LA NOSTRA VOCE, LE NOSTRE LOTTE NON VANNO IN QUARANTENA!

LA NOSTRA VOCE, LE NOSTRE LOTTE NON VANNO IN QUARANTENA!

Il Partito Comunista con la classe operaia ed il popolo lavoratore, tengono alta la propria voce oggi e preparano le lotte di domani, perché la crisi del sistema capitalista resa più evidente e amplificata con l’emergenza sanitaria Covid 19, non la paghino i lavoratori e le classi popolari.

LE NOSTRE RIVENDICAZIONI IMMEDIATE:

– Ampliamento del Sistema Sanitario Pubblico attraverso la stabilizzazione di tutto il personale precario medico, infermieristico, OSS e di tutti gli addetti al mantenimento dei servizi insieme a nuove assunzioni stabili di questo personale da collegare ad aumenti salariali generalizzati.

– Aumento delle risorse alla Sanità Pubblica con una gestione pianificata e centralizzata e con un’inversione dei processi di esternalizzazione e privatizzazione del sistema.

– Messa in sicurezza permanente di tutti i lavoratori addetti al Servizio Sanitario.

– Garantire l’assunzione, la stabilità e la sicurezza di tutti gli altri lavoratori necessari all’erogazione dei Servizi Pubblici – dalla Scuola ai Vigili del Fuoco, dai trasporti alle forze di protezione civile e di sicurezza sociale in generale.

Costruiamo un FRONTE DI LOTTA DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI dei settori pubblici e privati, dei precari, dei disoccupati, dei lavoratori sommersi e di tutti coloro che oggi stanno pagando economicamente e socialmente l’emergenza sanitaria, in una prospettiva di cambiamento dei rapporti di forza nei confronti del padronato monopolistico che sappia conquistare nell’immediato condizioni di resistenza indispensabile alla situazione contingente e soluzioni di contrattacco ad un sistema, quello capitalistico, che sempre più si rivela di sfruttamento, di aumento dei profitti per pochi grandi gruppi monopolistici insieme all’impoverimento della stragrande maggioranza della popolazione.

Ricordando che il Partito Comunista guarda ad un’altra prospettiva politica, sociale e di diversi rapporti di produzione e di proprietà: il socialismo l’unico sistema che può garantire il necessario.

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CONFINDUSTRIA COMANDA E TUTTI SI PIEGANO

CONFINDUSTRIA COMANDA E TUTTI SI PIEGANO

CONFINDUSTRIA COMANDA E TUTTI SI PIEGANO.
NOI COMUNISTI NO!
LA SALUTE VIENE PRIMA DEL PROFITTO.

Confindustria sostiene che sia necessario passare velocemente alla “fase 2” per far ripartire l’economia il prima possibile e riuscire a ridurre al minimo le perdite di profitto da parte delle grandi aziende. Tutto questo è venuto fuori da un comunicato congiunto lanciato da CONFINDUSTRIA di Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto; ad esso si aggiungono le parole pronunciate oggi da Leonardo Del Vecchio (Luxottica ), il quale ha dichiarato che: “servono sacrifici per uscire dalla crisi” e che “siamo tutti sulla stessa barca”.
I padroni chiedono più sacrifici ai lavoratori, noi vorremmo ricordare, invece, che non siamo sulla stessa barca: i capitalisti non vivono le stesse condizioni dei lavoratori.

Diciamo le cose come stanno: sono SFRUTTATORI che si permettono di parlare così perché, a rischiare la salute e la vita ogni giorno nelle aziende, non sono loro ma i lavoratori, che, in molti casi, ancora oggi sono costretti a continuare a lavorare senza i DPI e senza che vengano prese le dovute misure di sicurezza per prevenire il contagio da Covid-19. La salute dei lavoratori, di chi produce veramente la ricchezza del Paese, è nuovamente messa a lato per favorire il profitto dei grandi industriali che pensano unicamente ai loro interessi, sotto la copertura degli ‘interessi nazionali’. Siamo davanti a una vera e propria forzatura nell’accelerare i tempi per superare l’emergenza da Coronavirus solo per poter continuare ad arricchire ‘lor signori’ alle spalle dei propri dipendenti a cui hanno minacciato di non garantire il pagamento degli stipendi se il lockdown imposto dal governo dovesse continuare. Sembra assurdo, ma è ancora più assurdo che queste parole passino per giuste ai molti. La salute non può essere ancora sacrificata a discapito del profitto di pochi.

