano per divedersi il bottino da bravi “predoni”, «secondo la forza relativa», come diceva Lenin.
Qui il Parlamento Europeo, per rifarsi il maquillage un po’ scomposto dagli scandali, non trova di meglio che condannare all’inferno la produzione manifatturiera europea, distruggendo l’industria delle auto. E anche qui i “predoni” nostrani litigano su come attrezzarsi la zattera migliore

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RAFFORZARE – UNIRE- ALLARGARE Congresso regionale LIGURIA Sabato 118 febbraio ore 17 GENOVA presso il circolo Autorità Portuale, via Albertazzi 3 I comunisti e la fase attuale: Interverrà Salvatore Catello – Vice Segretario Generale Partito Comunista.


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RAFFORZARE – UNIRE- ALLARGARE

Congresso regionale LIGURIA

Sabato 118 febbraio ore 17
GENOVA presso il circolo Autorità Portuale, via Albertazzi 3

I comunisti e la fase attuale:

Interverrà
Salvatore Catello – Vice Segretario Generale Partito Comunista.

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RAFFORZARE – UNIRE- ALLARGARE Congresso regionale LIGURIA Sabato 118 febbraio ore 17 GENOVA presso il circolo Autorità Portuale, via Albertazzi 3 I comunisti e la fase attuale: Interverrà Salvatore Catello – Vice Segretario Generale Partito Comunista.


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RAFFORZARE – UNIRE- ALLARGARE

Congresso regionale LIGURIA

Sabato 118 febbraio ore 17
GENOVA presso il circolo Autorità Portuale, via Albertazzi 3

I comunisti e la fase attuale:

Interverrà
Salvatore Catello – Vice Segretario Generale Partito Comunista.

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IL GOVERNATORE DI BANKITALIA: “DOBBIAMO FINANZIARE LA GUERRA CON L’INFLAZIONE E IL BLOCCO DEGLI STIPENDI” Gli aumenti delle bollette nell’ultimo anno di luce e gas e l’aumento esponenziale del costo del carburante sono, di fatto, una tassa sulla guerra imposta direttamente dall’Unione Europea per poter continuare a finanziare e armare l’esercito ucraino. A dirlo è il governatore di BankItalia Visco che durante un suo intervento al convegno The Warwick Economics Summit 2023 spiega che è una “tassa” imposta all’Ue dalla guerra e che ce la dobbiamo tenere. Il governatore continua la sua intervista scagliandosi contro l’aumento degli stipendi in Italia che negli ultimi trent’anni sono persino diminuiti del 3%, sostenendo che l’unica soluzione che il nostro Paese può adottare sarebbe quello di aumentare la produttività permettendo alle aziende di investire di più o che si spostino su produzioni a maggior valore aggiunto. A guadagnarci in questo caso sarebbero solamente i grandi industriali e Confindustria mentre i lavoratori sarebbero costretti a lavorare di più con uno stipendio sempre uguale, aumentando così ancora di più il divario economico e sociale tra ricchi e poveri. Il popolo italiano è sempre più martoriato da chi dovrebbe provvedere al suo benessere, da una parte con nuove vere e proprie tasse per finanziare una guerra voluta dai nostri governanti per seguire le politiche belliciste della NATO, USA e UE, dall’altra con il disprezzo che BankItalia, Confindustria e il governo stesso hanno verso chi vive del proprio lavoro schierandosi apertamente tutti contro un aumento degli stipendi. “Le ricadute della stretta monetaria che sta portando avanti la Banca Centrale Europea dovranno quindi sostenerle famiglie e lavoratori.” conclude il governatore Visco il suo intervento.


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IL GOVERNATORE DI BANKITALIA:
“DOBBIAMO FINANZIARE LA GUERRA CON L’INFLAZIONE E IL BLOCCO DEGLI STIPENDI”

Gli aumenti delle bollette nell’ultimo anno di luce e gas e l’aumento esponenziale del costo del carburante sono, di fatto, una tassa sulla guerra imposta direttamente dall’Unione Europea per poter continuare a finanziare e armare l’esercito ucraino.
A dirlo è il governatore di BankItalia Visco che durante un suo intervento al convegno The Warwick Economics Summit 2023 spiega che è una “tassa” imposta all’Ue dalla guerra e che ce la dobbiamo tenere.

Il governatore continua la sua intervista scagliandosi contro l’aumento degli stipendi in Italia che negli ultimi trent’anni sono persino diminuiti del 3%, sostenendo che l’unica soluzione che il nostro Paese può adottare sarebbe quello di aumentare la produttività permettendo alle aziende di investire di più o che si spostino su produzioni a maggior valore aggiunto.
A guadagnarci in questo caso sarebbero solamente i grandi industriali e Confindustria mentre i lavoratori sarebbero costretti a lavorare di più con uno stipendio sempre uguale, aumentando così ancora di più il divario economico e sociale tra ricchi e poveri.

Il popolo italiano è sempre più martoriato da chi dovrebbe provvedere al suo benessere, da una parte con nuove vere e proprie tasse per finanziare una guerra voluta dai nostri governanti per seguire le politiche belliciste della NATO, USA e UE, dall’altra con il disprezzo che BankItalia, Confindustria e il governo stesso hanno verso chi vive del proprio lavoro schierandosi apertamente tutti contro un aumento degli stipendi.
“Le ricadute della stretta monetaria che sta portando avanti la Banca Centrale Europea dovranno quindi sostenerle famiglie e lavoratori.” conclude il governatore Visco il suo intervento.

