Meeting Internazionale di Madrid. Contro Euro, Unione Europea e Nato.Intervento di Marco Rizzo, segretario nazionale di CSP-PARTITO COMUNISTA Sabato 15 dicembre 2012

Intervento di Marco Rizzo,

segretario nazionale di CSP-PARTITO COMUNISTA

Meeting Internazionale di Madrid. Contro Euro, Unione Europea e Nato.

Sabato 15 dicembre 2012

Cari compagni,

insieme al ringraziamento per l’invito rivoltoci a partecipare a questa significativa e importante manifestazione, vi porto il saluto fraterno dei nostri militanti e di tutto il nostro Partito.

 

Ventuno anni fa cessava di esistere l’Unione Sovietica, la bandiera rossa con la falce e il martello  veniva ammainata dal pennone del Cremino, ma le nostre giuste idee non morivano. Sembrava che il capitalismo avesse ormai definitivamente trionfato. Ventuno anni dopo quel triste evento, invece, il pianeta si trova ad affrontare una crisi devastante quantitativamente e qualitativamente, dentro la quale il sistema continua ad avvitarsi senza essere in grado di uscirne.

 

Non si tratta di un guasto temporaneo rimediabile con accorgimenti tecnici, si tratta di una crisi strutturale, originante da sovrapproduzione e sovraccumulazione di capitale, le cui cause si trovano non nella sfera finanziaria, non nell’applicazione di una particolare dottrina economica (neoliberismo, keynesismo o teoria della decrescita), ma sono radicate nell’essenza stessa del modo di produzione capitalistico, che non è più in grado di reggere la propria contraddizione fondamentale tra carattere sociale della produzione e appropriazione privata del prodotto. Lo stesso consumo energetico del modello capitalistico se fosse esteso a tutti gli abitanti del pianeta produrrebbe in brevissimo tempo un collasso ambientale totale.

Dilaniato dalla concorrenza globale interimperialista, il capitalismo oggi non è più in grado di sostenere la caduta del saggio di profitto e di riavviare il ciclo espansivo di riproduzione e accumulazione, se non attraverso politiche di compressione dei salari e la distruzione di parte della massa di capitale globalmente circolante, attraverso riduzioni di capacità produttiva, licenziamenti e – non dimentichiamolo -, guerra.

Assistiamo così alla riduzione del salario diretto, sia di quello nominale per mezzo della contrattazione sempre più individuale, sia di quello reale attraverso l’abolizione dei meccanismi d’indicizzazione; alla compressione del salario indiretto, tramite i tagli ai servizi e alla spesa sociale (l’Italia si colloca ai livelli più bassi dell’Unione Europea per questa voce) e alla restrizione del salario differito, con l’allungamento della vita lavorativa e il calo delle pensioni. Questo provoca la diminuzione dei consumi e contrazione del risparmio delle famiglie, costrette per sopravvivere ad intaccare quanto precedentemente accantonato. L’ISTAT, l’ente statistico italiano,  ci conferma una riduzione dei consumi delle famiglie  (-3,3% complessivo), a partire da quelli alimentari (-14%),. Una situazione che non si verificava dai tempi dall’ultima guerra mondiale!

 

Le politiche di rigore che limitano la spesa pubblica nelle sue componenti di spesa sociale, previdenziale e investimento pubblico, tracciate e volute dall’UE, contribuiscono a deprimere ulteriormente la domanda interna, facendo avvitare l’economia nella spirale debito-rigore-calo della domanda-calo del prodotto interno-ulteriore debito. Il conclamato fallimento di queste politiche è confermato sia dai dati degli Istituti di Statistica, che, paradossalmente, dalla stessa BCE: in Italia, in un anno di rigorismo del governo Monti, in ossequio alle politiche dell’Unione Europea, la produzione industriale è crollata del -5.2%, il PIL del -2,3%, il rapporto tra debito e PIL è passato dal 121,7% al 126,1%.

