Referendum: Hanno vinto tutti, tranne i lavoratori

Referendum: Hanno vinto tutti, tranne i lavoratori

HANNO VINTO TUTTI (TRANNE I LAVORATORI)
Il punto del Segretario Generale Alberto Lombardo

 

«… vi sono delle battaglie che occorre combattere anche se si sa di perdere immediatamente. Esse servono per il domani. In ogni caso ritengo che si perda di più ogni volta che si cedono posizioni importanti senza dar battaglia.» (Pietro Secchia)

 

A urne chiuse e a spoglio completato si può abbozzare un bilancio dell’esito del referendum.

Tutti proclamano di avere vinto, almeno di non avere perso. A meno di conti funambolici sul numero dei votanti che assegnerebbero al “campo largo” tutti quelli che sono andati a votare (compreso chi ha votato NO), il risultato politico è certamente negativo per la CGIL e per la Segreteria Schlein.

Esaminiamo però se chi ha intrapreso la battaglia poteva collocarsi in una posizione migliore anche dopo una sconfitta, oppure no. Dipende da cosa intendiamo per “vittoria” e “sconfitta”. Si era partiti con la furbata di aggregare i cinque quesiti a quello sull’autonomia differenziata, che però la Corte Costituzionale aveva cassato, e quindi si è rimasti senza il volano che si sperava per raggiungere il quorum, confidando nelle crepe della destra. Invece hanno avuto più peso le crepe a sinistra, come l’associazione del quinto referendum che ha ricevuto una quantità di NO imbarazzante.

Ma fatta la tara dell’insipienza tattica dei proponenti, qual era la strategia?

Si ricorderà anzitutto il referendum sulla “scala mobile” svoltosi esattamente 40 anni fa che, anche se in presenza di un sindacato ancora non completamente ammaestrato dai poteri forti e con una base discretamente combattiva e la esistenza di un PCI organizzato sul territorio e ancora parzialmente radicato tra i lavoratori, non ha impedito la storica sconfitta del movimento operaio in una fase di declino iniziata con la “marcia dei quarantamila” di Torino. Gli estensori dei referendum, Cgil in testa, forse immaginavano oggi di poter raggiungere un risultato positivo, compresa quindi l’attribuzione dei rimborsi elettorali (2,5 mln), senza per questo tenere conto la passivizzazione di un elettorato sempre più demotivato nel riconoscere le consultazioni elettorali come qualificanti; sempre più lontano dalla politica attiva. Ma se ciò continua ad avvenire è proprio grazie alla classe politica e sindacale di questo Paese, sempre più piegata ai poteri forti e finanziari che condizionano la politica. Nel metodo infatti, non devono essere trascurate le modalità di un referendum che non è stato costruito con i lavoratori sui luoghi di lavoro ma è il frutto di una alchimia da laboratorio proprio con il PD. Lo stesso partito che ha formulato la legge (Job Act), che la Cgil diceva di voler abrogare.

L’unico referendum che ha avuto successo negli ultimi decenni è stato quello sull’acqua pubblica e contro il nucleare che ha beneficiato dell’evento di Chernobyl che ha colpito l’immaginazione pubblica e un tema trasversale a cui diverse sensibilità poteva mobilitare. In cui votano tutti quelli che sono interessati, ossia tutti i cittadini. Non un tema sul lavoro dipendente che coinvolge l’interesse di una parte amplissima, ma pur sempre minoritaria. Il referendum non è mai stato uno strumento utile per le norme sul lavoro. Infatti l’elettorato attivo è composto anche da categorie sociali che non riguardano il lavoro dipendente (imprenditori, pensionati, professionisti, ecc.). E quindi è proprio lo strumento che era strategicamente sbagliato. 40 anni fa, e ancor più oggi.

Ma c’è un’aggravante. Il referendum dell’8 e 9 giugno non si ha sviluppato un dibattito vasto nemmeno sui territori e nemmeno è cresciuto nell’intera nazione aumentando così una maggiore coscienza tra le classi subalterne. Qualche protesta per le apparizioni in televisione (utili a chi ci va e non a quello che si dice). Qualche comizio del tutto inferiore alla forza che, almeno sulla carta, la CGIL vanta.

Tralasciamo alcuni commenti a posteriori veramente disgustosi che rivelano solo l’ottusità e la protervia dei perdenti. Se si chiede rispetto e attenzione per chi è andato a votare, si dovrebbe con altrettanta “civiltà”, rispettare anche le scelte diverse.

Il primo risultato pratico, e prevedibile ma non con questa forza devastante data dall’entità del flop, è che il Governo può legittimamente vantarsi di avere vinto e il primo risultato parlamentare è quello che il Gruppo di Forza Italia al Senato ha presentato la proposta di modifica per l’aumento del numero di sottoscrizioni (da 500.000 a 1.000.000) e del numero di consigli regionali (da 5 a 10) per la richiesta di referendum abrogativo. Alla faccia dell’allargamento della democrazia.

