BRUNETTA INDAGATO Brunetta dopo aver criticato il CNEL definendolo un carrozzone…


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BRUNETTA INDAGATO

Brunetta dopo aver criticato il CNEL definendolo un carrozzone inutile per poi piazzarcisi da presidente e ingrossare lo staff con 22 persone in più, adesso viene indagato per i reati di falso e finanziamento illecito.

La procura sostiene che Brunetta avrebbe venduto le sue quote di una società di prodotti sanitari al suo vice capo di gabinetto al ministero della Pubblica amministrazione, di cui Brunetta era a capo tra il 2021 e il 2022 nel governo di Mario Draghi. Lo stesso vice capo di gabinetto era anche il marito della titolare insieme all’ex ministro della società coinvolta nell’operazione. L’ipotesi degli investigatori è che Brunetta abbia modificato alcuni documenti per nascondere il passaggio di 60.000 euro, che servivano per comprare le quote.

Brunetta ha sempre pensato solo ai suoi interessi belli i tempi in cui attaccava i dipendenti pubblici perché per lui rubavano lo stipendio.

SIAMO SEMPRE STATI DALLA PARTE DI CHI LAVORA QUESTA È LA DIMOSTRAZIONE SU CHI VERAMENTE SI APPROFITTA DELLE SITUAZIONI

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9 EURO L’ORA SONO TROPPO POCHI NON TROPPO FORNERO VERGONATI! Credo che


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9 EURO L’ORA SONO TROPPO POCHI, NON TROPPO
FORNERO VERGONATI!

“Credo che sia necessario e che se ne debba discutere, ma personalmente ritengo che 9 euro all’ora siano un po’ tanti, forse meglio 8 o 7“.
Queste sono le vergognose parole di Elsa Fornero, colei che da Ministro del Lavoro propose la famosa riforma “lacrime e sangue” di cui ancora oggi tutti i lavoratori ne pagano le conseguenze.
La Fornero parla senza cognizione di causa dato che non si è mai dovuta preoccupare del costo della vita e di nient’altro che riguarda la vita di un lavoratore.

9 € l’ora sono sempre poche rapportato al costo della vita, il Partito Comunista propone da sempre il salario minimo a 12 € nette l’ora.

Il governo Monti, appoggiato da tutto il parlamento è stato il governo che insieme al governo Draghi (sempre appoggiato da tutto il parlamento) ha fatto i danni più gravi al nostro Paese e ai nostri lavoratori e ancora oggi cercano di influenzare il parlamento con tutto il loro odio verso il popolo.
VERGOGNA!

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CON LA MELONI FARMACI INTROVABILI E PIÙ CARI


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CON LA MELONI FARMACI INTROVABILI E PIÙ CARI

Grazie alle scelte che il precedente governo ed alla continuità di quello attuale hanno portato avanti, adesso scarseggiano anche i farmaci di uso comune.

Le politiche estere riguardo la guerra in Ucraina e quindi le sanzioni supportate dall’Unione Europea, si riflettono di rimbalzo anche sulla Cina, ovvero il nostro primo partner per quanto riguarda l’importazione dei principi attivi dei medicinali, hanno portato il nostro paese ad essere in carenza anche di farmaci, molti dei quali risultano introvabili da molti mesi.

A mancare dagli scaffali delle farmacie al momento sono dai più comuni, come gli antibiotici e gli antipiretici, fino a quelli utilizzati per terapie specifiche, come gli antitumorali e gli anti-ipertensivi. Aifa nel suo bollettino ne conta 3200, dei quali 554 non si trovano a causa di difficoltà produttive o problemi distributivi.

Un fenomeno che non è certo nuovo ma che, a causa di diversi fattori che si sono accavallati negli ultimi mesi è più grave rispetto al passato.

C’è soprattutto un grosso problema strutturale che riguarda non solo l’Italia ma tutta l’Europa: la dipendenza verso l’Asia, e in particolare la Cina, per le forniture dei principi attivi e, più a monte della filiera, delle materie prime necessarie al packaging, come carta, plastica e alluminio.

