25 Novembre 2013. Si parte dallo sciopero delle donne, lotta di classe!

25 Novembre 2013. Si parte dallo sciopero delle donne, lotta di classe!

E’ certamente un fatto storico che per la prima volta sul territorio nazionale sia organizzato lo sciopero delle donne:  lavoratrici, precarie, disoccupate, casalinghe, in tutti i settori, pubblici e privati. E la scelta della data non è casuale, proprio il 25 novembre giornata contro la violenza maschile sulle donne.

E di violenza si tratta. Questo sciopero, infatti, parte dalla questione più tragica che colpisce le donne, i femminicidi (in Italia viene uccisa una donna ogni 3 giorni) e gli stupri  ma inevitabilmente investe l’intera condizione delle donne. Lo sfruttamento capitalistico contro le classi deboli, oggi più che mai,  è devastante e contro le donne avviene in maniera duplice. La donna vive una doppia condizione di sfruttamento: come lavoratrice è espulsa per prima dal mondo del lavoro e non solo, come per tutti, non riesce a trovarne uno nuovo  ma rinuncia persino a cercarlo,, continua poi a svolgerne un altro e in forma completamente gratuita, quello di cura dei figli, dei genitori anziani e della casa, supplendo al progressivo smantellamento dei servizi sociali, educativi e sanitari pubblici sempre più sotto assedio.  La condizione della donna è sostanzialmente regredita rispetto alle conquiste sociali e civili del secolo scorso ed essendo tornata “soggetto debole”  è doppiamente sfruttata da una sottocultura che la vede vittima predestinata di stereotipi che la rendono ben peggio di un oggetto. Ciò non vale per tutte le donne ma solo per quelle appartenenti alle classi deboli che divengono sempre più vaste, essendo peggiorate le condizioni di vita di fasce che si credevano al riparo da qualsiasi attacco.

Chi non  ha lavoro, non  ha soldi, non ha cultura, non ha riferimenti sociali,  è doppiamente sfruttato, privo di diritti, giustizia, forza sociale e tanto meno rappresentanza per riprenderseli.

Per chi ha i soldi è tutto il contrario, anche diritti civili che sono interdetti a causa di un’etica comune tuttora ben ancorata a pregiudizi religiosi che non celano la propria faccia  fondamentalista, sono possibilissimi. L’ipocrisia e la demagogia è moneta corrente nella politica italiana, nessuno si fa scrupolo a vendere illusioni per poi fare l’esatto contrario.  Per questo anche nella questione di genere, come  comunisti e  comuniste, stiamo da una parte sola, quella  delle donne  delle classi lavoratrici,  oggi marginalizzate e sempre più in difficoltà.

In una società dove classe operaia e i lavoratori non hanno più rappresentanza politica né sindacale e tutte le conquiste sociali strappate con decenni di lotta sono andate perdute,  non può nemmeno ipotizzarsi la riconquista di quelle civili se non si ricostituisce un movimento di classe forte. L’avversario invece è più potente,  non rinuncerà mai a nessuna delle sue vittorie, non cederà quello che si ripreso e che  aveva dovuto cedere quando i lavoratori e le lavoratrici erano forti e organizzati in partiti e movimenti che difendevano  gli interessi di classe. Nessuna mediazione  è possibile e credere che un comitato d’affari del capitale qual è questo governo o un’assise di nominati dai  poteri che contano quali sono parlamento e sindacati, è pura illusione e chi la perpetua è in pura malafede.

Lo sciopero delle donne potrebbe  persino apparire inutile in un momento dove il lavoro non esiste e tutte le realtà occupazionali sono in forte crisi ma diviene importante segnale se si trasforma consapevolezza che è l’attuale modello di società che deve essere cambiato se si vuole vivere con diritti sociali e civili garantiti, staccandosi dalla modalità della parata o da forme protesta scopiazzate dal grande schermo americano.

Questa società non potrà mai garantire reale parità fra i generi,  mai affronterà in modo giusto  la questione delle differenze, non sancirà i diritti civili, anzi depaupererà sempre più quelli sociali  e le prime ad essere derubate saranno proprio le donne. Il 25 novembre potrà davvero contare se questa consapevolezza si trasformerà nella proposta di una società diversa, ispirata ai  principi socialisti di eguaglianza e giustizia sociale.