Non è certo con queste pratiche che si potrà recuperare l’attenzione dei lavoratori, ai quali dovrebbe essere riservata una attiva partecipazione e un protagonismo che abbiamo visto in questo Paese fino a qualche decennio fa ma che sarebbe opportuno recuperare insieme alla “cassetta degli attrezzi” per riattivare la coscienza marxista e di classe. Certamente sarebbe utile confrontarsi costantemente con i lavoratori e l’intera classe lavoratrice sui problemi materiali della stessa (bassi salari; sanità, scuola e formazione, trasporti e servizi sociali privata sempre più alle masse lavoratrici e cedute ai poteri forti privati e finanziari).

La Cgil si prepara a saltare sul carro del PD alle prossime elezioni politiche, magari candidando il proprio segretario al parlamento nazionale o in futuro, presso il parlamento UE? Non si accontenta di illudere i lavoratori ma anzi si prepara ad un nuovo assalto ai TFR per dirottarli ai fondi pensione contrattuali (Cometa, Fonchim, Fonte, ecc.), nei cui consigli di amministrazione ha piazzato i propri dirigenti. Una massa enorme calcolata in circa 440 mld che potrebbero essere sottratti ai lavoratori di questo paese in breve tempo.

Al tradimento della classe operaia e lavoratrice, al tradimento delle masse popolari bisogna rispondere con un’azione incisiva che tolga dalla passivizzazione in cui è stata gettata l’intera classe lavoratrice e solo il rinnovato protagonismo dei lavoratori può determinare un adeguato cambiamento.

Rileggendo la frase di Pietro Secchia, possiamo dire:

Non è la battaglia che ci spaventa. Anzi! Sono certi i comandanti che ci fanno paura.

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Don Giovanni e i leporelli – Il Punto del Segretario Generale Alberto Lombardo