Il sistema capitalista legittima tutto ciò, solo con la presa del potere politico da parte di tutti i lavoratori e l’instaurazione di una società socialista si potrà mettere fine all’arroganza del padronato.

LE AZIENDE NON ESSENZIALI DEVONO RIMANERE CHIUSE!

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NO AL SACCHEGGIO DI FERIE E PERMESSI

NO AL SACCHEGGIO DI FERIE E PERMESSI

Il rischio per tutti i lavoratori è quello di vedersi “mangiare” le ferie ed i permessi maturati. Già il Decreto dell’8 marzo 2020 infatti “raccomanda ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere, durante il periodo di efficacia del presente decreto, la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie”.

Questo significa che i lavoratori e le lavoratrici, dopo aver lavorato spesso in condizioni di pericolo per molti giorni, dovranno consumare in questo isolamento forzato i periodi di riposo maturati.
Riteniamo anche che obbligare i lavoratori a “bruciare” in questa fase tutti i periodi di riposo spettanti, oltre a costituire una grave ingiustizia, avrà ricadute estremamente negative sulla filiera turistica e ricettiva, importantissima per l’economia italiana, che già oggi vede praticamente azzerate le prenotazioni per il periodo estivo e che, finito il rischio contagio, non potrà contare sui numeri del turismo interno, poiché l’inettitudine del Governo Pd-5 Stelle avrà costretto milioni di lavoratori a consumare tutti i giorni di riposo spettanti, con grave danno per tutti i lavoratori del settore, in molti casi precari o a chiamata, che ad oggi corrono il rischio di perdere il reddito lavorativo stagionale e di conseguenza la possibilità di accedere alla NASpI (indennità di disoccupazione).

Il Partito Comunista LOTTERÀ per un intervento straordinario del Governo attraverso l’adozione di automatismi nel ricorso agli ammortizzatori sociali, salvaguardando così ferie e permessi dei lavoratori.

LE FERIE E I PERMESSI SONO DEI LAVORATORI
I PADRONI NON POSSONO TOCCARLE

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CASSA INTEGRAZIONE PER TUTTI I LAVORATORI, CANCELLARE LE TASSE PER ARTIGIANI, COMMERCIANTI E PROFESSIONI, REDDITTO D’EMERGENZA PER PARTITE IVA,  AIUTI STATALI SU MUTUI E AFFITTI

CASSA INTEGRAZIONE PER TUTTI I LAVORATORI, CANCELLARE LE TASSE PER ARTIGIANI, COMMERCIANTI E PROFESSIONI, REDDITTO D’EMERGENZA PER PARTITE IVA, AIUTI STATALI SU MUTUI E AFFITTI

Cassa Integrazione per tutti i lavoratori, cancellare le tasse per artigiani, commercianti e professioni, redditto d’emergenza per partite iva,  aiuti statali su mutui e affitti

Dall’appoggio a queste richieste si misurerà chi sta con i lavoratori, dipendenti e autonomi, e chi sta con banche e grandi gruppi. Basta chiacchiere. Chi vi dice che non si può fare o è in malafede o è così accecato dalle balle che ci hanno propinato per anni sulle bellezze del capitalismo che non è più in grado di distinguere il giorno dalla notte. Non è un problema di “risorse”. Le risorse sono il lavoro e non il capitale. E il lavoro lo può creare lo Stato, tanto più e meglio affidandone la gestione agli stessi lavoratori. Se non lo fanno è perché non lo vogliono fare.

Rompere la gabbia europea, fuori da UE, EURO e NATO!

