EUROPEE. RIZZO CAPOLISTA DEL PARTITO COMUNISTA IN TUTTI I COLLEGI.

EUROPEE. RIZZO CAPOLISTA DEL PARTITO COMUNISTA IN TUTTI I COLLEGI.

Marco Rizzo guiderà le liste del Partito Comunista per le elezioni europee in tutte le circoscrizioni. A seguire una folta rappresentanza di lavoratori e lavoratrici, membri del comitato centrale del Partito Comunista e studenti impegnati nelle lotte sociali. Al centro del programma del Partito Comunista l’opposizione all’Unione Europea, all’euro e alla Nato; la centralità delle lotte sociali e dei diritti dei lavoratori; la lotta alle privatizzazioni e alle politiche europee sull’agricoltura; il rilancio di un fronte internazionalista dei partiti comunisti in grado di opporsi all’avanzata della destra e alla deriva di una sinistra ormai a pieno titolo forza politica interna al sistema capitalistico.

Come già precisato l’obiettivo del Partito Comunista non è quello di alimentare illusioni sulla riformabilità dell’Unione Europea e delle sue istituzioni, ma utilizzare gli spazi mediatici e politici concessi nella campagna elettorale per trasmettere ai lavoratori e alle classi popolari le nostre parole d’ordine, la necessità del rafforzamento della costruzione del Partito Comunista e delle lotte sociali, facendo avanzare la convinzione che solo una lotta per il rovesciamento di questo sistema può portare ad un reale cambiamento delle condizioni di vita favorevole ai lavoratori e ai popoli europei.

Le liste comuniste saranno presentate tra domani e dopodomani negli uffici circoscrizionali entro i termini di legge. Siamo fiduciosi dell’esito positivo della presentazione, certi che, alla luce delle norme elettorali, non ci saranno problemi a riconoscere il PC tra i partiti esonerati dalla raccolta delle firme, vista la presentazione del simbolo composito che al suo interno ha il riferimento dell’Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa, rappresentata in Parlamento Europeo con due deputati eletti nelle fila del KKE.

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RIZZO (PC): «TRIDICO (INPS) DA RAGIONE AI COMUNISTI SU ORARI DI LAVORO. MA DAI 5STELLE SOLO PROPAGANDA»

RIZZO (PC): «TRIDICO (INPS) DA RAGIONE AI COMUNISTI SU ORARI DI LAVORO. MA DAI 5STELLE SOLO PROPAGANDA»

«Mi fa piacere che il Presidente dell’INPS Tridico dia ragione ai comunisti sugli orari di lavoro. Abbiamo sempre sostenuto che la riduzione dell’orario di lavoro a parità salariale è una misura necessaria per ridurre la disoccupazione e che di fronte ai processi di automazione e riduzione del tempo di lavoro necessario questa strada sia l’unica in grado di tutelare a lungo periodo i diritti dei lavoratori». Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista. «Leggo anche che Di Maio avrebbe accolto entusiasticamente la proposta. Siamo sotto elezioni e i cinque stelle devono darsi una riverniciata di sinistra. Quando alle scorse elezioni lo avevamo inserito nel nostro programma ci avevano deriso liquidandoci come partito fuori dalla storia. Sono al governo non bastano slogan elettorali. Serve un vero scontro di classe contro gli interessi della finanza e della Confindustria: ridurre i tempi di lavoro a parità di salario significa attaccare i profitti dei capitalisti. I cinque stelle non lo faranno mai, possono farlo solo i comunisti».

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RIZZO (PC): «SINDACATI CHE FIRMANO APPELLO PRO EUROPA CON CONFINDUSTRIA TRADISCONO I LAVORATORI»

RIZZO (PC): «SINDACATI CHE FIRMANO APPELLO PRO EUROPA CON CONFINDUSTRIA TRADISCONO I LAVORATORI»

«L’Unione Europea è contro i lavoratori. Chi vuole rappresentare e difendere gli interessi dei lavoratori deve essere contro l’Unione Europea. Non ci possono essere visioni intermedie. Il fatto che i sindacati, CGIL di Landini in testa, firmino un appello insieme con la Confindustria in difesa dell’Unione Europea è un doppio tradimento dei lavoratori» Così Marco Rizzo segretario del Partito Comunista. «Il primo tradimento è firmare un appello insieme con i padroni. Significa accettare l’idea che siamo tutti sulla stessa barca e negare il conflitto tra capitale e lavoro. Il secondo tradimento è sostenere l’Unione Europea, che ha dimostrato in questi anni di essere la promotrice delle peggiori politiche contro gli interessi e i diritti dei lavoratori e dei popoli europei. E’ grazie al mercato unico che i lavoratori sono messi gli uni contro gli altri, che la competizione al ribasso sui salari e sui diritti diviene strumento nelle mani dei grandi capitalisti per aumentare i loro profitti. Non nutriamo nessuna fiducia nelle forze che guidano l’UE, e non pensiamo esista possibilità di modificarla dall’interno. Oggi – conclude la nota – CGIL, CISL e UIL hanno per l’ennesima volta tradito i lavoratori, mettendoli alla coda degli interessi di Confindustria e della grande finanza che nell’Unione Europea ha il suo principale centro di difesa di interessi».

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IL PARTITO COMUNISTA IN CORSA PER LE ELEZIONI EUROPEE 2019.

IL PARTITO COMUNISTA IN CORSA PER LE ELEZIONI EUROPEE 2019.

Il Partito Comunista ha depositato questa mattina il contrassegno elettorale per la partecipazione alle elezioni europee 2019. Correremo in tutte le circoscrizioni senza necessità di raccogliere le firme in quanto membri dell’Iniziativa Comunista Europea, rappresentata al Parlamento Europeo da due deputati del KKE, e grazie al consenso apprestato dai compagni greci all’inserimento del loro simbolo nel nostro contrassegno elettorale al fine di rafforzare il presupposti stabiliti dalla legge italiana per il diritto a tale esonero. Il gesto del KKE è una testimonianza di vero internazionalismo, la prova della forza e della solidità dei legami internazionali che il Partito Comunista ha costruito in questi anni con i propri partiti fratelli.

La raccolta delle sottoscrizioni sarebbe stata uno scoglio impossibile da superare altrimenti. La legge richiede infatti 145.000 firme con quote regionali altissime (3.000 nella sola Valle d’Aosta), e dei costi ingenti necessari per le autenticazioni. Si tratta di una legge antidemocratica che ha come unico e chiaro scopo quello di favorire le forze politiche già presenti in Parlamento, spingere i partiti ad accordi forzati e innaturali, coalizzandosi con le forze maggioritarie, impedire la riorganizzazione di forze popolari alternative ai partiti esistenti.

