Ero giovanissimo quando vidi ‘Faccia di spia’ il racconto, nel 1975, dei rilevantissimi eventi politici di quel tempo, dall’assassinio di Kennedy ai colonnelli in Grecia al colpo di Stato in Cile contro Allende, con un’attenzione particolare all’ingerenza della politica USA e della Cia nella politica di altri paesi. Un’opera che segno’ particolarmente la mia vita politica. Da li’ compresi che Giuseppe Ferrara era un uomo libero davanti al sistema. Ritrovai quel carattere ribelle e amante del vero, che caratterizzerà tutta la sua carriera di autore cinematografico, anche nelle successive opere, tra cui quelle eccezionali come il documentario ‘Brigata partigiana’, in cui racconta le azioni della Brigata “Spartaco Lavagnini” in Toscana mescolando immagini di finzione con materiale di repertorio oppure ‘il sasso in bocca’, una denuncia della mafia siciliana e americana, o ancora ‘Il caso Moro’ (1986) che ricostruisce e ripercorre l’intera vicenda del rapimento di Aldo Moro, interpretato dallo straordinario Gian Maria Volonté. Dopo le esperienze diventano anche televisive con la ‘P2 Story’, inchiesta sulla loggia massonica con a capo Licio Gelli o ancora con il cinema ‘I banchieri di Dio’, dove si raccontano le vicende del Banco Ambrosiano e di Roberto Calvi. Ho volutamente citato solo le opere che ho visto di questo grande del cinema italiano perche’ sono quelle di cui ho discusso con lui quando l’ho conosciuto, gia’ in eta’ matura, ad una festa comunista a San Paolo a Roma dove era stato invitato, circondato dall’attenzione e dall’ammirazione di tanti giovani che lo vedevano come esempio originale di arte militante. La terra Ti sia lieve, Giuseppe.