RIZZO (PC): « INVIO TRUPPE IN NIGER, ATTO IMPERIALISTA»

RIZZO (PC): « INVIO TRUPPE IN NIGER, ATTO IMPERIALISTA»

«L’invio di un contingente di 500 soldati e 150 mezzi in Niger da parte del governo Italiano è un atto imperialista. Un atto che si inserisce nel quadro della politica neocolonialista dei paesi dell’Unione Europea e della Nato per la spartizione del continente africano. Lo stesso Gentiloni ha parlato espressamente di apertura anche ad altri paesi della regione, lasciando intendere che il Niger farà solo da apripista». Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista. «Si dice di voler arginare l’immigrazione, ma non si dice in che modo lo si farà e a quale prezzo. Di certo non garantendo uno sviluppo per i popoli africani che consenta occupazione e una vita dignitosa nel proprio paese. L’Italia va solo a difendere gli interessi delle grandi compagnie energetiche e minerarie, spesso fonte di impoverimento e sfruttamento dei popoli, cause primarie dell’immigrazione. Questa missione militare peserà sui conti dello Stato, con nuovi fondi sottratti alla spesa sociale, ma per le missioni all’estero non si taglia mai! La pace, la fine dell’immigrazione, potranno essere ottenute solo rovesciando queste politiche. Serve uscire dalla Nato e ritirare le truppe all’estero».

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IL PARTITO COMUNISTA CORRERA’ CON IL PROPRIO SIMBOLO ALLE ELEZIONI POLITICHE.

IL PARTITO COMUNISTA CORRERA’ CON IL PROPRIO SIMBOLO ALLE ELEZIONI POLITICHE.