La partecipazione alle elezioni europee non muta il nostro giudizio sulla natura irriformabile dell’Unione Europea, e delle sue istituzioni. Utilizzeremo queste settimane di campagna elettorale per denunciare la reale natura dell’Unione Europea, senza ipocrisie e opportunismi di sorta. Così come abbiamo già fatto nelle elezioni politiche del 2018, diremo chiaramente ai lavoratori e alle lavoratrici che il voto al Partito Comunista è un voto al rafforzamento della prospettiva storica di abbattimento della società capitalista e di accumulazione di forze nella direzione della costruzione di una società socialista.

L’Europa dei lavoratori e dei popoli che noi vogliamo realizzare, potrà essere costruita solo al di fuori dell’Unione Europea che è un’alleanze imperialista al cui timone ci sono le grandi società della finanza. L’Unione Europea è il principale promotore delle politiche di attacco ai diritti dei lavoratori e delle classi popolari, protagonista di guerre e responsabile della crisi. Non esiste spazio per la creazione di una società che metta in primo piano i diritti sociali nella gabbia dell’Unione Europea e dell’euro. Non esiste alcun futuro di progresso, di giustizia e di pace per le nuove generazioni in un sistema antidemocratico che mira a schiacciare i diritti e la condizione dei popoli in favore del profitto di pochi.

Crediamo sia necessario rafforzare il processo di ricostruzione comunista per dare ai lavoratori e alle classi popolari una reale alternativa alla falsa scelta tra le forze di governo e di opposizione, tra europeisti e nazionalisti, divisi nella propaganda ma sempre uniti nella difesa degli interessi della finanza e nell’approvazione di politiche antipopolari. Un’alternativa che non può essere rappresentata da liste elettorali di sinistra, prigioniere di contraddizioni politiche e prive di qualsiasi prospettiva, funzionali solo alla conservazione di vecchi gruppi dirigenti, che puntualmente si presentano a ogni elezione con nomi e simboli diversi, contribuendo solo a disorientare il proprio popolo.

Un’alternativa che dobbiamo realizzare prima di tutto nel nostro Paese, ma coordinandoci e unendoci a livello internazionale con i Partiti Comunisti per rendere più forte la nostra azione. Siamo consapevoli che la presenza del Partito Comunista alle elezioni europee è un importante segnale di rafforzamento dell’Iniziativa Comunista Europea e di tutti i partiti che, nelle difficili condizioni dell’Europa di oggi, stanno portando avanti il processo di ricostruzione comunista. Insieme con i nostri partiti fratelli e sulla base delle linee comuni che ci siamo dati affronteremo questa sfida.

Solo il rafforzamento dei comunisti può creare in Italia e in Europa i presupposti di una reale svolta politica. Per questa ragione invitiamo a votare il 26 maggio per il Partito Comunista e a prendere da subito contatto con le nostre federazioni e con i nuclei del Partito per sostenere la nostra azione.

Roma, 8 aprile 2019

Ufficio Politico
Partito Comunista

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C’è solo una cosa da dire sul suo settantesimo anniversario: la NATO deve essere distrutta!

C’è solo una cosa da dire sul suo settantesimo anniversario: la NATO deve essere distrutta!

La NATO fu fondata settant’anni fa, nel 1949, per bloccare l’influenza ideologica e politica del socialismo e dell’Unione Sovietica, che era notevolmente aumentata dopo la Seconda Guerra mondiale, così come la sua potenza militare. A partire dalla sua fondazione, la NATO è divenuta uno dei quartier generali dell’anti-comunismo e un’alleanza imperialista mirante a fermare l’ascesa della classe operaia. Le loro politiche di guerra di implacabili aggressioni militari minacciavano di attacchi militari diretti, compresi quelli nucleari, contro i paesi che stavano costruendo il socialismo. A ciò fu risposto nel maggio 1955 con la firma del Trattato di Amicizia, Cooperazione e Mutua Assistenza a Varsavia.

La NATO era responsabile di criminali attacchi contro i comunisti nei suoi stati membri ed era il centro delle organizzazioni di contro-guerriglia. Era uno strumento che facilitava gli obiettivi espansionistici dell’imperialismo, attraverso la manipolazione e la restaurazione politica di altri paesi secondo gli interessi di coloro che erano in cima alla gerarchia e creando spazio politico per le idee controrivoluzionarie.

Un altro risultato disastroso della sua creazione fu la corsa agli armamenti, che da un lato creò un nuovo grande mercato per l’accumulazione di capitale per i monopoli e, d’altro lato, significò un duro colpo al socialismo da parte del capitalismo, poiché fu costretto a stanziare grandi risorse che avrebbero potuto migliorare più rapidamente le condizioni di vita della classe operaia e dei lavoratori.

L’imperialismo sta intensificando le sue aggressioni in Ucraina, nei Balcani, in Medio Oriente, in Asia, in America Latina e in tutto il mondo. Gli Stati Uniti usano l’adesione alla NATO come strumento per allineare paesi come il Brasile e la Colombia, dove i suoi collaboratori sono al potere, nelle sue politiche, ristabilendo la propria egemonia in America Latina. D’altra parte, la NATO favorisce l’incitamento al nazionalismo come mezzo per aumentare lo sfruttamento del popolo dei Balcani. Inoltre, vengono intraprese iniziative in Medio Oriente al fine di creare un blocco di Stati arabi contro l’Iran, creando uno sfaldamento che è al servizio del capitale.

La risoluzione per aumentare le “spese di difesa”, approvata nell’ultimo vertice della NATO, è una chiara imposizione a tutti gli stati membri di aumentare il budget per le loro macchine da guerra attraverso tagli di bilancio ai primari bisogni popolari. La NATO sta mettendo il futuro dell’umanità in grave pericolo accelerando la corsa agli armamenti nucleari.

D’altra parte, la crisi del sistema capitalista-imperialista si fa più profonda e la manifestazione di questa crisi può essere vista nell’indebolimento delle alleanze imperialiste, nelle proprie mire perseguite dagli stati imperialisti in Europa e nel deterioramento della capacità di persuasione del capitalismo sulle persone. L’accordo PESCO firmato dagli Stati membri dell’UE per creare la propria macchina da guerra sotto la maschera di “sicurezza e difesa” e il frequente riferimento a un esercito europeo è una manifestazione di questa crisi. Tuttavia, l’alternativa alla NATO non può essere un’altra alleanza militare capitalista, un altro “polo” o “salvatore” di carattere capitalista, né in Europa, né in altre regioni. L’unica via per la pace contro l’aggressione crescente del capitalismo è il socialismo, la fratellanza delle classi lavoratrici.