Monica Perugini

Partito Comunista – responsabile nazionale delle donne comuniste

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“La lotta contro l’opportunismo è una condizione per lo sviluppo del movimento dei partiti comunisti e operai”. Intervista a Pavel Blanco, segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista del Messico (PCM)

“La lotta contro l’opportunismo è una condizione per lo sviluppo del movimento dei partiti comunisti e operai”. Intervista a Pavel Blanco, segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista del Messico (PCM)

ottobre 2013
Compagno Pável, ci può dire qual è l’attuale situazione politica in Messico e come la analizza il PCM?Pável Blanco: La caratteristica principale di oggi è l’attacco del capitale per svalorizzare il lavoro con la riforma del lavoro (fine del diritto di sciopero, dei contratti collettivi, della giornata massima e del salario minimo, del regime pensionistico, dei fondi per la casa e la sicurezza sociale, dell’introduzione del lavoro per ora e la legalizzazione dell’outsourcing – intermediazione della contrattazione), la riforma dell’istruzione (riforma del lavoro applicata a un milione e mezzo di lavoratori dell’istruzione, in particolare l’incertezza del lavoro, perché in qualsiasi momento possono essere licenziati con la cosiddetta valutazione universale) e la consegna del petrolio e dell’energia elettrica ai monopoli privati. Questa politica è stata prevista dal nostro partito da tempo, in quanto la crisi di sovra-accumulazione e sovrapproduzione obbligava il governo che usciva dalle elezioni presidenziali a tale gestione.

La stessa gestione della crisi ha promosso l’alleanza inter-borghese nota come Patto per il Messico (PRI, PAN, PRD) che è un coordinamento delle misure legislative e governative in corso di attuazione, sotto la logica dell’ “unità nazionale”, che inoltre cerca patti interclassisti con i sindacati e le organizzazioni sociali che si allineano con la collaborazione.

Tuttavia non ottengono la stabilizzazione, perché gli effetti della crisi economica del capitalismo accentuano i suoi effetti, in particolare la disoccupazione e la depauperazione delle condizioni di vita dei lavoratori. Con l’eufemismo di “rallentamento economico” oggi il governo federale ammette la crisi, anche se è stata negata più e più volte, giacché adesso colpisce la classe media, sono tenuti a riconoscerla, oltre al fatto del fallimento imminente del settore della costruzione.

In questo contesto, lentamente ma inesorabilmente si sviluppa una risposta massiccia dei lavoratori, espressa fino a oggi nel primo e nel secondo sciopero civico nazionale ai quali hanno partecipato più di mezzo milione di lavoratori. E sicuramente varie forme di disobbedienza popolare sono all’orizzonte.

 Il Messico confina con la principale potenza imperialista del mondo, ciò comporta qualche tipo di difficoltà aggiuntiva al vostro lavoro politico?

Per molti anni si è usato l’argomento del fatalismo geografico come un limite per la rivoluzione socialista, che è stato sconfitto con il trionfo della Rivoluzione Cubana. Naturalmente vi è un particolare interesse degli Stati Uniti sul Messico, ma è chiaro che in ogni luogo del mondo dove le forze rivoluzionarie hanno possibilità, le forze del capitale si adoperano per contrastarle. I centri imperialisti non esitano a dislocare le loro forze in qualsiasi parte del mondo, le distanze non sono un ostacolo, per cui l’unica cosa valida deve essere la preparazione di tutte le forze rivoluzionarie ovunque per organizzarsi bene, e preparare le risposte della classe operaia e dei popoli per difendere i propri diritti e conquiste. Nel PCM non ci sentiamo un’eccezione per la vicinanza con gli Stati Uniti, che ci dovrebbe far agire con attenzione; al contrario la responsabilità date le relazioni d’ interdipendenza è quella d’intensificare il conflitto di classe e il percorso anti-imperialista, anti- capitalista e anti-monopolista di lotta. Inoltre l’approccio deve essere dialettico: l’aumento e l’intensificazione della lotta di classe avrà anche un impatto sui lavoratori statunitensi.

Recentemente alcuni compagni del PCM sono stati uccisi nello stato di Guerrero, il che rappresenta un salto di qualità nella repressione contro i comunisti, crede che questo risponde a una crescita del PCM?