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CONFINDUSTRIA PENSA SOLO AL PROFITTO SULLA PELLE DEI LAVORATORI

CONFINDUSTRIA PENSA SOLO AL PROFITTO SULLA PELLE DEI LAVORATORI

Ci sono proteste (quelle dei lavoratori) che fanno riferimento alla salute collettiva e ce ne sono altre (quelle di Confindustria) che pensano invece al profitto di pochi. Il Governo non ascolta tutti allo stesso modo: le pressioni di Confindustria pare facciano slittare il decreto di chiusura delle attività non indispensabili di qualche giorno, ancora tempo perso per frenare la diffusione del virus. La salute dei lavoratori e di tutto il popolo viene sacrificata sull’altare degli interessi capitalistici.
La classe operaia di questo Paese, i lavoratori tutti, in questo difficile momento stanno prendendo coscienza di quello che accade, a partire anche da come valutare la dirigenza di CGIL, CISL e UIL totalmente subordinata agli interessi delle classi dominanti.

NOI NON DIMENTICHEREMO NIENTE

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Protocollo sulla Sicurezza: Un’altra occasione persa per rappresentare i concreti interessi dei lavoratori

Protocollo sulla Sicurezza: Un’altra occasione persa per rappresentare i concreti interessi dei lavoratori

La nostra analisi non è calata dall’alto dei nostri principi, bensì è stata costruita dal contributo materiale delle considerazioni fatte da lavoratori che si stanno battendo anche in questi giorni per la salvaguardia della salute e della sicurezza nei loro posti di lavoro .

Molti lavoratori hanno scioperato e stanno scioperando per fermare i settori produttivi non essenziali. Stare a casa è l’unica reale misura di limitazione del contagio. Generici e contraddittori protocolli di sicurezza non rendono fabbriche e uffici luoghi asettici e a contagio zero in poche ore.
Le notizie ci dicono che stiamo entrando forse nella settimana del picco di contagio per cui si rende indispensabile fermare la produzione di settori non essenziali .
Il padronato, guardando come sempre al suo profitto, azzarda la richiesta di autocertificarsi, procedura che non gli è stata fortunatamente consentita. Nello stesso tempo procede senza vincoli formalizzati e certi, secondo le strategie dei propri interessi. Così vediamo che alcune aziende che ritengono di potersi fermare lo fanno, mentre quelle che vogliono proseguire la produzione vanno avanti.
Come ci riferiscono i lavoratori, le aziende che continuano a produrre beni non essenziali dovranno rispettare una pletora di indicazioni, anche contrastanti come il Protocollo siglato dalle Parti sociali dove a rappresentare i lavoratori ci sono solo i CGIL CISL e UIL. Un Protocollo che nei fatti scarica sulle Rsu, sulle Rsa o gli Rls (dove ci sono) la responsabilità difficilissima di mettere in regola le aziende.
Il Protocollo non nomina neppure i possibili interventi delle ASL che in mancanza di RSU potrebbero intervenire.
Un Protocollo in situazione d’emergenza avrebbe dovuto avere la caratteristica di dettare linee generali certe ed immediatamente applicabili: così non è stato
In particolare il Protocollo prevede:
• Solo la “possibilità” per le aziende di ricorrere agli ammortizzatori sociali per garantire la riduzione o sospensione dell’attività e le operazioni di sanificazione dei luoghi. Ricordandoci che gli ammortizzatori sono a carico della collettività ovvero delle classi popolari per la maggioranza e si configurano come una regalia per le aziende. Intanto ancora i lavoratori si trovano spesso costretti a far fronte a questa emergenza sacrificando forme di salario indiretto come ferie, banca ore e congedi vari.
• Le prescrizioni sull’Informazione rappresentano un capitolo che per la gravità del momento si limita a ripetere indicazioni che dovrebbero già essere attive dall’inizio dell’emergenza e nella normalità (quali se un lavoratore ha la febbre sta a casa in malattia!), con l’aggiunta di una pratica nuova (non definita come emergenziale) apertamente in contrasto con lo Statuto dei Lavoratori ovvero quella che il lavoratore non può opporsi a subire controlli della temperatura in entrata.
• Le indicazioni sulla pulizia e sanificazione ambienti di lavoro e di ristoro e sulle precauzioni igieniche personali sono una semplice ripetizione di ovvietà sia per l’emergenza che per la normalità (es. i bagni dovrebbero sempre essere forniti di saponi e detergenti).
• Nessuna indicazione certa, anzi maggiormente confusiva a livello di prescrizione delle diverse organizzazioni sanitarie, in merito ai Dispositivi di Protezione Individuale(DPI) che già il Decreto dell’11 marzo si limitava a “raccomandare” e non OBBLIGARE. Questa incertezza diventa gravità quando si associa l’utilizzo indispensabile dei DPI nelle situazioni lavorative dove è impossibile mantenere la distanza di un metro tra un lavoratore e l’altro.
• L’ultima parte del Protocollo assume poi elementi già previsti dal Testo Unico sulla Sicurezza addirittura peggiorandoli perché ad esempio dice che le aziende “possono” rimodulare i livelli produttivi per garantire la sicurezza mentre il TUS prevede che le aziende DEVONO rimodulare i livelli in questi casi.
• Nella conclusione del Protocollo si introduce poi l’elemento “innovativo” di costituzione nelle aziende di un Comitato di controllo per l’applicazione e verifica delle regole del protocollo stesso con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e degli Rls.