 

Se guardiamo la situazione dal punto di vista dei lavoratori e del popolo, vediamo che le misure di rigore e austerità hanno portato la disoccupazione oltre l’11%, con punte di più del 30% tra i giovani e del 50% in alcune regioni del Meridione italiano. I salari orari nominali sono cresciuti solo del 1,4% su base annua, mentre l’inflazione è al 3,2%: di fatto, si è attuata una forte riduzione dei salari reali diretti e differiti (pensioni), che si aggiunge all’originaria rapina del 50% delle retribuzioni, perpetrata con l’introduzione dell’Euro in Italia. Il massacro sociale è sotto gli occhi di ciascuno di noi.

 

Il tutto è stato condito da una riduzione sostanziale dei diritti dei lavoratori, della sicurezza del e sul posto di lavoro. La precarietà non riguarda più solo le nuove generazioni, ma è estesa e generalizzata a tutte le fasce di età e di genere; l’attacco ai diritti dei lavoratori consente oggi ai padroni di licenziare senza giusta causa, per sole ragioni congiunturali, ma anche per ragioni di discriminazione politico-sindacale. La mancata garanzia  della sicurezza sul lavoro, della quale sindacati collaborazionisti hanno consentito la monetizzazione, conferisce all’Italia il triste primato europeo per gli omicidi bianchi. Il potente apparato mediatico del governo Monti, emanazione diretta dell’oligarchia monopolistica e bancaria, incarnate dall’UE e dalla BCE, ha millantato che la riforma del sistema previdenziale, che deruba milioni di pensionandi, la riforma del mercato del lavoro, che riduce fortemente gli ammortizzatori sociali e cancella i residui diritti dei lavoratori, la politica di rigore, che taglia sanità, istruzione, servizi, ricerca scientifica, cultura, trasporti pubblici, una volta attuate, avrebbero fatto ripartire l’economia. Il risultato è stato lacrime e sangue per la classe operaia, i lavoratori, i giovani, i pensionati; nuovi regali ai padroni, che aumentano i loro profitti grazie a ulteriori defiscalizzazioni, a livelli salariali da quarto mondo, a privatizzazioni del patrimonio pubblico e dei servizi a prezzi di saldo; peggioramento complessivo della situazione macroeconomica.

 

Ecco qual è il vero intento dei “mercati” e a cosa serve la clava del rigore, con la minaccia dello “Spread”! Non a risanare l’economia, ma a depredare il patrimonio dei popoli; non a migliorare la vita delle persone, ma a sfruttare ancora di più i lavoratori, spolpandoli fino alla miseria!

Questa spoliazione e rapina ai danni di lavoratori, popoli e paesi, attuata dal capitale monopolistico, industriale e finanziario, vede la partecipazione, in maggiore o minore misura a seconda dei rapporti di forza interimperialistici, di tutte le borghesie nazionali senza esclusione alcuna, sia dei paesi economicamente più forti, che dei paesi più deboli. Non esistono borghesie “buone” o “vittime”: tutte sono comunque sfruttatrici della classe operaia! Non esiste un capitalismo “buono” (quello produttivo) ed uno “cattivo” (quello finanziario). Esiste il capitalismo, punto e basta, con la criminalità organizzata, la mafia e tutte le  sue attività delinquenziali.

 

Il debito non è causa della crisi, è una sua conseguenza.. Non sono i lavoratori, non sono i popoli, che avrebbero vissuto al di sopra delle proprie possibilità, ad avere generato il debito pubblico. Il debito è stato generato dal capitale per massimizzare i profitti. Il capitale, infatti, ha finanziato la propria crescita nei periodi espansivi e compensato l’inevitabile caduta del saggio di profitto attraverso un uso sfacciato della spesa pubblica, drenando risorse statali (in Italia l’83% circa delle entrate fiscali provengono dal lavoro dipendente, senza possibilità di evasione) a copertura di fasi congiunturali avverse, di finti programmi di sviluppo, settoriali o regionali, attraverso contributi a fondo perduto, crediti agevolati a tasso abbattuto a carico della finanza pubblica, defiscalizzazioni e decontribuzioni, ecc.. Questa è la principale causa del debito pubblico, insieme agli enormi interessi verso le banche e al crescente peso degli apparati repressivi dello Stato, degli armamenti e delle missioni di guerra in forza dell’appartenenza alla Nato!

