Stupro di gruppo: adesso tutto è possibile. Dichiarazione di Monica Perugini, responsabile nazionale donne comuniste

Stupro di gruppo: adesso tutto è possibile. Dichiarazione di Monica Perugini, responsabile nazionale donne comuniste

Stupro di gruppo: adesso tutto è possibile. Monica Perugini, responsabile nazionale donne comuniste

La recentissima sentenza della Cassazione che ha stabilito la possibilità di applicare pene alternative ai violentatori  che in gruppo nel 2006 stuprarono una ragazza di dodici anni, rispecchia alla grande la cultura e il comune sentire di un paese allo sbando, dall’economia ai diritti sociali ed ovviamente quelli civili.

Due imputati al tempo erano minorenni e si disse che, proprio per questo, abbiano usufruito della comprensione e della  solidarietà della collettività di appartenenza, oltre che delle loro famiglie.

E la vittima? Una ragazza di  dodici anni, era forse maggiorenne? E lo stupro è forse legittimo? No. Ma il comune sentire che governa,   con discrezionalità, le sorti degli esseri umani, vittime ed imputati, tramite un giudice, fa sì che a rimetterci siano,  oggi più che mai,  le donne, che in un paese come il nostro, dove l’odio dei più forti contro le monotone classi “inferiori” è considerato comportamento comune e   si è fatto addirittura  “legittimo” se scatenato contro le donne.

Non c’è giustizia per le vittime mietute dalla concezione capitalistica dei rapporti fra le classi e fra i generi e per le donne vittime di violenza sessuale, non solo non c’è giustizia ma contro di loro riemerge,  come imperante, quella riprovazione sociale mai sopita, caratteristica ipocrita di una morale bigotta che vede nelle donne il diavolo a cui imputare tutti i mali.

Solo le lotte delle donne avevano contribuito a cambiare, in parte, costumi e cultura, ma il cambiamento è potuto e restare come dato oggettivo da difendere anche nelle aule di tribunale,  oltre che nella cultura sociale, quando il movimento e non solo delle donne, ma quello operaio, dei lavoratori e delle lavoratrici per una democrazia effettiva e non solo borghese e di facciata, erano forti.

Adesso è tutta un’altra storia. Così che anche le decisioni finali da cui dipendono le vite individuali e i destini comuni, possono impunemente trasformarsi nel giro di poche ore.

Se le leggi civili (di nome e di fatto) promulgate dagli anni ‘70 in poi (divorzio, aborto, nuovo diritto di famiglia, tardiva modifica del reato di stupro come reato contro la persona e non contro la morale, leggi sui servizi sociali…) sono state il risultato di queste lotte, lotte  che le hanno difese per decenni; quelle (in)civili degli ultimi anni, frutto anche delle destrutturazione dello Stato attraverso la modifica dell’art. 117 della Costituzione che ha inventato tanti regimi legislativi quante sono le Regioni, svuotando di fatto la prima parte della carta fondamentale proprio modificandone la seconda, si sono imposte grazie all’assenza dell’azione del movimento e dell’arretramento della coscienza collettiva.

La Lombardia fa da apripista, come sempre, privatizzando la sanità e per primi i consultori, aprendo le porte degli ospedali e della gestione dei servizi sociali ai Centro aiuto alla vita, assegnando loro contributi pubblici diretti per la gestione dei fondi NASCO che tolgono risorse, tanto da indurne la chiusura, alle case di accoglienza delle donne maltrattate. Poi la Legge Tarzia della Regione Lazio ma anche le posizioni retrive della Regione Emilia Romagna e i continui attacchi alla 194 (e alla pillola del giorno dopo)   che l’ampliamento e la tutela dell’obiezione non solo rende sempre più difficoltosa, ma anche autentico business per i medici pagati “a gettone” che non obiettano. Alla faccia della tanto decantata etica dell’aiuto che gli oppositori della  legge sulla IGV dicono di sostenere.

Il costume sociale si è deteriorato, le leggi nemiche delle donne hanno trovato facile applicazione, i giudici applicano il complesso normativo sempre a danno delle donne, perché una reale resistenza non esiste da tempo, nè nel paese ma tanto meno in Parlamento o nelle assemblee regionali.

Si è mercanteggiato su tutto, a danno dei lavoratori e dei valori democratici conquistati, figuriamoci se la finta opposizione di questo decennio, non ha mercanteggiato sui diritti delle donne!  Sarebbe ripetitivo rifare l’elenco della nefasta politica perseguita dal PD e avvallata dai suoi alleati, negli ultimi anni. Basti per tutti la farsa delle unioni civili.

Se le leggi danno la misura di quello che è il reale sentimento maggioritario di un paese, di una collettività, la sua applicazione non può esserne da meno.

La riabilitazione al posto del carcere impartita per minorenni condannati, non offende certo perché è stata risparmiata l’onta e la durezza del carcere solo per chi ha potuto ricorrere fino all’ultimo grado di giudizio, non parla il linguaggio della vendetta ma chiede giustizia ed un rispetto che la nostra società sta facilmente dimenticando, avendo sposato la sottocultura della continua offesa politica, religiosa, culturale,  mediatica al corpo delle donne, alle donne.

Dove sono i partiti di quella finta opposizione che con le loro donne famose e in carriera, al riparo dal pericolo di stupri e miseria economica e culturale,  ci hanno messo 24 ore ad organizzare imponenti manifestazioni contro l’ex premier maschilista e dai costumi più che discutibili, con le parole d’ordine delle donne per bene contro le donne per male: un simile scempio giuridico non meriterebbe altrettanta solerzia?



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