Gli insegnamenti di Genova tra finta democrazia sindacale e potenzialità della lotta operaia

Gli insegnamenti di Genova tra finta democrazia sindacale e potenzialità della lotta operaia


Chi è favorevole di qua, chi è contrario di là. Dividendo la sala in due gruppi di persone, in una procedura che ricordava Auschwitz e la sua inumana selezione (da una parte chi continuava a lavorare sotto schiavitù, dall’altra parte chi – inservibile – doveva essere diretto al gas), stimando ad occhio la loro consistenza numerica, senza controllare chi avesse diritto al voto, senza verificare chi si fosse magari unito illegittimamente alla votazione, magari venendo a decidere su un destino lavorativo che neppure l’avrebbe mai riguardato, senza nemmeno fare una reale conta delle persone che si erano messe da una parte e di quelle che si erano messe dall’altra: con questo tipo di sbrigativa finzione della democrazia sindacale si è svolta la tragica assemblea che ha condotto all’accordo proposto dal Comune di Genova che di fatto lascia invariate la scelta di privatizzare l’azienda. Un accordo che getta nel nulla i sacrifici duri compiuti dai lavoratori in quattro giorni di lotte.
I tranvieri della città di San Giorgio hanno posto in essere uno sciopero duro, estremo ed efficace, nessun tram circolava, la città era paralizzata e – questo la dice lunga – la grande maggior parte dei cittadini non si è mai lamentata più di tanto, ritenendo giusta la protesta dei lavoratori, condividendo l’esigenza di non svendere ancora una volta ad un privato speculatore un bene comune della città ed un servizio pubblico fondamentale soprattutto per quella classe lavoratrice che dalle speculazioni ricava solo sfruttamento. I media prezzolati di regime hanno dovuto sforzarsi a trovare tre o quattro persone che si prestassero a palesare un disagio. Come sempre hanno proditoriamente dipinto tre persone come “i cittadini” di Genova. I peggiori criminali si mettono in azione ancor prima del reato. Sanzioni fortissime i lavoratori hanno ricevuto dalla prefettura: duecentocinquanta euro di multa a testa per ogni giorno di sciopero praticato, quasi mille euro è costato a ciascun resistente questo sciopero. Molto probabilmente la giustizia borghese aprirà anche un fascicolo di indagine penale per interruzione di pubblico servizio. I tranvieri genovesi hanno pagato con pezzi della loro vita una forma di lotta per la prima volta efficace ed in grado di trascinare la popolazione dalla loro parte. Qualcuno li ha divisi, qualcuno ha posto nel nulla il loro sforzo immane di resistenza ad un potere e a delle leggi che sono solamente l’immagine dello sfruttamento.

I responsabili di tale crimine contro il popolo sono e saranno via via chiari: in prima battuta ci sono, in flagranza, tutti quei sindacati che han contribuito a lanciare il sasso per poi condurre all’accettazione di una doppia sconfitta, doppia perché oltre all’osceno accordo si incassa una divisione dei lavoratori che non fa bene alla società intera.

In seconda battuta vi saranno quelli che da questa esperienza proveranno a tirare i fili per cercare di raccontare che lo sciopero non serve a nulla e danneggia “i cittadini” e conviene dare consenso elettorale a forze più o meno nuove che si muovano nel teatrino delle istituzioni cercando un nuovo equilibrio di interessi tra capitale sempre meno controllabile e lavoro sempre più schiavo. Quelli che diranno che il sindacato non serve a nulla, prendendo a modello la degenerazione collusiva dei sindacati esistenti, per buttare insieme all’acqua sporca il bambino. Invece si dovrebbe trarre la consapevolezza che i sindacati esistenti non rappresentano più nessuno e pertanto diventa urgente costituire direttamente un fronte unito di lavoratori in lotta, indipendente da loro, che porti avanti iniziative di resistenza come questa, senza cercare di disarmare il conflitto.

In questi giorni a Genova si è sperimentato, al contrario, che la lotta può avere potenziale enorme quando condotta pervicacemente, contro un sistema le cui leggi garantiscono rapporti di sfruttamento e chiama con l’epiteto borghese terrorista chiunque si alzi a dire ed a pensare di non voler essere più schiavo. In questi giorni si è sperimentato a Genova che una fortissima parte della popolazione che subisce gli stessi rapporti di sfruttamento simpatizza e se ne infischia del disagio, compiacendosi del fatto che un gruppo di produttori provi per la prima volta a riprendersi il potere popolare, con la lotta di classe.

Sulle manovre poste in essere da ogni forza che reprime o anestetizza la lotta, merita leggere parte del contributo del Partito Comunista di Grecia all’ultimo Incontro internazionale dei Partiti Comunisti ed Operai di Lisbona:

“In Grecia i governi borghesi, liberali e socialdemocratici, con la partecipazione della sinistra governativa, hanno imposto dure misure antipopolari. Hanno siglato memorandum e accordi di finanziamento con l’Unione europea, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale, ma l’attacco ai diritti dei lavoratori e del popolo non è esclusivamente legato ai memorandum, come sostengono il Partito della Sinistra Europea e altre forze opportuniste per appoggiare la ‘linea anti-memorandum’ e scagionare, in generale, la strategia del capitale.

