DOCUMENTO CONTRO MONTI, UE E NATO. MILANO 31 MARZO 2012

DOCUMENTO CONTRO MONTI, UE E NATO. MILANO 31 MARZO 2012

Si è svolta stamani a Milano nella sala dell’Umanitaria una iniziativa promossa da CSP-PARTITO COMUNISTA, avente per tema l’opposizione al governo tecnico voluto dall’Unione Europea. Nel corso dell’intervento conclusivo il leader della formazione comunista Marco Rizzo ha posto l’accento su “la rottura delle catene europee è una priorità per il popolo assieme al battersi contro il governo Monti”.

Esiste oggi in Italia lo spazio per un blocco che riunisca le forze politiche, sindacali, sociali,

studentesche, che si oppongono ai diktat dell’oligarchia finanziaria e dei suoi governi?

 

DOCUMENTO  MILANO  31 MARZO 2012 CONTRO MONTI, UE E NATO

 

Noi comunisti di CSP- PARTITO COMUNISTA pensiamo di sì. Questo spazio, nell’attuale situazione che vede al potere un governo che è la diretta emanazione dell’oligarchia finanziaria, sostenuto da quasi tutti i partiti borghesi, è perfino più ampio di prima.

Per poterlo occupare ed affermare una prospettiva di rottura col sistema attuale, è però decisivo affrontare la questione della debolezza, della dispersione e dei limiti politici e ideologici della “sinistra”.

Finora c’è stata unità su alcune rivendicazioni, su questioni particolari, non su obbiettivi e questioni

generali, di importanza strategica. In larga parte ciò è dipeso dalla subalternità al riformismo e alla socialdemocrazia che ancora caratterizza molte forze.

Noi comunisti di CSP-PARTITO COMUNISTA aderiamo al movimento No debito per portare le nostre rivendicazioni di classe.

Si tratta dunque di creare un blocco, una coalizione di forze di classe e popolari, che resista e offra un’alternativa politica all’unità delle forze borghesi

che si sostanzia nell’appoggio bipartisan al governo Monti.

Questo processo di unità politica delle forze che si rifiutano di pagare il debito “pubblico” e la crisi capitalistica,  può crescere a condizione  che si metta in relazione diretta con la realtà delle masse lavoratrici e favorisca lo sviluppo della mobilitazione contro il governo Monti e le politiche capitalistiche e di guerra dell’UE e della NATO.

Il carattere attuale della crisi

 

La crisi economica mondiale continua a sconvolgere il mondo capitalista. Si tratta di una crisi di

sovrapproduzione relativa, caratterizzata dall’eccesso di capitale in tutte le sue forme (mezzi di lavoro, merci, capitale da prestito e fittizio, etc.). Questa grave e prolungata crisi ciclica si è sviluppata nel quadro di una tendenza di lungo periodo della caduta del saggio medio di profitto – divenuta evidente dagli anni ’70 del secolo scorso – imputabile all’incremento della composizione organica del capitale, dunque allo sviluppo della produttività sociale del lavoro.

L’insufficiente valorizzazione del capitale nel processo produttivo è proseguita nonostante le

controtendenze messe in atto dalla borghesia negli ultimi decenni: intensificazione dello

sfruttamento, esportazione di capitale nei paesi dove si realizzano maggiori profitti, privatizzazioni,

deregulation neoliberista, etc.

Ciò ha comportato la formazione di una pletora di capitale monetario che ha trovato impiego nelle attività di speculazione a breve termine.

 

La sovraccumulazione di capitale si è manifestata in crisi ripetute e sempre più gravi, fino a sfociare in quella attuale, manifestatasi dapprima nella sfera finanziaria e poi come riduzione generale dell’attività manifatturiera, contrazione del commercio, etc. Al cuore della crisi ci sono gli Stati Uniti, il paese imperialista in declino storico da cui si è originata nell’estate del 2007 e poi diffusa a livello globale.

Il capitale finanziario e le sue istituzioni a livello nazionale e internazionale, cercano di uscire dalla crisi economica scaricandone tutto il peso sul proletariato, le masse lavoratrici e i popoli.