Don Giovanni e i leporelli – Il Punto del Segretario Generale Alberto Lombardo

Don Giovanni e i leporelli – Il Punto del Segretario Generale Alberto Lombardo
In diplomazia ci sono dei giochi che si tengono sopra il tavolo, ossia alla luce del sole, e giochi che invece passano sotto il tavolo. Per scoprire cosa c’è sotto il tavolo bisogna rifarsi ai veri interessi dei giocatori e poi capire perché sopra il tavolo hanno scoperto quelle carte.
La prolusione a Marsiglia di Mattarella è un classico esempio di questo doppio binario.
Indaghiamo sul quadro generale degli interessi in gioco e come si sono mossi gli attori finora.
Quando è iniziata la crisi in Ucraina, tre anni fa, abbiamo subito detto che questa non è la guerra della Russia contro l’Ucraina, ma degli USA contro l’Unione Europea e contro la Germania in particolare. Killer locali: Gran Bretagna, Polonia e nazioncelle baltiche, nonché i quisling europei che sono di stanza a Bruxelles. L’interesse era quello di distaccare il blocco produttivo europeo da quello energetico russo, indebolire l’Europa e poi cibarsi cannibalescamente della sua economia.
La Russia è stata costretta a stare al gioco, anche se ha tentato dal 2014 al 2022 di sottrarsi. L’UE ci è cascata attratta dalle promesse di praterie da conquistare, come accadde coi territori dell’ex URSS. La preparazione militare ed economica della Russia ha fatto sì che hanno retto la botta ed ora possono dire di stare uscendo quasi indenni dal pericolo. L’UE no. Ora gli USA passano all’incasso, il cambio di presidenza a Washington rappresenta questo. “Noi ci pigliamo le terre ucraine e voi, se volete, continuate la guerra, anzi dovete pensare a riarmarvi. Nel frattempo regoliamo i conti anche con voi coi dazi.” Siamo rimasti col cerino in mano.
Primo. Il contrasto strategico con la Russia si è tutt’altro che appianato.
E non poteva essere diversamente, visti i secolari conflitti di interessi.
Si è spostato dall’Ucraina, che si rivela un fronte secondario che doveva servire solo ad assaggiare la resistenza russa, a cose molto più importanti, come l’Artico e le sue nuove rotte commerciali che si apriranno. Gli USA tenteranno di chiudere quella porta a Russia e soprattutto Cina.
Le provocazioni della NATO nel Baltico cominciano a salire di livello e a questo serviva l’ingresso di Svezia e Finlandia. Nel frattempo si strattonano Canada e Danimarca che subito si apprestano a piegarsi ai diktat di aumentare le spese militari per proteggere il fianco nord. Il dinamismo statunitense in Palestina è il secondo braccio della tenaglia ancora una volta rivolto ai cosiddetti alleati, in particolare arabi e alla Turchia.
Secondo. Cosa potrebbe fare l’UE, ma non vuole? Rispondere a muso duro.
“La guerra l’hai fatta tu ora noi ci dissociamo, i dazi te li ribaltiamo e anzi riprendiamo il gas dalla Russia, tanto tutti capiscono che certo non ci possono né vogliono invadere. Ci dispiace per i soldi persi in Ucraina, ma senza di noi anche tu non vai da nessuna parte”. Perché questa risposta è impossibile? Intanto perché dovrebbe andare a casa tutta la ciurma bellicista che finora proprio gli USA aveva messo in piedi. Inoltre i legami e i ricatti anche personali che gli USA sono in grado di esercitare schianterebbero chiunque. Chi è appassionato d’opera ricorderà Don Giovanni che accusa il suo servo Leporello delle malefatte che invece aveva compiuto lui e questi balbetta non potendo accusare il padrone, ma non volendo condannarsi da solo.
Esposto il quadro generale e capito cosa c’è sotto il tavolo, torniamo alla diplomazia. L’ultimo uomo politico degno di questo nome che ha l’UE, dopo la estromissione della Merkel, è Mattarella. Nato e cresciuto negli ambienti atlantici. È l’unico rappresentante europeo che va in Cina e non viene preso a pesci in faccia, dove ha parlato di multilateralismo e dei Due Stati in Palestina.
Cosa cerca di fare sopra il tavolo? Rabberciare la tela strappata.
Tenta di ricordare agli americani che l’altra volta nel 1929 non gli andò molto bene
«Si trattò, per gli Usa, del cedimento alla tentazione dell’isolazionismo.»
State attenti che non vi potete mettere contro tutti. La politica internazionale non si può trattare come si trattano gli affari di una multinazionale.
«Cooperazione e non competizione. Fraternità laddove regimi e governi avevano voluto seminare odio.»
L’onda sta cambiando. Il vento non è mai sempre favorevole.
«L’utopia di un mondo “unipolare” si è consumata nel tempo di poco più di un ventennio.»
Ricordatevi che quando si unirono i “non allineati” cominciò la fine del colonialismo
«Il gruppo dei “BRICS”, quasi revival riveduto del gruppo dei Paesi “non allineati” – allora, peraltro, davvero tali – che prese avvio con la Conferenza di Bandung, in Indonesia, nel 1955.»
Addirittura si punta il dito, con una chiarezza inusitata, contro i …
«… neo-feudatari del Terzo millennio – novelli corsari a cui attribuire patenti – che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche.»
Insomma, si parla alla suocera per farla sentire alla nuora.
Per quanto sensate però queste parole sono gettate in un campo dove non germoglieranno. E ciò perché non è la ragionevolezza a governare il mondo ma gli interessi
Dopo di che si rivolge ai leporelli europei.
«L’Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitino la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale, nell’affermazione dei valori della propria civiltà?
Può accettare di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie?
Con, al massimo, la prospettiva di un “vassallaggio felice”.
Bisogna scegliere: essere “protetti” oppure essere “protagonisti”?»
Presidente, come vede, il Suo invito a leggere con attenzione il Suo discorso lo abbiamo raccolto, ma, con tutto il rispetto, non Le sembra un po’ tardi? Forse ci dovevamo pensare qualche decennio fa. Quando l’Italia si fece Leporello degli Stati Uniti. Anche allora, ricorda, si paventava l’arrivo dei cosacchi che abbeveravano i cavalli a Piazza San Pietro. E con questa minaccia ci siamo beccati le basi militari, le stragi di stato, le cariche della polizia. Fino a oggi, con la distruzione dei diritti e del livello di vita dei lavoratori e la guerra alle porte. Tutto per seguire il Don Giovanni a stelle-e-strisce che oggi non si fa remore di farci prenderci tutti a schiaffi in faccia da un ragazzone maleducato dell’Ohio.
Ma i leporelli non meritano altro, che essere presi a schiaffoni dai propri padroni.
E poi, davvero, che bisogno c’era di fare professione di atlantismo, proprio Lei, insultando così la Russia? Forse per non far apparire sul tavolo quello che c’è sotto il tavolo?

 

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Il bullo, la bella e il ballo – Il punto del Segretario Generale Alberto Lombardo

Il bullo, la bella e il ballo – Il punto del Segretario Generale Alberto Lombardo

Grande scandalo ha suscitato la notizia dell’infuocata telefonata tra Trump e la premier danese Mette Frederiksen, in cui con toni mafiosi il nuovo/vecchio presidente statunitense ha minacciato la piccola Danimarca di prendersi a forza la strategica isola della Groenlandia. Cosa peraltro del tutto superflua dal punto di vista militare, visto dalla fine della Seconda Guerra mondiale già esiste un’importante base militare americana a Pituffik (in precedenza nota come Thule).

Giro concitato di consultazioni della premier in Europa ed esternazioni di solidarietà da parte di Olaf Scholz a Berlino, il presidente francese Emmanuel Macron a Parigi e il segretario generale della Nato Mark Rutte. Tutti politici notoriamente con la schiena dritta rispetto ai diktat USA.

Ebbene, il balletto si è già risolto. La Danimarca ha dichiarato di investire 14,6 miliardi di corone, circa 2 miliardi di euro, nel rafforzamento delle capacità di difesa dell’isola artica, nell’ambito di una più ampia iniziativa volta a “rafforzare il pattugliamento via nave, satellite e drone delle acque dell’Atlantico settentrionale”. Tutti soldi che non dovranno stanziare gli Stati Uniti nell’acuirsi del confronto con Russia e Cina nell’Artico.

