Il 9 Ottobre 1967 a La Higuera, in Bolivia, muore Ernesto Guevara, dopo essere stato catturato dalle forze speciali statunitensi costituite da agenti della CIA, in appoggio alle forze anti-guerriglia boliviane. Ricordiamo l’uomo che concretizzò la rivoluzione cubana insieme a Fidel Castro e che successivamente si batté per attuare la rivoluzione popolare in altri Paesi come il Congo e la Bolivia. Un esempio per le generazioni che verranno…e un’icona troppo spesso strumentalizzata per svuotarla del suo vero valore, quello di essere COMUNISTA. Onore a colui che visse da guerrigliero, che diventò un eroe, e che morì da RIVOLUZIONARIO. #CheGuevara.


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Il 9 Ottobre 1967 a La Higuera, in Bolivia, muore Ernesto Guevara, dopo essere stato catturato dalle forze speciali statunitensi costituite da agenti della CIA, in appoggio alle forze anti-guerriglia boliviane.
Ricordiamo l’uomo che concretizzò la rivoluzione cubana insieme a Fidel Castro e che successivamente si batté per attuare la rivoluzione popolare in altri Paesi come il Congo e la Bolivia.
Un esempio per le generazioni che verranno…e un’icona troppo spesso strumentalizzata per svuotarla del suo vero valore, quello di essere COMUNISTA.
Onore a colui che visse da guerrigliero, che diventò un eroe, e che morì da RIVOLUZIONARIO.
#CheGuevara.

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GUERRA E BOLLETTE UCCIDONO IL POPOLO ITALIANO Prosegue il percorso di Italia Sovrana e Popolare che rilancia la battalgia e continua a stare tra gente nelle piazze. Ci vediamo a Roma il 15 Ottobre e a Milano il 22 Ottobre.


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GUERRA E BOLLETTE UCCIDONO IL POPOLO ITALIANO
Prosegue il percorso di Italia Sovrana e Popolare che rilancia la battalgia e continua a stare tra gente nelle piazze.
Ci vediamo a Roma il 15 Ottobre e a Milano il 22 Ottobre.

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L’ITALIA TAGLIERÀ LA SPESA PUBBLICA DESTINATA ALLA SANITÀ DI 4 MILIARDI Negli ultimi giormi il governo italiano ha pubblicato una Nota di Aggiornamento al DEF, il documento di economia e finanza, per modificare le previsioni precedentemente elaborate. In particolare ciò che colpisce è la previsione di riduzione della spesa pubblica destinata alla sanità per il triennio 2023-2025 di ben 4 miliardi rispetto a quest’anno. Rispetto alle iniziali previsioni, la Nota di Aggiornamento prevede un aumento della spesa sanitaria complessiva di 736 milioni, portandola quindi a 129,4 miliardi alla fine del 2025.


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L’ITALIA TAGLIERÀ LA SPESA PUBBLICA DESTINATA ALLA SANITÀ DI 4 MILIARDI

Negli ultimi giormi il governo italiano ha pubblicato una Nota di Aggiornamento al DEF, il documento di economia e finanza, per modificare le previsioni precedentemente elaborate.
In particolare ciò che colpisce è la previsione di riduzione della spesa pubblica destinata alla sanità per il triennio 2023-2025 di ben 4 miliardi rispetto a quest’anno.

Rispetto alle iniziali previsioni, la Nota di Aggiornamento prevede un aumento della spesa sanitaria complessiva di 736 milioni, portandola quindi a 129,4 miliardi alla fine del 2025.

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MAXI STANGATA PER GLI ITALIANI +59% LUCE +80% GAS Ancora aumenti di bollette che andranno a gravare sulle già esigue finanze delle famiglie e dei lavoratori italiani. Durante la campagna elettorale tutti i partiti che ci hanno portato a questa catastrofe sociale ed economica si sono riempiti la bocca di come avrebbero affrontato il caro bollette, a meno di una settimana dall’esito delle elezioni, reiniziano gli aumenti. Fino al 80% sarà l’aumento per le bollette del gas e fino al 59% per la luce a partire da ottobre. Aumenti che metteranno in seria crisi la maggioranza della popolazione, con il rischio (grazie anche alle privatizzazioni dei servizi) che in molti non riescano più a pagare e venga interrotto loro il servizio nel periodo più freddo dell’anno. Queste sono i risultati delle politiche portate avanti prima da Draghi e sposate in toto dalla Meloni.