La NATO è un’organizzazione di guerra attiva da settant’anni. L’elenco criminale di questi settant’anni è pieno di bugie, estorsioni, omicidi e massacri. C’è solo una cosa da dire nel suo settantesimo anniversario: la NATO deve essere distrutta! L’umanità deve eliminare l’arci-nemico della pace e della sicurezza nel mondo, l’imperialismo e le sue organizzazioni come la NATO, il PESCO e l’UE. Per questo motivo, la lotta contro l’organizzazione controrivoluzionaria della NATO non può mai mancare dall’agenda dei comunisti. Noi, come membri dei partiti comunisti e operai dell’Iniziativa Comunista Europea, continueremo a lottare per chiudere tutte le basi militari della NATO, buttare fuori la NATO e tutti i suoi affiliati dai nostri paesi e aree geografiche. Continueremo a lottare insieme per distruggere questa organizzazione criminale prima che causi ancora danni. Continueremo ad organizzarci per la vittoria del socialismo-comunismo.

Abbasso l’imperialismo!

Lunga vita al socialismo!

Il Segretariato dell’ICE

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RIZZO (PC): «CHI DELOCALIZZA VA ESPROPRIATO. GIUSTO STRISCIONE ALLA DM ELEKTRON»

RIZZO (PC): «CHI DELOCALIZZA VA ESPROPRIATO. GIUSTO STRISCIONE ALLA DM ELEKTRON»

«Chi delocalizza le aziende andrebbe espropriato, le fabbriche devono essere di chi lavora. Io sto con i compagni del Partito Comunista del Friuli che hanno esposto lo striscione fuori dai cancelli della Dm Elektron, attirando gli attacchi della Confindustria e la presa di distanza isterica di qualche sindacalista. I comunisti dicono le cose come stanno».

Così Marco Rizzo segretario generale del Partito Comunista in relazione alla vicenda dello striscione affido ai cancelli della Dm Elektron di Buja (UD).

«Il Partito Comunista ha da tempo denunciato la volontà da parte dell’azienda di chiudere e delocalizzare la produzione all’estero. Nel dicembre scorso con un sit-in gli operai avevano cercato di fermare lo spostamento dei macchinari delle linee produttive. Noi stiamo dalla loro parte. Basta imprenditori che prendono finanziamenti e ricorrono al sostegno pubblico per poi delocalizzare. Alla Confinsurtia e alla stampa che accusa i comunisti di avere un linguaggio da “anni di piombo” rispondo che quel periodo non c’entra nulla. Nello striscione è contenuto un messaggio politico chiaro: i lavoratori possono e devono fare a meno dei padroni, perché solo con il potere nelle mani dei lavoratori si potrà evitare la disoccupazione, le delocalizzazione, i ricatti sulla pelle dei lavoratori. Fa pena – conclude la nota – qualche sindacalista che al posto di fare realmente gli interessi dei lavoratori invitando alla lotta ancora una volta punta a spegnere qualsiasi mobilitazione, condannando i lavoratori alla sconfitta».

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Dichiarazione della Iniziativa Comunista Europea di solidarietà con i popoli dell’ex Repubblica federale di Jugoslavia in occasione del 20° anniversario dell’aggressione della NATO contro la RFJ

Dichiarazione della Iniziativa Comunista Europea di solidarietà con i popoli dell’ex Repubblica federale di Jugoslavia in occasione del 20° anniversario dell’aggressione della NATO contro la RFJ

Sono passati vent’anni dall’inizio dell’aggressione della NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, quando nei 78 giorni di bombardamenti vennero uccisi almeno 2.500 civili e feriti oltre 12.500 persone;  furono causati oltre 100 miliardi di dollari di danni; l’ambiente fu contaminato con l’uranio impoverito e con altre armi non convenzionali e proibite; proprietà civili e infrastrutture furono distrutte. Donne, bambini, anziani, madri con i loro neonati, pazienti in ospedale, colonne di profughi, contadini, passeggeri su autobus e treni, lavoratori in fabbriche e uffici, giornalisti … furono tutti vittime innocenti del terrore della NATO. Fino ad oggi, nessuno è stato ritenuto responsabile o perseguito per questi gravi crimini, ma l’imperialismo USA-NATO e UE sono da accusare.

Tra il 24 marzo e l’11 giugno 1999, la Repubblica Federale di Jugoslavia e i suoi abitanti affrontarono lo spietato attacco della più grande alleanza militare del mondo. È difficile confrontare la potenza militare utilizzata, a causa della assoluta sproporzione qualitativa e quantitativa della forza utilizzata.

L’aggressione della NATO alla RFJ fu un attacco imperialista. L’esperienza storica ci insegna che la classe borghese e le alleanze imperialiste utilizzano le questioni esistenti delle minoranze e/o ne creano di inesistenti per dividere i popoli al fine di imporre la politica del “divide et impera”.

L’offensiva della NATO ha violato ogni concetto di diritto internazionale che gli imperialisti usano come pretesto secondo i propri interessi, dal momento che usano i diritti umani per intervenire contro i popoli.

La guerra intrapresa dalla NATO in nome della difesa dei diritti umani si è conclusa con crimini di guerra e civili uccisi.

La Jugoslavia servì come laboratorio sperimentale per i successivi interventi in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria.

La fondazione dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) il 4 aprile 1949, in cooperazione tra gli Stati Uniti e i paesi capitalisti europei, ha creato il braccio armato dell’imperialismo per la difesa del sistema di sfruttamento e la prevenzione dei cambiamenti rivoluzionari in Europa, al fine di attaccare l’Unione Sovietica e gli altri paesi socialisti dell’Europa orientale.

Sin dal suo inizio, la NATO è stata un potente blocco politico e militare aggressivo e un bastione della guerra fredda, ha promosso una massiccia espansione degli armamenti nucleari e convenzionali e rimane responsabile dell’accumulo di incredibili arsenali di armi da guerra e distruzione di massa.

Nonostante la controrivoluzione che ha visto la fine dell’Unione Sovietica e la dissoluzione del Patto di Varsavia (fondata nel 1954 in risposta all’aggressione della NATO), la NATO, invece di dissolversi, ha aumentato la propria forza e portata.