Il Partito Comunista presenterà la propria lista sotto il simbolo della falce e martello alle elezioni politiche 2018. Dopo anni di assenza dei comunisti nella principale competizione elettorale, che ha privato i lavoratori dell’unico voto utile alla difesa dei propri interessi, crediamo sia necessario restituire alla classe operaia e alle classi popolari la possibilità di tornare a votare per il Partito Comunista. Di fronte ai tentennamenti, alle promesse disattese, alla ricerca di scorciatoie che non esistono da parte     dei partiti della “sinistra”, mettiamo la nostra forza al servizio della ricostruzione comunista in Italia.
Una scelta che avviene all’indomani della manifestazione dell’11 novembre, in cui migliaia di comunisti -in larga parte giovani- sono scesi in piazza a Roma, testimoniando la forza conquistata da PC e FGC con l’impegno militante nella classe operaia, tra le masse popolari, nei quartieri delle periferie delle città.
Nei mesi scorsi abbiamo rivolto un appello alle forze comuniste per fare dei passi in avanti nella direzione dell’unità comunista. Questa proposta non è stata raccolta, preferendo la strada delle alleanze più larghe, della costruzione di fronti di sinistra ed anche di nuove esperienze politiche. Ne prendiamo atto ma non rinunciamo alla nostra strada, all’indipendenza dei comunisti.
Non vogliamo lasciare i lavoratori, i disoccupati e i pensionati di questo paese ostaggio di una finta alternativa tra la destra, i cinque stelle, il centrosinistra, pilastri fondamentali del disegno e delle politiche filo-padronali e antipopolari. Non crediamo che la classe operaia possa essere rappresentata da Grasso, dai D’Alema e dal gruppo dirigente pro-Bolognina fuoriuscito dal PD, primo responsabile dell’attacco ai diritti dei lavoratori, dell’accettazione dei diktat della Troika, dei tagli alla spesa sociale, alla sanità e alla scuola pubblica. Rigettiamo da subito gli appelli al voto utile e all’unità con queste forze, per fermare l’avanzata della destra. Un disperato tentativo che suona come una provocazione. Se la destra avanza è perché le forze di sinistra sono colpevoli agli occhi delle classi popolari per le politiche di questi anni.
Non pensiamo infine che l’orizzonte dei comunisti possa essere imprigionato in progetti e parole d’ordine eclettiche e arretrate. Per l’emancipazione dei lavoratori non basta come prospettiva l’applicazione della Costituzione. Non serve spacciare come rivoluzionari programmi che si risolvono in un misto di ricette riformiste e movimentiste, che hanno già condotto al fallimento.
Crediamo che la questione comunista, che è la questione dell’emancipazione dei lavoratori dalla propria condizione di subalternità e della presa del potere politico, possa avanzare solo senza compromessi, senza nascondersi, senza ammainare la propria bandiera. Se i rapporti di forza sono sfavorevoli non è solo per il contesto storico, ma perché troppo spesso anche le avanguardie hanno deciso di arretrare. Noi non lo faremo.
Presentare il simbolo comunista alle elezioni serve a rafforzarne l’organizzazione, ad utilizzare ogni spazio minimo residuo concesso per parlare con le masse sfruttate e oppresse. Lo facciamo per dare slancio alle lotte, per scardinare un sistema di rappresentanza finto che difende apertamente gli interessi del capitale. Guardiamo a milioni di lavoratori, di giovani, di pensionati, di donne che oggi vivono sulla propria pelle le contraddizioni del capitalismo.
Non ci interessa difendere un sistema, quello della rappresentanza borghese, che è morto e sepolto dalla crescente astensione. Non saremo la ruota di scorta sinistra del parlamento. Vogliamo scardinare quel sistema. Non chiederemo solo un voto, una semplice delega, ma di unirsi alla nostra lotta, di divenire in prima persona protagonisti del cambiamento.
Sarà necessario farlo da subito. Presentare le liste in tutta Italia è una sfida. I meccanismi della legge elettorale approvata dal Parlamento sono congeniali all’esclusione di una forza alternativa ai partiti presenti nelle istituzioni; comportano la raccolta di un numero ingente di firme – oltre 50.000 in tutta Italia – per la valida presentazione dei moduli. Facciamo appello a tutti i comunisti per sostenere quest’azione, per dare un aiuto concreto con il proprio protagonismo attivo. Non è tempo di stare alla finestra, ma di sostenere con forza e convinzione la ricostruzione comunista in Italia.
Il nostro programma non sarà un programma elettorale ma un programma di lotta. Non un insieme di promesse irrealizzabili, ma un elenco di parole d’ordine su cui costruire quotidianamente una mobilitazione popolare. Dai centri di lavoro, alle lotte per la casa, dall’opposizione alle politiche imperialistiche alla difesa dell’istruzione e della sanità pubblica, alla necessità dell’uscita dall’Unione Europea e della Nato, affermata con chiarezza e senza formule vaghe. Lavoriamo per unire le lotte, per abbandonare ogni illusione riformista e inconcludente, per dire apertamente che solo il socialismo è la soluzione per il futuro dei lavoratori e delle classi popolari.
Facciamo della lista del PC la lista aperta, di tutti i comunisti, delle avanguardie delle lotte, dei lavoratori e delle lavoratrici che pensano che la questione comunista in Italia non sia chiusa, che la lotta per l’abbattimento del capitalismo e la costruzione del socialismo è la lotta del nostro tempo.

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RIZZO(PC): «SE I FASCISTI AVANZANO E’ COLPA DELLA SINISTRA DI GOVERNO»

RIZZO(PC): «SE I FASCISTI AVANZANO E’ COLPA DELLA SINISTRA DI GOVERNO»

«Dopo i fatti di Como e la sceneggiata di FN sotto Repubblica tutta la cosiddetta sinistra scopre il neofascismo. Non lo si combatte con loro. I Renzi, i Prodi, i D’Alema sono responsabili diretti dell’attacco ai diritti dei lavoratori, dell’accettazione dei diktat della Troika, i tagli alla spesa sociale, alla sanità e alla scuola pubblica. Sono per queste misure che l’estrema destra avanza tra i proletari e le classi popolari». Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista, commentando a caldo le ultime notizie di cronaca «E’ successo in Italia ed e’ successo in Europa con Blair, Hollande, Tsipras. Aver distrutto prima ideologicamente e culturalmente il movimento operaio per proporre poi il modello “Marchionne”, mentre i giovani non trovano un lavoro dignitoso, i cinquantenni sono licenziati e chi lavora é obbligato a farlo fino allo sfinimento é stata una scelta che consegna una larga parte del popolo prima alla rabbia e poi al fascismo. Ma, ricordiamolo, il nazismo ed il fascismo sono sempre stati servi dei padroni ieri, come delle banche e del capitalismo globalizzato oggi. Non ci interessa l’antifascismo da salotto della sinistra e dei radical chic. Non vanno ripetuti gli errori degli anni ’70 dove, con la teoria degli “opposti estremismi”, il potere si rafforzava. Essere antifascisti oggi significa esser anticapitalisti. Non è certo una legge che può batter il nuovo fascismo. La lotta che eviterà ai giovani proletari di sprofondare nell’ignoranza e nella xenofobia – conclude Rizzo – è solo quella di classe, e solo attraverso l’organizzazione. Questo è il ruolo dei comunisti oggi.