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MAXI STANGATA PER GLI ITALIANI
+59% LUCE
+80% GAS

Ancora aumenti di bollette che andranno a gravare sulle già esigue finanze delle famiglie e dei lavoratori italiani.
Durante la campagna elettorale tutti i partiti che ci hanno portato a questa catastrofe sociale ed economica si sono riempiti la bocca di come avrebbero affrontato il caro bollette, a meno di una settimana dall’esito delle elezioni, reiniziano gli aumenti.

Fino al 80% sarà l’aumento per le bollette del gas e fino al 59% per la luce a partire da ottobre. Aumenti che metteranno in seria crisi la maggioranza della popolazione, con il rischio (grazie anche alle privatizzazioni dei servizi) che in molti non riescano più a pagare e venga interrotto loro il servizio nel periodo più freddo dell’anno.

Queste sono i risultati delle politiche portate avanti prima da Draghi e sposate in toto dalla Meloni.

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ITALIA COME LA GRECIA: IL PROGETTO DI DRAGHI Il progetto portato avanti da Draghi è stato quello di rendere sempre meno influente l’Italia e di farla essere sempre più dipendente dall’Europa L’ex banchiere che è stato chiamato esclusivamente per finire di liquidare l’Italia, tra tutte le scelte sbagliate che ha fatto per peggiorare la vita dei cittadini italiani, ha anche quella di non essere riuscito ad attuare il suo “cavallo di battaglia” il PNRR. L’Italia ha finora ricevuto dalla commissione europea 66,9 miliardi di Euro di fondi del Pnrr. Tolta l’ultima tranche di 21 miliardi appena arrivata Mario Draghi ha avuto da spendere 46 miliardi. Il ministro dell’Economia, Daniele Franco con la Nadef passata ed approvata dal governo sostiene che ne siano stati spesi una minima parte: “Stime recenti indicano che, dei 191,5 miliardi che la Recovery and Resilience Facility europea attribuisce all’Italia, circa 21 miliardi saranno effettivamente spesi entro la fine di quest’anno…”. L’Italia quindi ha preso moltissimi soldi a strozzo dall’UE e ne spenderà una minima parte, questi soldi dovranno poi essere restituiti per intero con gli interessi e a pagare queste scelte disastrose sarà come sempre il popolo e i lavoratori


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ITALIA COME LA GRECIA: IL PROGETTO DI DRAGHI

Il progetto portato avanti da Draghi è stato quello di rendere sempre meno influente l’Italia e di farla essere sempre più dipendente dall’Europa

L’ex banchiere che è stato chiamato esclusivamente per finire di liquidare l’Italia, tra tutte le scelte sbagliate che ha fatto per peggiorare la vita dei cittadini italiani, ha anche quella di non essere riuscito ad attuare il suo “cavallo di battaglia” il PNRR. L’Italia ha finora ricevuto dalla commissione europea 66,9 miliardi di Euro di fondi del Pnrr. Tolta l’ultima tranche di 21 miliardi appena arrivata Mario Draghi ha avuto da spendere 46 miliardi. Il ministro dell’Economia, Daniele Franco con la Nadef passata ed approvata dal governo sostiene che ne siano stati spesi una minima parte: “Stime recenti indicano che, dei 191,5 miliardi che la Recovery and Resilience Facility europea attribuisce all’Italia, circa 21 miliardi saranno effettivamente spesi entro la fine di quest’anno…”.