Come comunisti riteniamo che quanto contenuto nel Protocollo non rappresenti affatto né un a conquista,né un avanzamento nei processi di salvaguardia della sicurezza e della salute per i lavoratori nei posti di lavoro, in particolare in questo grave momento di emergenza. Crediamo invece che sia il risultato della sudditanza agli interessi padronali da parte delle cosiddette altre forze sociali e politiche.
Si rende ancora una volta evidente come le crisi, da quella economica a quella sociale, anche in un momento di grave emergenza sanitaria come oggi, vengano scaricate sul popolo lavoratore.
Per questo come Partito Comunista sosteniamo e come lavoratori promuoviamo nei nostri luoghi di lavoro l’appello di adesione agli scioperi indetti dalle organizzazioni conflittuali che rivendicano:
SCIOPERO AD OLTRANZA
NON LAVORIAMO ! NON SIAMO CARNE DA MACELLO

Gli operai sono vittime del tradimento dei bonzi sindacali i quali dichiarano la loro piena soddisfazione per l’intesa raggiunta:
il protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus COVID-19, negli ambienti di lavoro.
Una presa in giro dei lavoratori.
Questa non è “presa di coscienza in una situazione d’emergenza” questo è asservimento agli interessi padronali.
Il protocollo, da una parte invita a restare a casa, dall’altra da la libertà di scelta ai padroni di chiudere o tenere aperte le aziende.
Il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione (tranne che per i lavoratori).
Il protocollo pur di non fermare la produzione, permette di lavorare a meno di un metro, con mascherina, guanti ecc. Permette di misurare la temperatura corporea (sorvolando sulla privacy) da personale non medico, sospende i corsi obbligatori sulla sicurezza e permette, ad esempio ai carrellisti, di lavorare anche senza corsi di formazione. Ci dicono che è probabile che nei giorni prossimi il virus aumenterà, le fabbriche potrebbero essere focolai di dimensioni enormi.
Prima che sia troppo tardi, non rischiamo la vita per la produzione, la salute non è monetizzabile.
Le aziende possono applicare gli ammortizzatori sociali, se non lo fanno non ci resta che confermare lo Sciopero ad oltranza e prepararci a una lunga stagione di conflitto di classe. E’ tempo di decidere da che parte stare: dalla parte dei padroni o dalla parte dei lavoratori.
Lo sciopero è la protesta più dolorosa economicamente ma la più dignitosa per proteggere noi stessi e i nostri famigliari oltre che contenere il virus.
Lo sciopero è a copertura di tutti gli operai che non hanno alternativa per restare a casa. Possono aderire come e quando vogliono, nei giorni e per i che meglio ritengono.

RICHIESTE IMMEDIATE :
-Chiusura di tutti i siti produttivi finchè non sarà rientrata l’emergenza Coronavirus, ad eccezione delle produzioni e servizi essenziali.
-Nelle produzioni e nei servizi essenziali riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario
-Utilizzo degli ammortizzatori sociali con integrazione salariale al 100%
– Assunzioni a tempo indeterminato di personale medico, scientifico e infermieristico; potenziamento della sanità pubblica, requisizione di tutte le cliniche private per l’ampliamento emergenziale del servizio pubblico come unico servizio universale e gratuito.