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RAFFORZARE – UNIRE- ALLARGARE Congresso regionale TOSCANA Sabato 25 febbraio ore 17 FIRENZE presso il circolo arci Ponte a Greve in via pisana 809 I comunisti e la fase attuale: Saranno presenti e interverranno Marco Rizzo – Presidente Onorario Partito Comunista Salvatore Catello – Vice Segretario Generale Partito Comunista.


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RAFFORZARE – UNIRE- ALLARGARE

Congresso regionale TOSCANA

Sabato 25 febbraio ore 17
FIRENZE presso il circolo arci Ponte a Greve in via pisana 809

I comunisti e la fase attuale:
Saranno presenti e interverranno

Marco Rizzo – Presidente Onorario Partito Comunista
Salvatore Catello – Vice Segretario Generale Partito Comunista.

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IL MURO PROPAGANDISTICO SI STA SGRETOLANDO Il punto del Segretario Generale del Partito Comunista Alberto Lombardo Oggi i titoli dei giornali di regime non hanno potuto fare a meno di notare che il dato saliente di queste elezioni regionali è stato quello riguardante l’astensione, che ha raggiunto ormai il 60%. Singolare è che il 60% è anche il dato di coloro che sono nettamente contrari all’invio delle armi in Ucraina da parte dell’Italia. Non siamo disonesti intellettualmente come coloro che hanno identificato il 5% dei terrapiattisti al 5% di coloro che hanno rifiutato il trattamento obbligatorio contro il coronavirus, tuttavia che ci sia un irrecuperabile scollamento tra politica e opinione pubblica ormai non lo può nascondere nessuno. Si affannano a dire che è colpa dei partiti che dovrebbero essere più bravi a intercettare i voti, esaminando chi è andato meno indietro degli altri. Me se poi questi partiti sono del tutto indistinguibili a cosa serve? Questo dato certifica invece che è che è proprio il sistema di acquisizione del consenso che si è rotto. Non servono le passerelle televisive a cui si prestano anche le massime cariche dello Stato, non servono i proclami a reti unificate, le letterine minatorie inviateci dal fronte… L’unica statistica che trovo interessante è quella pubblicata su dati di TECNÈ, dove si vedono quali sono state le categorie sociali che più hanno rifiutato il voto. Spiccano gli Operai (66% in Lombardia, 62% in Lazio). Anche le altre categorie presentano astensionismo altissimo. Unica eccezione i Dirigenti (33% Lombardia, 31% Lazio) che si dimostrano ancora affezionati a questo sistema. Auguri a loro! Probabilmente finirà come i 40mila quadri della Fiat che sfilarono contro gli scioperi operai il 14 ottobre 1980 e che poi furono tra i primi ad essere licenziati. Unire l’opposizione al governo e alla NATO, attrarre gli indecisi, isolare i collaborazionisti. Trasformare la protesta, che oggi riesce ad esprimersi solo attraverso l’astensione, in mobilitazione costante e cosciente.


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IL MURO PROPAGANDISTICO SI STA SGRETOLANDO
Il punto del Segretario Generale del Partito Comunista Alberto Lombardo

Oggi i titoli dei giornali di regime non hanno potuto fare a meno di notare che il dato saliente di queste elezioni regionali è stato quello riguardante l’astensione, che ha raggiunto ormai il 60%. Singolare è che il 60% è anche il dato di coloro che sono nettamente contrari all’invio delle armi in Ucraina da parte dell’Italia. Non siamo disonesti intellettualmente come coloro che hanno identificato il 5% dei terrapiattisti al 5% di coloro che hanno rifiutato il trattamento obbligatorio contro il coronavirus, tuttavia che ci sia un irrecuperabile scollamento tra politica e opinione pubblica ormai non lo può nascondere nessuno.
Si affannano a dire che è colpa dei partiti che dovrebbero essere più bravi a intercettare i voti, esaminando chi è andato meno indietro degli altri. Me se poi questi partiti sono del tutto indistinguibili a cosa serve?
Questo dato certifica invece che è che è proprio il sistema di acquisizione del consenso che si è rotto. Non servono le passerelle televisive a cui si prestano anche le massime cariche dello Stato, non servono i proclami a reti unificate, le letterine minatorie inviateci dal fronte…
L’unica statistica che trovo interessante è quella pubblicata su dati di TECNÈ, dove si vedono quali sono state le categorie sociali che più hanno rifiutato il voto. Spiccano gli Operai (66% in Lombardia, 62% in Lazio). Anche le altre categorie presentano astensionismo altissimo. Unica eccezione i Dirigenti (33% Lombardia, 31% Lazio) che si dimostrano ancora affezionati a questo sistema. Auguri a loro! Probabilmente finirà come i 40mila quadri della Fiat che sfilarono contro gli scioperi operai il 14 ottobre 1980 e che poi furono tra i primi ad essere licenziati.
Unire l’opposizione al governo e alla NATO, attrarre gli indecisi, isolare i collaborazionisti.
Trasformare la protesta, che oggi riesce ad esprimersi solo attraverso l’astensione, in mobilitazione costante e cosciente.

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