L’Italia quindi ha preso moltissimi soldi a strozzo dall’UE e ne spenderà una minima parte, questi soldi dovranno poi essere restituiti per intero con gli interessi e a pagare queste scelte disastrose sarà come sempre il popolo e i lavoratori

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ENNESIMA MORTE BIANCA, ENNESIMA STRAGE SILENZIOSA Le morti bianche in Italia sono un fenomeno di cui nessun politico vuol parlarne, ma ogni anno aumentano sensibilmente rispetto all’anno precedente. Nessun governo ha mai voluto affrontare la questione cercando di porre rimedio. Nel 2022 solamente a settembre si potevano contare già 1048 morti per incidenti sul lavoro, una media di 120 decessi al mese, di cui troppo spesso non se ne sente neanche parlare dai media mainstream. L’ennesima vittima sul lavoro si è verificata nelle ultime ore a Firenze, si tratta di un rider di 26 anni, investito mentre effettuava una consegna per Glovo. Morto mentre correva per rispettare i tempi di consegna, morto mentre faceva un lavoro in cui i dipendenti vengono trattati quasi come schiavi. Non è possibile, nel 2022, che avvengano ancora queste tragedie e che nessuno voglia prendere provvedimenti per far si che non avvengano più. Più di 1000 persone che muoiono ogni anni mentre svolgono il loro lavoro sono una vera e propria strage.


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ENNESIMA MORTE BIANCA, ENNESIMA STRAGE SILENZIOSA

Le morti bianche in Italia sono un fenomeno di cui nessun politico vuol parlarne, ma ogni anno aumentano sensibilmente rispetto all’anno precedente. Nessun governo ha mai voluto affrontare la questione cercando di porre rimedio.
Nel 2022 solamente a settembre si potevano contare già 1048 morti per incidenti sul lavoro, una media di 120 decessi al mese, di cui troppo spesso non se ne sente neanche parlare dai media mainstream.

L’ennesima vittima sul lavoro si è verificata nelle ultime ore a Firenze, si tratta di un rider di 26 anni, investito mentre effettuava una consegna per Glovo. Morto mentre correva per rispettare i tempi di consegna, morto mentre faceva un lavoro in cui i dipendenti vengono trattati quasi come schiavi.

Non è possibile, nel 2022, che avvengano ancora queste tragedie e che nessuno voglia prendere provvedimenti per far si che non avvengano più.
Più di 1000 persone che muoiono ogni anni mentre svolgono il loro lavoro sono una vera e propria strage.