La FLMUniti mantiene lo sciopero già proclamato fino al 23 marzo e continua con SCIOPERO AD OLTRANZA PER TUTTO IL PERIODO EMERGENZIALE nel settore metalmeccanico ad eccezione delle produzioni servizi essenziali.

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Call center: ancora cassa integrazione e riduzione dei diritti

Call center: ancora cassa integrazione e riduzione dei diritti

In questi giorni Teleperformance, multinazionale francese con sedi tra Taranto e Roma-Fiumicino, ha annunciato la cassa integrazione per circa mille addetti call center. Quasi quattrocento lavoratori somministrati si vedranno contemporaneamente ridurre l’orario lavorativo a 20 ore settimanali senza possibilità di straordinari. L’impatto sarà notevole e vedrà una riduzione dei salari in alcuni casi anche del 50%. Per effetto del Decreto Dignità altri lavoratori somministrati a scadenza del 36esimo mese di lavoro rischiano di finire a casa, dopo aver assistito alla trasformazione in contratti “staff leasing” per colleghi somministrati da soli due anni.

Questa vicenda è lo specchio esatto della situazione del settore dei call center e dei servizi in generale. Grandi multinazionali che esternalizzano servizi ad altre multinazionali che a loro volta attingono alla somministrazione, e che sfruttano il costo più basso della manovalanza di paesi interni e extra UE delocalizzando. Una frammentazione di contratti che innesca una guerra tra lavoratori (eterne vittime del gioco capitalista) , e crea una ricattabilità continua oltre che un continuo calpestamento dei diritti.

Il Partito Comunista da sempre sostiene l’importanza dell’abolizione delle troppe forme contrattuali atte a inasprire la già difficile situazione del precariato. Non si può accettare di continuare a sostenere un sistema basato sulla ricattabilità e precarietà dei lavoratori. Quello che adesso è un’eccezione (il contratto a tempo indeterminato) deve tornare ad essere la regola, così come si deve mettere fine all’esternalizzazione si servizi di grandi aziende, e spesso della stessa pubblica amministrazione.

La vicenda dei call center dimostra gli effetti devastanti del mercato comune e delle regole europee che sono uno strumento di competizione al ribasso sui diritti e i salari dei lavoratori. Un motivo in più per lottare contro l’Unione Europea.

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RIZZO (PC): «TRIDICO (INPS) DA RAGIONE AI COMUNISTI SU ORARI DI LAVORO. MA DAI 5STELLE SOLO PROPAGANDA»

RIZZO (PC): «TRIDICO (INPS) DA RAGIONE AI COMUNISTI SU ORARI DI LAVORO. MA DAI 5STELLE SOLO PROPAGANDA»

«Mi fa piacere che il Presidente dell’INPS Tridico dia ragione ai comunisti sugli orari di lavoro. Abbiamo sempre sostenuto che la riduzione dell’orario di lavoro a parità salariale è una misura necessaria per ridurre la disoccupazione e che di fronte ai processi di automazione e riduzione del tempo di lavoro necessario questa strada sia l’unica in grado di tutelare a lungo periodo i diritti dei lavoratori». Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista. «Leggo anche che Di Maio avrebbe accolto entusiasticamente la proposta. Siamo sotto elezioni e i cinque stelle devono darsi una riverniciata di sinistra. Quando alle scorse elezioni lo avevamo inserito nel nostro programma ci avevano deriso liquidandoci come partito fuori dalla storia. Sono al governo non bastano slogan elettorali. Serve un vero scontro di classe contro gli interessi della finanza e della Confindustria: ridurre i tempi di lavoro a parità di salario significa attaccare i profitti dei capitalisti. I cinque stelle non lo faranno mai, possono farlo solo i comunisti».

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RIZZO (PC): «ITALIA DAVANTI A CRISI DI SISTEMA. GOVERNO PRIVO DI SOLUZIONI, CGIL, CISL E UIL SENZA VOCE».

RIZZO (PC): «ITALIA DAVANTI A CRISI DI SISTEMA. GOVERNO PRIVO DI SOLUZIONI, CGIL, CISL E UIL SENZA VOCE».