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CONDANNIAMO L’ESPULSIONE DI LEILA KHALED. GOVERNO ITALIANO CHINO DINANZI A LOBBY FILO-ISRAELIANE

CONDANNIAMO L’ESPULSIONE DI LEILA KHALED. GOVERNO ITALIANO CHINO DINANZI A LOBBY FILO-ISRAELIANE

Il Partito Comunista (PC) e il Fronte della Gioventù Comunista (FGC) condannano duramente la decisione delle autorità italiane di negare l’ingresso nel paese a Leila Khaled, storica combattente palestinese ed esponente del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP), in Italia per una serie di iniziative a Roma, Napoli e Cagliari in occasione del 50° anniversario della fondazione del PFLP. Come riporta l’Unione Democratica Arabo-Palestinese (UDAP), organizzatrice degli eventi, Leila Khaled aveva ottenuto un visto per l’Europa, e poco più di un mese fa aveva tenuto conferenze in Spagna e in Belgio, presso il Parlamento Europeo.

È del tutto evidente che la decisione delle autorità italiane di rimpatriare la compagna Khaled, imbarcata ieri sul primo volo per la Giordania, non ha nulla a che vedere con questioni burocratiche relative al visto d’ingresso, come sostenuto dal Dipartimento per la Pubblica Sicurezza, ma è una precisa scelta politica del Governo Italiano, dettata dagli interessi e dalle pressioni delle lobby sioniste e filo-israeliane. Una decisione che non a caso giunge in seguito di una pressione mediatica e delle proteste di esponenti del Partito Democratico e di Forza Italia.

Esprimiamo solidarietà alla compagna Leila Khaled e all’UDAP, del quale rilanciamo l’appello per la riuscita delle iniziative “Cinquant’anni di Resistenza”, alle quali Leila Khaled parteciperà tramite collegamento telematico. Ribadiamo il nostro sostegno alla lotta del popolo palestinese contro l’occupazione israeliana, e rigettiamo preventivamente ogni tentativo di creare confusione assimilando questa posizione a una visione antisemita che, da comunisti, non ci appartiene e mai ci apparterrà.

 

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RIZZO (PC). «EMENDAMENTO SACCONI INACCETTABILE. RISPONDIAMO CON LA LOTTA».

RIZZO (PC). «EMENDAMENTO SACCONI INACCETTABILE. RISPONDIAMO CON LA LOTTA».

«Il senatore Sacconi ha presentato un emendamento alla finanziaria con cui si riduce ulteriormente il diritto di sciopero, chiedendo ai lavoratori di comunicare la propria adesione 7 giorni prima. Una legge che lascerebbe alle imprese uno strumento di pressione fortissimo sui lavoratori». Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista. «L’attacco al diritto di sciopero, diritto già fortemente colpito in questi anni, va di pari passo all’attacco ai diritti, ai salari e alle pensioni dei lavoratori. E’ su queste politiche che si fonda la cosiddetta “ripresa”, che fa ripartire l’economia dei profitti privati sulle spalle della condizione dei lavoratori. Oggi si cerca di dare il colpo finale allo strumento più potente nelle mani della classe lavoratrice, come le lotte degli operai della logistica hanno recentemente dimostrato in occasione del “black friday”. Scioperare non è andare in vacanza, non è un divertimento, nè sinonimo di assenteismo, come i media cercano di far passare le proteste. Con lo sciopero i lavoratori perdono il loro salario, cosa che in tempo di crisi non è poco. Il Partito Comunista – conclude la nota – invita i lavoratori a non lasciare passare questo emendamento senza lottare, a difendere un diritto che è strumentale a difendere tutti i loro diritti».