 

Sul piano interno, per fare fronte alla crisi e gestire questi processi di ristrutturazione brutale e disumana, il capitale non può fare a meno di inasprire gli strumenti repressivi del proprio dominio, cancellando anche i diritti formali della democrazia borghese, ridotta ormai ad un simulacro. Riforme costituzionali autoritarie e leggi elettorali truffaldine svuotano le assemblee elettive di ogni reale potere e escludono da queste ogni forma di protagonismo del conflitto di classe, attraverso sistemi bipolari, sbarramenti, richieste di inverosimili quantità di firme per la presentazione delle liste, dalle quali sono però esentati i partiti borghesi già presenti nelle istituzioni, confermandoci nella nostra convinzione di quanto sia vana e inconsistente la finzione del parlamentarismo borghese.

 

Anche sul piano esterno il ricorso alla forza è sempre più marcato. L’inasprimento della competizione interimperialistica per il controllo delle materie prime, delle fonti di energia, dell’acqua, delle grandi vie dei trasporti e dei traffici, insieme alla già citata necessità di distruggere quote di capitale globalmente circolante per contrastare la caduta del saggio di profitto, concorrono a trascinare l’umanità verso una catastrofe bellica di proporzioni planetarie. Assistiamo ad una escalation di aggressioni contro stati sovrani, ieri contro la Libia, oggi contro la Siria, domani contro l’Iran, espressioni locali del più generale conflitto per l’egemonia e il controllo, in una prospettiva che vede l’azione dell’imperialismo statunitense e quello europeo.

Un sistema incapace di riavviare il ciclo di riproduzione e di reggersi senza ricorrere alla più brutale repressione e alla guerra è un sistema finito. Questo è oggi il capitalismo: un modo di produzione morente che ha esaurito da tempo il proprio ruolo storico, ma che ha ancora pericolose e affilate armi  nel proprio arsenale, da quelle sempre meno efficaci di dissimulazione delle proprie responsabilità nella crisi a quelle  terribili del portarci alla catastrofe della guerra.

 

L’Euro, l’Unione Europea, la NATO, sono le armi con cui l’imperialismo europeo, cioè il capitale monopolistico europeo, cerca di imporre il proprio dominio e la propria politica di rapina a popoli e paesi, all’esterno dell’Europa, ma anche al suo interno, come le vicende di Grecia, Spagna, Italia, Portogallo e Irlanda ci dimostrano.

Per questo, i comunisti, coscienti del fatto che nessuna soluzione alla crisi è possibile all’interno del sistema capitalistico e che i margini di manovra del riformismo e delle politiche keynesiane si sono definitivamente esauriti, chiamano la classe operaia, i lavoratori, i ceti popolari colpiti dalla crisi, ad organizzarsi in un unico, potente Fronte, capace di lanciare la mobilitazione di massa per uscire dall’Unione Europea, dal sistema dell’Euro e dalla NATO, come primo passo verso la rivoluzione socialista e l’instaurazione del potere operaio, che il fallimento oggettivo del capitalismo pone oggi all’ordine del giorno per evitare la barbarie e la guerra.

 

Per fare questo serve la lotta di classe ma anche la battaglia contro la finta sinistra ed i suoi partiti opportunisti che continuano a voler spiegare la possibilità di riforma del sistema capitalistico e che continuano a ‘flirtare’ coi governi di centrosinistra nazionali e regionali. Questi opportunisti non sono meno responsabili del nemico di classe in quanto distolgono e rendono inefficaci forze ed energie nella lotta decisiva.

Questo richiede una forte ed effettiva capacità di coordinamento internazionale dei partiti comunisti coerentemente marxisti-leninisti, fino ad adottare vincoli politici visibili alle masse popolari, che consentano di elaborare congiuntamente la teoria e la prassi della lotta di classe nelle condizioni attuali, le strategie e le tattiche comuni per la rivoluzione proletaria e la costruzione del socialismo-comunismo.