I partiti dell’Iniziativa Comunista Europea devono rafforzare la lotta contro le guerre imperialiste, la NATO e tutte le alleanze imperialiste.

Rafforziamo la lotta contro le guerre imperialiste, la NATO e tutte le alleanze imperialiste!

Mettiamo fine al sistema di sfruttamento che alimenta guerre, crisi, rifugiati, sfruttamento!

Viva il socialismo!

23/03/2019

Segreteria della Iniziativa Comunista Europea

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ARRESTO DE VITO: LA RAGGI SI DIMETTA. VIA GLI AMICI DEI PALAZZINARI!

ARRESTO DE VITO: LA RAGGI SI DIMETTA. VIA GLI AMICI DEI PALAZZINARI!

comunicato della federazione romana del Partito Comunista

La federazione romana del Partito Comunista chiede le immediate dimissioni della sindaca Raggi e della giunta cinque stelle dal Comune di Roma. La vicenda dell’arresto del presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito, esponente di primo piano del movimento romano e già candidato sindaco nella precedente tornata elettorale non può essere trascurata.

Il Movimento Cinque Stelle ha fallito la sua missione di cambiamento della città, finendo per assecondare gli interessi dei costruttori e dei “poteri forti” che in campagna elettorale diceva di voler combattere. Ciò che avevamo previsto prima delle elezioni si è miseramente avverato. Indipendentemente dagli esiti della vicenda giudiziaria esiste una responsabilità politica chiara. Roma è allo sbando, tutti gli elementi di discontinuità del programma dei cinque stelle sono stati accantonati per una sostanziale continuità con le giunte precedenti.

La vicenda dello stadio della Roma è stata paradigmatica. Dall’opposizione all’approvazione di un piano persino peggiorativo in termini di opere a scomputo di quello voluto dalla giunta Marino. Se a ciò fosse corrisposto, come sembrerebbe emergere dall’arresto di oggi, anche il pagamento di tangenti, il tutto si aggraverebbe per gli ulteriori profili. Chi ha fatto della diversità e dell’onestà la propria bandiera, oggi deve trarne le conseguenze.

Il Partito Comunista – conclude la nota – ha sempre dato atto alla giunta capitolina di operare in un contesto di difficoltà e di pesante eredità dovuta all’azione delle giunte precedenti. Ha sempre respinto e continuerà a respingere al mittente le critiche dei partiti responsabili della condizione di Roma (PD e centrodestra in testa). Ma il tempo per questa giunta è scaduto. L’alternativa non esiste, c’è solo la peggiore continuità. La Raggi deve dimettersi immediatamente.

 

Via gli amici dei palazzinari da Roma, quale sia il loro colore politico!

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23 marzo. Progresso significa costruire un mondo per i lavoratori non per il capitale.

23 marzo. Progresso significa costruire un mondo per i lavoratori non per il capitale.

 

Il 23 marzo scenderanno in piazza a Roma i movimenti di lotta contro le grandi opere inutili e per la lotta ai cambiamenti climatici. Il Partito Comunista e il Fronte della Gioventù Comunista saranno in piazza sostenendo queste giuste battaglie. In particolare riteniamo fondamentale in questo momento storico legare le giuste rivendicazioni ambientali a una prospettiva generale di cambiamento del modello di sistema e evidenziare allo stesso tempo il totale cedimento da parte del Movimento Cinque Stelle alle pressioni dei grandi gruppi capitalistici e la rinuncia ai punti più avanzati e di rottura del proprio programma elettorale.

La questione ambientale paradigma dell’insostenibilità del modello capitalistico.

Il capitalismo è un modello insostenibile per il futuro dell’umanità. Non è insostenibile assicurare a tutti una vita dignitosa, i beni e le esigenze essenziali per tutti. È invece insostenibile continuare a promuovere uno sviluppo e un consumo che è finalizzato esclusivamente alla riproduzione del capitale e alla concentrazione dei profitti nelle mani di pochi grandi monopoli finanziari, che allo stesso tempo impedisce alla stragrande maggioranza delle persone di poter avere una vita dignitosa e accesso ai beni essenziali.

In nome di questo interesse i consumi sono stati dirottati sui prodotti più profittevoli, ma non sempre – anzi quasi mai – più necessari; la produzione è orientata in relazione alla capacità di massimizzazione del profitto e non in relazione alle esigenze dei lavoratori e della salvaguardia ambientale. Questi paradigmi sono propri del sistema capitalistico stesso e non sono ascrivibili unicamente all’ingordigia o alla brama di profitti dei singoli capitalisti, è il sistema stesso ad essere malato e ad imporre, pena l’estromissione mercato, di sottomettere la tutela ambientale alle ragioni della concorrenza.

La tendenza generale all’aumento della produzione di merci, alla competizione al ribasso sui prezzi, come strumento per la conquista dei mercati, si pone in conflitto insanabile con la natura finita delle risorse del pianeta e con l’incremento dei costi sociali e ambientali che vengono scaricati sulla collettività per consentire il mantenimento dei margini di profitto privati. Spesso ignoriamo che la massiccia delocalizzazione produttiva verso paesi in via di sviluppo ha diminuito i costi delle merci non solo in ragione di condizioni salariali più basse per i lavoratori locali, ma anche per la possibilità di eliminare i costi di produzione legati alle limitazioni di inquinamento e agli standard minimi di sostenibilità che venivano richiesti nei pasi in cui la sensibilità ambientale cominciava già a crescere e svilupparsi a livello di massa. Ovunque le ricadute ambientali sono costi scaricati sulla collettività da parte delle imprese private, direttamente monetizzate dai capitalisti. In poche parole, il capitale ha subordinato tutto all’accrescimento dei propri profitti, anche a costo di distruggere l’ecosistema e mettere a rischio la sopravvivenza stessa di milioni di persone.

È ormai evidenza scientifica che i cambiamenti climatici siano un prodotto diretto dell’azione dell’uomo, intendendo con questa espressione il modello di utilizzo indiscriminato delle risorse che trae inizio proprio con l’affermazione al potere della borghesia e il suo consolidamento.

Ciò comporta sfide nuove: mutamento dei cicli climatici con conseguente distruzione delle produzioni agricole, siccità e desertificazione, fenomeni atmosferici di portata sempre più eccezionale, innalzamento dei mari e distruzione di habitat, oltre che conseguenze più profonde e ancora da analizzare. Ciò mette in atto processi epocali, come le migrazioni verso i paesi più sviluppati, innesca conflitti locali e guerre per il controllo delle risorse sempre più scarse.