Così fanno i prepotenti. Ti minaccio una causa milionaria e poi mi accordo con un patteggiamento che ti fa sentire sollevato, ma intanto hai scucito bei soldi, che proprio non dovevi, pari a quelli che io avevo previsto fin dall’inizio di estorcerti.
I cittadini danesi ringraziano …

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VA TUTTO BENE, SIGNORA MARCHESA Il punto del Segretario Generale Alberto …


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VA TUTTO BENE, SIGNORA MARCHESA
Il punto del Segretario Generale Alberto Lombardo

Leggendo i commenti della stampa nostrana ai risultati del Vertice di Kazan dei BRICS, abbiamo modo di cogliere ancora una volta quanto i suoi articoli siano orientati alla propaganda piuttosto che all’informazione. E oggi la propaganda occidentale ha il disperato compito di rassicurare la truppa che “va tutto bene”.
La Dichiarazione di Kazan viene definita:
«43 pagine e 134 paragrafi di molti proclami e poca sostanza.»
«La creazione di una valuta comune, discussa un anno fa, non è decollata: Putin si è dovuto accontentare di sventolare una simbolica “banconota Brics”.» [1] Peccato che Putin ha sempre sostenuto che una moneta comune per i BRICS sarebbe stato un errore, come un errore è stato creare l’euro per l’Unione Europea.
«Neppure l’idea di un sistema di pagamento transfrontaliero de-dollarizzato» [1] In realtà a Kazan si è avviata la creazione del sistema BRICS-Clear per facilitare il commercio tra i Paesi membri e i Paesi partner e la creazione della Compagnia di (Ri)Assicurazione BRICS.
La creazione del sistema di clearing dei BRICS punta superare il sistema SWIFT, sotto controllo occidentale, mentre la compagnia di Ri-assicurazione fa superare i sistemi assicurativi, che sono limitati per la Russia dal sistema del tetto al prezzo del petrolio. Si tratta di un attacco diretto alla posizione oligopolistica sui servizi assicurativi mondiali che metterà molti nei guai. Le transazioni saranno compensate da una “stablecoin” gestita dalla New Development Bank. La questione della compensazione è importante perché il commercio sarà multilaterale (22 Paesi, i 9 membri BRICS e 13 Paesi partner). [2] In realtà è proprio l’abuso del potere di signoraggio spinto fino al sequestro illegale dei beni russi, che ha fatto spaventare molti paesi finora sotto l’egida degli USA e li ha fatti propendere verso sistemi alternativi.
«Russia e Cina vorrebbero cavalcare il risentimento anti-occidentale per creare un “nuovo ordine mondiale”»
Tutti i partecipanti, Russia e Cina in testa, hanno dichiarato che i “BRICS non sono occidentali, ma non sono anti-occidentali”, semplicemente perché non sono anti-nessuno.

[1] “I Brics crescono e litigano” Affari&Finanza
[2] Jacques Sapir, economista francese, (vedi in https://ift.tt/zRA2tcf)

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Il Punto del Segretario Generale Alberto Lombardo Contributi dalla Banche? No, …


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Il Punto del Segretario Generale Alberto Lombardo

Contributi dalla Banche? No, Prestiti!

Si dibatte di imporre una tassa sugli extraprofitti alle banche italiane. In effetti essi nel 2022 e nel 2023 hanno raggiunto i 66 miliardi di euro lordi. Sono tanti, ma calcoliamo che una tassa dell’1-2% potrebbe portare un qualche sollievo ma non sarebbe risolutiva per la legge di bilancio 2025.

Comunque, l’ABI (Associazione bancaria italiana), attraverso le parole del suo presidente Antonio Patuelli, leva gli scudi, rilevando che sarebbe ingiusta, in quanto nei momenti negativi nessuno ha ripagato loro le “extra-perdite”.

Se ogni lavoratore, contribuente dello Stato, dovesse ragionare così, si dovrebbero compensare gli anni in cui ha guadagnato con quelli in cui ha studiato o è stato disoccupato. Ma si sa, le banche hanno un rapporto col denaro (e col potere) diverso dei comuni mortali.

Ma il bello viene ora.
«Tali misure dovranno essere di natura temporanea e predeterminata, con effetti esclusivamente finanziari, salvaguardando il patrimonio e i bilanci delle banche e senza effetti retroattivi, per non penalizzare la competitività delle banche operanti in Italia rispetto alle banche degli altri mercati bancari europei e quindi consentire di continuare a fornire il pieno sostegno a famiglie e imprese», si legge nel comunicato dell’ABI. Cosa significa in soldoni? Sui vari giornalini italici si parla più o meno a vanvera, ignorando il punto essenziale che Il Sole 24 Ore delinea invece in modo chiaro. I padroni le cose se le dicono senza tanti giri di parole. Si legge infatti sul Sole:

«Già nella definizione del cosa potrebbero fare gli istituti di credito si evince che non ci saranno esborsi, seppure volontari, a fondo perduto, ma che si tratterà di misure di anticipo della liquidità che verrà poi restituita. Nella sostanza di una sorta di prestito.»
Quindi, non solo il “contributo” oneroso per le banche, non ci sarà, ma “eventualmente”, si può discutere di un’“anticipazione” per alleviare la pressione sui tassi che comunque il Tesoro dovrà affrontare indebitandosi ulteriormente sul mercato dei capitali per finanziare il debito.