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La ricostruzione comunista avanza in Italia. Lavoriamo per unità senza arretrare.

La ricostruzione comunista avanza in Italia. Lavoriamo per unità senza arretrare.

L’ufficio politico del Partito Comunista saluta il risultato della grande mobilitazione di sabato 11 novembre che ha visto cinquemila tra lavoratori, giovani, pensionati e disoccupati partecipare al corteo indetto dal FGC. Un risultato non scontato di questi tempi, che ha visto tornare in piazza una manifestazione comunista, di lotta contro le politiche del governo, contro la permanenza dell’Italia nell’Unione Europea e nella Nato, ribadendo la prospettiva della rivoluzione socialista, nel centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Ringraziamo tutte le organizzazioni regionali e la federazione romana, per l’organizzazione della manifestazione e lo sforzo sostenuto. A nome del Partito svolgiamo alcune brevi considerazioni su questa giornata, che segna un importante avanzamento sulla strada della ricostruzione comunista, processo che non riteniamo assolutamente concluso, ma appena iniziato.

1. Il corteo è stato la migliore risposta a quanti bei giorni precedenti avevano chiesto di opporre un divieto alla manifestazione e l’approvazione di leggi sull’apologia di comunismo. Da giorni settori della stampa reazionaria hanno condotto una campagna di propaganda anticomunista contro il corteo; preoccupanti segnali sono venuti da comuni del centro-nord Italia dove sono in discussione o addirittura approvate mozioni anticomuniste. La grande mobilitazione di sabato 11 novembre, successiva a quella di Soragna e Reggio Emilia è un segnale chiaro contro queste politiche;

2. È necessario che la protesta sociale si riappropri dell’orizzonte strategico del cambiamento rivoluzionario dei rapporti sociali e del sistema politico che riflette tali rapporti. Per questa ragione, manifestare in occasione del centenario della Rivoluzione d’Ottobre, non significa fare semplici commemorazioni, ma rivendicare la prospettiva finale della nostra lotta: il rovesciamento del capitalismo e la costruzione del socialismo, unica alternativa reale per i lavoratori e le masse popolari. Questo è il compito principale dei comunisti oggi: non arretrare su semplici rivendicazioni intermedie, ma collegare obiettivi immediati e mediati in una strategia di accumulazione di forze per il rovesciamento del sistema. La lotta ideologica non è nostalgia, ma parte integrante dei nostri compiti. Rispondere alle calunnie del revisionismo e della propaganda borghese, difendendo l’esperienza storica del socialismo reale dalla sua criminalizzazione, significa introdurre antidoti nella classe operaia e nelle masse popolari, indispensabili per poter aspirare a dirigere un movimento rivoluzionario dei lavoratori che lotti realmente per l’emancipazione dallo sfruttamento capitalistico;

3. La manifestazione di sabato 11 novembre dimostra che i comunisti non devono aspettare e rincorrere forze opportuniste, improbabili coalizioni di soggetti, appelli di decine di vuote sigle firmatarie, per convocare una manifestazione di lotta. Ogni accusa di marginalità cade di fronte all’evidenza dei numeri visti ieri in piazza, che non hanno di certo sfigurato rispetto alle consuete manifestazioni in cui varie forze comuniste finiscono per accodarsi. La strategia di chi guarda al lavoro diretto verso la classe lavoratrice e la gioventù paga più di mille tavoli inconcludenti e lavorio tra strutture auto-rappresentative;

