CETI MEDI PROLETARIZZATI

CETI MEDI PROLETARIZZATI

Una caratteristica tipica del sistema socio-economico del nostro Paese, è la presenza di una piccola borghesia diffusa nel mondo delle piccole imprese e del lavoro autonomo.

Distante ed ostile rispetto allo Stato ed alla politica, educata ai valori della competizione individuale, questa classe sociale si è trovata, a lungo, sprovvista di rappresentanza, fino a quando ha trovato risposta, dapprima nella Lega Nord e poi in Silvio Berlusconi che ha offerto ad essa volto, linguaggio ed identità.

Con una popolazione italiana di 60 milioni di persone, di essi, oggi, 8 milioni sono operai, 15 milioni lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, 2,3 milioni lavoratori dipendenti a tempo determinato, 5,2 milioni lavoratori autonomi di cui 3,2 milioni senza dipendenti e 4 milioni imprenditori di cui il 97% con meno di 50 dipendenti e l’80% con meno di 10.

Al di là della collocazione lavorativa che è determinante, conta molto, anche, la percezione che si ha di se. Ancora nel 2006, ( Indagine Demos-Coop ) quasi il 60% della popolazione si auto-collocava tra i ceti-medi, il 28% nelle classi popolari ( ceti medio-bassi ) ed il 12% nelle classi più elevate. Anche il 60% degli operai, allora, si sentiva “ ceto-medio “.

Poi è arrivata la crisi che ha scosso profondamente la condizione delle classi sociali. L’ascensore sociale, in pochi anni, si è inceppato ed oggi la maggioranza assoluta degli italiani ritiene di essere discesa ai piani più bassi della gerarchia sociale(Sondaggio Demos-Fond Unipolis ).

Coloro che si “ sentono “ ceti-medi sono una minoranza, circa il 40%, mentre l’ 85% della popolazione ( Sondaggio Demos-Fond Unipolis ), oggi, ritiene che le differenze fra chi ha poco e chi ha molto siano aumentate. Meno del 40% dei lavoratori autonomi si considera ceto-medio, mentre oltre il 50% di essi si percepisce come appartenente a ceti medio-bassi. Anche fra gli operai, il 63% di essi è tornato a percepirsi come collocato in fondo alla scala sociale.

Nei giorni scorsi, il Paese è stato attraversato da una grande mobilitazione di artigiani, commercianti e piccoli imprenditori che è sfociata nella Manifestazione Nazionale di Piazza del Popolo che ha raccolto decine di migliaia di persone.

Le rivendicazioni alla base di tale mobilitazione, in se giuste, parlano di riduzione della pressione fiscale, sblocco di crediti agevolati da parte delle banche e snellimento delle procedure burocratiche dello Stato, ma, tuttavia, cozzano con la struttura socio-economica e statuale attuale.

Solo con l’esproprio e la nazionalizzazione dei grandi gruppi industriali e delle banche si potrà abbattere consistentemente la pressione fiscale, oggi al 55%, ed aprire filoni di credito agevolato per le piccole imprese, da parte di uno Stato che si riappropri, con tali misure, di gran parte delle risorse del Paese, finalizzandole alla loro redistribuzione in base agli interessi popolari. Così come, solo una pianificazione centralizzata e sottoposta al controllo di organismi popolari potrà superare le “ lentezze “ della macchina burocratica dello Stato, per restituire ruolo e vitalità a questi settori sociali, in una nuova e diversa prospettiva di sviluppo.

 

Il Fronte Unitario dei Lavoratori serve anche a questo, ad unire cioè alla classe operaia gli altri ceti che si stanno proletarizzando.

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