Le misure e le politiche adottate sono simili in tutto il mondo: licenziamenti di massa, ribasso dei salari, liquidazione dei diritti dei lavoratori, tagli alle pensioni e alle spese sociali, ristrutturazione del mercato della forza-lavoro, sostegno finanziario a banche e imprese, sgravi fiscali per i capitalisti, etc.

Il mix di liberismo e keynesismo a sostegno dei monopoli finanziari e contro i lavoratori non è però riuscito a far uscire il sistema capitalista dalla crisi, che oggi vede una nuova fase di aggravamento.

 

Nulla di nuovo per noi comunisti. Infatti Karl Marx nel Capitale scriveva: “Il debito pubblico, ossia

l’alienazione dello Stato — dispotico, costituzionale o repubblicano che sia, imprime il suo marchio

all’era capitalistica. L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che passi effettivamente in

possesso collettivo dei popoli moderni è il loro debito pubblico. Di qui, con piena coerenza, viene la dottrina moderna che un popolo diventa tanto più ricco quanto più a fondo s’indebita. Il credito pubblico diventa il credo del capitale. E col sorgere dell’indebitamento dello Stato, al peccato contro lo spirito santo, che è quello che non trova perdono, subentra il mancar di fede al debito pubblico “.

Ed ancora: “Il debito pubblico ha fatto nascere le società per azioni, il commercio di effetti negoziabili di ogni specie, l’aggiotaggio: in una parola, ha fatto nascere il giuoco di Borsa e la bancocrazia moderna.” [Marx, Il capitale, Libro I, cap. 24]

Grande, impareggiabile Marx e piccoli, tapini gli imbroglioni socialdemocratici e revisionisti, che si

nascondono dietro a Keynes e alle sue teorie economiche borghesi del debito pubblico quando devono opporre il riformismo alla rivoluzione e alla lotta di classe, salvo poi colpevolizzare due volte le vittime di queste politiche pretendendo di far pagare solo a loro le conseguenze delle politiche economiche borghesi!!

 

Nell’epoca dell’imperialismo l’utilizzo del debito si è sviluppato, creando un sistema di rapporti di

oppressione e assoggettamento dei lavoratori e dei popoli. Un pugno di potenze imperialiste svolge il ruolo di strozzini internazionali nei confronti della massa dei paesi debitori, soggiogati economicamente e politicamente.

Il debito estero è uno strumento essenziale per ottenere sovra-profitti, per incrementare lo sfruttamento e la rapina dei popoli, per sostenere borghesie nazionali compradore e corrotte al servizio degli imperialisti.

Allo stesso tempo, le potenze imperialiste, in primo luogo gli Stati Uniti, devono indebitarsi fortemente per continuare a svolgere il loro ruolo di predoni globali, mantenendo una mostruosa macchina militare e un alto livello di consumo interno. Ciò ha determinato una consistente crescita annua del debito nazionale e un aumento dello squilibrio fra paesi debitori e creditori.

 

Dopo l’esplosione della crisi dei debiti pubblici, l’UE imperialista ha imposto rigide misure per

ottenere la rapida riduzione del debito pubblico sotto il 60% e la riduzione del disavanzo al 3%. Questa riduzione non ha una vera ragione finanziaria, se non quella di ricattare i popoli e far accettare loro le misure economiche e le “privatizzazioni”, ossia l’esproprio da parte dei monopolisti dei beni pubblici, che sono o beni naturali o il frutto del lavoro delle generazioni precedenti, al fine di estrarre profitto anche da questi. In pratica il capitalismo internazionale si comporta con gli Stati come fanno gli strozzini con gli strozzati: prima li hanno fatti indebitare a dismisura, buttando spesso i soldi dalla finestra, e ora stanno tirando il cappio al collo. L’introduzione dell’euro è stato lo strumento fondamentale per questa operazione, che impedisce ai governi nazionali di attuare una politica di immissione di moneta.

