Analisi delle elezioni europee 2014. Ufficio Politico del Partito Comunista.

Analisi delle elezioni europee 2014. Ufficio Politico del Partito Comunista.

Le elezioni europee descrivono chiaramente il quadro di una vera e propria crisi organica a livello continentale, in cui le forze dominanti perdono la capacità di esercitare la loro egemonia sulle masse popolari, sotto il peso del disastroso esito del processo di integrazione europea e delle politiche antipopolari condotte in questi anni dalla UE e dai governi nazionali. La misura di questo scollamento è data dall’altissimo tasso di astensione, che a livello europeo ha superato il 57% e dalla frammentazione politica in tutti gli stati con l’emergere di nuove formazioni politiche, che spazzano via pressoché ovunque il bipolarismo e ridimensionano il peso dei partiti tradizionali, legati alla borghesia europeista. La Germania è l’unico paese dove una UE centrata sullo stato tedesco mantiene un certo consenso che, al netto dell’astensione si lega alla centralità dell’asse composto dal partito della Merkel e della SPD di Schulz. Si è manifestata ovunque una crescita dei consensi alle forze politiche “euroscettiche”, forze eterogenee per collocazione politica, natura di classe degli interessi manifestati. L’emersione di forti tendenze nazionaliste rappresenta con tutta evidenza il contrasto tra il grande capitale monopolista e settori delle borghesie nazionali colpite in questi anni dal mercato unico che legano al proprio seguito strati di consenso popolare contro la UE. In molti casi l’assenza delle forze comuniste e l’atteggiamento opportunista di una certa sinistra ha portato alla crescita delle forze di estrema destra, come il caso della crescita eclatante del Front National in Francia. Ad essere colpita, salvo alcuni casi, è la socialdemocrazia che perde fortemente consensi. Non vi è alcuno sfondamento della sinistra riformista interna all’Unione Europea (Lista Tsipras, Blocco de Esquerda in Portogallo, Die Linke, Front de Gauche) con la sola eccezione di Syriza che ha assorbito voti e funzione del Pasok, compresa la peggiore classe politica e sindacale proveniente dal partito socialista greco. Crescono invece le forze comuniste e della sinistra più critiche su UE e Euro (KKE, PCP, Akel, PTB, ecc). Tra astensione e voto contrario le elezioni dimostrano che i popoli europei si sono espressi chiaramente contro l’Unione Europea e le sue istituzioni e l’intero processo di integrazione europea appare oggi privo del consenso e della legittimazione popolare. In Italia, in testa per affluenza, hanno votato meno di 29 milioni di persone su oltre 50 milioni di elettori. Sono rimasti a casa quasi 22 milioni di cittadini, pari a circa il 43% a cui vanno sommate le schede bianche e nulle, mai così alte come in questa tornata elettorale. Il successo di Renzi, che stravince la sfida con Grillo è innegabile, anche se a conti fatti il PD raccoglie circa 11 milioni di voti, quindi circa un voto su cinque. Ma questo è senza dubbio il principale dato negativo del voto italiano. La speranza di un cambiamento possibile all’interno del mantenimento del quadro europeo ha coinvolto una parte rilevante della popolazione italiana, caduta nella trappola della speranza tesa da un partito che è sempre più il partito del grande capitale e dell’ordine sociale. L’esclusione della lista del Partito Comunista, operata dagli uffici elettorali, avvantaggia la sinistra europeista che supera in questo modo la soglia di sbarramento per una manciata di voti. Ma il risultato di quella che si poteva definire l’area della “sinistra radicale” passa da oltre 3 milioni di elettori nel 2006 a poco più di un milione oggi. Se poi si guarda agli eletti il capolavoro di chi definendosi comunista ha votato per la lista Tsipras è completo: un giornalista di Repubblica, un dirigente di Sel ed un’eclettica movimentista sostenitrice delle Pussy Riot. Con questo passaggio si chiude definitivamente la fase aperta con l’opposizione alla svolta della Bolognina di Occhetto e l’ipotesi della “rifondazione” comunista avviata nel 1991. La “sinistra radicale” si avvia a compiere la stessa operazione lanciata dalla maggioranza del PCI venti anni fa, rinunciando al patrimonio ideale e storico dei comunisti. Mai come oggi a noi spetta rialzare la bandiera, riaprire la questione comunista in Italia in un momento in cui la crisi del capitalismo è sotto gli occhi di tutti. Mai come oggi c’è bisogno dei comunisti. Una grande responsabilità che pesa sulle spalle di tutti noi.

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