4. La responsabilità che ci consegna la giornata di sabato, chiama il Partito a rinnovare nuovamente la proposta già avanzata da quest’ufficio politico sulla strada dell’unità comunista. La manifestazione di ieri avrebbe potuto essere un primo passo in questa direzione, ma non è andata così. Esprimiamo rammarico per la scelta delle altre forze comuniste di ignorare l’appello effettuato dal FGC nello scorso giugno, e di ritrovarsi in una contro-manifestazione nello stesso giorno  – convocata, a data del corteo comunista già annunciata –  ma rinnoviamo la nostra volontà di confronto. Una proposta che oggi è più attuale che mai di fronte allo scenario politico, che chiama i comunisti a non attendere le scelte delle forze opportuniste e socialdemocratiche ma a assumere un ruolo protagonista, finalizzato alla costruzione di un campo autonomo dei comunisti, dalle forze socialdemocratiche, opportuniste, inconcludenti. Siamo convinti con Lenin che l’unità che vada ricercata è quella dei comunisti con i comunisti e non quella tra comunisti e opportunisti o socialdemocratici. Su questa strada continuiamo a muoverci, in linea con le nostre tesi congressuali e rinnovando il nostro appello alle forze comuniste per aprire un serio dibattito sull’unità comunista;

5. Facciamo un appello ai compagni senza partito, ai delusi dal tradimento delle dirigenze opportuniste: è tempo di mettersi in gioco. Non si può più restare alla finestra ad attendere che i comunisti tornino ad essere presenti ovunque c’è bisogno di loro, senza un sostegno attivo e cosciente, senza un contributo attivo, secondo le possibilità di ciascuno, al processo di ricostruzione comunista. L’impegno di tutti è un indispensabile fattore di accelerazione, senza il quale la ricostruzione comunista procederà più lentamente, in un quadro di repentino peggioramento dello scenario politico e sociale;

6. L’entusiasmo riportato in piazza dalla manifestazione deve essere tradotto in lavoro politico, di costruzione e rafforzamento delle lotte, costruzione e rafforzamento delle organizzazioni locali del partito ad ogni livello. Non è facendo arretrare le proprie posizioni politiche che i comunisti riconquisteranno la fiducia delle classi popolari, ma con un incessante lavoro politico di lotta, radicamento,  capacità di direzione. Un vero Partito Comunista costruisce la sua ossatura nelle organizzazioni di fabbrica e dei luoghi di lavoro, nel centro del conflitto di classe. Tutto il lavoro del partito è orientato in questa direzione;

7. Anche in questa occasione il fattore determinante per la positiva riuscita della mobilitazione è stata la gioventù. La gioventù è la fiamma più viva della Rivoluzione, con migliaia di giovani che stanno riportando vittorie nelle scuole, nelle università, che fanno avanzare le lotte e costruiscono radicamento nei quartieri popolari e nei luoghi di lavoro. I giovani sanno bene che Il capitalismo ha prodotto precarietà, disoccupazione, lavoro gratuito, impossibilità ad avere una casa e diritti sociali che solo venti anni fa ero scontanti. I giovani di oggi, non hanno più nulla da perdere, per questo in tanti nonostante anni di diffamazione ideologica diventano comunisti e prendono parte attiva nelle lotte e nella loro organizzazione E’ nostro compito sostenere lo sforzo della gioventù comunista e costruire insieme alle nuove generazioni un forte, coerente, radicato, Partito Comunista.

Ufficio Politico
Partito Comunista
Roma, 12/11/17

JAC_6612 JAC_6404 JAC_6051 JAC_6650 JAC_6527 JAC_6481 JAC_6352 JAC_6313 JAC_6271 JAC_6170   JAC_5884 JAC_5983 JAC_5977 JAC_5801 JAC_5791

 

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11 Novembre. Rispondiamo compatti agli attacchi con una grande mobilitazione dei comunisti.

