Una lettera dai compagni di Trieste

Una lettera dai compagni di Trieste

l’ineguaglianza sociale si sta aggravando con straordinaria rapidità; si approfondisce, infatti, il baratro che divide la società in due parti: i ricchi, sempre più ricchi e i poveri, sempre più poveri.

Una massa crescente di popolazione sta infoltendo i ranghi del proletariato, il ceto medio si assottiglia continuamente, il numero di lavoratori in esubero gettati sul lastrico raggiunge le centinaia di unità al giorno, piccoli imprenditori, artigiani e commercianti costretti a chiudere le loro fallimentari attività, “partite I.V.A” che non trovano nemmeno più conveniente autosfruttarsi, abbandonano; anche chi lavora (precari e “fissi”) è alla fame (il salario è mantenuto basso “giustificato” dal fatto che i prezzi delle merci sono altrettanto bassi).

La società sta disgregandosi inesorabilmente e irreversibilmente: le donne esautorate dai posti di lavoro trovano, in molti casi, quale ultima spiaggia, la prostituzione; le famiglie rovinate da abbandoni e separazioni, anche a causa di ragioni economiche; aumentano i ladri, i vagabondi, gli ubriachi, i suicidi tra coloro i quali un lavoro lo avevano e lo hanno perduto; i giovani, preda di un disagio crescente, sono allo sbando; i bambini ROM bruciano negli accampamenti fatiscenti e insicuri; gli immigrati e i disoccupati relegati in un substrato proletario ancora più pezzente; derelitti, senzatetto, tossici, ammalati mentali, abbandonati a se stessi.

Il capitalismo sfrenato ed ottuso sta riempiendo i magazzini di merce invenduta; pervasi dalla confusione e accecati dalla ricerca del profitto ad ogni costo, ciascun capitalista, se e quando produce (quando non investe in finanza), lo fa per conto suo, in piena anarchia , a suo rischio e pericolo e, a mali estremi, quando lo ritiene “produttivo” dà vita ad autosabotaggio delle merci e dell’azienda al fine di tenere, sempre e comunque, il guadagno alto. Essi, capitalisti, si sforzano soprattutto di conservare, consolidare, rendere universale il dominio del capitale che credono stabile ed eterno.

La società capitalistica, fondata sullo sfruttamento della classe operaia, ha il suo cane da guardia nella coalizione di imprenditori che ci “governa” e “rappresenta”, lo Stato, il cui compito fondamentale è, da una parte, reprimere i disordini e le ribellioni di chi si oppone allo sfruttamento, dall’altra di opporsi agli altri Stati capitalisti interessati a sfruttare all’interno dei suoi confini; a protezione degli interessi del capitale lo Stato usa, contro il proletariato, sia mezzi di costrizione brutali (polizia, esercito, tribunali) sia mezzi di asservimento morali (scuola, chiesa, media) per “educarlo”, istupidirlo, abbrutirlo, addomesticarlo.

È necessario reagire, subito! Il regime capitalista va distrutto, annientato, perché MAI il proletariato troverà un posto adeguato e dignitoso negli schemi di questa società; resistere, offendere, eliminare il capitalismo e istaurare il dominio del proletariato, allo scopo di edificare un mondo nuovo, è possibile perché l’umanità cammina verso il comunismo.  Il comunismo è una necessità che si realizzerà inevitabilmente perché è inevitabile che gli uomini, classi determinate di uomini, lotteranno per realizzarlo e lo faranno in condizioni tali da rendere certa la loro vittoria; la lotta non sarà altro che l’espressione della necessità storica che è determinata attraverso la volontà e le azioni degli uomini.

Lottare sì, ma come? La conoscenza dei fenomeni sociali (e delle cause) diventa di fondamentale importanza per noi militanti comunisti sinistra popolare perché ci consentirà di prevedere; prevedere ci permetterà di capire in che modo il capitalismo agisce e perché; è in questa direzione che occorre lavorare per essere pronti.  Se noi comunisti cominciamo a chiederci quale sia la causa (o le cause) di un fenomeno sociale invece di chiederci per quali fini avviene, avremo la possibilità di spiegarlo, di comprenderlo; trovare la causa significa scoprire un altro fenomeno sociale da cui il primo dipende; così riusciamo a spiegarci il rapporto causale che lega i fenomeni tra loro. Esempi: una circolazione esagerata di banconote provoca la svalutazione; finchè esisterà il il capitalismo ci saranno le guerre; ovunque sorgerà il capitalismo nascerà il proletariato e si diffonderà il socialismo; se continueranno ad esistere grandi e piccole imprese contemporaneamente le prime, alla fine, predomineranno sulle seconde; se il proletariato attacca il capitale questo si difende con tutti i mezzi che ha a disposizione (finanche sparare sulla popolazione inerme); se cresce la produttività del lavoro, i prezzi diminuiscono, se i prezzi diminuiscono aumenta lo sfruttamento dei lavoratori.