La dipendenza viene da lontano, almeno dagli anni ’90, quando i paesi europei, per abbassare i costi di produzione, hanno iniziato a rivolgersi sempre di più all’estero per soddisfare il proprio fabbisogno. Una situazione generale che mostra tutte le fragilità del nostro sistema.

Mentre negli anni ’70 e ’80, l’Italia in particolare e l’Europa in generale, importavano solo il 30-40% dei principi attivi, alla fine degli anni ’90 la percentuale era salita al 60% per poi toccare l’attuale 74%. Ad oggi il 70% dell’import viene dalla Cina.

Questi sono il risultato di politiche liberiste e di delocalizzazione portate avanti negli ultimi 30 anni che hanno ridotto il nostro paese ad essere sempre più dipendente e non più un paese produttore, le ultime politiche attuate dagli ultimi governi (Draghi e Meloni) hanno accentuato questo deficit mettendo in evidenza ancora di più quanto il nostro Paese sia succube e ormai colonia delle politiche imposte da UE, NATO e USA.

 

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PER IL CARO BOLLETTE NON CI SONO I SOLDI, MA AUMENTANO LE SPESE PER LA GUERRA.


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PER IL CARO BOLLETTE NON CI SONO I SOLDI, MA AUMENTANO LE SPESE PER LA GUERRA.

Il governo non si smentisce fino alla fine del suo mandato, non riesce a trovare i fondi per aiutare le migliaia di famiglie, lavoratori e piccole imprese che si stanno vedendo aumentare fino al 900% le bollette di luce e gas, ma riesce a trovare i soldi da destinare a una guerra che viola completamente l’articolo 11 della nostra costituzione.

Il governo Draghi prosegue quindi nel voler consciamente affamare il suo popolo per seguire i diktat dei loro capi (USA, UE e NATO), infatti gli investimenti che il nostro Paese farà in materiale bellico da destinare quest’anno saranno di 5,42 miliardi, che si traduce in un +34% rispetto al 2021. Complessivamente, tra difesa, Mef e costi delle missioni internazionali quest’anno si arriverà a una spesa di quasi 30 MILIARDI di euro, comprese le donazioni che il nostro Paese fa alla NATO ogni anno e che grazie ai governi Conte (prima con la Lega e poi con il PD) sono arrivate al 2% del PIL.

I soldi per la guerra i nostri politici li trovano sempre, invece quando si tratta di aiutare il proprio popolo che ogni giorno viene affamato sempre di più, a causa di un sistema che tutela solamente i ricchi e a causa di una guerra incostituzionale, invece chiedono sempre sacrifici.

Per qeusto continuiamo a crescere.
Il 25 settembre VOTA e FAI VOTARE ITALIA SOVRANA E POPOLARE, per cambiare questo sistema.

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RISOLUZIONE DEL CC DEL PC DEL 25.06.2022

RISOLUZIONE DEL CC DEL PC DEL 25.06.2022

(Approvata a larga maggioranza con 7 voti contrari e 1 astenuto).

Per una pace stabile. Per l’Italia del lavoro, indipendente, fuori dalla UE e dalla NATO.
Le élite occidentali, la moderna borghesia, hanno governato godendo del proprio potere economico e politico indisturbate fino alla grande crisi capitalistica del 2007-08. Le conseguenze negative di tale crisi sono state fatte pagare alle classi popolari, cosa che ha portato ad una crescita della protesta sociale e politica contro l’austerity e ad un crescente scollamento sociale nei confronti delle istituzioni fondamentali della democrazia liberale borghese.
Mentre l’Occidente ha visto accentuarsi le contraddizioni interne, sono esplose quelle internazionali, dovute anzitutto alla crescita esponenziale di peso economico e politico della Cina socialista. Essa, grazie alla cooperazione economica e politica con la gran parte del “terzo mondo” e particolarmente con la Russia, è ormai in grado di scalzare dal trono del mondo gli Stati Uniti d’America, paese guida dell’imperialismo occidentale.
Rifiutiamo di classificare i sistemi cinese e russo come imperialismi. Ciò non è accettabile né sulla base dei classici parametri leninisti, né soprattutto sulla base di un’attenta analisi empirica della storia recente.
La guerra in Ucraina, che solo ora assurge agli onori della cronaca, è in realtà frutto del mancato rispetto degli accordi contestuali alla caduta dell’URSS, del blocco socialista e allo scioglimento del Patto di Varsavia.