Il capitale ha posto al suo servizio la scienza e la tecnica, impedendo lo sviluppo di tecnologie più sostenibili ove queste si pongano in conflitto con i profitti privati. L’enorme progresso scientifico della nostra epoca potrebbe essere indirizzato verso le reali sfide dell’umanità, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita di milioni di persone e la sostenibilità della nostra esistenza rispetto all’ambiente in cui viviamo.

Il progresso della scienza e delle capacità dell’uomo consentirebbe oggi la soluzione di gran parte dei problemi che affliggono l’uomo e l’ambiente. Ma per far questo sarebbe necessario liberare l’immensa forza della scienza dalle sue catene capitaliste. Questo sarà possibile solo in una diversa società, in cui il potere sia nelle mani dei lavoratori e si perseguano gli interessi della maggioranza e non di una esigua e parassitaria minoranza. La questione ambientale diviene quindi oggi un nuovo paradigma della necessità storica dell’abbattimento del capitalismo e della costruzione di una società socialista. Per questo però è necessaria consapevolezza e il rifiuto di ogni falsa contrapposizione, alimentata scientificamente dai capitalisti, tra ambiente e lavoro. La versa contraddizione è tra ambiente e profitto.

L’ambientalismo capitalista di socialdemocratici e liberali

La centralità della questione ambientale nelle sfide e nel futuro dell’umanità attira inevitabilmente settori economici e politici, che tentano di strumentalizzare, per tornaconti immediati, la giusta lotta e l’attenzione posta da un numero crescente di persone nel mondo. La questione ambientale è divenuta elemento di conflitto internazionale tra Paesi non perché vi siano governi capitalistici più o meno inclini alla salvaguardia dell’ambiente, ma semplicemente perché anche le modifiche richieste nei trattati (si pensi alle emissioni), sono speculari agli interessi dei rispettivi settori monopolistici, e vengono utilizzate quali strumenti indiretti di lotta economica. Le conferenze intergovernative sul clima vengono piegate a questo scontro di interessi. Gli obiettivi, la loro estensione globale, le deroghe ad alcuni paesi, l’obbligatorietà o meno di tali vincoli sono decisi in base a questo confronto di interessi tra l’uno e l’altro settore monopolistico o conglomerato imperialistico. Tutto ciò come si può ben immaginare non necessariamente porta benefici dal punto di vista ambientale, anzi limita l’estensione e l’efficacia degli interventi di salvaguardia climatica.

I Partiti socialdemocratici e liberali in Europa tentano di utilizzare la questione ambientale come strumento per la propria affermazione nelle prossime elezioni europee, tentando di togliere terreno alle forze di destra. Si tratta di un’operazione che nulla ha a che vedere con la difesa dell’ambiente e che viene non a caso portata avanti dagli stessi partiti che in questi anni sono stati promotori degli interessi della finanza e delle grandi imprese. Per questo, con grande sostegno dei media, si scoprono iniziative in favore dell’ambiente, magari “promosse” da giovani, volti nuovi e puliti che di prestato inconsapevolmente a un gioco funzionale a togliere alle lotte per l’ambiente la portata realmente innovativa che oggi potrebbero avere, sottomettendole alle consuete logiche di contrapposizione tra settori del capitale, e tra partiti politici. Chiunque abbia a cuore la questione ambientale oggi non può che rifiutare queste strumentalizzazioni promosse non a caso dalle stesse forze che nei rispettivi Paesi sono corresponsabili delle peggiori politiche in favore degli inquisitori (tanto per citarne una si pensi alle responsabilità del PD sull’Ilva di Taranto)

Queste stesse forze alimentano l’illusione della possibilità di un’economia verde trainata da imprese ecosostenibili. La retorica della green economy, però, è utile soltanto a quelle imprese che beneficeranno dell’ennesimo trasferimento di risorse pubbliche, sotto forma di incentivi, in mano privata. Infatti non può esistere un modello pienamente sostenibile dal punto di vista ambientale in un sistema economico che antepone a qualsiasi altro aspetto la ricerca del maggior profitto privato possibile. L’idea di un capitalismo buono fatto di imprese verdi, che comunque mantengono invariato lo sfruttamento ai danni dei lavoratori e il saccheggio delle risorse dei popoli (non più il petrolio, ma cereali per biocarburanti per esempio), si infrange di fronte a una realtà in cui la sostenibilità ambientale viene cercata soltanto dove essa può garantire un abbattimento dei costi o la possibilità di aprire nuovi mercati su cui fare profitto, non considerando invece le reali esigenze del nostro pianeta.

Il paradigma delle grandi opere utili alla speculazione e non alle classi popolari e la mancata riconversione.

La lotta dei comunisti contro le grandi opere inutili, non è una battaglia contro il progresso e per l’immobilismo. Non significa sposare teorie decresciste o antistorici ritorni al passato. Non è una critica rivolta alla scienza, alla tecnica e alle nuove possibilità che l’innovazione tecnologica consente. Tutt’altro. La nostra è una critica sull’utilità di quelle opere rispetto ad altre più urgenti e necessarie, che sarebbero utili a migliorare la condizione quotidiana di milioni di lavoratori e delle rispettive famiglie. È una critica alla sottomissione delle enormi potenzialità del progresso scientifico al dominio del capitale, che, conseguentemente, ne orienta l’utilizzo nelle forme più utili alla realizzazione di profitti privati per pochi, e non al libero sviluppo in favore della collettività. Senza pretesa di esaustività e rimandando a analisi più specifiche queste sono le principali ragioni della nostra contrarietà alle opere in questione:

   – La TAV è un’opera costosa e inutile. La tendenza storica dello scambio merci tra Francia e Italia dimostra di divergere sensibilmente rispetto ai prospetti entusiastici che erano stati formulati per giustificare il progetto. Il guadagno in termini di spostamento sarà di circa un minuto, ottenibile anche con un ammodernamento della linea già esistente. Il costo è però di miliardi di euro che ben potrebbero essere spesi per un ammodernamento complessivo della rete ferroviaria italiana – quello sì che diminuirebbe sensibilmente traffico su strada e inquinamento – comprese le reti regionali, prese quotidianamente dai lavoratori. Il fatto che sia finanziato in parte con soldi europei non muta la questione: i fondi europei sono frutto della fiscalità generale, sono soldi dei lavoratori italiani e degli altri paesi della UE. Non si tratta di nessun regalo quindi fatto al popolo italiano, semmai di un regalo fatto con i nostri soldi alle imprese che parteciperanno;