11 Novembre. Rispondiamo compatti agli attacchi con una grande mobilitazione dei comunisti.

Alla vigilia della manifestazione di domani al Colosseo, convocata in occasione del centenario della Rivoluzione Sovietica per protestare contro le politiche del governo e chiedere l’uscita dell’Italia dalle UE e dalla Nato, la prima pagina di “Libero” ci attacca, così come nei giorni scorsi era stato fatto dai quotidiani di destra il Giornale e il Tempo. I media di sinistra e del M5S invece ci ignorano o deridono. Strategie diverse che denotano la paura del Comunismo, unica vera alternativa al capitalismo.
Le classi dominanti sanno che il loro modello di sistema è responsabile della disoccupazione di massa, della compressione dei salari e dei diritti sociali, del peggioramento della condizione di vita di milioni di persone e che tutto ciò è funzionale alla concentrazione della ricchezza in poche mani. Sanno che, nonostante ogni tentativo dei media, il capitalismo è responsabile dell’immigrazione, della guerra della distruzione dell’ambiente.
Per questo si usa il pretesto dei “morti del comunismo”. Cosa significa affermare che il comunismo ha prodotto 100 se non addirittura 120 milioni di morti? Nulla. Si tratta di numeri gonfiati e privi di riscontro storiografico attendibile. In secondo luogo perché nessuno si interroga in Italia, e nei paesi capitalistici, su quanti morti abbia fatto il capitalismo, e i criteri di imputazione al sistema sociale sono opinabili. Se ragionassimo con gli stessi criteri che si vogliono applicare ai “morti del comunismo” non c’è alcun dubbio, tra guerre, carestie, disoccupazione, mancanza di cure sanitarie, schiavismo, politiche coloniali e imperialiste il capitalismo è il sistema più criminale della storia.
Domani saremo in piazza a Roma alle 16,00 al Colosseo. La migliore risposta a questi attacchi è una grande manifestazione comunista domani. Per dire che i comunisti ci sono e non hanno paura, che le loro idee sono giuste e attuali, che chi vuole criminalizzare il movimento comunista troverà l’ostacolo di migliaia di militanti determinati e organizzati. Non un passo indietro!

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Il Partito Comunista in Russia nel centenario della Rivoluzione.

Il Partito Comunista in Russia nel centenario della Rivoluzione.

Una delegazione del Partito Comunista, guidata dal responsabile esteri Guido Ricci è in Russia per le celebrazioni del centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Il Partito Comunista partecipa per la prima volta come membro effettivo, all’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai giunto alla sua XIX edizione. L’incontro vede la partecipazione di 103 partiti comunisti sotto lo slogan «Cento anni dalla Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre: le idee del movimento comunista rafforzano la lotta contro le guerre imperialiste, per la pace e il socialismo».
La partecipazione del Partito Comunista all’incontro e la sua piena ammissione alla rete internazionale Solidnet sono un passo in avanti nel rafforzamento delle nostre relazioni internazionali e nella lotta contro le concezioni opportuniste presenti nel nostro paese. Riteniamo estremamente positivo che a cento anni dalla Rivoluzione, in un contesto internazionale difficile per il movimento comunista internazionale, cento partiti si ritrovino a Leningrado a discutere apertamente della strategia per il rilancio della lotta di classe nella direzione della costruzione del socialismo-comunismo. Il PC rafforzerà con la sua partecipazione e il suo lavoro la lotta contro l’opportunismo, la ricerca di una maggiore unità dei comunisti nel mondo, nella direzione tracciata dal marxismo-leninismo e dall’esperienza della III internazionale. Di fronte alle sfide di un mondo sempre più interconnesso, all’emergere di nuovi scontri imperialistici, ad un attacco globale alle condizioni dei lavoratori a fronte di una sempre maggiore concentrazione della ricchezza, il marxismo-leninismo è la guida attuale della nostra azione per un cambiamento rivoluzionario della società.
Nei giorni seguenti è prevista la partecipazione del segretario generale Marco Rizzo alle celebrazioni e alle manifestazioni che si terranno a Mosca. L’impegno del PC nel centenario proseguirà con iniziative in Italia e con la grande manifestazione dell’11 novembre che partirà dal Colosseo a Roma

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Referendum Autonomia. Il PC invita all’astensione

Referendum Autonomia. Il PC invita all’astensione

La posizione del Partito Comunista per il Referendum Regionale lombardo del 22 Ottobre sull’autonomia è netta: astensione.

Astensione perché tutte le rivendicazioni a sostegno del referendum portate dalle forze politiche che lo promuovono, oltre a fondarsi su una retorica sterile e di bassissima caratura, non avrebbero le gambe per camminare da sole.

Astensione perché la partecipazione, anche solo per votare no, a questo tipo di referendum, legittimerebbe di fatto un dibattito e uno stato delle cose che non hanno ragione di esistere.