 

Per rendere permanente la politica di austerità antipopolare Francia e Germania spingono per

l’introduzione della “regola d’oro” nelle Costituzioni dei paesi dell’area dell’euro, così da controllare il deficit pubblico. Ciò significherà tagli strutturali alla spesa previdenziale e sociale, smantellamento dei sistemi solidaristici conquistati dalla classe operaia, ulteriori aggressioni padronali. Per i lavoratori del nostro paese ciò si traduce in manovre a ripetizione da 40-50 miliardi l’anno, con cui procede il saccheggio e la regressione sociale. I “piani di salvataggio” e di “risanamento” imposti dalle istituzioni politiche e finanziarie internazionali e dai governi nazionali, le misure economiche fatte passare con una politica neoliberista d’assalto, non porteranno però alla risoluzione della crisi economica, ma aggraveranno la fase di stagnazione, con scarsi investimenti, ribassi salariali, aumento della disoccupazione a lungo termine.

In questa situazione si sviluppa la resistenza e la lotta del proletariato, dei giovani senza futuro, dei popoli oppressi come vediamo in Grecia per esempio.

 

Il debito pubblico italiano

 

In Italia il debito pubblico ha cominciato a crescere con la fine del periodo espansivo post-bellico. Esso ha avuto un primo momento di espansione con lo shock petrolifero degli anni ’70 ed è stato aggravato dalla politica della Democrazia Cristiana (DC) e dal Partito Socialista Italiano (PSI) che hanno favorito il clientelismo e il parassitismo delle grandi imprese, legate mani e piedi al potere politico, e generato un’enorme evasione fiscale per favorire i capitalisti e creare uno strato cuscinetto contro il movimento operaio e comunista.

Ma il debito pubblico è diventato davvero pericoloso.

Un secondo boom del debito si è avuto a partire dal 1981, quando fu deciso dai governi DC e PSI di lasciare ai mercati la sorte dei titoli di Stato. In pratica, mentre prima lo Stato poteva far emettere moneta a volontà dalla Banca d’Italia, da allora in poi il debito doveva essere necessariamente finanziato con emissioni da piazzare sul mercato. Ciò fece lievitare i tassi d’interesse e di conseguenza lo stesso debito pubblico.

Tale dinamica è stata agevolata da tutti i governi borghesi che si sono succeduti al fine di sopperire con l’assistenzialismo alle carenze strutturali dei monopoli italiani e far ingrassare un esercito di parassiti. Tra i maggiori beneficiari degli alti tassi dei titoli di Stato ci fu il monopolio FIAT.

A causa delle crescenti difficoltà economiche, il debito pubblico dal 1998 al 2007 è aumentato di circa il 30%, raggiungendo 1.600 miliardi di euro. Inoltre, se fino a un certo punto il debito era prevalentemente in mano a risparmiatori italiani, oggi è per oltre la metà in mano alla speculazione internazionale.

Stante l’enorme evasione fiscale praticata dalla borghesia nel suo complesso (superiore ai 200 miliardi di euro annui) le  politiche neoliberiste hanno determinato una minore pressione fiscale sul capitale e la necessità di una maggiore pressione fiscale da realizzare sulle spalle dei lavoratori.

 

Il debito pubblico italiano ha registrato nel luglio 2011 il massimo storico con 1.911 miliardi di euro (quarto debito al mondo dopo Stati Uniti, Giappone e Germania), pari al 120% del PIL (era del 114% nel 2008).

Assieme alla crescita del volume dei titoli di Stato si è allungata la loro durata media, oggi di 7 anni. La spesa per gli interessi corrisposti ai detentori di questi titoli nel 2010 è stata di circa 80 miliardi di euro.

Il debito pubblico italiano è composto all’83% (circa 1.580 miliardi di euro) da titoli di Stato.

I possessori sono in grande maggioranza (circa l’87%) banche d’affari, assicurazioni, fondi pensioni e d’investimento, imprese capitalistiche. Più della metà del debito è detenuto da grandi investitori finanziari stranieri –francesi, tedeschi, britannici, statunitensi, cinesi, etc. – che impiegano il capitale eccedente con l’acquisto di titoli di Stato ad alta remunerazione.

Questi pescecani sono gli stessi che effettuano le operazioni di speculative sui mercati per realizzare enormi plusvalenze con il rialzo dello spread (differenziale di rendimento tra i Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) italiani e i Bund tedeschi) e l’aumento di valore dei Credit Default Swaps (strumenti finanziari che assicurano anche il valore dei titoli di Stato).