Un’accorta strategia internazionale della tensione, avviata in grande stile dagli USA fino dalla contorta vicenda dell’attentato delle Torri Gemelle nel 2001, ha permesso di dare avvio a una stagione guerrafondaia svoltasi in due fasi. Nella prima (Yugoslavia, Afghanistan e Iraq, 1998, 2001-2003) l’imperialismo ha conquistato posizioni strategiche nei Balcani ed in Medio Oriente; nella seconda (Libia, Siria, Ucraina, America Latina, 2011-2014) ha rilanciato il processo di espansione contrastando l’affermazione di un mondo multipolare, accentuando la minaccia militare alla Russia e, neanche troppo indirettamente, alla Cina. Questa strategia, acuitasi ancor di più con l’avvento di Biden e il ritorno al potere dei “democratici”, è stata favorita dai settori più oscuri del potere statunitense con l’avvio della pandemia covid-19.

Gli obiettivi di lungo termine degli USA sono molteplici:

1) anzitutto costruire un nuovo “Afghanistan” per i russi, mantenendoli in una condizione di stato di guerra a tempo indefinito, cosa che si ritiene danneggi sul lungo termine l’economia russa.
2) in secondo luogo, riattizzando un clima di guerra permanente, volto anche a regolare i conti con l’imperialismo europeo, ostacolando le attività autonome di questo nel dialogo economico con Russia e Cina e nell’attività militare. Il fine è quello di riportare nel più stretto alveo atlantico l’attività politica, militare ed economica dell’Europa, fino a far sovrapporre senza alcuna differenza la NATO e l’Unione Europea in posizione subordinata. Tale manovra ha permesso al momento di riagganciare l’Europa al carro degli USA e a distaccarla sempre più dal resto del mondo (Russia e Cina in primis). Ciò accresce però le contraddizioni interne all’imperialismo occidentale, in quanto i costi di tale operazione vengono scaricati principalmente non solo sulle classi popolari europee, ed in particolar modo quelle dei paesi più poveri di risorse energetiche (Italia e Grecia), ma persino di alcuni settori delle stesse classi borghesi (anche e soprattutto tedesche), che si ritrovano a pagare degli extracosti per i quali ormai non trovano nessuna utilità.

Diciamo questo non per prefigurare possibili alleanze con queste classi, che sappiamo sceglieranno sempre e comunque l’atlantismo qualunque ne siano i costi, ma per dovere di analisi complessiva della situazione nel campo avversario.

Per una serie di fattori politici, economici e sociali, l’Italia si configura come l’anello debole del fronte imperialista occidentale. Non è un caso che sia stato posto a capo del governo uno dei maggiori attori della finanza transnazionale, Mario Draghi, a seguito delle “indicazioni” di Washington e Bruxelles, ha sostituito i fragili e ambigui Governi Conte. Le recenti elezioni in Francia (presidenziali e politiche) e Italia (referendum e amministrative) confermano uno scollamento sociale senza precedenti dalla rappresentanza istituzionale politica dal popolo. *******

In questo contesto, pagando soprattutto i due anni di stato d’emergenza, il Partito non è ancora riuscito a fare quel salto di qualità nel radicamento sul territorio, come delineato nel III Congresso. Nel contesto del totalitarismo “liberale”, in cui le tecniche di dominio sociale sono tali da controllare l’ascesa di nuove forze politiche antisistema, la politica della crescente ricerca di alleanze sociali è servita a guadagnare consensi importanti, ma non sufficienti a far compiere al Partito un salto di qualità nel consenso popolare.
È inutile raccogliere simpatie diffuse se queste non trovano capitalizzazione o nell’aumento degli effettivi del Partito, cioè in una sua crescita quantitativa e qualitativa, o nell’aumento del consenso sociale (e quindi di rimando anche elettorale e politico). Riguardo a quest’ultimo punto è bene ricordare una cosa di cui siamo decisamente convinti: “non potrà mai esserci un cambio di sistema fatto per decreto parlamentare” senza un cambio reale dei rapporti di forza nel Paese. Il parlamentarismo, ossia l’idea che i problemi politici possano essere risolti esclusivamente all’interno delle istituzioni politiche borghesi, sarebbe una pericolosa deviazione che impedirebbe al Partito di assumere il necessario carattere di organizzatore delle lotte e dei movimenti contro il sistema. Se ci fosse qualcuno che pensa di risolvere i problemi strategici della costruzione del Partito rientrando in Parlamento sarebbe folle.

