Intervento di Aleka Papariga, segretario generale del KKE

Intervento di Aleka Papariga, segretario generale del KKE

Cari compagni,

lo scoppio della crisi economica capitalista ha trovato il KKE ideologicamente e politicamente

preparato, in quanto abbiamo proceduto per tempo, basandoci su ricerche scientifiche, alle nostre elaborazioni e previsioni sulle linee di sviluppo del capitalismo in Grecia nelle condizioni di assimilazione all’Unione Europea. Nello stesso tempo abbiamo preso in seria considerazione le contraddizioni interne all’UE e quelle interimperialistiche internazionali, alla luce dello sviluppo diseguale, dell’entrata dinamica nel mercato globale e nella concorrenza interimperialistica di nuove potenze capitaliste, quali la Cina, l’India e il Brasile, del ruolo della Russia questo conflitto, ecc..Abbiamo seguito molto da vicino il ruolo regionale che la Turchia sta cercando di giocare in particolare attraverso la sua partecipazione al ben noto G20.

Non appena sono apparsi all’orizzonte i primi segnali della crisi, abbiamo fatto una valutazione molto precisa della situazione, ponendo con urgenza ancora maggiore la questione di una riorganizzazione del movimento operaio. Con una discussione collettiva di tutto il Partito, culminata in una conferenza nazionale, abbiamo elaborato un quadro di lotta comune per il movimento operaio e per la sua alleanza con strati di piccola borghesia impoverita, imprenditoria individuale e lavoratori autonomi, artigiani, piccoli commercianti e contadini. In questo ambito abbiamo più a fondo elaborato i problemi dei giovani e delle donne, delle giovani coppie, nonché il ruolo del movimento studentesco e di quello femminile. Abbiamo adottato ulteriori misure per il rafforzamento del lavoro di partito e di massa nelle fabbriche e nell’industria in generale, poiché è lì che si determina il corso della lotta di classe e si decide la prospettiva di costruzione di alleanze sociali. Abbiamo proceduto ad una ristrutturazione interna e al ricollocamento dei membri del partito, unificando le organizzazioni di partito che hanno uguale campo di attività.

Non è una coincidenza che in Grecia tutti i partiti, siano essi borghesi, piccolo-borghesi o opportunisti, indipendentemente dal fatto che abbiano o non abbiano votato il pacchetto di misure antipopolari, incentrino le loro proposte su come ridurre il debito, su come concentrare il capitale per aumentare gli investimenti e su come incrementare la massa di profitto in modo da poterlo meglio distribuire. Le loro proposte sono un circolo vizioso. Essi sostengono, con alcune differenziazioni di secondaria importanza, tutti quei fattori che inevitabilmente conducono allo scoppio delle crisi dopo un periodo di crescita dei tassi di sviluppo del PIL e del profitto.

Un conto è lottare per un miglioramento contingente delle condizioni di vita dei lavoratori, ma un conto assolutamente diverso è fare di ciò una teoria, credendo che la soluzione alternativa sia una cosiddetta più equa distribuzione, senza tenere conto delle relazioni economiche e politiche interne al sistema capitalistico.

Sulla base di un’indomabile lotta di classe, oggi si viene a creare un’opportunità storica, quella di potere indirizzare il pensiero e l’azione dei popoli in lotta, con la classe operaia in posizione dirigente, nella direzione del potere operaio. Occorre far capire che, anche se in un dato paese venisse eletta dal popolo una maggioranza parlamentare popolare che formi un governo su tale base, questo non sarà in grado di superare i limiti imposti dalle leggi fondamentali del capitalismo se non risolverà i temi centrali della socializzazione dei principali mezzi di produzione, della pianificazione nazionale, del controllo operaio dal basso verso l’alto, dell’uscita dall’Unione Europea e dalla NATO.

Fin dal primo momento abbiamo notato e oggi ancor più rileviamo ciò che è ovvio: il rapido

acutizzarsi di tutti i problemi economici e sociali, l’aumento della disoccupazione e ella povertà, non sono di per sé sufficienti a sviluppare la lotta di classe se l’azione non è accompagnata dalla lotta politico-ideologica condotta dal Partito, dal movimento sindacale di classe e dalle organizzazioni radicali in generale.