La crisi che abbiamo di fronte non è una congiuntura temporanea ma una crisi di sistema, profondissima e senza uscita se si continuano ad accettare le logiche capitalistiche e la permanenza nel mercato unico europeo. L’Italia perde un ulteriore 5,5% di produzione industriale, è in recessione e la crisi la stanno pagando i lavoratori e le classi popolari con abbassamento di salari, disoccupazione, diritti sociali» Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista. «Le misure del governo non sono minimamente in grado di invertire questo processo. È importante che i lavoratori tornino a mobilitarsi, ma non per essere utilizzati strumentalmente nè per sostenere uno sbiadito PD ed una pseudosinistra che fino a ieri erano al governo e sono largamente responsabili del disarmo delle forze popolari, né per nutrire ancora una volta l’illusione della concertazione, come oggi fanno CGIL, CISL e UIL, che ha portato solo danni ai lavoratori. I margini del riformismo sono finiti, quale sia la tonalità di colore del partito o del sindacato che lo sostiene».

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RIZZO (PC): «CON LANDINI NON CI SARÀ NESSUN CAMBIO POSITIVO NELLA CGIL»

RIZZO (PC): «CON LANDINI NON CI SARÀ NESSUN CAMBIO POSITIVO NELLA CGIL»

«Se il buon giorno si vede dal mattino le dichiarazioni di Landini sul sindacato unico con CISL e UIL sono un pessimo presagio. Ricercare l’unità dei lavoratori nella lotta per far avanzare le loro rivendicazioni è cosa auspicabile e necessaria. Ma il sindacato unico subalterno agli interessi della Confindustria è l’esatto opposto: è il modo migliore per spegnere qualsiasi possibilità di lotta». Così Marco Rizzo, segretario generale del Partito Comunista. «Agnelli diceva che per fare politiche di destra servono uomini di sinistra, e aveva ragione. Vale anche per la politica sindacale. Una CGIL in crisi verticale di iscritti, ricorre a una figura “di sinistra” come Landini per legittimarsi. Ma la linea sindacale resta la stessa, arrendevole e spesso di totale collaborazione con gli interessi padronali. I lavoratori non hanno bisogno di volti accattivanti ma di un sindacato che ne difenda realmente gli interessi, che li guidi nelle lotte. Da tempo purtroppo la CGIL non è più questo. Nessuna illusione da Landini segretario»

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LVA: CON ACCORDO DI MAIO 2.586 LAVORATORI IN CASSA INTEGRAZIONE. IMMUNITA’ PENALE FINO AL 2023.

LVA: CON ACCORDO DI MAIO 2.586 LAVORATORI IN CASSA INTEGRAZIONE. IMMUNITA’ PENALE FINO AL 2023.