Altrettanto sbagliato però sarebbe scambiare lo scollamento popolare per “la politica” con la necessità di seguire una via astensionista e antiparlamentarista di bordighiana memoria, almeno fino a quando non emergano con chiarezza organismi popolari alternativi così forti per misurarsi con quelli borghesi. La mancanza di questi impone al Partito la necessità di perseguire tutti gli strumenti e i mezzi utili per costruire una propria egemonia sulla società proprio a causa dell’eccezionalità contingente della post-pandemia e ancor di più della guerra. Nell’attuale regime, tendente sempre più allo stato d’eccezione permanente e all’emergenza democratica, avere una rappresentanza politica parlamentare non potrebbe che rafforzare il Partito e aumentarne la credibilità tra le masse popolari, aiutandoci a far emergere la nostra organizzazione come realmente adeguata a rappresentare le classi lavoratrici rispetto alle altre organizzazioni e comunque, anche in caso di insuccesso, avrebbe posto basi più avanzate di rilevanza ed egemonia dei comunisti. Nel regime attuale, sempre più censorio, avere una rappresentanza istituzionale può esser definito come un passo importante e necessario per ridare slancio alla questione comunista. Il motto leninista “Dentro e fuori dal Parlamento” disegna bene il fatto che il Partito avrà sempre il dovere di ribadire in ogni proprio programma che la risoluzione delle problematiche popolari potrà aversi definitivamente solo attraverso la transizione ad un modello socialista, ma allo stesso tempo dovrà evitare di fermarsi ad una politica parolaia e declamatoria, lavorando attivamente per realizzare dei concreti passi in avanti che migliorino la condizione del popolo, rafforzandone in pari tempo la coscienza politica di

classe. A fronte della continua enunciazione di questo programma di massima, il Partito ha quindi l’obbligo non meramente morale, ma esistenziale, di utilizzare anche le istituzioni borghesi per preparare la futura necessaria rivoluzione sociale.
Oggi sono in pochi a sentire la necessità di un forte cambiamento. Tra costoro il Partito Comunista ha la consapevolezza che una rivoluzione sociale possa attuarsi solo in connessione dialettica con una rivoluzione politica ed economica che conduca il nostro paese fuori dalle strutture imperialiste, strettamente collegate tra loro, della NATO e dell’UE. Lavorare per l’indipendenza nazionale, per la conquista della sovranità nazionale, è un passo necessario per conquistare anche un’effettiva sovranità popolare. Sono ormai diverse le soggettività politiche che hanno compreso questo assunto e l’hanno fatto proprio. La maggior parte di queste organizzazioni ha invece piuttosto idee vaghe sul prosieguo degli eventi e non si pone la questione di come dare concretamente il potere ai lavoratori. Qualunque scenario si immagini, ciò sarà possibile solo dopo aver creato i presupposti realmente democratici di una società caratterizzata dalla sovranità popolare, concetto la cui interpretazione è verosimilmente difforme tra noi e le forze borghesi più progressiste.
Non spetta a noi ragionare ora sulle tempistiche con cui andranno condotti questi passaggi. Questi dipenderanno dai rapporti di forza e dai contesti che ci troveremo ad affrontare. Occorre però tenere a mente che, con la vicenda della guerra, questo è il percorso rivoluzionario possibile e necessario, il quale oltretutto è il solo che rispetti l’internazionalismo proletario.
Il nostro dovere di comunisti ci impone infatti di considerare le conseguenze delle nostre proposte e azioni politiche non solo per il proletariato d’Italia, ma per quello mondiale.
È indubbio che non ci sia niente di più progressivo e utile, da parte di una forza politica comunista, di lavorare oggi alla destrutturazione delle strutture imperialiste occidentali a guida

