Se ce ne fosse stato bisogno la vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica ci indica quanto deleteria sia stata l’involuzione di una sinistra che ormai alterna momenti di incapacità surreale a scenari di definitivo arretramento politico, culturale e istituzionale. Quando si parla d’incapacità, il riferimento a Bersani non e’ assolutamente casuale, ma quando si parla di involuzione la scelta, di passo in passo, e’ arrivata alla scelta del presidenzialismo. Cioè della costruzione istituzionale più congeniale (per quello che può valere oggi la politica) ai poteri forti del capitalismo globalizzato. La critica alla “vecchia politica”, il nuovismo dei Grillo e Renzi, i guru mediatici Santoro, Fazio, Floris e Travaglio, il tradimento eclettico della sinistra radicale sono tutti gli attori (addirittura a volte inconsapevoli) che hanno spianato l’idea del plebiscitarismo in una opinione pubblica assolutamente privata della capacita’ di distinguere tra realtà apparente ed effettiva. Che fare? Intanto riconoscere che la “cultura” politica della pseudo-sinistra (dalla mutazione genetica del PCI alla Bolognina, dalla fine della centralità del conflitto capitale-lavoro all’irruzione dei particolarismi teorici) e’ il vero “cavallo di Troia” del capitale. E poi, ultimo ma non ultimo, riconoscere che di fronte alla crisi strutturale del sistema capitalistico l’unico fattore di resistenza prima e di attacco poi, e’ la costruzione del soggetto politico che, anche storicamente, ha saputo batterlo il capitalismo: il Partito Comunista di natura leninista. Alla faccia del “movimento dei movimenti”, del “popolo viola”, degli “indignatos”, del “partito sociale” ed altre inconcludenti cazzate.