Per noi Comunisti, l’autonomia di governo locale e la riorganizzazione dello Stato centrale non sono feticci da preservare. Al contrario, le strutture amministrative, specie nel nostro paese, denunciano quotidianamente un bisogno estremo di rimodulazione, che tuttavia, entro i canoni del sistema economico sul quale sono state calibrate, sarebbe inutile oltreché impossibile. Lo stesso dibattito, seppur in un contesto differente, si sviluppò all’interno del PCI negli anni della Costituente: riguardo alle autonomie locali, la preoccupazione principale era quella di non replicare le strutture amministrative del fascismo, sebbene esistesse una preferenza di fondo per una certa de-centralizzazione. Tuttavia, la considerazione strategica fece prevalere la preferenza per una forma accentrata di potere amministrativo, nella convinzione (giusta) che un PCI forte avrebbe costituito un bastione contro le derive fascistoidi (prima) e capitaliste (poi) che inevitabilmente si sarebbero presentate, per compiere il traghettamento verso una società di unità di classe (lavoratrice), e non di capitali.

Proviamo a ragionare. Se la Lombardia, o il Veneto, chiedessero e ottenessero dallo Stato Centrale maggiori autonomie per quanto riguarda le materie elencate al comma 3 dell’art 117 Cost. ad esse sarebbero automaticamente trasferiti anche i vincoli che restringono la capacità di manovra dell’autorità centrale per quel che riguarda la capacità e la possibilità di spesa e ripartizione delle risorse. Il cavallo di battaglia degli ‘autonomisti’, incredibilmente non tiene in conto le limitazioni che già oggi vengono imposte dal Patto di Stabilità e Crescita. O, più probabilmente, lo tengono in conto ma stanno giocando in cattiva, cattivissima fede. E’ fortemente dubbio che le risorse addizionali che la Lombardia otterrebbe verrebbero impiegate per l’edilizia scolastica fatiscente, per il miglioramento delle condizioni lavorative e dei livelli di servizio nella sanità pubblica, per il lancio di un grande piano di edilizia residenziale pubblica, per la ristrutturazione profonda del tessuto industriale lombardo e per la bonifica ambientale di una regione, come la Lombardia, massacrata da decenni di speculazioni economiche condotte a danno del suolo e dell’acqua.

Pur essendo la regione più ricca d’Italia, la Lombardia è la regione con uno dei più alti tassi di sperequazione sociale del paese. Il 6,4% della popolazione lombarda, secondo una stima prudenziale, vive in stato di severa deprivazione materiale. Tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, il 18,6% non studia e non lavora, e il tasso di occupazione tra i giovani 15-24 è in calo lento ma costante (vuol dire che aumenta la disoccupazione, anche quella nascosta dalle statistiche ufficiali).

Dal punto di vista finanziario, in Lombardia si concentra il 29,7% della ricchezza finanziaria italiana, per un ammontare di 267 miliardi di € (su quasi 900 miliardi di €, dati 2013). Nella sola Città Metropolitana di Milano, circa 71.000 famiglie detengono 148 miliardi di €. Se dovesse vincere il SI al referendum consultivo, si adotterebbero programmi politici finalizzati a redistribuire questa ricchezza la cui fonte principale sono le rendite finanziarie e immobiliari? O, al contrario, con questa nuova disponibilità finanziaria, i governi regionali avrebbero l’opportunità per esacerbare ancora di più il divario socio-economico adottando politiche collocate nel solco del liberismo capitalista e secondo i dettami del Patto di Stabilità e Crescita?

Il potere e, in questo caso, i soldi, vengono gestiti nell’interesse di chi è sufficientemente organizzato e coeso per poterlo fare. La favola della politica come gestore del bene collettivo, che agisce nell’interesse comune è, appunto, una bella favoletta, quando viene raccontata nelle nostre democrazie liberali rappresentative. La cruda realtà è che, oggi, ad essere organizzati sono i padroni, non i lavoratori, che riescono a coordinarsi non solo per mandare al potere i loro lacchè (e la Lega Nord, così come i neo-fascisti, sono oggi la classe politica che si sta accreditando sempre più verso questi poteri) ma anche per convincere i lavoratori di essere dalla stessa parte della barricata.

Ecco qual è il senso della nostra astensione: andare a votare, per esprimere un NO, legittimerebbe di fatto una struttura politica concepita per soddisfare e asservita agli interessi della classe padronale.