 

Popoli d’Europa, alzatevi!

Fuori dall’Unione Europea e dalla NATO! Abbattere la dittatura del capitale!

Viva l’internazionalismo proletario!

Il Comunismo è la gioventù del mondo!

Viva il Partito Comunista dei Popoli di Spagna! Viva i Collettivi della Gioventù Comunista!

Discurso de Marco Rizzo, Secretario Nacional del CSP-PARTIDO COMUNISTA

Encuentro Internacional en Madrid. Contra el Euro, la Unión Europea y la OTAN.15 de diciembre 2012

Estimados compañeros,

junto con la gratitud por la invitación a participar en este evento significativo e importante, les traigo los saludos fraternales de nuestros militantes y nuestro Partido.

Hace veinte años, la Unión Soviética dejó de existir, la bandera roja con la hoz y el martillo fue arriada del asta de la bandera del Kremlin, pero nuestras ideas correctas no murieron. Parecía que el capitalismo había definitivamente triunfado. Sin embargo, veintiún años después de ese acontecimiento triste, el planeta se enfrenta a una crisis devastadora cuantitativa y cualitativamente, en la que el sistema continuará dandovueltas sobre si mismo sin poder encontrar una salida.

Esto no es un problema temporal remediable con medidas técnicas, se trata de una crisis estructural, proveniente de la sobreproducción y sobreacumulación de capital, cuyas causas no se encuentran en la esfera financiera y tampoco en la aplicación de una determinada teoría económica (neoliberalismo, keynesianismo o  teoría del decrecimiento); al contrario, tienen sus raíces en la esencia misma del modo de producción capitalista, que ya no es capaz de revolver su propia contradicción fundamental entre el carácter social de la producción y la apropiación privada del producto. El consumo de energía del mismo modelo capitalista si se extiende a todos los habitantes del planeta en un tiempo muy corto produciría un colapso ecológico total.

Destruido por la competencia mundial inter-imperialista, el capitalismo ya no es capaz de soportar la tendencia decreciente de la tasa de ganancia y reiniciar el ciclo de crecimiento de reproducción y acumulación, a menos que no utilice las políticas de compresión de los salarios y la destrucción de una parte de la masa del capital que circula en el mundo, la reducción de capacidad productiva, los despidos y – no lo olvidemos – la guerra.

Asistimos de este modo a la reducción de los salarios directos, tanto el nominal mediante la negociación cada vez más individual como de los salarios reales a través de la supresión de los mecanismos deadecuacion al indice de precios. Y asistimos a la reduccionde los salarios indirectos, a través de los recortes a los servicios y al gasto social (en esto Italia se encuentra en los niveles más bajos de la Unión Europea) y a través de la restricción de los salarios diferidos, con el alargamiento de la vida laboral y la disminución de las pensiones. Esto provoca  el descenso del consumo y la disminución de los ahorros de las familias, que para sobrevivir están obligadas a gastar lo que consiguieron ahorrar en el pasado. EL  ISTAT, la agencia de estadísticas italiana, confirma una reducción en el consumo de los hogares (-3,3% en total), sobre todo por lo que concierne a los alimentos (-14%). Una situación que no se producía desde la última guerra mundial!

Las políticas de austeridad que limitan el gasto publico en sus componentes de gasto social, de seguridad social y de inversión pública, dibujadas e impuestas por la UE, contribuyen a deprimir aún más la demanda interna, bloqueando la economía en la espiral de deuda-austeridad-caída de la demanda-caída del producto interno- más deuda. El fracaso evidente de estas políticas lo confirman tanto los datos de los Institutos de Estadística, como, paradójicamente, el BCE: en Italia, en un año de gobierno de austeridad de Monti, de acuerdo con las políticas de la Unión Europea, la producción industrial cayó del -5.2%, el PIB disminuyó del 2,3%, el ratio de deuda respecto al PIB pasó del 121,7% al 126,1%.