 

E’ dunque sbagliato parlare di “debito sovrano”; si tratta in realtà di debito privato socializzato, i cui interessi vengono finanziati grazie alla politica di tagli alla spesa pubblica e delle pensioni, di aumenti delle tasse che gravano sui lavoratori. Siamo di fronte a un gigantesco trasferimento di ricchezza dai salari alle rendite a breve termine dei vandali dell’alta finanza, attuato dalle politiche governative e statali.

La classe operaia e le masse lavoratrici sono di fronte ad un circolo vizioso, che nell’attuale situazione bisogna spezzare con una precisa rivendicazione: il rifiuto di pagare gli interessi sul debito posseduto dalle banche e dalle società finanziarie, dai padroni e dai ricchi, dai parassiti.

 

Si tratta di una proposta politica rivolta alle masse sfruttate e oppresse, alle loro organizzazioni, mirante a unificare e sviluppare la loro lotta contro l’oligarchia finanziaria. Una proposta di rottura che necessita di essere legata alla contestuale uscita dall’UE e dalla BCE , poiché , sono queste istituzioni ad imporre lo strozzinaggio richiesto dal sistema imperialista mondiale, perché la crisi economica è legata a doppio filo a quella dell’eurozona.

 

La crisi finanziaria acuitasi in questi mesi, il ciclopico debito pubblico che strangola le masse popolari italiane, ha prodotto conseguenza politiche di eccezionale gravità.

L’Italia capitalista è di fatto oggi un paese commissariato dalla BCE, dall’UE e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), che impongono i loro piani di aggiustamento strutturale. Il governo tecnico installato dall’oligarchia finanziaria ha un carattere profondamente antidemocratico. La stessa classe dominante che parla di “debito sovrano” vende ai mercati

finanziari la residua sovranità e indipendenza nazionale (ritenute “dogmatismi e schematismi da superare”), con il sostegno attivo delle forze liberal-riformiste e delle più alte cariche dello Stato.

 

Come accade negli altri paesi, i dolorosi sacrifici imposti alla classe operaia e alle masse popolari si stanno dimostrando incapaci di un qualsiasi effetto positivo stabile e duraturo e di placare gli attacchi “speculativi”.

Nonostante tre manovre di mega-austerità approvate in cinque mesi (due di Berlusconi e una di Monti, per un totale di oltre 80 miliardi di euro di sacrifici) lo spread è rimasto a 279 punti con un rendimento dei BTP decennali al 4,83%,( dati aggiornati al 15 Marzo) mantenendo l’Italia a rischio “default”.

Il declassamento del rating italiano da A, a BBB+ , determinerà l’ulteriore aumento dello spread e

pertanto dei tassi di interesse.

 

La riduzione della montagna del debito in teoria sarebbe possibile, senza impoverire i lavoratori, solo con una durevole crescita economica superiore al 2%, più la quota degli interessi, che attualmente è intorno al 5%. Ma l’Italia dal 2000 a oggi non ha mai raggiunto questo livello, anzi ora il PIL è di nuovo negativo e si prevede che calerà ancora nel corso del 2012.

La diminuzione della produzione industriale (attualmente di 20 punti sotto il livello pre-crisi),

l’aumento della disoccupazione, comportano l’aumento del deficit di bilancio e

del debito. In tali condizioni, il pagamento dei crescenti interessi è insostenibile economicamente e rovinoso sotto ogni aspetto per gli interessi della classe operaia. Il pagamento del debito da parte dello Stato comporta enormi privazioni per le masse, lo strangolamento dei lavoratori e delle prossime generazioni, lo sprofondamento in un declino e un degrado economico e sociale ancor più profondi.

 

Se andrà avanti la politica di “sacrifici senza fine per pagare il debito” le condizioni di vita e di lavoro del proletariato e delle masse lavoratrici peggioreranno drammaticamente, mentre  banchieri, finanzieri e speculatori con gli interessi intascati avranno ulteriori capitali per puntellare il casinò  mondiale, rafforzare i privilegi delle classi parassitarie e il potere di una minoranza famelica, finanziare le missioni di guerra, devastare l’ambiente.