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MOSCA 1993 – IL GOLPE DI ELTSIN CHE BOMBARDA IL PARLAMENTO Quel che accadde a Mosca tra il 2 e il 4 ottobre del 1993 è senza dubbio uno degli eventi più tragici e dimenticati della storia contemporanea. In quei giorni le forze armate, su ordine di Boris Eltsin, bombardarono la Duma, ovvero il Parlamento russo, colpevole di essersi opposto alle manovre illegali e incostituzionali del governo da lui presieduto. I parlamentari – interpreti del profondo malcontento popolare nei confronti della situazione in cui versava la Russia post-sovietica – avevano infatti osato opporre resistenza ai piani di scioglimento della Duma decretati da Eltsin. Per tutta risposta, essi vennero dapprima accerchiati dai militari, e infine bombardati da parte di unità dell’esercito a lui fedeli. Scontri violentissimi tra le forze dell’ordine e le oltre 100.000 manifestanti che sostenevano in piazza le ragioni dei deputati “ribelli” fecero centinaia di vittime. Decine di parlamentari persero la vita sotto le bombe. Come Pinochet nel ‘73, una cricca di usurpatori usava la violenza militare per soffocare le legittime pretese democratiche di chi reclamava il ritorno al socialismo. Si trattà di un vero e proprio colpo di Stato, necessario per imporre una controrivoluzione aborrita dal popolo, ma necessaria alla nascente borghesia ladra russa. La dittatura militare, che analisti pigri e disinformati imputano all’URSS, in verità prese corpo dopo la caduta dell’URSS, sulla base economica del capitalismo nascente, e caratterizzò la natura del potere russo degli anni ‘90. GLI EFFETTI DELLA CONTRORIVOLUZIONE Ma come si era potuto arrivare a tal punto? Non ci hanno forse ripetuto fino alla nausea che il popolo russo, liberato dalla tirannide totalitara, viveva l’ebrezza delle libertà capitaliste? La realtà ci dice il contrario. Dall’instaurazione del capitalismo – iniziata ben prima della caduta ufficiale dell’URSS nel ‘91, grazie alle riforme di Gorbatchev – il popolo sovietico aveva visto precipitare vertiginosamente le proprie condizioni di vita. I cittadini vedevano riapparire dei mali sociali che credevano scomparsi per sempre: la miseria, la fame, l’accattonaggio, la violenza urbana, la disoccupazione, la perdita delle coperture sanitarie, della casa e dell’istruzione gratuita. Il degradarsi repentino delle condizioni di vita erano dovute principalmente al collasso economico propiziato dall’introduzione del capitalismo. La catastrofe – così i cittadini russi ancora descrivono quel periodo nero della loro storia -, si generalizzò a tutti gli aspetti della vita sociale, traumatizzando e umiliando una popolazione abituata a ben altro tenore di vita. Per farci una corretta idea dell’entità del disastro – al di là dei luoghi comuni diffusi dalla storiografia occidentale e dal giornalismo superficiale – conviene fare un parallelo con la crisi europea in corso. Il Paese più colpito oggi, come noto, è la Grecia, che in 7 anni ha perso il 25% del proprio PIL; ebbene l’URSS in 3 anni vide evaporare più del 50% della propria economia e dei redditi, grazie all’applicazione delle stesse “riforme” in atto oggi in Europa. L’industria letteralmente scomparve dalla faccia di un Paese che era all’epoca la seconda potenza industriale al mondo. Mentre 250 milioni di persone sprofondavano nella miseria, una ristrettissima cricca di mafiosi – chiamati oligarchi, o più semplicemente uomini d’affari – si impossessava sotto la protezione di Eltsin (l’uomo del FMI e degli USA a Mosca) di tutte le risorse del Paese costituendo ricchezze spropositate che depositavano nelle banche occidentali. Comportandosi come capi mafiosi, circondati da milizie private, essi trasformarono Mosca in un gigantesco terreno di regolamenti di conti tra bande organizzate in difesa degli interessi di tal o tal altro oligarca legato a tal o tal altro ministro. Dunque, alla vigilia del ‘93, le forze di sinistra russe e la stragrande maggioranza della popolazione – letteralmente stremate, avvilite dall’autoritarismo del governo, terrorizzate dalle esecuzioni mafiose, umiliate dalla dissoluzione non richiesta dell’URSS, affamate dalle politiche liberali – ne avevano abbastanza del capitalismo e intendevano mettere fine alle saccheggio impunito del Paese. Il ritorno al socialismo era un’aspirazione legittima e patriottica, rivendicata anche da chi aveva avuto legittime ragioni di malcontento durante i tempi dell’URSS, ma che fu obbligato a ricredersi dopo la dura esperienza della perestrojka. Il governo contro-rivoluzionario non poteva in queste condizioni non sciogliere il Parlamento, e lo fece, reagendo come i governi capitalisti sempre fanno quando si sentono realmente in pericolo: con la violenza di massa, le bombe, l’assassinio e l’autoritarismo militare. Vinsero, decretando così la fine del socialismo e la consolidazione del loro dominio sulla vita sociale post-sovietica. MEMORIA SELETTIVA Di fronte a tutto questo, i media sempre solleciti nel descriverci in lungo e in largo i cosiddetti crimini del comunismo (falsificandoli per lo più), “dimenticano” sistematicamente di celebrare i massacri praticati dai loro padroni, come quello di Mosca del 1993. Due pesi e due misure si applicano da sempre: i crimini capitalisti sono giustificati perché contro il comunismo tutto è lecito, mentre ogni pretesto è buono per accusare i governi comunisti di tutte le malefatte della storia. Grazie a tali metodi mistificatori, un politicante come Eltsin – ubriacone notorio, burattino nelle mani del Dipartimento di Stato USA, bombardatore di parlamenti e affamatore di popoli – è considerato dalle nostre classi dirigenti (e quindi dipinto dai nostri media servili) come padre della democrazia russa. In verità la sua opera si riassume nella svendita del Paese agli appetiti dei capitalisti russi e stranieri, nella distruzione tutto ciò che generazioni di onesti comunisti, tra difficoltà indicibili, successi ed errori, avevano costruito. I media che ad esempio non dimenticano ogni anno di riproporci in pompa magna la ricorrenza delle celebrazioni dei fatti di Tianamen, con le sue ineffabili fotografie strappalacrime, utilizzano in realtà un terrorismo emotivo manipolatore e tendenzioso volto a dipingere i comunisti (cinesi, russi, cubani, venezuelani poco importa, sempre di comunisti si tratta!) come macchiati da una sorta di peccato originale. Curiosamente però, questi stessi media “dimenticano” di celebrare anniversari come quelli di Mosca ‘93, oscurandoli completamente dall’agenda mediatica ufficiale a tal punto da cancellarli dalla memoria collettiva. L’obiettivo dichiarato è uno solo: la criminalizzazione dell’esperienza comunista mondiale, per delegittimare in toto le rivendicazioni operaie passate, presenti e future. Non si tratta qui di categorie scientifiche, storiche o politiche; si scade semplicemente nel più becero fanatismo manicheo e oscurantista. Lo spettatore/consumatore è tenuto a ricordare tramite una pesante campagna mediatica permanente ai limiti del lavaggio del cervello che le “forze del Male” esistono e stanno sempre a sinistra. In questo contesto, Mosca 1993 fa parte della lunga lista di eccidi del capitalismo rimossi e occultati. Quando i fatti sono scomodi, quando non si accordano con la visione del mondo di cui la borghesia è portatrice, semplicemente vengono messi da parte, alla faccia dell’obiettività e del pluralismo, per far posto alle opinioni precostituite, ai pregiudizi e alle menzogne acclarate, alla visione ideologica e interessata, che purtroppo costituisce l’ideologia dominante. La memoria a orologeria – fabbricata dai media e dagli storici borghesi – è una delle armi più subdole ed efficaci di questa ignobile riscrittura anti operaia della storia.