Si miramos la situación desde el punto de vista de los trabajadores y del pueblo, vemos que las medidas de rigor y austeridad han llevado el desempleo a más del 11%, con picos de más del 30% entre los jóvenes y el 50% en algunas regiones del sur de Italia.  Los nominales de los salarios por hora crecieron sólo un 1,4% sobre base anual, mientras que la inflación es del 3,2%: de hecho, se ha puesto en marcha una importante reducción de los salarios reales directos y diferidos (pensiones), que se añade al originario robo  del 50% de los salarios, perpetrados con la introducción del euro en Italia. La masacre social está bajo los ojos de  cada uno de nosotros.

Todo el asunto se ha coronado por  una reducción sustancial de los derechos laborales y de seguridad en el lugar de trabajo. La incertidumbre no es sólo para la generación más joven, sino que se ha  extendido y generalizado a todos los grupos de edad y de género; el ataque a los derechos de los trabajadores ahora permite a los empresarios despedir sin causa justificada, no solo por motivos económicos, sino que también por motivos de discriminación político-sindical. La falta de medidas de seguridad en el lugar de trabajo, de la cual los sindicatos colaboracionistas han permitido la monetización, confiere a Italia la triste distinción en Europa de los fallecido por accidentes laborales. El poderoso aparato mediático del Gobierno Monti, hijo de la oligarquía monopolísta y bancaria, encarnadas por la UE y el BCE, se ha jactado de que la reforma del sistema de pensiones, que roba a millones de jubilados, la reforma del mercado del trabajo, que reduce muchisimo las redes de seguridad social y borra los derechos de los trabajadores que quedaban, la política de austeridad,  que recorta la salud, la educación, los servicios, la investigación científica, la cultura, el transporte público; todas estas políticas, una vez implementadas, deberían haber echo remontar la economía.

El resultado fue sangre y lágrimas para la clase obrera, los trabajadores, los jóvenes, los pensionistas; nuevos regalos a la patronal que aumenta sus ganancias a través de exenciones fiscales adicionales, salarios al nivel del cuarto mundo, privatización del patrimonio público y de los servicios con precios de tiempos de rebajas; deterioro general de la situación macroeconómica.

¡Es esta la verdadera intención de los “mercados” y a esto sirve la porra del rigor y de la austeridad, con la amenaza de  la prima de riesgo! No para restaurar la economía, sino para saquear la riqueza de los pueblos, no para mejorar la vida de las personas, sino para explotar aún más a los trabajadores, saqueándolos hasta la miseria!

Este saqueo y robo en contra de los trabajadores, de los pueblos y de los países, puesto en práctica por el capital monopolista, industrial y financiero,  implica la participación, en mayor o menor medida dependiendo de los equilibrios de fuerzas inter-imperialistas, de todas las burguesías nacionales, tanto de los países económicamente más fuertes como de los países más débiles. No existen  burguesías “buenas” o “víctimas”: ¡todas explotan  la clase obrera! No hay capitalismo “bueno” (el capitalismo productivo) y uno “malo” (el capitalismo financiero). Existe el capitalismo, simple y llanamente, con el crimen organizado, la mafia y todas sus actividades delictivas.

La deuda no se debe a la crisis, es una consecuencia de la misma… No son los trabajadores, no es la población, quienes han estado viviendo encima de sus posibilidades, los que han generado la deuda pública. La deuda fue generada por el capital para maximizar los beneficios. Es el capital, de hecho, queien financiado su crecimiento en los periodos de expansión y compensado la inevitable caída de la tasa de ganancia a través del uso descarado del gasto público, agotando los recursos del estado (en Italia alrededor del 83% de los ingresos fiscales provienen del empleo, sin posibilidad de evasión) para cubrir estas adversas coyunturas; estos falsos programas de desarrollo, sectorial o regional, a través de subvenciones sin límite; estas tasas de préstamos  a cargo de las finanzas públicas; estas exenciones tributarias, etc .. Esta es la causa principal de la deuda, junto con los inmensos intereses de los bancos y el peso creciente de los organismos represivos del Estado, de los armamentos y de las misiones de guerra justificadas por el hecho de ser miembro de la OTAN!