 

Differenze all’interno del Movimento NO DEBITO: per una proposta comunista

 

All’interno del movimento anti-debito, così come nel movimento operaio e sindacale, si sta sviluppando  un dibattito sulle diverse strategie da seguire per uscire dal tunnel del debito e della crisi.

In generale si  riscontra una confusione fra abolizione, moratoria, congelamento, rinegoziazione, etc. del debito.

In questa confusione, frutto dei limiti politici ed ideologici esistenti, la piccola borghesia riformista, i socialdemocratici e i revisionisti, si distinguono

nel mettere in campo posizioni e proposte deboli, errate e pericolose.

Ne vogliamo evidenziare alcune, che hanno rilevanza anche a livello internazionale.

 

Una prima posizione è quella che rivendica la sospensione del rimborso del debito per realizzare una  verifica dei conti (audit) sotto controllo dei cittadini, al fine di determinare quali debiti devono essere annullati o rinegoziati a causa della loro illegittimità,  o per il loro carattere odioso. Questa posizione però è limitata e monca, perché si muove in una logica di “rinegoziazione” del debito e non si pone, parallelamente, l’obiettivo, l’abbandono dell’euro, la rottura della gabbia dell’UE imperialista che impone il suo pagamento.

L’obiettivo dei promotori consiste nel far accettare all’oligarchia finanziaria una riduzione del debito per ragioni di “giustizia sociale” ma anche di rilancio degli investimenti esteri e dell’accumulazione capitalista.

E’ la posizione dei socialdemocratici e di quegli attivisti della piccola borghesia che si battono contro i debiti senza mettere in discussione l’imperialismo e le sue istituzioni, ma cercando delle alternative dentro il  sistema.

Il modello che propongono per i paesi imperialisti europei è quello adottato da Kirchner in Argentina per intenderci. In pratica questa soluzione è quella dell'”haircut”, cioè del taglio, che si è attuata con la Grecia: si taglia una quota del debito (un danno irrilevante per le grandi banche speculative) in cambio della remunerazione del rimanente. Questo taglio sarà pagato con la macelleria sociale e con l’esproprio dei beni pubblici. Torniamo all’esempio dello strozzino:

qual è il suo interesse? Rientrare in possesso del proprio capitale, o impossessarsi dei beni dello strozzato?

 

Una seconda  posizione è sostenuta da settori  del mondo cattolico ed intellettuali liberali di sinistra che pretendono di risolvere il problema del debito attraverso il suo congelamento,  una sospensione del pagamento di interessi e capitale  relativa alla parte posseduta dai grandi investitori istituzionali, e la creazione di una commissione d’indagine che faccia luce sulla formazione del debito e sulla legittimità di tutte le sue componenti.

Questa posizione, simile alla prima, fa della questione sociale del debito  una questione, eminentemente, giuridica e morale, da risolvere senza la partecipazione e la mobilitazione rivoluzionaria della classe operaia. L’obiettivo è limitato a ridurre la portata del debito, vale a dire rimborsarne una parte a “tassi di interessi accettabili”.

Il “nuovo modello di sviluppo” proposto dai compassionevoli  e “ misericordiosi” fautori di questa opzione è un inganno e una truffa, perché pretende di risolvere il problema del debito conservando il dominio del capitale monopolistico e tenendo buone le masse. Cioè resta ancorato ad un modello interclassista. Non si capisce su quali basi giuridiche si possa mai determinare quale sia la quota “odiosa”, o “illegittima”, se in base a come sono stati spesi, o a chi li detiene, e soprattutto, come si possa distinguere un creditore speculativo da un piccolo risparmiatore. C’è il rischio  che le banche, una volta colpite marginalmente da questa rinegoziazione, si rifacciano pesantemente sui piccoli risparmiatori, negando il loro credito.

Quindi i lavoratori, se l’operazione fosse condotta dal potere borghese, si ritroverebbero pagare tre volte: una volta per entrare nell’euro, una volta per restarci e una volta per uscire!

 

Una terza posizione si pone  l’obiettivo di risolvere la questione del debito obbligando la Banca centrale a dominare la speculazione. Propugna una progressiva democratizzazione delle decisioni economiche in ambito UE, la modifica dello statuto della BCE e una politica di sviluppo economico sul modello del “Job Act” di Obama.