Bisogna rispondere ai vari tentativi di nascondere le vere cause della crisi, deliberatamente presentata come crisi da deficit e debito, da cattiva amministrazione, da ridondanza del settore statale, da eccessive ingerenze partitiche, ecc.. Ovviamente, non ci siamo limitati ad un contrattacco propagandistico. Abbiamo dato un impulso alla formazione di un’alleanza sociale a livello nazionale, preparandone il terreno in cooperazione con forze radicali più ampie, con una piattaforma di lotta condivisa. Ciò accade per la prima volta in Grecia. Il PAME (Fronte Operaio di Lotta) ha preso l’iniziativa a cui hanno risposto positivamente il PASI (Unione Contadina di Lotta) e il PASEVE (Unione Antimonopolistica dei Commercianti, Piccoli Imprenditori e Artigiani di Grecia). Questo schieramento si è poi allargato con la partecipazione del MAS (Fronte Studentesco di Lotta) e dell’OGE (Federazione delle Donne di Grecia). Non si tratta di un’unione frammentaria, bensì di un’alleanza sociale di organizzazioni radicali e di classe così come di forze militanti che agiscono come minoranza all’interno delle strutture del movimento sindacale. Fin dal primo momento è stata incoraggiata la formazione di Comitati Popolari dell’alleanza nei quartieri, di Comitati di Lotta nei posti di lavoro, di Comitati di sindacati di settore. Abbiamo reso più specificamente organizzata la lotta popolare con orientamento di classe, prestando grande attenzione alla costruzione dal basso e con uno sforzo sistematico per la sua estensione a livello regionale e nazionale.

Nello stesso tempo, abbiamo avanzato, in parlamento e nel movimento, proposte concrete e obiettivi di lotta, riguardanti la disoccupazione, la protezione di disoccupati, lavoratori flessibili, piccoli imprenditori e contadini, le pensioni e il sistema della sicurezza sociale, la sanità e l’istruzione, il problema della casa per i lavoratori, i seri ritardi nella protezione antisismica, l’indebitamento popolare verso le banche, ecc.. I Comitati Popolari devono essere costituiti con attenta preparazione, attraverso il più vasto lavoro di massa, in modo che non diventino una semplice etichetta, ma si rivolgano a masse popolari sempre più ampie, mobilitate su un problema, o un gruppo di problemi, specifico. Ogni componente di questa alleanza continua la propria attività nel proprio campo, nei settori, nei posti di lavoro, nelle zone industriali, nei quartieri, nelle università e nelle scuole. Non si tratta di un raggruppamento temporaneo, ma di una forza che coinvolge i lavoratori e gli strati popolari più poveri in una lotta organizzata in senso antimonopolistico e antimperialistico, contro il potere dei monopoli. La forza di questa alleanza viene verificata nelle fabbriche, i luoghi dove la contraddizione tra capitale e lavoro è chiara e diretta. Ci sono già stati alcuni risultati positivi, come il reintegro di lavoratori in precedenza licenziati, il pagamento di salari e indennizzi, il riallaccio dell’energia elettrica a famiglie morose per povertà. Ci sono state e continuano ad esserci importanti mobilitazioni per l’abolizione dei pedaggi autostradali, contro il pagamento di tickets negli ospedali pubblici, contro gli aumenti dei prezzi degli esami medici, contro la soppressione di posti letto negli ospedali e la chiusura di scuole.

Dopo avere studiato le decisioni del summit del Partito della Sinistra Europea, tenutosi ad Atene, possiamo vedere chiaramente che, dietro la tagliente fraseologia, si progetta una compiuta concezione di poter governare la crisi senza intaccare la sostanza della linea politica borghese. Le loro proposte separano la politica dall’economia, dividono i capitalisti tra creditori e debitori, separano le conseguenze della crisi dalle sue cause. La proposta cosiddetta radicale di socializzare i gruppi bancari e il settore finanziario si colloca dentro questo quadro capitalistico, così come anche la proposta di cambiare la natura del credito. O questa utopia deriva dall’ignoranza del ruolo del credito nel sistema capitalistico, oppure è tesa ad ingannare i popoli. Purtroppo è vera la seconda ipotesi.

Trasformando il debito pubblico da effetto a causa della crisi, stanno di convincere il popolo che si debbano accettare i sacrifici in quanto il debito sarebbe un problema nazionale e la salvezza dell’economia nazionale viene prima di tutto.

 

PROPOSTE PER UN’AZIONE COMUNE IN UN’UNIVOCA DIREZIONE

 

1. INTERVENTO COORDINATO NEL CAMPO IDEOLOGICO-POLITICO PER UNA

MIGLIORE DEFINIZIONE DEL TERRENO DI LOTTA

A. Siamo convinti che i partiti comunisti europei, che operino o meno in stati appartenenti all’UE, debbano tutti condurre un lavoro sistematico e – se siamo d’accordo – congiunto per mettere in evidenza che le cause della crisi sono insite nella produzione, mentre nella circolazione monetaria semplicemente si palesano le contraddizioni, i paradossi e i malfunzionamenti del modo di produzione capitalistico. Da ciò emerge la verità basilare che la classe operaia, il movimento del lavoro, è la forza più avanzata e rivoluzionaria della società, una forza che può unire gli altri strati popolari in una dinamica alleanza di massa. Nell’ambito della lotta concernente l’acutizzarsi dei problemi è necessario sviluppare un reale contrattacco ideologico per far comprendere il più possibile, specialmente nella classe operaia, il nesso tra economia e politica.