Tra i politici più agguerriti c’è chi ha notato che la proposta di un contributo volontario da parte delle banche sia un’elemosina, chi che sia troppo poco.

Nessuno ha però notato che non si tratta né dell’uno né dell’altro. È un modo per indebitare ancora lo Stato. Magari non ci faranno pagare gli interessi quest’anno, ma certamente l’anno prossimo, sì.

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GLI USA SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI IL PUNTO DEL…


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GLI USA SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI
IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO

Anche se in questo momento nel mondo non mancano certo elementi più importanti di cui parlare, ci corre l’obbligo di esprimere la nostra posizione sulle vicende che si stanno svolgendo negli Stati Uniti.
Il candidato repubblicano alla Presidenza ed ex Presidente, Donald Trump, ha subito un attentato.

Il fatto, in sé gravissimo, ha dato la stura sulla stampa di regime italiana, apertamente schierata dalla parte opposta, a una serie di contorsioni per evitare di guardare in faccia la realtà per essa indicibile. Tant’è che essa si affanna a giocare al complottista e fantasticare su chi ne dovrebbe beneficiare. Ovviamente la solita triade dei cattivoni: Cina, Russia e Iran. Patetico.

Cominciamo a analizzare i fatti, o almeno quelli che abbiamo a disposizione.
1) Un giovane si è arrampicato con un fucile sul tetto a 150 metri in una manifestazione che doveva essere ultracontrollata dove parlava una personalità che doveva essere ultraprotetta, è rimasto lì per svariati minuti, dopo che era stato persino notato dal pubblico, e ha avuto il tempo di sparare ben 8 colpi prima di essere abbattuto dai cecchini che dovevano controllare la situazione.
2) I colpi sparati erano reali, tanto è vero che hanno fatto tre vittime, di cui una è morta.
3) Un proiettile ha sfiorato Trump ferendolo di striscio all’orecchio.
Se tutto ciò corrisponde a realtà, possiamo avanzare alcune ipotesi, almeno in negativo.

Primo, un autoattentato di Trump? Non ci si può affidare a spostamenti di millimetri e di frazioni di secondo per evitare un proiettile reale che avrebbe potuto uccidere Trump, ossia in questo caso l’organizzatore della farsa. L’unica possibilità per giustificare questa ipotesi è che ci dovesse essere almeno un secondo attentatore che abbia esploso i colpi letali che hanno colpito il pubblico e che i colpi sparati dall’attentatore manifesto fossero a salve, mentre le ferite e il sangue apparso su Trump fossero finte e preparate in anticipo. In questo caso, tutto il sistema di sicurezza dovrebbe essere coinvolto, ma a esso è a capo Kimberly Cheatle, chiamata a ricoprire quel ruolo proprio da Biden nel 2022. Un atto di ribellione dei sistemi di sicurezza per blindare l’elezione di Trump? Non ha senso.

Secondo, un attentato organizzato per uccidere veramente Trump andato a male? In questo caso si sarebbe affidata alla mira di un giovane ragazzo una cosa così delicata che, se fallita, sarebbe stata – come in effetti ora è – un boomerang pazzesco? Saranno pure i servizi segreti americani, ma a questo grado di stupidità speriamo non ci siano arrivati.

Terzo. Una iniziativa del livello locale dei servizi segreti che “ha lasciato fare” il giovane, nella speranza di uscire dal pantano in cui sono i democratici? La responsabilità cadrà principalmente su di loro. Se abbiamo una vaga idea di come lavorano in competizione e astio ognuno dei settori dell’amministrazione USA, ci rendiamo conto che non è possibile.
Cosa rimane? Diceva Sherlock Holmes: dopo aver eliminato l’impossibile, quello che resta è la verità, anche se appare come del tutto improbabile.
A meno di nuove risultanze, le cose sono andate proprio come ce le hanno descritte: una falla gigantesca nel sistema di sicurezza, unita a una diffusione delle armi da fuoco – anche da guerra – fuori controllo e un tasso di odio interno alla nazione che prelude alla guerra civile. Solo che non ci si rende conto abbastanza di quanto ciò sia devastante per gli Stati Uniti.

Ci sembrano sensate le parole di Dmitrij Peskov, portavoce del Presidente Putin: “Non pensiamo né crediamo affatto che il tentativo di eliminare il candidato presidenziale Trump sia stato organizzato dall’attuale governo americano, ma l’atmosfera che questa amministrazione ha creato durante la lotta politica, l’atmosfera attorno al candidato Trump, ha provocato ciò che l’America si trova ad affrontare oggi”

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MA LI PAGANO? IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO Il Sole…


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MA LI PAGANO?

IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO

Il Sole 24 Ore del 21 giugno titola “caccia a 768mila laureati, il 50% non si trova”.
Si comincia con uno spottone pubblicitario rivolto ai ragazzi che si stanno maturando affinché si iscrivano ai corsi di laurea che maggiormente assicurano l’occupazione, sbandierando che le aziende hanno in programma di assumere 768mila laureati. Quindi già c’è il primo slittamento: non è che non si trovano, come recita il titolo, sono in “programma” di essere assunti, pari al 13,9% di tutti gli occupati programmati.
Già questo, anche se fosse proprio così, dovrebbe far vergognare questi imprenditori perché, come certifica Eurostat, l’Italia resta l’ultima tra i Paesi Ue per la quota di laureati, il 29%, nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni registrata nel 2020, lontano dalla media europea. La quota italiana è superiore solo a quella della Romania, pari al 25%.” Quindi la programmazione di occupazione è ben lontana da quella che dovrebbe essere per assorbire tutti i laureati già scarsi e ancor più lontana di quella che dovrebbe essere. Questo spiega perché l’Italia ha il numero più basso di laureati in Europa, ma il numero maggiore di laureati disoccupati, che infatti per la maggior parte scappano dal nostro Paese, dove che sono costati almeno 100mila euro (si calcola 137 mila euro in media).
Ma andiamo avanti.
Si elencano una serie di cifre non verificabili, perché basate sulle affermazioni degli imprenditori, sui laureati “introvabili”; ma le cifre che invece sono solide e verificabili sono le ultime citate nell’articolo, che riguardano il tasso di occupazione dei laureati triennali e dei magistrali, rispettivamente, 75.1% e 77,1% a 1 anno dalla laurea e 92,1% e 88,7% a 5 anni.
Leggiamoli al contrario. A un anno circa 1 su 4 non lavora, mentre a 5 anni circa 1 su 10. Ma la cosa ancora più grave che dopo 5 anni è meglio non avere fatto il percorso magistrale e non avere “investito”, come dicono loro, tempo e denaro, magari ancora più lontano dalla propria casa. Naturalmente questa conclusione amara e paradossale, perché è paradossale la situazione italiana.
Se comunque ancora lauree più “spendibili”, come ingegneria e statistica, hanno ancora circa il 5% di disoccupazione a 5 anni, matematica, fisica e informatica, siamo 7,4% di disoccupati.
Il punto essenziale è che i salari iniziali dei laureati in Italia sono la metà di quelli europei e, via via con la carriera, la distanza aumenta sempre più. Questo lo si può dire per tutti i lavoratori italiani.
La ricetta del Sole è quella di spingere ancora più giovani ad aumentare il mercato del lavoro dei laureati, in modo da perpetuare questa situazione, e non di spingere i suoi referenti, che sono gli imprenditori, a pagare di più.
Dei piagnistei che sono piccoli e non hanno le forze per pagare non ne possiamo più. L’innovazione tecnologica si fa non solo con i grandissimi, ma anche con le associazioni e le filiere produttive. Ma qui ci vorrebbe uno Stato in grado di accompagnare i più volenterosi e sfoltire la massa di “prenditori” capaci solo di pagare il politico di turno corrotto e corruttore. Pretendono la concorrenza per i lavoratori, mentre per loro c’è il mercato protetto.
Ci rivolgiamo quindi agli studenti che stanno prendendo la sudata maturità. Voi non siete la “futura classe dirigente” di questo Paese – tranne forse qualcuno più ammanigliato o più fortunato – voi siete il futuro proletariato intellettuale dal quale si estrae il massimo di plusvalore, grazie al vostro sudore e al sacrificio delle vostre famiglie che vi hanno mantenuto e che vi mantengono ancora dopo che iniziate a lavorare.
Come tutti i proletari, trovate la forza solo nella vostra unione e nella consapevolezza della distanza che intercorre tra il vostro lavoro e il vostro ruolo di costruttori di ricchezza e quello dei vostri sfruttatori.

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IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO LE CONSIDERAZIONI FINALI DEL…


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IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO
LE CONSIDERAZIONI FINALI DEL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA

«Sostenere l’occupazione con più immigrati, ma è fuga dei giovani» (Il Sole 24 Ore)
«Servono più migranti regolari» (Il Corriere della Sera)
«La lezione di Panetta: servono più immigrati» (La Stampa»)
«Il governatore Panetta: “Più Europa e più immigrazione contro il declino”» (La Repubblica)

Questi i titoli dell’indomani della tradizionale lettura delle Considerazioni Finali del Governatore [1].
Naturalmente non ci siamo fidati delle “veline” di regime e abbiamo letto le 30 pagine della Relazione, dove leggiamo:
«Decisi aumenti dei tassi di occupazione – fino ai livelli medi dell’area dell’euro – potrebbero arrivare a controbilanciare gli effetti del calo demografico e mantenere invariato il numero degli occupati. È inoltre possibile che un sostegno all’occupazione derivi da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat. Occorrerà gestirlo, in coordinamento con gli altri paesi europei, bilanciando le esigenze della produzione con gli equilibri sociali e rafforzando le misure di integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro.