Si tratta di tesi sostenute da settori di borghesia riformista e conservatrice che puntano a sostituire il neoliberismo col keynesismo e si battono per  una “libertà condizionata” del capitale.

Sono degli strenui difensori del capitalismo e il loro atteggiamento nei confronti della

classe operaia e delle masse lavoratrici è quello di una società di protezione degli animali.

Questa soluzione significa mettere la faina a guardia del pollaio.

Possiamo credere che la costruzione dell’UE e dell’euro – progettata dai più grandi economisti continentali nei decenni scorsi – presenti “errori” che qualunque studente del secondo anno di economia saprebbe enumerare a occhi chiusi?

Questo è il risultato esatto che volevano ottenere: strangolare i popoli e le nazioni del Sud Europa. Quindi più Europa, maggiore integrazione politica e fiscale non significherà che aumentare lo sfruttamento imperialistico del Nord Europa. Come si arrabbierebbero i popoli europei, se sapessero che, invece di pagare il debito, lo si potrebbe convertire tutto in deposito non fruttifero. Ciò toglierebbe il cappio dal collo dalle nazioni, garantirebbe il piccolo risparmio e taglierebbe le unghie alla speculazione internazionale, SENZA GENERARE INFLAZIONE!

Abbiamo visto invece quali sono le soluzioni messe in campo dalla BCE: costringere i PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) a pagare il debito a tamburo battente e invece prestare soldi a tassi bassissimi (1%) alle banche. Quindi le nazioni pagano al 5%, al 7%, all’11% e le banche ingrassano.

Ma non sono solo le banche a banchettare. Mentre un piccolo imprenditore, o artigiano, contadino, o pastore, viene strangolato da tassi bancari usurai e viene messo sulla strada da Equitalia (mentre magari lo Stato non paga le commesse), nel frattempo le grandi imprese, che si possono permettere di creare le loro “finanziarie”, prendono in prestito i fondi direttamente dalla BCE, come per esempio la Volkswagen, che ha appena ottenuto UN MILIARDO DI EURO! Sono questi che creano inflazione galoppante!

 

Al di là dei diversi progetti politici, tutte queste tendenze e posizioni mirano a tenere a mantenere la classe operaia al carro della borghesia e della piccola borghesia, a contenere le rivendicazioni e le lotte delle masse all’interno dell’ordine sociale capitalista-imperialista e impedire che esse fuoriescano dal quadro della politica borghese e riformista si volgano alla politica rivoluzionaria del proletariato, alla lotta per il socialismo.

Perciò vanno criticate e combattute a fondo.

«Diversi governi capitalistici, nonostante l’esistenza di parlamenti “democratici”, sono controllati dalle grandi banche. I parlamenti dichiarano che sono loro a controllare i governi. In realtà, invece, avviene che la composizione dei governi è fissata in precedenza dai maggiori consorzi finanziari, i quali controllano anche l’operato dei governi. Chi non sa che in nessuna potenza capitalistica può essere formato un gabinetto contro la volontà dei maggiori magnati della finanza? E’ sufficiente una piccolissima pressione finanziaria perché i ministri volino via dai loro posti come dei fuscelli

Questo è un vero e proprio controllo delle banche sui governi, nonostante l’apparente controllo dei parlamenti»

(STALIN, Intervista con la prima delegazione operaia americana, 9 settembre

1927, in Opere, vol.. 10°, p, 113)

Come sono attualissime queste parole.. non è successo la medesima cosa con i Governi Berlusconi da noi e Papandreu in Grecia? Sono «volati via come fuscelli». E sono stati installati governi controllati dal capitale finanziario, con ministri banchieri su indicazione della BCE.

KKE

Il nostro Partito fratello , il KKE, da tempo denuncia con efficacia la situazione drammatica in Grecia e l’attacco al proletariato e alle masse popolari elleniche.

Nei loro comunicati i compagni greci affermano che l’Unione europea della crisi e l’acuirsi delle contraddizioni sono un macello sociale per la classe operaia e i diritti popolari.