   – Il gasdotto TAP è parte integrante del progetto imperialistico USA sul gas, e della guerra commerciale in atto con la Russia che ha come obiettivo la spartizione del mercato energetico europeo. Non si tratta dunque di una banale opera di approvvigionamento energetico dell’Italia, ma di una precisa strategia voluta dalla Nato;

    –  il MUOS ricopre una importanza strategica per l’imperialismo statunitense, con cui è colluso l’imperialismo italiano vincolati dall’alleanza militare della NATO, trasformando la Sicilia, con diverse basi e infrastrutture militari USA/NATO, in una piattaforma strategica per le guerre e interventi imperialisti in Africa e Medio Oriente per la ripartizione e l’ampliamento di sfere d’influenza e equilibri geopolitici, nel quadro di sempre più accese tensioni e dispute interimperialiste per il controllo delle risorse naturali, gasdotti energetici, vie di comunicazione, quote di mercato, nell’esclusivo interesse e per i profitti dei monopoli capitalistici e dei gruppi finanziari.

    – Trivellazioni in adriatico. L’Italia produce appena il 9% del suo fabbisogno di gas e petrolio. In Italia il petrolio non è di alta qualità ed è difficile da raggiungere perché i nostri giacimenti sono molto profondi. Per questa ragione le royalties pagate dalle società sono le più basse del mondo, con la conseguenza che il guadagno finisce pressoché tutto in mani private e non certo a beneficio della collettività. Le società pagano appena il 10% su petrolio e gas, mentre in mare dal 2012 ci sono due diverse aliquote: 10% per il gas e 7% sul petrolio. Il tutto sottoposto a franchigia: nessun pagamento se si producono meno di 20mila tonnellate di petrolio su terra e meno di 50mila in mare. Praticamente un regalo. Sulla collettività invece si scaricano i costi delle trivellazioni, con inquinamento marino e delle coste.

l ricatto occupazionale delle imprese e la difesa del lavoro della classe operaia.

Si dice che le grandi opere portano lavoro; che in un momento di crisi dell’edilizia la garanzia dei livelli occupazionali può essere mantenuta solo attraverso queste opere. Si pubblicano studi che parlano di centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro con la TAV e con le grandi opere, sia nell’immediato che per l’impatto successivo sull’economia. Si tratta di teorie false, frutto di menzogne e manipolazioni finalizzate alla protezione degli interessi dei capitalisti, purtroppo fatte proprie anche da settori maggioritari dei sindacati confederali che le promuovono tra i lavoratori.

Basta vedere i precedenti delle olimpiadi di Torino, dei mondiali di nuoto a Roma, persino dell’Expo di Milano: grandi esborsi per strutture senza alcun impatto successivo in termini occupazionali o con impatto minimo, assolutamente ingiustificato a fronte di montagne di debiti di soldi pubblici finiti nella speculazione privata.

Maggiori e più stabili ricadute favorevoli all’occupazione si avrebbero investendo le medesime somme in opere utili al Paese, come la riconversione edilizia, la creazione di nuove scuole e ospedali, l’ammodernamento delle tratte ferroviarie e stradali del Paese e così via. Tutte queste opere richiedono assunzioni e lavoratori, ma garantiscono margini di profitto inferiori delle grandi concentrazioni speculative. Per questo le grandi società edili e finanziarie non le vogliono. Per questo, al contrario, i lavoratori dovrebbero rivendicarle, dal momento che il miglioramento delle condizioni complessive di vita (salute, istruzione, casa…) interessa proprio i lavoratori salariati e le classi popolari. Si tratterebbe inoltre di posti di lavoro che possono essere mantenuti nel lungo periodo, di occupazione stabile e non di posti vincolati a singole iniziative.

La classe operaia non può piegarsi alle parole d’ordine della Confindustria e degli edili, che utilizzano il ricatto occupazionale come strumento di pressione per la difesa dei loro profitti e non certo per favorire i lavoratori. La classe operaia ha un ruolo storico: abbattere questo modello di sistema e edificare una società dei lavoratori per i lavoratori. La lotta concreta e immediata per la difesa dei posti di lavoro non può marciare separatamente da una visione complessiva dei processi sociali. I lavoratori non possono e non devono essere indifferenti al tipo di sviluppo che viene loro proposto, non devono subirne passivamente gli assunti.

La forza organizzata e la consapevolezza della classe operaia sono l’unico elemento che potrà effettivamente rovesciare questa situazione: innalzare il livello delle lotte e delle loro parole d’ordine significa combattere insieme tanto lo sfruttamento e il ricatto occupazionale, assicurando lavoro e difesa dei salari, tanto rafforzare la lotta complessiva per l rovesciamento di rapporti sociali insostenibili oggi anche alla luce del loro impatto sull’ambiente, sulla salute dell’uomo, sul futuro delle nuove generazioni.

 Il tradimento del Movimento Cinque Stelle e la lotta dei comunisti. 

Il Movimento Cinque Stelle ha dimostrato tutto il suo opportunismo politico. Negli anni si è fatto portavoce dei movimenti di lotta, fino a spingersi a chiedere il “voto utile” contro la frammentazione del voto per portare i cinque stelle al Governo e far bloccare le grandi opere inutili. Al Governo ha ceduto sistematicamente alle pressioni dei settori capitalistici, nazionali e internazionali, spalleggiati apertamente dalla Lega (come pure dal centrodestra e dal PD) approvando tutte le opere di cui aveva assicurato lo stop.

I 5 Stelle hanno dato il via libera al TAP subito dopo il colloquio tra Conte e Trump alla Casa Bianca, hanno autorizzato nuove concessioni e esplorazioni nell’Adriatico; non hanno bloccato il MUOS. Sulla TAV si nascondono dietro un cavillo lessicale in attesa delle prossime elezioni, consapevoli di aver già ceduto. Sull’ILVA di Taranto hanno approvato lo stesso piano promosso dal ministro PD Calenda, accettando la svendita dell’ILVA a una società multinazionale, promuovendo un piano che è assolutamente negativo sia sul piano dell’impatto occupazionale (1/5 dei lavoratori in cassa integrazione) e sul lato ambientale con assicurazione dell’immunità penale e revisione al ribasso dei progetti di riqualificazione, con obblighi pressoché inesistenti per la nuova proprietà.