Ci sono altri compagni minacciati di morte nella stessa regione; la visibilità del nostro lavoro, risultato del lento ma costante aumento delle file del Partito, porta allo scontro con l’apparato legale di repressione dello Stato, ma anche col paramilitarismo che è in piena espansione dal momento che il generale colombiano Naranjo funge da assessore della sicurezza nazionale. Abbiamo licenziamenti di compagni che sono nel lavoro sindacale, attacchi fisici sullo stesso fronte. Ma anche il popolo del Messico è sotto oggetto della politica repressiva dello Stato, che è orchestrata indistintamente dal PRI, il PAN e il PRD. L’operatore principale della repressione del governo di Peña Nieto è Manuel Mondragón, che faceva parte della squadra di Lopez Obrador e proposto per la stessa carica dalla campagna di “sinistra”. Altro dato: gli assassini dei nostri compagni a Guerrero sono responsabilità del Patto per il Messico, ma in particolare del PRD (che alcuni ritengono sia di sinistra) che governa lì.

Il PCM è in crescita, è vero, ma ancora non nei ritmi e tempi che vogliamo. Non siamo un partito di massa, difendiamo la caratteristica di partito di quadri, un partito di militanti e non di iscritti. Tuttavia, nonostante le nostre debolezze, la nostra militanza è incorporata nelle lotte sensibili come l’opposizione ai monopoli delle miniere.

Oggi esistono in Messico diverse organizzazioni che si rifanno al campo comunista, potresti spiegare ai nostri lettori quali sono le differenze tra queste organizzazioni e il PCM?

Le differenze sono nel terreno del programma, la strategia e la tattica. In primo luogo, come si valuta lo sviluppo del capitalismo in Messico e il suo posto nella catena imperialista. Noi, basati sulla teoria marxista-leninista, sosteniamo che il Messico è un paese in pieno sviluppo capitalistico che occupa una posizione intermedia nella piramide imperialista dove la contraddizione capitale / lavoro è la principale e di conseguenza la rivoluzione socialista è l’obiettivo programmatico. In pratica, tutte le altre organizzazioni fanno parte della logica che il Messico è un paese dipendente, o semicoloniale, o sottomesso all’imperialismo e i compiti sarebbero quindi l’indipendenza nazionale e la liberazione nazionale come tappe intermedie verso il socialismo; ovviamente la politica di alleanza che emerge da tali approcci è diversa, ci sono approcci incarcerati nella logica riformista come quella delle peculiarità nazionali e la questione di una via nazionale al socialismo e deformazioni assurde come “socialismo alla messicana”; un altro problema è quello  delle forme di lotta che assolutizzano l’una o l’altra, a differenza di noi che optiamo per la visione leninista di combinare le diverse forme di lotta a seconda degli sviluppi della lotta di classe con il cambio da una all’altra.

Due cose in più su questo. In primo luogo, dove è diretto il lavoro dei comunisti, il suo carattere e intervento di classe? Minate da altre concezioni ideologiche estranee alla classe operaia, i gruppi e sottogruppi che si reclamano comunisti danno priorità ai chiamati movimenti sociali e i soggetti emergenti e, senza studiare gli sviluppi contemporanei della classe operaia, parlano della sua fine; alcuni di loro dicono che la nostra posizione che è immessa nelle aree industriali, è dogmatica e lontana dalla realtà; tuttavia essi ci danno un grande vantaggio, in quanto nel lavoro principale, nei centri di lavoro, nelle aree industriali, non abbiamo concorrenza. È vero che è un lavoro lento e difficile, ma ci accumuliamo in una direzione e non andiamo alla coda dei movimenti.

L’altra questione ha a che fare con il ruolo della teoria nell’azione del Partito. La verità è che c’è sia molto pragmatismo al di fuori del Partito che eccessivo accademismo. Piuttosto che basarsi sui classici del marxismo-leninismo e, da lì, compiere l’analisi dei problemi contemporanei o storici, si ricerca la risposta facile e digeribile o alcuni espedienti estranei alle lotte concrete.

Infine, è necessario segnalare e prestare attenzione alla cultura dei gruppi e sottogruppi, che oggi con tutta facilità creano un sito web, un account Facebook o Twitter e si proclamano partito con meno di dieci persone. Sono casuali o diretti a seminare confusione? Nel 1994, non c’era niente in Messico, era difficile per chiunque cercare di creare un partito, ancor di più chiamarlo comunista. Perché oggi che il nostro lavoro inizia a dare risultati, a rendersi visibile, appaiono, non per combattere lo Stato, ma per competere con noi in alcuni spazi? Qual è la ragione per cui tutti concentrano i loro attacchi contro il PCM?

Dall’Europa si seguono con interesse i processi politici che si vivono in Venezuela, Bolivia, Ecuador , ecc. Qual è la vostra analisi sugli stessi?