Ma è chiaro che anche con maggiore occupazione e maggiori flussi migratori l’apporto del lavoro alla crescita dell’economia non potrà che essere modesto. Solo la produttività potrà assicurare sviluppo, lavoro e redditi più elevati.»
Queste le parole esatte del Governatore. Quindi: fate lavorare bene i lavoratori e vedrete che le cose si aggiusteranno. Qui dovremmo criticare l’inversione della causalità implicita nelle parole di Panetta: “lavorare meglio per crescere e guadagnare di più”. Noi dovremmo dire: “aumentare i salari per far uscire dalla disoccupazione due milioni di disoccupati (e molti di più sotto occupati) e mettere i soldi nelle tasche dei lavoratori affinché essi possano spendere e far crescere l’economia”, anche se ciò sarebbe ancora nel più tiepido riformismo.
Ma quello che è ancora una volta conclamato è che la “narrazione” imposta dall’alto non si mette in discussione, anche se a contraddirla è la massima autorità economica del Paese.

Ora capite quando vi invitiamo a leggere tutti i giornali e usare quello che scrivono come stella polare per credere all’esatto contrario?

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IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO: SPAGNA A DUE FACCE Ha…


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IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO:
SPAGNA A DUE FACCE

Ha suscitato entusiasmo la notizia che la Spagna, insieme a Norvegia e Irlanda, abbiano riconosciuto lo Stato di Palestina. Tuttavia, la notizia dell’accordo con l’Ucraina dovrebbe aver gelato le aspettative sul governo Sanchez.

«L’accordo bilaterale di sicurezza firmato dal presidente ucraino e dal primo ministro spagnolo include l’invio di altri missili Patriot e carri armati Leopard e prevede contratti multimilionari per l’industria della difesa spagnola.»

Avevano suscitato scandalo le parole di Yolanda Dìaz, vicepremier del governo spagnolo, che è anche la leader del Movimiento Sumar, a cui partecipa anche il Partito Comunista di Spagna (PCE), la Sinistra Repubblicana, l’Unione delle Gioventù Comuniste di Spagna (UJCE) (Organizzazione giovanile del PCE).�“… la Palestina sarà libera, dal fiume al mare”.�Dopo le consuete accuse di “antisemitismo” dal ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, la replica è chiarificante del fatto che non c’è nessuna intenzione di revocare il riconoscimento di Israele. “Mi riferisco al fatto che abbiamo da sempre la stessa posizione, il riconoscimento di due Stati che condividono dal fiume al mare, che condividono l’economia, che condividono i diritti e, soprattutto, un futuro di pace”. (Askanews).�Ora, il riconoscimento di questi tre paesi non è che cambi granché il panorama internazionale.

Invece l’invio delle armi in Ucraina sì. Cambia per l’Ucraina, per la Russia, per l’Europa e per la Spagna e le sue industrie della difesa.�Sembra molto più coerente la posizione dell’Irlanda che ha dichiarato, attraverso il suo ministro degli esteri Micheál Martin, che avrebbe sostenuto le sanzioni contro Israele nel caso questa non si fosse conformata all’ordine della Corte di Giustizia Internazionale di sospendere le operazioni a Gaza. (https://ift.tt/k2f3PzW).
Su quel terreno si vedrà se si fa sul serio o si continua a giocare a nascondino.

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IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO La morte del Presidente…


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IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO
La morte del Presidente Ebrahim Raisi

L’elicottero dove viaggiava il presidente iraniano è precipitato e tutti i passeggeri sono morti.

Notiamo che:
1. Le condizioni atmosferiche erano proibitive, ma altri due elicotteri che viaggiavano con quello precipitato non hanno subito avarie. D’altro lato, la pretesa cattiva manutenzione dei velivoli non è accettabile, in quanto essa verrebbe sicuramente assicurata per un mezzo così importante.

2. Essendo un attacco con droni o un sabotaggio a terra non probabili a causa delle condizioni meteo, le ipotesi dell’attentato potrebbe puntare il dito solo all’uso strumenti molto sofisticati che solo servizi militari molto avanzati possiedono.

3. Allargando il campo alla situazione geopolitica, diversi osservatori hanno notato l’intensificarsi di “strani” avvenimenti che sono accaduti in rapida successione, quali l’attentato al premier slovacco Fico.

4. D’altro lato, la posizione degli imperialisti americani e di sionisti si fa sempre più traballante. Le cose per loro in Ucraina vanno di male in peggio. La condanna al premier Netanyahu da parte della Corte Penale dell’Aia mette il governo israeliano e tutto lo stato ebraico in serie difficoltà internazionali.

5. Non ci sporchiamo neanche a valutare i disgustosi commenti della propaganda nostrana in seguito alla vile aggressione a Chef Rubio, al Premier Fico e oggi al Presidente Raisi.

