Adesso comincia la rivoluzione
Cinquantasei anni fa partiva da Tuxpan, in Messico, un battello dal nome ormai leggendario: Granma, con a bordo 82 uomini risoluti, quasi tutti cubani, tranne un argentino, un messicano e un italiano.
Iniziava così l’ultima fase, quella più importante, di una grande rivoluzione, forse la più importante, combattuta e vinta contro l’imperialismo: quella cubana.
Da quel pugno di uomini rimasti dopo uno sbarco disastroso che nei primi momenti costò la vita alla maggior parte dei componenti la spedizione, uccisi nei bombardamenti o assassinati dopo la cattura dall’esercito, prese il via una lotta che presto divenne una rivoluzione popolare che culminò con la fuga del dittatore Batista.
L’isola era libera ma la guerra contro l’imperialismo era lungi dal finire, infatti il popolo cubano continua a combatterla ancora oggi.
Finalmente gli attentati terroristici pilotati dalla mafia cubana controrivoluzionaria di Miami, sostenuta, fomentata e finanziata dai vari governi degli Stati Uniti sembrano cessati, ma la campagna mediatica denigratoria continua con mezzi sempre più raffinati, accompagnata da un blocco economico disumano che dura ormai dal 1962, nonostante tutto il mondo sia contrario. Pochi giorni fa, per la ventunesima volta consecutiva, l’Assemblea dell’ONU ha votato ancora contro l’embargo con 188 voti contro la sola opposizione di Usa, Israele e Palau; due sono stati gli astenuti.
Obama è stato rieletto proprio in questo mese. Ricordiamo ancora le sue parole di 4 anni fa: “potremo incamminare le relazioni tra USA e Cuba verso una nuova direzione e iniziare un nuovo capitolo di avvicinamento che continuerà durante il mio mandato”, ma questo suo mandato è scaduto e ne è già cominciato uno nuovo senza che nessun cambiamento sia avvenuto. Ora senza il timore di non essere rieletto farà finalmente quel passo verso una nuova direzione come tutti chiedono? Lo chiedono fortemente anche quegli elettori americani che hanno beneficiato delle lacrime del loro presidente, ricevendole come acqua benedetta mentre ben altre e più copiose gocce avevano ricevute i popoli colpiti dall’uragano Sandy, che, nonostante l’indifferenza dei media internazionali, non ha colpito solo la “grande mela” o gli Usa, ma anche Cuba, Giamaica, Repubblica Dominicana, Haiti e Bahamas, causando, per fortuna, meno vittime e comunque danni incalcolabili.
Ebbene sì, anche i politici piangono e sembra ormai quasi una moda. Il nostro ministro del lavoro tra lacrime e singhiozzi ha iniziato una riforma destinata a far piangere, però, solo le classi medio-basse del nostro paese, e quando se ne è resa conto si è asciugata il viso ed ha iniziato a sorridere e a finire su tutti i giornali ogni qualvolta parli in pubblico.
Abbiamo visto anche il pianto liberatorio di Vendola, assolto e di nuovo libero, davanti alle telecamere, di pronunciare tante belle parole e poi candidarsi alle primarie del PD, il maggior partito schierato a favore del governo Monti. Mai schierato però dalla parte di Cuba, uno stato che combattendo contemporaneamente contro attentati, embargo, povertà, malattie ha raggiunto traguardi innegabili riuscendo a modificare una società, liberandola dall’oppressione neocoloniale e dalla miseria, dandole libertà, terra, lavoro, diritti, sanità e scuola gratuiti e uno stato sociale invidiabile, riuscendo anche nello spirito internazionalista ad aiutare stati colpiti da catastrofi naturali, da guerre, da epidemie o da altro, o inviando truppe in aiuto di popoli che combattevano per la loro libertà.
Mi piace pensare che in quei giorni lontani, quando i guerriglieri trasmettevano messaggi di rivolta e giustizia molti cubani presi dal fermento generale che li circondava abbiano esclamato o almeno pensato “finalmente la rivoluzione!” , così come auspico che presto anche in Italia si inizi a dire a voce alta che ci siamo stancati di essere sfruttati da questi governi neoliberali e che si intraprenda un cammino verso il socialismo al grido di “ adesso comincia la rivoluzione”.
Fabio Petra