La verità è che le misure adottate fanno parte della strategia dell’Unione europea, la strategia dei monopoli, che utilizza le ristrutturazioni capitalistiche dall’inizio degli anni 1990. L’obiettivo di tale strategia è l’abbattimento del costo della forza lavoro, il rafforzamento della competitività dei monopoli europei nei confronti dei loro concorrenti, in particolare i grandi gruppi economici delle potenze capitalistiche emergenti di Cina, India e Brasile, dove il prezzo della forza lavoro è a livelli molto bassi.

In Grecia si sono formati due blocchi di forze economiche e politiche. Un blocco ha nel proprio nucleo il governo ND-PASOK a fianco all’UE, a favore di una politica fiscale dura; l’altro blocco ha nel proprio nucleo SYRIZA, il FMI e gli USA, che appoggiano una politica fiscale più blanda con lo scopo di aumentare il finanziamento statale dei monopoli. Queste proposte di gestione rispondono alle esigenze di settori specifici del capitale e rientrano in più ampie dinamiche di concorrenza inter-imperialistica.

In conclusione, possiamo affermare che ogni forma di gestione borghese serve il profitto dei monopoli attraverso l’imposizione di misure antipopolari, l’intensificazione dello sfruttamento della classe operaia, il deterioramento della condizione dei settori popolari.

Sulla base delle diverse forme di gestione borghese del sistema (liberista o keynesiano), si promuove la riforma dello scenario politico greco affinché la borghesia controlli i futuri sviluppi, impedisca la lotta di classe, ostacoli in qualsiasi modo la lotta del KKE e del movimento di classe. Questa riforma si esprime attraverso la creazione di un polo di centrodestra che ha come suo asse il partito liberale ND e un polo del centrosinistra con SYRIZA.

Il KKE intende informare i partiti comunisti che il Partito della Sinistra Europea e le altre forze opportuniste tentano sistematicamente di distorcere la realtà presentando SYRIZA come una forza popolare, che si batte per gli interessi dei lavoratori e contro il capitale. La verità è che SYRIZA, una formazione opportunista convertita in pilastro della gestione socialdemocratica, conta sull’appoggio di settori della borghesia, difende il capitalismo e l’Unione europea. E’ il partito che ha celebrato la politica di Obama come progressista e che ha alimentato il mito secondo il quale con l’elezione di Hollande in Francia sarebbe soffiato un vento nuovo per i lavoratori di tutta Europa.” (www.resistenze.org, incontro di Lisbona, Contributo del Partito Comunista di Grecia KKE)

E’ indubbio che dinamiche di questo tipo sono in atto anche in Italia, sono state presenti anche a Genova. Il Partito Democratico è oggi il perno e l’architrave della politica di austerità dell’Unione Europea. Persegue tale via in sede nazionale attraverso il governo di larghe intese, in sedi locali nelle varie giunte di centrosinistra. Parte di questa politica di austerità è rappresentata altresì dalla privatizzazione dei beni pubblici, a prezzi e condizioni estremamente vantaggiose per il capitale privato, in nome della riduzione del debito aderendo senza condizioni al diktat “ce lo chiede l’Europa”.

D’altro canto, un ruolo di anestetizzazione delle lotte sembra essere svolto anche dalle opposizioni, ancorate in ogni caso ad una visione favorevole al mantenimento dei rapporti di produzione capitalistici. A Genova il partito di opposizione SEL si è diviso in Consiglio Comunale: un consigliere ha votato a favore, l’altro contro la delibera di privatizzazione dell’azienda tranviaria AMT. Discussa anche la posizione del Movimento Cinque Stelle che a Genova ha spesso cercato di cavalcare a modo proprio la protesta dei lavoratori. Il suo leader è sceso tra i tranvieri in lotta, ma è stato anche contestato, per l’ambiguità della posizione del movimento. Invero, nella città di Parma, ove governa il sindaco pentastellato Pizzarotti, già da molti mesi la giunta cercherebbe un socio privato per la municipalizzata dei pubblici trasporti della città emiliana. D’altra parte, in alcune occasioni precedenti, lavoratori dei trasporti aderenti al sindacato vicino al M5S avrebbero sostenuto di non privilegiare lo sciopero come mezzo di lotta, ritenendolo contrario all’interesse dei cittadini.

La situazione presenta dunque un terreno di ambiguità non accettabile all’interno di una lotta di tale importanza. Le parole d’ordine devono essere invece chiare e perentorie. Oggi e domani sarebbe un ulteriore crimine dimenticare che la lotta paga ed annacquare tutto in questioni elettorali, compromessi, divisioni tra resistenti. L’assemblea di ieri è stata una farsa che non convalida nulla, non vincola nessuno, nemmeno giuridicamente. Nessuno può vincolare con una conta dei voti che non si fa neppure in condominio. Nessuno può imbrigliare la forza della resistenza se non i resistenti stessi. Continuare la lotta significa scoprire un avvenire senza catene. Anestetizzarla significa sperare in catene più o meno dorate. E l’oro di questi tempi è molto scarso…..

 
Enzo Pellegrin – segretario provinciale di Torino – CSP Partito Comunista. 

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