La cosiddetta “sforbiciata” del 50% del debito significa per il popolo il rilancio di nuove misure draconiane, con il fine di coprire le perdite della plutocrazia e di recuperare il suo alto livello di redditività.

Essa porterà una nuova riduzione drastica dei salari, una nuova rapina sui fondi previdenziale con conseguenze drammatiche per le pensioni, gli accantonamenti e l’età pensionabile.

La crisi, il debito, la bancarotta dello Stato, le barbariche misure antipopolari rappresentano la via a senso unico per il capitalismo e i partiti che lo servono, non per i lavoratori dipendenti e autonomi.

Una situazione molto simile a quella che stiamo assistendo in Italia ove sono sotto attacco conquiste sociali e sindacali conquistaste in passato.

Recentemente il KKE ha scritto una lettera al Presidente della SE e Segretario Generale del PC francese, Pierre Laurent.

In essa leggiamo : ” E’ un dato di fatto che lo sviluppo della crisi capitalista in Grecia, che è stata accompagnata da un attacco senza precedenti ai diritti della classe operaia e degli strati popolari nonché dal corrispondente forte inasprimento della lotta di classe, ha catturato l’attenzione del lavoratori di altri paesi.

In questo quadro anche le forze politiche borghesi, che hanno un enorme responsabilità nell’offensiva antipopolare, dichiarano di “simpatizzare” con il popolo greco, avendo cura di nascondere bene le cause dei problemi che vivono la maggior parte delle persone: la crisi capitalista, l’intrappolamento del paese in unioni imperialiste come la NATO e l’UE, lo sfruttamento capitalistico.

I rappresentanti della “Nuova Sinistra” stanno rilasciando dichiarazioni in questo contesto, come la lettera del presidente del Partito della Sinistra Europea (SE) e Segretario Generale del PCF, Pierre Laurent, sul tema della Grecia, pubblicata nella sezione lettere del 20/2/2012.

In realtà il problema che la classe operaia e gli altri strati popolari si trovano ad affrontare in Grecia non è un problema di “democrazia” con l’imposizione di misure antipopolari dall’esterno, ossia dai “leader europei e dal FMI”, come scrive P. Laurent. Né il governo di coalizione dei socialdemocratici del PASOK e di Nuova Democrazia (ND) è “vittima” di alcuni “leader europei e del Fondo monetario internazionale”, come vorrebbero le lenti deformanti del Presidente della SE.

La verità è che queste misure, che vengono adottate con il pretesto del debito pubblico, hanno come obiettivo il rafforzamento della remunerazione del capitale in Grecia, attraverso la drastica riduzione del prezzo della forza lavoro.

Non dobbiamo dimenticare che solo nei conti dei capitalisti greci depositati nelle banche svizzere si trovano in questo momento 600 miliardi di euro (quasi il doppio del debito pubblico della Grecia)!

Pertanto, si tratta di misure che corrispondono pienamente agli interessi dei capitalisti: per scaricare la crisi sul popolo in modo che la Grecia possa perseverare nel corso di sviluppo capitalistico e il capitale accumulato, nel periodo precedente, possa trovare uno sbocco proficuo.

Si tratta di misure decise congiuntamente nel quadro dell’Unione europea da parte del governo

greco e della classe borghese, utili ad entrambi i partiti di governo e niente affatto imposte da “alcuni leader europei e dal FMI” “.

 

La Sinistra Europea è una convinta sostenitrice della UE e questo suo atteggiamento riformista tende a mantenere ingabbiata la classe operaia e i lavoratori al sistema capitalistico.

Sia il PRC  che il PDCI propugnando questa visione si rendono di fatto in qualche modo complici degli sfruttatori!

 

 

Il nostro Partito concorda con i compagni del KKE che è solo sulla strada della lotta di classe che la classe lavoratrice può raggiungere l’obiettivo finale della sua lotta: l’abolizione del potere capitalista e la costruzione del socialismo.

Qualunque uscita dalla crisi sotto un governo borghese non può che significare un aggravamento delle condizioni di vita delle classi popolari.

 

Nostre proposte

 

Noi comunisti avanziamo questo obiettivo di lotta politica, il cui raggiungimento costituisce un’esigenza immediata e improrogabile per la classe dei salariati ed è in connessione con mete più avanzate. Ciò indipendentemente dalla sua compatibilità con l’economia dell’oligarchia parassitaria, con la sua smania inesauribile di profitti, di rendite, di interessi.