Tutto ciò è avvenuto non solo a causa dell’opportunismo dei cinque stelle, ma anche e soprattutto perché nessun partito che accetti le logiche capitalistiche, rinunciando alla lotta contro questo modello di società, nessun partito che accetti la permanenza all’interno delle organizzazioni imperialistiche (Nato, UE…) può realizzare un vero cambiamento. É dunque importante che da questa esperienza i movimenti di lotta, i lavoratori e tutti i cittadini sensibili alle tematiche ambientali e all’opposizione alle grandi opere inutili acquisiscano esperienza, evitando di cadere nuovamente nella trappola di nuove forze politiche che faranno dell’ambientalismo una battaglia di circostanza, buona a carpire voti e a trainarle verso successi elettorali. La vera misura della coerenza su queste lotte, si misura con la determinazione strategica a realizzare un rovesciamento delle premesse che le sorreggono.

La lotta dei comunisti per il rovesciamento del sistema capitalistico contiene in sé le rivendicazioni più avanzate dalla lotta per la difesa dell’ambiente. Lottare contro il capitalismo, per la costruzione di una società dei lavoratori e per i lavoratori, significa combattere contro le vere cause e non frammentare inutilmente le lotte in una miriade di comitati e organizzazioni che combattono, ognuna, contro uno dei singoli effetti prodotti dal capitalismo. Per questa ragione l’azione unitaria dei movimenti di lotta può rappresentare un primo passo importante verso l’acquisizione di una maggiore coscienza complessiva e nella conquista di una direzione delle lotte che si rivolga complessivamente al rovesciamento di un modello sociale ingiusto e oggi evidentemente insostenibile anche sotto il profilo della salvaguardia dell’ambiente e della salute.

 

 

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Denunciamo l’intervento imperialista in Venezuela. Solidarietà con il popolo del Venezuela!

Denunciamo l’intervento imperialista in Venezuela. Solidarietà con il popolo del Venezuela!

Noi, Partiti Comunisti e Operai di tutto il mondo, denunciamo con decisione i piani imperialisti, le tattiche minatorie e le minacce scatenate dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e i loro governi alleati in America Latina, per rovesciare il presidente legittimamente eletto del Venezuela, Nicolás Maduro, sottomettere il popolo del paese ai loro interessi imperialistici e saccheggiare le risorse e ricchezza del paese.

Dopo il fallimento della provocazione orchestrata dagli Stati Uniti con la marionetta degli imperialisti Guaidó, il 23 febbraio alla frontiera con la Colombia, con il pretesto degli “aiuti umanitari”, vengono promossi nuovi scenari per un colpo di stato e l’attacco militare imperialista, mentre allo stesso tempo continuano gli sforzi per organizzare nuove provocazioni che daranno un pretesto per l’escalation dell’intervento.

Condanniamo fermamente qualsiasi scenario di colpo di stato e di intervento militare imperialista degli Stati Uniti e i suoi alleati!

Dichiariamo in modo deciso che contro di loro troveranno non solo il popolo del Venezuela, ma anche i Partiti Comunisti e Operai, il movimento operaio e popolare di tutto il mondo.

Condanniamo con veemenza le dichiarazioni del Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, John Bolton, secondo cui il governo degli Stati Uniti segue la dottrina Monroe che considera l’intera America Latina come una loro esclusiva zona d’interesse.

L’America Latina appartiene ai suoi popoli!

 Fedeli ai principi dell’internazionalismo proletario, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo venezuelano, che è l’unico responsabile degli affari interni del suo paese.

Esprimiamo la nostra solidarietà con il Partito Comunista del Venezuela, alla Gioventù Comunista del Venezuela e alle altre forze antimperialiste Venezuelane che lottano in difficili condizioni per difendere gli interessi del popolo.

Abbasso l’imperialismo!

I popoli vinceranno! 

  1. Partito Comunista d’Albania
  2. Partito Algerino per la Democrazia e il Socialismo
  3. Partito del Lavoro d’Austria
  4. Partito Comunista Bangladesh
  5. Partito Comunista Brasiliano
  6. Partito Comunista di Gran Bretagna
  7. Nuovo Partito Comunista di Gran Bretagna
  8. Partito Comunista del Canada
  9. Partito Comunista di Boemia & Moravia
  10. AKEL, Cipro
  11. Partito Comunista in Danimarca
  12. Forza della Rivoluzione, Repubblica Dominicana
  13. Partito Comunista Tedesco
  14. Partito Comunista di Grecia
  15. Partito dei Lavoratori Ungherese
  16. Partito Comunista d’India
  17. Partito Tudeh d’Iran
  18. Partito Comunista d’Irlanda
  19. Partito Comunista, Italia
  20. Partito Comunista Giordano
  21. Movimento Socialista del Kazakhstan
  22. Partito Comunista Libanese
  23. Partito Socialista (Lituania)
  24. Partito Comunista di Malta
  25. Partito Comunista del Messico
  26. Nuovo Partito Comunista dei Paesi Bassi
  27. Partito Comunista del Pakistan
  28. Partito Comunista Palestinese
  29. Partito Popolare Palestinese
  30. Partito Comunista Paraguayano
  31. Partito Comunista Peruviano
  32. Partito Comunista Filippino [PKP 1930]
  33. Partito Comunista Portoghese
  34. Partito Comunista della Federazione Russa
  35. Unione dei Partiti Comunisti – CPSU
  36. Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna
  37. Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia
  38. Partito Comunista dello Swaziland
  39. Partito Comunista di Turchia
  40. Partito Comunista d’Ucraina
  41. Unione dei Comunisti d’Ucraina

 

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L’8 marzo e la posizione delle donne comuniste

L’8 marzo e la posizione delle donne comuniste

Le donne comuniste salariate, disoccupate, lavoratrici autonome, pensionate e studentesse delle classi popolari sono impegnate quotidianamente a rivendicare con le lotte che conducono, diverse condizioni di vita per le donne e per gli uomini. Ma in questo periodo storico, economico e sociale dove anche nel nostro paese si fa sempre più strada una pratica di sfruttamento, violenza e tentativi di ritorno a legislazioni oscurantiste che le donne subiscono in prima persona, diventa necessario ribadire la direzione della nostra analisi e della conseguente nostra pratica di impegno e di lotta.