En el plano interno, para hacer frente a la crisis y gestionar estos procesos de reestructuración brutal e inhumana, el capital no puede sino exacerbar los instrumentos represivos de su dominio, llegando a borrar tambien los derechos formales de la democracia burguesa,  reducida ahora a un simulacro. Reformas constitucionales autoritarias y leyes electorales fraudulentas vacían las asambleas elegidas de cualquier poder real y excluyen de éstas cualquier forma de liderazgo de la lucha de clases, a través de sistemas bipartidistas, barreras, peticiones de una cantidad increíble de firmas para la presentación de las listas, de las cuales, sin embargo, son exceptuados los partidos burgueses presentes ya en las instituciones, lo que confirma nuestra creencia de cuánto es vana e inconsistente la ficción de un parlamentarismo burgués.

También en el exterior, la utilización de la fuerza es cada vezmás marcada. La intensificación de la competencia inter-imperialista para el control de las materias primas, de las fuentes de energía, del agua, de las grandes vias de transporte, junto con la necesidad antes mencionada de destruir cuotas de capital que circulan a nivel global para contrarrestar la caída de la tasa de ganancia, arrastran a la humanidad hacia una guerra catastrófica de proporciones globales. Estamos siendo testigos de una escalada de agresiones contra distintos Estados soberanos, ayer contra Libia, hoy en contra de Siria, mañana en contra de Irán. Estas son las expresiones locales de un conflicto más general por la hegemonía y el control, en una perspectiva que ve la acción del imperialismo de Estados Unidos y de Europa.

Un sistema que no es capaz de reiniciar el ciclo de reproducción sin recurrir a la más brutal represión y a la guerra es un sistema acabado. Esto es el capitalismo hoy en día: un modo de producción moribundo que ha terminado desde hace mucho tiempo su papel histórico, pero que aún posee  armas afiladas y peligrosas en su arsenal, de las siempre menos eficaces que ocultan sus responsabilidades en la crisis a las terribles que pueden llevarnos a la catástrofe de la guerra.

El euro, la Unión Europea, la OTAN, son las armas con las que el imperialismo europeo, es decir, el capital monopolista europeo, trata de imponer su dominio y su política de robo a pueblos y países fuera de la Europa, pero también en su interior, como la historia de Grecia, España, Italia, Portugal e Irlanda nos muestra.

Para ello, los comunistas, conscientes del hecho de que ninguna solución a la crisis es posible dentro del sistema capitalista y de que el margen de maniobra de las políticas del reformismo y las politicas keynesianas han  agotado definitivamente, llaman a la clase obrera, los trabajadores, las clases populares afectadas por la crisis, a organizarse en un solo y poderoso Frente, capaz de poner en marcha la movilización de masas para salir de la Unión Europea, el sistema del euro y de la OTAN, como un primer paso hacia la revolución socialista y el establecimiento del poder obrero que el fracaso del capitalismo pone en la agenda de hoy para evitar la barbarie y la guerra.

Para ello es necesaria la lucha de clases, pero también la batalla en contra de la falsa izquierda y sus partidos oportunistas que siguen intentando explicar las posibilidades de reformar el sistema capitalista y continuar ‘coqueteando’ con los gobiernos de centro-izquierda a nivel nacional y regional. Estos oportunistas no son menos responsables que el  enemigo de clase ya que quitan y hacen ineficaces fuerzas y energías en la lucha decisiva.

Esto requiere una capacidad de coordinación fuerte y efectiva de los partidos comunistas internacionales coherentemente marxistas-leninistas, hasta adoptar medidas políticas que sean visibles para las masas populares y gracias a las cuales sea posible desarrollar conjuntamente la teoría y la práctica de la lucha de clases en las condiciones actuales, las estrategias y tácticas comunes para la revolución proletaria y la construcción del socialismo-comunismo.

Pueblos de Europa, levántaos!

Fuera de la Unión Europea y de la OTAN! A derrocar la dictadura del capital!

¡Viva el internacionalismo proletario!

El comunismo es la juventud del mundo!

Viva el PCPE! Viva los CJC!

 

 

 

 


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