statunitense. Solo in questa maniera si riusciranno a tutelare i proletari e i popoli di questo paese come del resto del globo.
La coscienza rivoluzionaria non sorge spontaneamente. Il ribellismo, l’individualismo, il radicalismo dei diritti civili, non permettono autonomamente di costruirsi una coscienza rivoluzionaria, anzi presi da soli e slegati dalla scienza del marxismo-leninismo, usati ad arte dalla classe borghese diventano potenti freni conservatori e disciplinanti. L’acquisizione di una vera coscienza rivoluzionaria può passare, oggi più che mai, solo dalla mediazione svolta da un’adeguata organizzazione comunista. Se il proletariato non ha coscienza rivoluzionaria è perché il Partito comunista è debole, e viceversa. La durezza delle condizioni materiali che colpiranno in maniera ancor più forte le classi popolari nei prossimi mesi non creerà automaticamente una coscienza rivoluzionaria, ma sicuramente accentuerà la crisi di consenso delle forze politiche borghesi che attualmente sostengono il governo Draghi. Molti tra coloro che perderanno la fiducia nei confronti di queste forze passeranno al rifiuto della politica o all’appoggio di forze politiche di opposizione. La maggior parte rimarrà inerme e passiva socialmente, ma una minoranza si mobiliterà (come già si è mobilitata con la vicenda del No-green pass) in qualche maniera in quello che si preannuncia essere un nuovo “autunno caldo”.
Il Partito Comunista ha quindi di fronte a sé due strade con cui rimodulare i contenuti del III Congresso:
1) una più comoda e diremmo minimalista che può proseguire il proprio tentativo di radicamento territoriale dopo 13 anni dalla nascita della nostra esperienza come CSP, cercando di superare le censure mediatiche nazionali, di organizzare e coordinare le prossime lotte sociali, inserendo le elezioni come una delle molte vie per far conoscere la propria proposta politica.
2) un’altra più difficile, ma anche più ambiziosa: può scegliere, considerata la gravità della situazione attuale e l’insufficienza della propria forza, di affiancare alle alleanze sociali delle alleanze

politiche, nel tentativo di intercettare il crescente malcontento della classe lavoratrice e del ceto medio proletarizzato nei confronti dell’attuale Governo e delle forze politiche che lo sostengono.
È giudizio di questo organismo dirigente che il cambio di paradigma, verificatosi in particolar modo nell’ultimo anno con la guerra, imponga di portare avanti il secondo percorso, in continuità con quanto già fatto negli ultimi due anni attraverso i percorsi dell’unità dei comunisti e del Comitato 27 febbraio contro il governo Draghi, chiaramente vedendone anche i limiti e quindi sviluppando intelligentemente la nostra capacità dirigente ed egemonica.
Si tratta quindi ora di verificare la possibilità di partire dalle relazioni costruite fino ad ora per allargarle ad altre soggettività in un fronte politico (ed eventualmente anche elettorale) che si ponga l’obiettivo di dare rappresentanza e protagonismo alle classi popolari più disagiate e consapevoli. Tale fronte, per quel che ci riguarda, deve partire dai seguenti punti programmatici minimi e inderogabili:
– uscita dell’Italia dalla NATO, dall’UE e dall’area monetaria dell’euro, recuperando la sovranità nazionale e recuperandone la titolarità popolare
– cessazione immediata di ogni relazione ostile nei confronti della Russia, terminando l’invio di armi all’Ucraina e lavorando ad una soluzione diplomatica del conflitto
– avvio di una serie di riforme sociali ed economiche di struttura, antitetiche al neoliberismo e al potere delle multinazionali, in difesa dell’intero mondo di chi vive del proprio lavoro
– battaglia di libertà con la denuncia della gestione pandemica da covid-19, degenerata in una “dittatura sanitaria” dai caratteri criminali, e consequenziale rilancio della sanità pubblica
– difesa ed espansione di tutti i servizi pubblici fondamentali nell’ambito del cosiddetto Stato Sociale