Molte sono le differenze  che assumono i diritti delle donne nei paesi capitalistici tanto che ,ad esempio, possiamo vedere paesi dove lo stato sovvenziona la sterilizzazione della donna(Asia e Africa), in altri paesi criminalizzano l’aborto(come in Argentina o come si vorrebbe tornare a fare in Italia ed ina altri paesi europei), così come in alcuni paesi dell’ex URSS permangono sistemi di protezione della donna dal punto di vista della tutela della maternità o della bassa età pensionabile, protezioni che con il diritto borghese  gradualmente vengono erose o cancellate. Vogliamo solo citare, non per scarsa importanza, ma perché drammaticamente conosciute le condizioni di pesante coercizione culturale e religiosa che si fanno regole di comportamento ed obblighi sociali, che le donne di molti paesi ancora subiscono come l’infibulazione, i matrimoni combinati, l’obbligo del burka ecc. ecc.

Tutte queste differenziazioni della posizione della donna nella società vengono caratterizzate e dipendono prioritariamente dalle maggiori contraddizioni nella struttura del patto di sviluppo capitalistico. Come il capitalismo ha interesse a mantenere la disuguaglianza per le donne come fonte di risorsa per ulteriori profitti, altrettanto ha saputo per molti versi adeguarsi ai cambiamenti necessari, così la doppia oppressione della donna, di classe e di genere, non si esprime più nelle forme dell’inizio del secolo scorso.

Altrettanto evidente è che il formale aumento dei diritti tra i due sessi, non ha liberato donne e uomini dall’oppressione sociale ed economica su base di classe, confermando che la disuguaglianza vissuta dalle donne della classe operaia e del popolo non può essere “riformata” all’interno del sistema capitalistico. Oggi nei paesi dove è avvenuto un riconoscimento formale dei diritti borghesi delle donne, non si è certamente trovata soluzione di liberarle dai problemi concreti della loro vita.

Anzi, in fase di crisi strutturale del sistema, il capitalismo utilizza, attraverso le sue espressioni politiche, vecchi e nuovi strumenti per accrescere il solco della disuguaglianza e dell’oppressione: così come oggi accade in Italia, per esempio, con il decreto Pillon, con le affermazioni del ministro oltrechè con la creazione del ministero stesso della famiglia, con l’aumento esponenziale dei casi di violenza, ecc., in un complesso intreccio di fenomeni storici e sociali.

Complessità, che a livello paradigmatico, si esprime nel fatto  che nella maggioranza  dei paesi a capitalismo avanzato con l’integrazione delle donne nel lavoro salariato insieme alle modernizzazioni borghesi che avanzano, la tipologia della famiglia, così come riprodotta per secoli, tende a cambiare. Perché il capitalismo abbatte anche le barriere di comunicazione tra i due sessi esistite da 3000 anni, ma non instaura nuove relazioni tra donne e uomini di reale e vera uguaglianza.

Riteniamo che la base per la costruzione di nuove relazioni fra donne e uomini non possa prescindere dalla costruzione di condizioni che oggi non esistono quali: nuove relazioni di produzione, la proprietà sociale, la pianificazione centralizzata.

A tal proposito l’esempio che ci viene dal primo stato operaio nato dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia, ci ha dimostrato l’enorme salto compiuto in un paese in forte arretratezza precapitalistica. Il giovane stato sovietico, non solo ha abbattuto l’apparato di stato zarista e la classe borghese, ma ha abolito tutte quelle leggi che mantenevano e rinforzavano dall’interno e dall’esterno la famiglia patriarcale e la disuguaglianza fra i due sessi. Ha provveduto ad inserire le donne in tutti i settori  (produttivi, culturali, scientifici, politici, ecc)con l’obiettivo della produttività e del beneficio sociale, insieme all’attivazione di avanzatissime misure di protezione della maternità e della salute della donna e soprattutto per il contributo concretamente paritario della donna nella costruzione della società  socialista.

Tutto ciò ci dimostra l’indissolubile legame che esiste tra l’abbattimento della proprietà privata dei principali mezzi di produzione e l’abbattimento delle disuguaglianze e dello sfruttamento subiti dalle donne. La risposta ai bisogni del popolo insieme al soddisfacimento nelle relazioni degli individui con la società e della società con gli individui, si può adempiere solo sulle basi di una radicale riforma della società, attraverso la costruzione socialista con la sua corrispondente sovrastruttura legale ( legislazione giuridica).

Per noi comuniste l’esperienza   storica della costruzione socialista, rappresenta l’esempio cui guardare per dare forza e combattività alle donne nell’attuale fase con i contemporanei livelli di coscienza delle lavoratrici, delle disoccupate, delle giovani, delle migranti proletarie, delle pensionate, a volte condizionate da fatalismo, disfattismo e modalità conservatrici.

Non vogliamo neppure nascondere le difficoltà che si evidenziano in relazione al movimento globale delle donne con quelle organizzazioni che identificano il miglioramento della posizione della donna con la lotta per la modernizzazione borghese, con l’incremento della partecipazione delle donne all’interno dei gruppi economici e delle istituzioni borghesi, celando la principale contraddizione che è quella tra capitale-lavoro dietro la “competizione” tra uomini e donne.

Noi comuniste riteniamo che non sia il genere la discriminante politica, bensì quali sono gli interessi e di quale classe   quelli che vengono perseguiti dalle donne e dagli uomini.

Così torniamo all’8 marzo, al suo significato, ai diversi modi per definirlo e rappresentarlo: da quelli più trasversalmente borghesi a quelli femministi, a quelli tematici fino a quelli classisti.

Come comuniste affermiamo che  come questo lavoro, tutte le nostre iniziative e proposte sono frutto dello studio teorico, dell’analisi materiale, del confronto costante anche a livello internazionale e della conseguente pratica che ne deriva volta a dare il nostro contributo allo sviluppo delle organizzazioni di classe.

Poiché la fondamentale conclusione della nostra analisi è che i cambiamenti rivoluzionari anche nelle relazioni sociali passano necessariamente attraverso la presa del potere  politico da parte della classe operaia e delle masse popolari con il Partito Comunista come sua avanguardia organizzata, mettiamo tutte le nostre energie affinchè anche le tematiche toccate dal simbolismo dell’8 marzo ed afferenti alla specificità della questione femminile, siano parte del lavoro e dell’impegno quotidiano delle comuniste e dei comunisti all’interno dei luoghi di lavoro, di socialità, di studio, nell’associazionismo e negli organismi del lavoro, per costruire un fronte sempre più combattivo con l’obiettivo dell’abbattimento del sistema capitalista e l’instaurazione della società socialista-comunista.

di Laura Bergamini (up Partito Comunista)

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