Sono 2.586 i lavoratori dell’Ilva da ieri in cassa integrazione fino al 2023 per decisione della nuova proprietà che fa capo alla multinazionale Arcelor Mittal.  Nonostante i toni entusiastici del ministro del lavoro e dello sviluppo economico Di Maio, che annunciava che non ci sarebbero stati esuberi, si tratta di un epilogo annunciato già dal momento della sottoscrizione dell’accordo. Il testo infatti prevedeva l’impegno della società ad assumer 10.700 lavoratori a fronte degli oltre 13mila. Conti alla mano circa un quinto degli operai restava escluso, come il Partito Comunista e i sindacati non firmatari avevano dichiarato.
Nei fatti il Movimento Cinque Stelle ha proposto un accordo fotocopia rispetto a quello del PD, incassando i complimenti dell’ex ministro Calenda. Se Arcelor Mittal aveva indicato 3.000 esuberi ad agosto ne ha ottenuti 2.586 scaricando sullo stato tramite la cassa integrazione i costi degli esuberi (alcuni dei quali mascherati da uscite volontarie). Il piano Calenda prevedeva 10 mila assunzioni nella società principale e 1.500 in società esternalizzate. Di fatto un pareggio. La tanto decantata assunzione con articolo 18 era già prevista, dal momento che il riferimento era ai CCNL – che prevedono la tutela di cui al vecchio art. 18 –  tanto nel precedente quanto nell’attuale accordo.
Stesso risultato anche in termini ambientali. L’accordo Calenda prevedeva che i principali obiettivi di risanamento venissero realizzati entro il 2020. L’accordo Di Maio ne prevede metà nel 2019 e l’altra metà nel 2020, con completamento nel 2023. Nulla di particolarmente differente, e tutto da verificare nel futuro prossimo. Il dato che sa subito si apprezza invece è che per effetto del nuovo accordo, e del piano di risanamento contenuto nell’addendum, il limite dell’immunità penale e amministrativa per la società acquirente viene posticipato al 2023. A norma del decreto 98/2016: «Le condotte poste in essere in  attuazione del Piano di cui al periodo  precedente  non possono  dare  luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario,  dell’affittuario  o  acquirente e  dei soggetti  da  questi funzionalmente delegati,  in  quanto costituiscono adempimento delle migliori regole  preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e  di sicurezza sul lavoro» I Cinque Stelle non hanno cancellato questa norma, aderendo alle richieste di Arcelor Mittal.
Coincidenza apparente vuole che proprio il 2023 sarà il momento della fine del previsto risanamento ambientale, della fine dell’immunità penale e amministrativa e dell’impegno a riassumere una parte dei lavoratori in Cassa Integrazione. Siamo pronti a scommettere come finirà: ancora una volta l’arma di ulteriori licenziamenti e della mancata riassunzione dei lavoratori sarà utilizzata come ricatto per ottenere un allentamento degli obblighi ambientali, che sono anche tutela della salute dei lavoratori, e un ulteriore proroga dell’immunità. Ancora una volta un’azienda privata otterrà la possibilità di fare profitto licenziando, abbassando i diritti e i salari e peggiorando le condizioni ambientali. Le leggi capitalistiche d’altronde non lasciano scampo: l’acciaio prodotto in Italia può restare competitivo sul mercato internazionale solo mantenendo prezzi bassi e dunque a costo di abbassare i salari dei lavoratori e/o scaricare i costi di una produzione arretrata e priva di sicurezza e tutela ambientale sui lavoratori e sull’intera collettività.
Il Movimento Cinque Stelle si è reso complice di questo disegno che da sempre corrisponde agli interessi dei capitalisti del settore. Ieri i Riva oggi Arcelor Mittal a chiederlo, ieri il Partito Democratico, oggi il Movimento Cinque Stelle a consentirlo, anche a patto di tradire le promesse elettorali fatte ai lavoratori e ai cittadini di Taranto. Anche i sindacati firmatari, accettando questo accordo peggiorativo hanno tradito le ragioni dei lavoratori. Oggi si trovano a denunciare il ricorso da parte della proprietà a scelte discrezionali nell’assunzione dei lavoratori. Ma proprio l’accordo sottoscritto lo prevede, subordinando ogni criterio successivo all’arbitrio aziendale quando afferma che l’azienda terrà conto prioritariamente «delle esigenze del piano industriale, dei nuovi assetti organizzativi delineati da AM InvestCO e delle competenze professionali ritenute neessarie». Un assegno in bianco grazie al quale la nuova proprietà si sta liberando di molti operai che sono stati in prima fila nelle lotte di questi anni.
La soluzione per l’ILVA non è nella vendita a una multinazionale, ma nella nazionalizzazione e affidamento alla direzione dei lavoratori. L’Ilva deve essere riconvertita a una produzione compatibile con il diritto alla salute dei lavoratori e dei cittadini, oggi possibile con le moderne tecnologie e con i processi produttivi più avanzati a patto di incidere su quelli che oggi sono i margini di profitto del privato. Il profitto privato nella produzione industriale di larga scala è incompatibile con l’interesse della collettività.
Denunciamo la complicità dei Cinque Stelle e il loro esplicito tradimento degli impegni assunti. Invitiamo i lavoratori e i cittadini di Taranto a ribellarsi a questo governo, che come i precedenti è dalla parte di capitalisti criminali. Non basta sostituire un capitalista con un altro. Pretendiamo un futuro diverso per Taranto e per l’Ilva. Esigiamo che chi ha causato morte e disastro ambientale in questi anni paghi e sia impedito ad altri di proseguire sulla stessa strada. Il diritto alla salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto non può essere mercificato e oggetto di continui ricatti.
Un vero governo popolare avrebbe saputo conciliare il diritto alla salute e quello al lavoro, facendo pagare i capitalisti, non assecondandone i piani.

UP Partito Comunista

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