– difesa, riaffermazione e attuazione dei principi e delle norme previste dalla Costituzione Repubblicana del 1948 ed attualizzazione dei valori della Resistenza sintetizzati nello slogan: “antifascismo oggi è anticapitalismo”.
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Sulla base di tali indicazioni, il Comitato Centrale conferisce il mandato al Segretario Generale e all’Ufficio Politico di verificare la possibilità di avviare un simile percorso politico, ricordando che tale fronte non può e non deve mettere in discussione l’esistenza e anzi la necessità di rafforzare il Partito Comunista, portando avanti in pari tempo il percorso di radicamento territoriale e di riunificazione politica della classe proletaria e lavoratrice più cosciente. Per fare questo serve una più forte disciplina di partito, che sarebbe eufemistico definire oggi carente in tale contesto.
Chiaramente questa risoluzione integra la parte programmatica del documento della conferenza nazionale politica di organizzazione, in special modo per i temi riguardanti le implementazioni della struttura organizzativa nazionale con i relativi responsabili per i settori fondamentali di attività, a partire da quello del lavoro. In ultimo servirà ribadire la concezione di classe su alcuni diritti civili che vengono messi oggi in discussione nell’Occidente capitalistico.

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In Italia la salute non è tutelata!

Gravi rischi con i respiratori Philips

 

Mentre la Food and Drug Administration negl Stati Uniti inizia a segnalare gravi rischi per la salute dei pazienti che utilizzano i respiratori Philips, contemporaneamente impongono alla multinazionale di trovare una soluzione efficace ed immediata al problema.
In Francia per lo stesso problema, viene richiesto all’azienda di sostituire entro 30 giorni il 75% dei respiratori.
In Italia Draghi invece continua ad inviare armi, senza preouccuparsi più di tanto di prendere di petto la situazione, lasciando ancora una volta la tutela della salute dei cittadini come fanalino di coda nelle priorità del governo dei migliori…
In Italia la salute non è tutelata!
Clicca sull’immagine per vedere il video.

 

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Nessun Banchiere farà mai gli interessi del popolo

🚩Un Banchiere come Draghi, non farà mai gli interessi del popolo.
Contro lo strapotere che ci vuole succubi e docili. Contro la destra opportunista e contro una sinistra falsa che nulla ha a che vedere con il rappresentare la classe popolare, chi non lotta ha già perso.
Non c’è vittoria senza lotta. Non c’è lotta senza organizzazione.
Non c’è vittoria, non c’è conquista, senza un grande Partito Comunista.

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MOBILITAZIONE SABATO 18 GIUGNO

