Il Partito Democratico, che aspira ad essere il Partito della Nazione, ha avuto nella rossa Emilia Romagna circa un voto su sei degli aventi diritto. Come legge questo risultato? Siamo, come ha scritto Gad Lerner, all’inizio della parabola discendente di Matteo Renzi?
«Siamo all’inizio della parabola discendente della politica istituzionale. Nel momento in cui chi vince, anzi stravince le elezioni ha il voto di uno su sei, ovvero poco più del 15%, non rappresenta altro che una piccola parte.
La politica, quella che pensiamo essere il protagonismo delle persone e il destino di un popolo, si gioca altrove. Determinano la politica il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea, l’Unione Europea. Le decisioni non passano né a Palazzo Chigi, né nei Consigli Regionali».
Leggendo il risultato in termini percentuali fa clamore il dato della Lega Nord che, sempre in Emilia Romagna, ha doppiato Forza Italia. Al di là del ruolo effettivo dei partiti rispetto a quanto mi ha appena detto, crede che in questo momento l’alternativa a Renzi sia solo Salvini e se sì perché?
«Nel momento in cui tutto il teatro della politica coinvolge un italiano su tre, è chiaro che quanto avviene lì dentro è logicamente irrilevante. Anche perché che vincano Renzi, Salvini, Grillo o Berlusconi, dal punto di vista del cambiamento della società non cambia nulla».
Teatro o meno, il Pd ha sfiorato il 45% e la Lega Nord il 20%. Se due su tre votano per uno dei due Matteo vuol dire che a sinistra manca qualcosa? Come intervenire e quali sono le mancanze?
«C’è qualcosa di peggio dei comunisti non rappresentati nelle istituzioni? Sì, una finta sinistra e dei finti comunisti! Per me è meglio non esserci che avere della gente finta lì».
E dunque molti avrebbero preferito non votare?
«Assolutamente sì».
Tornando al 20% della Lega Nord, secondo lei ha influito di più la cosiddetta guerra tra poveri o le proposte economiche avanzate dal partito di Salvini? Nelle piccole e medie imprese si è visto più lui con la felpa con scritto “Emilia” che tanti altri…
«La Lega scalda la pancia e credo che abbia avuto più voti dalla vicenda degli immigrati».
Meno nelle fabbriche?
«Credo che nelle fabbriche la gente non voti più».
Ed è lì che deve inserirsi la sinistra?
«Bisogna costruire un progetto di società alternativo, non passa necessariamente attraverso la rincorsa da un’elezione all’altra per prendere una piccola o grande percentuale.
Dopo ti puoi anche presentare alle elezioni, ma è uno dei fattori, non il fattore. Il problema è che la sinistra negli ultimi trent’anni ha lavorato solo per essere rappresentata nelle istituzioni e questo è un errore strategico».