Le nostre posizioni circa l’economia capitalistica, la sua legge fondamentale, lo sviluppo delle

contraddizioni interne del sistema, la legge della caduta tendenziale del tasso medio di profitto, i rapporti di produzione e distribuzione, il ruolo del credito nella produzione capitalistica, devono essere diffuse più largamente. Sarà difficile per il movimento operaio e i suoi alleati fare passi avanti e non essere assimilati dalla logica di gestire il sistema se questi temi non saranno compresi. E’ di vitale necessità svelare, sulla base di argomenti e fatti, le tematiche della concorrenza interimperialistica, di ciò che sta accadendo nelle unioni interstatali imperialiste, regionali e globali. L’esperienza delle masse non si forma spontaneamente, neppure quando si acuiscono i problemi, senza un’intensificazione della lotta ideologica e politica. Vi è una seria opportunità di comprendere i limiti storici del capitalismo, quali l’anarchia della produzione, lo sviluppo diseguale, la massiccia riduzione del capitale industriale in rapporto al capitale bancario, la misura e la velocità delle transazioni di titoli e la circolazione del capitale finanziario. L’instabilità politica che oggettivamente si manifesterà dovrà essere utilizzata dal movimento a proprio vantaggio. Non dovrà essere utilizzata per l’attuazione di scenari di governi di coalizione che rafforzerebbero l’attacco contro il popolo sotto vari alibi di “sinistra”, di “rinnovamento” o di “centro” . Il fatto che la rivoluzione socialista non sia dietro l’angolo non significa che non vi sia per il movimento operaio l’oggettiva necessità di contrapporre il socialismo all’obsoleto modello di sviluppo capitalistico.

B. Il modo con cui un qualsiasi governo borghese, indipendentemente dalla sua composizione, affronta la crisi, ha un orientamento e un carattere dati. Adotta comunque misure che conducono all’intensificazione dello sfruttamento di classe, mentre la forza lavoro diventa sempre più a buon mercato. La crisi comporta un deprezzamento-distruzione di una parte di capitale, finanziario o reale che sia. Tuttavia, lo stato borghese, il potere del capitale, adotta misure per minimizzare il suo deprezzamento in termini di riduzione della massa di profitti o per ricostituirli appena possibile.

C. La gestione borghese sarà accompagnata da instabilità politica, ingerenze e conflitti militari

locali che riflettono i conflitti tra i poteri del sistema imperialistico internazionale. La guerra in Libia, le ingerenze imperialiste in Tunisia, Egitto, Siria, Bahrein, Yemen sono la prosecuzione delle ingerenze e delle guerre imperialiste in Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Somalia e Sudan e hanno un unico scopo: controllare in modo ancora più deciso petrolio, gas naturale e risorse minerarie, impedire insurrezioni popolari, in particolare il risveglio della classe operaia, cambiare i governi e imporne altri, più vicini all’una o all’altra potenza imperialista. Perciò la lotta del movimento contro la guerra imperialista deve assumere un carattere anticapitalista. Questo vale sia per il movimento che si sviluppa nel paese aggressore, sia per il paese capitalistico che costituisce il bersaglio dell’attacco. La lotta contro l’occupazione straniera non deve perdere i suoi connotati di classe, poiché la borghesia, che vinca o che perda, non abbandona mai il suo obiettivo principale che consiste nella spaccatura e nella sconfitta del movimento popolare in generale.

 

2. STRATEGIA CONGIUNTA IN RELAZIONE ALL’UNIONE EUROPEA

Indipendentemente dalla forma che l’UE assumerà, ci sarà una politica comunemente decisa senza contraddizioni e disaccordi: la barbara strategia contro la classe operaia e il popolo lavoratore in tutti gli stati membri, la partecipazione alle guerre imperialiste, la “pace imperialista”. Questa politica antipopolare verrà portata avanti da qualsiasi meccanismo istituzionale e da qualsiasi politica comunitaria. Questo è il contenuto di classe proposto da alcuni stati membri e da alcune forze politiche. Lo stato nazionale come organo che assicura la concentrazione e la centralizzazione del capitale nella dura concorrenza tra gli stati membri non verrà superato né cancellato. La linea di rottura e uscita dall’Unione Europea è un prerequisito per un risultato di successo della lotta in favore del popolo, per la prospettiva del socialismo, per un’Europa unita socialista. Questa possibilità non può realizzarsi automaticamente e simultaneamente in tutta l’Europa, ma sarà il risultato di colpi successivi e coordinati a livello nazionale. I popoli devono lottare per parte loro contro gli stati borghesi e i monopoli sia a livello nazionale, che europeo, che internazionale. Essi non possono “correggere” le decisioni dell’UE, ma possono porre loro un temporaneo freno con una politica d’attacco e di rottura, fino a far uscire il proprio paese dall’Unione Europea attraverso l’abbattimento del potere borghese, spianando la strada all’Europa del socialismo e dell’equa cooperazione negli interessi dei popoli.

 

Bruxelles 11 aprile 2011-04-15

Incontro internazionale dei partiti comunisti europei.

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