La politica rivoluzionaria contrappone le necessità vitali delle masse alle necessità della putrida società imperialista.

E’ tramite questa politica che il proletariato – la classe cui spetta il compito storico della liberazione universale – acquisisce una consapevolezza fondamentale: affinché l’umanità possa vivere come tale il capitalismo deve essere seppellito!

Noi di CSP-PC sosteniamo l’opposizione di classe contro i capitalisti e i loro governi, facciamo appello alla lotta per rifiutare i diktat dell’oligarchia finanziaria e far saltare le manovre con le quali vogliono scaricare sulle spalle della classe operaia il debito; sosteniamo la lotta per il non pagamento degli interessi, il ripudio del debito e l’uscita dall’UE .

 

In questa attività ci sforziamo di far comprendere alle masse operaie e popolari che il rifiuto di pagare la crisi e il debito devono avere un contenuto di classe, devono essere inseriti nella battaglia più generale per l’espropriazione degli espropriatori e la costruzione del socialismo.

 

Il debito non è altro che una montagna di numeri che girano nei computer delle banche, ma questi fantasmi servono per ricattare i popoli.

In altre parole, per noi la questione politica del ripudio del debito è strettamente legata alla questione dei limiti storici del capitalismo e dell’indispensabile rivolgimento economico e sociale che solo l’avanzata rivoluzionaria del proletariato e delle masse popolari può realizzare. L’alternativa dunque non consiste nel tornare al passato, al periodo della lira e delle partecipazioni statali, e nemmeno nell’impossibile riforma del presente (il modo di produzione capitalista-imperialista) per tentare di risolvere la sua profonda crisi, ma nel determinare una profonda e radicale rottura con un sistema che ci riserva solo aumento dello sfruttamento e regressione sociale, impoverimento e guerre banditesche, sviluppando l’organizzazione e il programma di classe, senza lasciarci influenzare e deviare dalle forze riformiste e piccolo borghesi.

 

 

Per questo proponiamo:

 

Di partecipare attivamente alle mobilitazioni di massa, ieri contro il governo Berlusconi e oggi contro quello Monti, per difendere in modo intransigente gli interessi economici e politici della classe operaia, sulla base della parola d’ordine: “La crisi e il debito devono essere pagati dai colpevoli – i padroni, le banche, i ricchi, i parassiti – e non dalle vittime – i lavoratori e i popoli”;

 

Di legare sistematicamente la battaglia per la sospensione immediata e unilaterale del pagamento del debito alla lotta per l’uscita dalle istituzioni sovranazionali imperialiste e le loro politiche antipopolari e guerrafondaie: “Rifiuto del debito e della guerra, fuori dall’UE e dalla NATO”;

 

Di attuare il fronte unico di lotta del proletariato e realizzando, sulla sua base, un ampio fronte popolare rivoluzionario per respingere l’offensiva reazionaria del capitale e i diktat di UE- BCE- FMI; promuovendo a tali fini la costituzione nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nei quartieri, di organismi quale il FUL ( Fronte unitario dei Lavoratori);

 

Nell’ambito del fronte unito dei lavoratori deve trovare posto anche la salvaguardia del piccolo risparmio non speculativo, che invece è nel mirino del grande capitale speculativo internazionale; quindi no alle soluzioni pasticciate dei riformisti nostrani, né a quelle ben più pericolose dei tecnocrati europeisti.

 

 

Affermiamo altresì la necessità non più derogabile e procrastinabile della costruzione del Partito

Comunista su chiari e solide basi marxiste-leniniste.

Perciò ci rivolgiamo alla parte più avanzata e cosciente della classe operaia affinché rompa nettamente, completamente e definitivamente con l’opportunismo e compia passi avanti nella sua riorganizzazione su basi rivoluzionarie.

Nessuna convivenza, nessuna collaborazione dei comunisti e dei migliori elementi del proletariato con i revisionisti, i socialdemocratici, i riformisti, gli opportunisti, con chi si concilia nei loro confronti.

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