MOBILITAZIONE SABATO 18 GIUGNO
Il nostro appello è rivolto alle forze politiche e sociali, ai lavoratori ed ai cittadini, a chiunque si opponga alla guerra e alle scelte antidemocratiche del governo Draghi e dei partiti che lo sostengono. È urgente realizzare la massima unità e mobilitazione per fermare questa deriva politica, economica e sociale, per difendere la Costituzione, la libertà e il lavoro.
L’aumento vertiginoso dei rischi legati alla guerra avviene in un mondo diviso e conflittuale.
Da una parte c’è il modello unipolare imposto dagli Stati Uniti negli ultimi trent’anni, caratterizzato da una crisi economica permanente e da una politica ingiusta che, nel socializzare le perdite e privatizzare i profitti, ha incrementato le disuguaglianze, la precarietà e la povertà, a esclusivo vantaggio delle oligarchie capitaliste multinazionali, le quali hanno concentrato in poche mani un’enorme ricchezza e un potere illimitato.
Dall’altra è emerso un modello multipolare, che è entrato in rotta di collisione con il blocco euro-atlantico mentre più stati diventano più assertivi sulla propria sovranità e indipendenza, dopo aver fatto leva sulla globalizzazione capitalista per rilanciare le loro economie, allargare il loro stato sociale e rafforzare la loro indipendenza politica.
La risposta occidentale intesa a spegnere qualsiasi nuovo ordine mondiale multipolare è sempre stata una sola, la guerra: Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, fino alla crisi ucraina nel cuore dell’Europa, favorita dall’espansione e dalla minaccia militare nella NATO, dalla piena conversione in istituzione belligerante dell’Unione Europea e dal sostegno sistematico del mondo euroatlantico alle classi dirigenti ultranazionaliste che hanno preso violentemente il potere a partire da Euromaidan.
Le potenze anglosassoni e l’UE, con la complicità di governi subordinati come quello italiano, con il massiccio armamento dell’esercito di Kiev, sono di fatto entrati in guerra contro la Russia, e ora stanno forzando l’opinione pubblica ad accettare un coinvolgimento militare diretto in un conflitto di portata mondiale. Dopo due anni di compressione delle libertà costituzionali e di attacco ai lavoratori con il pretesto dell’emergenza Covid-19, siamo entrati in una fase di stato d’eccezione permanente, caratterizzato dal commissariamento del governo, dall’auto-ammutinamento di gran parte del parlamento e dalla dichiarazione di uno stato di emergenza che prelude alle condizioni di uno stato guerra.
Questo risulta tanto più pericoloso in un momento in cui anche le azioni della Russia si situano in un ordinamento giuridico internazionale profondamente alterato per decenni dall’esercizio da parte di vari paesi del mero diritto di potenza.
Il costo delle sanzioni economiche, la spesa per gli armamenti e il ricorso al debito del Next Generation EU, gravano sulla condizione dei lavoratori italiani, i quali negli ultimi trent’anni, a fronte di un costante aumento del costo della vita in tutta la zona Euro, hanno visto il loro reddito pro capite diminuire costantemente, mentre negli altri paesi europei è sensibilmente aumentato. Questa condizione sociale, già estremamente compromessa dalle politiche economiche imposte dall’UE, a causa della speculazione, delle sanzioni e delle tensioni internazionali, sta precipitando: negli ultimi mesi il costo delle materie prime, delle risorse energetiche e dei beni alimentari ha segnato un aumento complessivo dell’inflazione, che rischia di triplicare il costo della vita per i lavoratori e le loro famiglie, riducendoli in uno stato di povertà assoluta e soggezione totale.
È pertanto necessario e urgente sollevarsi contro il governo Draghi e i suoi vassalli, per spezzare la scelta dell’Italia di subire ogni diktat che matura in seno all’UE e alla NATO, per riconquistare fuori l’asse costituzionale in cui si iscrivono l’indipendenza nazionale e la sovranità popolare, in collisione con le istituzioni sovranazionali che costituiscono l’«Europeismo Reale» diventato dittatura dello spread e sudditanza bellica: per riportare in mani pubbliche tutti quegli asset strategici e i monopoli naturali che, per mezzo delle privatizzazioni, hanno reso più ricchi pochi individui a sfavore di tutti, per garantire il diritto al lavoro e ad un reddito adeguato, per difendere la Costituzione e le libertà democratiche. Per fermare la guerra e costruire la pace! Mobilitazione Nazionale.
Sabato 18 Giugno.
CONTRO LA GUERRA E IL CAROVITA. PER UNA ITALIA INDIPENDENTE DALLE DOPPIE ISTITUZIONI DI BRUXELLES: CON UNA SICUREZZA NON PIÙ INCENTRATA SUI BLOCCHI MILITARI E UN’ECONOMIA NON PIÙ SOGGETTA AL VINCOLO DEI BLOCCHI ECONOMICI. PER UNA ITALIA DEL LAVORO.
Manifestazione a Roma ed in tutti i capoluoghi di regione.
Promotori: ALTERNATIVA, ANCORA ITALIA, PARTITO COMUNISTA, RICONQUISTARE L’ITALIA, Gruppo CAL Alternativa PC IDV Senato, gruppo Alternativa, Comitato No Draghi, Azione Civile, Patria Socialista, SIAmo e altri…
Elenco adesioni e luoghi-orari Città nei prossimi giorni