La corrente del progressismo ha concentrato la speranza dei popoli contro le misure d’urto di privatizzazione, applicate negli anni ’90, ma rapidamente si è rivelata, come in Brasile , Argentina e Uruguay  come una gestione assistenzialista del capitalismo. Caso diverso sono i paesi bolivariani, che da un lato, come processi popolari esprimono la possibilità di alternative  ma già oggi stanno mostrando i limiti, perché dopo alcuni anni non vi sono cambiamenti radicali e la partecipazione popolare scende. Le tensioni sul cammino da seguire possono comportare un regresso o un approfondimento; per questo esprimiamo solidarietà con le lotte di questi popoli, soprattutto attraverso i loro partiti comunisti.

Dal punto di vista della pratica rivoluzionaria storica nessuna trasformazione profonda è stata fatta senza intaccare i rapporti economici, espropriando le vecchie classi dominanti o utilizzando la macchina statale ereditata. Se vogliamo parlare di rivoluzione si deve costruire un nuovo stato e una economia, che al momento dovrà essere socialista. Stiamo attenti a parlare di rivoluzioni, quando non si sono ancora verificate e quando la retorica predomina.

L’elemento di qualità d’altra parte è la partecipazione e l’organizzazione popolare che può determinare un orientamento radicale.

Secondo la sua opinione, qual è lo stato di salute del Movimento Comunista Internazionale oggi?

Continuiamo ad affrontare la mancanza di una strategia unitaria, frutto di dibattiti profondi e analisi scientifiche per confrontarsi con il capitale ed i centri imperialisti. E’ chiaro che con l’esistenza dell’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (IMCWP) , la cui esistenza è il chiaro contributo internazionalista dei compagni del Partito Comunista di Grecia, abbiamo uno spazio stabile per lo scambio, con punti di coincidenza molto essenziali.

E’ di importanza che esistano spazi di incontri regionali, come vi è a livello Europeo e Mediterraneo. Purtroppo in Nord America e in America Latina non esistono, per cui vi è una partecipazione dispersa in spazi già egemonizzati della socialdemocrazia come il Forum di San Paolo. Nel frattempo, gli opportunisti mantengono il loro coordinamento internazionale e vediamo come i legami tra il Forum di San Paolo e il Partito della Sinistra Europea crescono. E’ un peccato che alcuni partiti comunisti insistano sul fatto che l’unità di questi spazi sia divenuto un modello di ciò che è necessario, quando in realtà sono meccanismi dell’abbellimento del capitalismo. Questi stessi partiti respingono il IMCWP o qualsiasi altra iniziativa per il raggruppamento dei comunisti.

Inoltre impedisce uno sviluppo qualitativo il policentrismo, difeso a tutti i costi per collocare le specificità, le particolarità al di sopra del più generale. Un altro problema è che ci sono partiti che definitivamente hanno dimenticato i loro doveri con la classe operaia e la rivoluzione per inserirsi in gestioni alternative del sistema. L’opportunismo è un grosso problema ed è necessario scontrarsi. La lotta contro l’opportunismo è una condizione di sviluppo del movimento dei partiti comunisti e operai. E’ quindi essenziale sostenere ogni iniziativa tendente a costruire una strategia unitaria per la lotta. Noi continueremo a sostenere le tendenze in questa direzione o altre più avanzate come la Rivista Comunista Internazionale, che è la collaborazione teorica, ideologia e di elaborazione di strategia, di riveste e pubblicazioni teoriche di vari partiti comunisti e operai.

Vuoi dire qualcosa in più ai nostri lettori?

Non dobbiamo perdere di vista ciò che sta accadendo a L’Avana, dove dialogano le FARC -EP e il governo colombiano. E’ una questione che merita più sostegno dei partiti comunisti e operai, perché uno dei interlocutori è proprio un partito comunista, le FARC –EP  che si definisce come un partito comunista in armi.

Naturalmente ringrazio il PCPE e ai CJC per la solidarietà basata nell’internazionalismo proletario per le loro azioni in varie parti della Spagna quando è avvenuto l’assassinio dei compagni Raymundo, Samuel e Michael. Ci entusiasma lo sviluppo del PCPE, che è teorico, politico e organizzativo. E sicuramente la collaborazione tra i nostri partiti si stringerà e intensificherà.

Un abbraccio a tutti i compagni.

Redazione UyL | unidadylucha.es
Traduzione a cura da senzatregua.it

ottobre 2013

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