In questo quadro, la via d’uscita alla disperata prefigurata dagli ambienti più guerrafondai potrebbe essere quella di esacerbare la situazione e trascinare il mondo nella guerra mondiale aperta, dove evidentemente non ci sarebbe più spazio per tentennamenti e quindi tutti i vassalli – a cominciare dai paesi europei, Italia in primis – sarebbero costretti a intervenire dalla loro parte. Non è detto che sia la posizione dominante o maggioritaria dell’Occidente, ma un casus belli gestito ad hoc potrebbe far precipitare la situazione.

L’Iran ha dimostrato più di una volta di non voler seguire gli imperialisti su questa china pericolosissima. La loro risposta all’attentato alla loro ambasciata a Damasco è stata efficace e proporzionata.

Questa volta, anche se avessero prove eclatanti del coinvolgimento statunitense o sionista nell’attentato, certamente converrebbe a loro, ma anche a tutto il mondo che non accettassero la gravissima provocazione, alla quale si potrebbe rispondere solo con la guerra totale, ossia facendo il gioco degli imperialisti, contro cui oggi il tempo lavora.

Riteniamo quindi che, se la dirigenza iraniana dovesse decidere di non rispondere nell’immediato e confermasse la versione dell’incidente, sarebbe un atto di forza d’animo e di generosità estremo nei confronti di tutta l’umanità di cui tutti noi dovremmo essere grati.

Questi pazzi vanno fermati.

“Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.” (Sun Tzu)

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? IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO: SULL’ORLO DELL’ABISSO L’Iran…


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? IL PUNTO DEL SEGRETARIO GENERALE ALBERTO LOMBARDO: SULL’ORLO DELL’ABISSO

L’Iran ha effettuato l’azione di rappresaglia per l’attacco del 1° aprile alla sua sede diplomatica di Damasco da parte di Israele, affermando di aver agito per legittima difesa, secondo l’articolo 51 dell’ONU. Teheran ribadisce infatti di aver agito in mancanza di una condanna dell’ONU per il bombardamento del 1° aprile, nel rispetto del diritto internazionale e avendo informato i Paesi vicini 72 ore prima.
“L’operazione di ieri rientra nel contesto della difesa della sovranità e degli interessi nazionali dell’Iran, della punizione dei nemici e del rafforzamento della sicurezza regionale”, ha dichiarato sabato mattina il presidente iraniano Ebrahim Raisi. Per Teheran la “questione può dirsi conclusa”, ma se “il regime israeliano commettesse un altro errore, la risposta dell’Iran sarebbe molto più severa”.
L’Iran ha dimostrato con un’azione dimostrativa decisa, ma limitata nell’intensità e nei danni umani, che non tutto è concesso a Israele. Ora la responsabilità di continuare il confronto sta nel campo israeliano. Vedremo se prevarrà la ragione e il confronto, ormai diretto tra le due massime potenze della regione, si fermerà qui, oppure se la catastrofica situazione politica e militare senza via d’uscita che i sionisti hanno creato a Gaza li indurrà a spingere verso la guerra totale.
C’è da confidare nella prima eventualità. Non tanto per senso di responsabilità da parte dei sionisti e dei loro alleati, perché più e più volte hanno dimostrato di non averne, quanto anche solo per mero calcolo di interesse.
Israele ha promesso una risposta, ma i suoi sostenitori capiscono che un’escalation andrebbe a tutto detrimento loro. Una cosa che, a parte le considerazioni di carattere militare, in piena campagna elettorale il presidente Joe Biden non si può permettere.
“Israele non ha intenzione di colpire l’Iran dopo l’attacco della notte scorsa. Lo ha detto un portavoce dell’esercito israeliano (Idf)”.
Confidiamo che almeno i militari siano in grado di capire che una guerra totale Israele non la può vincere più, così come la NATO ha dimostrato di non poter vincere la guerra con la Russia.
In questo contesto risulta quanto meno ridicola l’affermazione dei leader del G7 nella dichiarazione al termine della riunione in videoconferenza convocata dalla presidenza italiana, che si distingue come al solito per servilismo e stomachevole doppiopesismo:
“Con le sue azioni, l’Iran ha compiuto ulteriori passi verso la destabilizzazione della regione e rischia di provocare un’escalation regionale incontrollabile. Questo deve essere evitato”, esprimendo la condanna “in modo inequivocabile e nei termini più forti l’attacco diretto e senza precedenti dell’Iran contro Israele.”
“In questo spirito, chiediamo che l’Iran e i suoi alleati cessino i loro attacchi, e siamo pronti ad adottare ulteriori misure ora e in risposta a ulteriori iniziative destabilizzanti”. Inoltre capaci quindi di esprimere una richiesta all’Iran che aveva già considerata chiusa la questione.
Il livello di servilismo del governo italiano nei confronti dell’Egemone americano ha toccato vertici che solo quello a guida PD era riuscito a raggiungere, coprendoci ancora una volta di ridicolo e mettendo fuori gioco l’Unione Europea da qualunque possibile azione di mediazione.

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