È tutto questo che va spiegato alla gente in questa fase iniziale di ricostruzione del partito comunista; va spiegato il perché accadono certi fenomeni sociali, quali le classi dominanti, quali i rapporti tra di esse, qual è il nostro programma di partito, come intendiamo portarlo avanti, quali i nostri obiettivi per la realizzazione di una società comunista; spieghiamole cosa è una società comunista, facciamole capire che finirà l’anarchia della produzione, che le classi si estingueranno così come gli interessi di classe e che non vi saranno più contraddizioni tra gli interessi degli individui e quelli della società.  Si faccia comprendere alla gente che è possibile liberarsi dalle catene che la opprimono, le si dìano i paradigmi per la comune battaglia e per la sua emancipazione, le si elenchino i vantaggi che deriverebbero dalla realizzazione piena, compiuta del comunismo.

Molto stiamo facendo, molto di più è indispensabile fare; nessuno di noi, militanti comunisti sinistra popolare nasce guerriero, ma è necessario diventarlo, per dignità.

Vincenzo De Biase (CSP Trieste)

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One Reply to “Una lettera dai compagni di Trieste”

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    Un modo per spiegarlo è fare notare la contraddizione in cui INEVITABILMENTE cade un qualunque difensore del capitalismo (cioè il 100 per cento degli ‘esperti’ che la il 100 per cento delle TV propone allo spettatore-proletario).

    Ne esistono a migliaia, ma ne prendo una ad esempio. quella più diffusa.

    Un solone del liberismo economico (cioè un agente ideologico del capitalismo come sarebbe più opportuno chiamarlo)
    alle richieste sindacali oppone sistematicamente questa
    motivazione: ” la ricchezza, per essere redistribuita, deve essere PRIMA PRODOTTA”.

    E’ una ‘motivazione’ ovviamente inconsistente, ma ha una sottile apparenza di verità, che si basa sull’enunciato di qualcosa di OVVIO (parafrasando si potrebbe dire: prima di mangiare la pastasciutta occorre che qualcuno la prepari.., etc etc gli esempi sono infiniti, divertitevi pure).
    Per questo alone di ovvietà dietro cui si nasconde è una delle frasi più insidiose.

    Si noti bene che non c’è MAI nessuno che, in una battuta, riesca a smascherare questa frase inconsistente.

    Eppure sarebbe facile: al 100 per cento, la stessa persona che afferma questo afferma pure che ‘l’Italia è ancora un paese RICCO’. Lo deve affermare, in quanto difensore del Sistema (del capitalismo e dell’imperialismo), onde se il paese non fosse ricco si esporrebbe all’accusa : ‘ma allora sto capitalismo a che serve se siamo ancora un paese povero?’
    Dunque basta solo dire: ‘senta ma lei non ha detto prima che siamo ricchi? Quindi perchè dice che la ricchezza deve essere PRIMA prodotta? La ricchezza C’E’. Lo dice LEI che c’è,’

    Ovviamente è solo un modo dialettico per impedire che questi servi del padrone la facciano da padrone nei dibattiti, ma è molto utile per squarciare la cappa di menzogna.
    Non importa che lo spettatore capisca. L’importante è che il suo cervello si metta in moto (e probabilisticamente, ci sarà un 20% almeno di cervelli che si metteranno in moto).

    Chiaramente, il problema è più complesso, non nel senso in cui i capitalisti avrebbero una via di uscita dialettica dall’impasse, ma nel senso che il capitalismo c’è anche nei paesi poveri. Per esempio in Tailandia nessuno potrebbe dire ‘siamo un paese ricco’. Infatti il discorso comunista passa più facilmente nei paesi poveri (di un mondo che conosce paese ricchi). E infatti sono tutte dittature militari, non potrebbero sostenere un ‘talk show’.

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