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Nuovi Diktat dalla Unione Europea Per Affondare l’ Italia

L’Unione Europea continua a non fidarsi dell’Italia e impone nuovi diktat per paura che il nostro governo non rispetti gli impegni presi con i soldi a strozzo del PNRR.
L’Italia “sta vivendo squilibri eccessivi“.
Lo rileva la Commissione Ue nelle raccomandazioni del pacchetto di primavera del semestre europeo.
Da Bruxelles, peraltro, arriva un altro avvertimento a Roma: il Patto di Stabilità e crescita sarà sospeso anche nel 2023, ma tornerà nel 2024.
Quindi è necessario il prossimo anno “garantire una politica di bilancio prudente” e nel periodo successivo attuare “una riduzione credibile e graduale del debito“.
Le vulnerabilità dell’Italia secondo Bruxelles “riguardano l’elevato debito pubblico e la debole crescita della produttività, in un contesto di fragilità del mercato del lavoro e alcune debolezze dei mercati finanziari, che hanno rilevanza transfrontaliera”, per questo impone l’attuazione del PNRR il prima possibile.
La Commissione, per il periodo successivo al 2023, raccomanda all’Italia di “perseguire una politica di bilancio volta a conseguire posizioni di bilancio prudenti a medio termine e a garantire una riduzione credibile e graduale del debito e la sostenibilità di bilancio a medio termine attraverso il consolidamento graduale, gli investimenti e le riforme“.
L’unione Europea quindi vuole ancora politiche lacrime e sangue per il popolo italiano con lo spettro del ritorno del patto di stabilità nel 2024.
Il governo del banchiere Draghi, scelto direttamente da Bruxelles dovrà iniziare un percorso di tagli che porterà ancora di più i lavoratori a pagare questa crisi, peggiorando ulteriormente le loro condizioni di vita e di lavoro.
C’È UNA SOLA SOLUZIONE, FUORI L’ITALIA DALL’UNIONE EUROPEA!

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Nessuna lezione di lealtà…

…Da chi non ha il coraggio né delle proprie idee né di esporle.
Quello che vedete è un attacco diretto verso il Senatore Emanuele Dessì del Partito Comunista e del gruppo C.A.L. – Costituzione Ambiente Lavoro – Alternativa – PC – IdV .

Questo messaggio è stato inviato dal marito di una Senatrice del Movimento 5 Stelle, i quali dicono di voler dire le cose in faccia, ma non hanno il coraggio di farlo, quindi si rifugiano sulle chat e sui messaggi privati.

Questi sono quei politici che avrebbero dovuto cambiare il sistema e ne sono diventati, invece, parte integrante.
Noi non possiamo accettare comportamenti ipocriti da chi – purtroppo- invece di aprire le aule del Parlamento come scatolette di tonno ha avuto il coraggio di voltare le spalle al popolo italiano e di avallare il governo Draghi, grazie ai vergognosi accordi fatti dai loro leader nelle stanze segrete del potere.

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22 Aprile Sciopero contro la guerra

La giornata del 22 Aprile sarà una giornata di sciopero contro la guerra da parte del sindacalismo di base e conflittuale. Nel Lazio a Roma ci sarà la manifestazione dell’USB, in Lombardia di SGC – Sindacato Generale di Classe e altri sindacati e in tante altre città altre mobilitazioni.
Come Partito Comunista invitiamo tutti i lavoratori e gli studenti a dare forza a queste LOTTE. Scioperando e manifestando.
Contro la guerra, Contro la NATO, Contro l’invio di Armi, Contro l’aumento di spese militari.
Per spostare gli investimenti a sanità, istruzione e trasporti pubblici.
Contro l’aumento di gas ed energia. Contro l’aumento dei prezzi di tutti i beni di prima necessità.
Per Aumenti salariali sostanziali. Per la stabilizzazione del precariato. Per la piena occupazione.
CONTRO IL GOVERNO DRAGHI E IL PARTITO UNICO DELLA GUERRA!
PER LA PACE E IL LAVORO!

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