La classe lavoratrice del nostro paese si trova ancora una volta costretta a piangere i suoi morti sul lavoro e ancora una volta sono marittimi nello Stretto. L’ennesima strage di lavoratori – che arriva poco dopo la morte di un marmista a Carrara e di un altro operaio al Porto di Salerno – è avvenuta nel primo pomeriggio del 29 novembre, con la morte di 3 lavoratori e 6 feriti, di cui 1 gravissimo, al Molo Norimberga del porto di Messina sulla Nave Sansovino – Siremar, che dopo 27 anni di vita, appartiene adesso al gruppo monopolistico privato “Società di Navigazione Siciliana”, holding posseduta al 50% rispettivamente dalle società armatrici Liberty Lines (ex Ustica Lines) e Caronte&Tourist, delle famiglie Morace, Franza, Matacena e Francantonio Genovese.
Il Partito Comunista di Messina, nell’attesa di apprendere ulteriori informazioni sulla dinamica dei fatti, esprime il proprio profondo dolore e cordoglio ai familiari, amici e colleghi dei marittimi che hanno perso la vita nel corso delle loro funzioni in una delicata operazione d’intervento in una cisterna di gas che richiede misure di sicurezza e di prevenzione di alto livello. E’ evidente che così non è stato, come è altrettanto chiaro che la dinamica è simile ad altri “incidenti” avvenuti durante la manutenzione di serbatoi in cui i lavoratori operano in ambienti pericolosi senza essere spesso messi nelle condizioni per farlo in sicurezza. Invitiamo pertanto alla più alta vigilanza i lavoratori e le organizzazioni sindacali affinché venga appurata la verità e, a tal proposito, denunciamo la propensione che si intravede nelle prime dichiarazioni rilasciate da esponenti del gruppo Caronte&Tourist che tende a scaricare, come spesso accade, le responsabilità sui lavoratori stessi.
Troviamo ipocrite le lacrime dell’armatore privato, di Renzi, del Ministro Poletti e del Presidente Mattarella. Le tante morti sul lavoro a livello nazionale rendono ormai sempre più evidente come non possono esser derubricate ad “incidenti” e al “destino”. All’elevato sviluppato tecnologico e scientifico dovrebbe corrispondere un sempre maggiore livello di sicurezza nei posti di lavoro ma così non è a causa della logica del profitto che è più importante della sicurezza e prevenzione della salute e vita dei lavoratori, considerati dei costi improduttivi per il padronato supportato dal governo che depenalizza e deregolamenta costantemente le norme sulla sicurezza con la complicità in alcuni casi anche dei sindacati collaborazionisti e dell’inesistente controllo degli apparati statali preposti, che si associa a sempre più insistenti pressioni, ricatti e ritmi-turni di lavoro elevati con l’applicazione del Jobs Act.
Per questo società armatrice e governo sono responsabili di queste morti al di là degli aspetti penali del caso, essendo fautori delle politiche di cancellazione delle protezioni, taglio delle risorse e dei diritti che i lavoratori pagano con le loro vite. Nelle stesse ore in cui morivano i marittimi a Messina arrivava la notizia del ridimensionamento dell’accusa nei confronti del padrone di Eternit e la prescrizione di molte morti di cittadini e lavoratori per amianto. La realtà è quindi che si continua a morire sul lavoro nell’indifferenza e complicità di padroni, istituzioni e mass-media. Non è sufficiente reclamare adeguamenti legislativi delle norme sulla sicurezza nelle navi e porti come stanno facendo i sindacati dei trasporti di CGIL-CISL-UIL ma è una necessità urgente la mobilitazione dei marittimi e l’unità e la lotta dell’intera classe lavoratrice per rompere la gabbia padronale e conquistare persino il diritto a vivere e non morire sul posto di lavoro, per condizioni di sicurezza e salute sul lavoro adeguate con il controllo operaio e la cancellazione del Jobs Act.
Partito Comunista, Messina, 29/11/2016
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