 

 

 

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L’alternanza scuola-lavoro è sfruttamento, sostegno alle mobilitazioni studentesche

L’alternanza scuola-lavoro è sfruttamento, sostegno alle mobilitazioni studentesche

Il Partito Comunista sostiene le mobilitazioni studentesche che oggi, con la parola d’ordine dello sciopero dell’alternanza hanno portato in piazza migliaia di studenti. In particolare il PC appoggia la piattaforma rivendicativa promossa dal Fronte della Gioventù Comunista, che ha avuto il merito di coinvolgere decine di migliaia di studenti delle classi popolari, degli istituti tecnici e professionali e delle scuole di periferia delle grandi città.
Il progetto dell’alternanza scuola-lavoro promossa dai governi Renzi-Gentiloni non rappresenta un percorso formativo per gli studenti, ma uno strumento per lo sfruttamento di manodopera gratuita. Si insegna agli studenti ad essere futuri lavoratori sfruttati e privi di diritti, perché ciò risponde alle esigenze della società capitalistica oggi. Non è un caso che Confindustria abbia applaudito a un tale scempio, né che le principali aziende italiane e internazionali siano corse ad accaparrarsi con protocolli migliaia di lavoratori gratuiti nelle scuole per i prossimi anni.
Bene hanno fatto gli studenti a scendere in piazza oggi per richiedere salario e diritti in alternanza. Una richiesta che mira a spezzare ogni ricorso all’alternanza come strumento di competizione con i lavoratori e come forma per abbattere il costo del lavoro a vantaggio delle imprese.
Il PC si associa alle loro richieste e invita a proseguire nella lotta per una scuola realmente formativa, in cui le scelte di indirizzo siano determinate dalle capacità e dalle attitudini degli studenti e non dalla condizione economica delle famiglie di provenienza. Una scuola del genere potrà esserci solo in una società in cui il potere sia nelle mani dei lavoratori e non dei grandi monopoli; in cui l’istruzione sia concepita come fattore di inclusione e progresso sociale, e non come strumento di divisione di classe e oppressione; in cui il rapporto tra scuola e lavoro sia visto nell’interesse generale della società e specialmente nell’interesse dello studente, futuro lavoratore e non come strumento per garantire ulteriori margini di profitto al capitale. Per questo invitiamo gli studenti – conclude la nota – a legare le proprie giuste rivendicazioni con quelle dei lavoratori, a lottare fianco a fianco, a partire dal prossimo sciopero generale del 27 ottobre.

Uff. Politico
Partito Comunista

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RIZZO (PC): «ILVA. I COMUNISTI APPOGGIANO LO SCIOPERO AD OLTRANZA».

RIZZO (PC): «ILVA. I COMUNISTI APPOGGIANO LO SCIOPERO AD OLTRANZA».

«Serve il blocco degli stabilimenti» Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista in appoggio alla lotta dei lavoratori. «Purtroppo era facile prevedere l’esito del piano industriale “lacrime e sangue” dei nuovi padroni di Arcellor Mittal tanto quanto del piano ambientale promulgato dal Governo. Siamo di fronte a licenziamenti veri e propri per migliaia di lavoratori nonché ad un disastro ambientale e sanitario di un’intera popolazione a partire da Taranto. Di fronte a tale arroganza, che arriva fino a rimandare l’incontro con le parti sociali, il Partito Comunista appoggia la lotta dei lavoratori e le indicazioni dell’unico sindacato di classe, la FLMUniti CUB, che a Taranto sin dall’inizio aveva respinto qualunque licenziamento, richiesto il fermo degli impianti inquinanti, la bonifica immediata dei siti a fronte di nessuna diminuzione del salario. L’unica modalità per avere un risultato è quello di unire le istanze dei lavoratori con quelle della popolazione. Il Governo ed i sindacati concertativi cercheranno invece di lavorare al ribasso nella difesa di solo qualche posto di lavoro e di qualche mancia da barattare per la resa totale al padronato. L’appoggio dei comunisti   – conclude la nota – va alla lotta che blocca lo stabilimento e istituisce presidi permanenti fino al raggiungimento dell’obiettivo di lavoro e salute per tutti.

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