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“SE NON LAVORI, LA COLPA È TUA”
La litania dei padroni è sempre la stessa: in Italia il lavoro c’è, anzi ci sono migliaia di posti vacanti e le aziende faticano a trovare lavoratori.
La crisi cronica di sovrapproduzione del capitalismo, la pandemia e oggi l’incremento dei costi dovuti alla speculazione, partita prima della guerra scatenata dalla NATO in Europa, vengono completamente taciute dall’informazione di regime.
A parte la ridefinizione di “disoccupato” – che oggi oscura la reale situazione di sottoccupati e di lavoratori poveri, ossia che comunque non guadagnano abbastanza per mantenersi – i numeri dicono tutt’altro.
Nel terzo trimestre del 2022 in Italia ci sono quasi 2 milioni di disoccupati che cercano “attivamente” il lavoro, con un tasso di disoccupazione del 7,8%. Di questi, oltre un milione diplomati o laureati. L’emorragia di questi verso altri paesi è costante. Dati ISTAT.
Si lamenta che in Italia ci sono meno di 500 mila posti vacanti.
Qualunque osservatore onesto intellettualmente attribuirebbe questa situazione a una scarsa offerta di lavoro, non solo quantitativa ma anche qualitativa.
Si parla di almeno 100 mila posti vacanti nell’agricoltura, in maggior parte stagionali. Vuoti notevoli anche nei servizi, in particolare alla persona: badanti e collaboratrici domestiche.
Posti di bassissimo livello, pagati una miseria, che i lavoratori italiani non possono andare ad occupare perché regolarmente retribuiti meno di quanto serve per campare.
La risposta a questo è: primo eliminare quel poco di argine che – per quanto maldestramente – costituiva il reddito di cittadinanza, secondo aprire i flussi migratori quel tanto che basta per distruggere ulteriormente ciò che chiamano “mercato del lavoro”, ma che è un mercato di schiavi.
La doverosa accoglienza ai profughi che scappano dalle guerre e dal saccheggio, che l’Occidente ha perpetrato in giro per il mondo, la fanno pagare ai lavoratori europei e italiani in particolare, che – unici in Europa – hanno visto nell’ultimo decennio diminuire i propri salari, mentre i padroni si ingrassano con le disgrazie degli uni e degli altri.