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MOSCA 1993 – IL GOLPE DI ELTSIN CHE BOMBARDA IL PARLAMENTO

Quel che accadde a Mosca tra il 2 e il 4 ottobre del 1993 è senza dubbio uno degli eventi più tragici e dimenticati della storia contemporanea. In quei giorni le forze armate, su ordine di Boris Eltsin, bombardarono la Duma, ovvero il Parlamento russo, colpevole di essersi opposto alle manovre illegali e incostituzionali del governo da lui presieduto. I parlamentari – interpreti del profondo malcontento popolare nei confronti della situazione in cui versava la Russia post-sovietica – avevano infatti osato opporre resistenza ai piani di scioglimento della Duma decretati da Eltsin. Per tutta risposta, essi vennero dapprima accerchiati dai militari, e infine bombardati da parte di unità dell’esercito a lui fedeli.

Scontri violentissimi tra le forze dell’ordine e le oltre 100.000 manifestanti che sostenevano in piazza le ragioni dei deputati “ribelli” fecero centinaia di vittime. Decine di parlamentari persero la vita sotto le bombe. Come Pinochet nel ‘73, una cricca di usurpatori usava la violenza militare per soffocare le legittime pretese democratiche di chi reclamava il ritorno al socialismo. Si trattà di un vero e proprio colpo di Stato, necessario per imporre una controrivoluzione aborrita dal popolo, ma necessaria alla nascente borghesia ladra russa. La dittatura militare, che analisti pigri e disinformati imputano all’URSS, in verità prese corpo dopo la caduta dell’URSS, sulla base economica del capitalismo nascente, e caratterizzò la natura del potere russo degli anni ‘90.

GLI EFFETTI DELLA CONTRORIVOLUZIONE
Ma come si era potuto arrivare a tal punto? Non ci hanno forse ripetuto fino alla nausea che il popolo russo, liberato dalla tirannide totalitara, viveva l’ebrezza delle libertà capitaliste? La realtà ci dice il contrario. Dall’instaurazione del capitalismo – iniziata ben prima della caduta ufficiale dell’URSS nel ‘91, grazie alle riforme di Gorbatchev – il popolo sovietico aveva visto precipitare vertiginosamente le proprie condizioni di vita. I cittadini vedevano riapparire dei mali sociali che credevano scomparsi per sempre: la miseria, la fame, l’accattonaggio, la violenza urbana, la disoccupazione, la perdita delle coperture sanitarie, della casa e dell’istruzione gratuita. Il degradarsi repentino delle condizioni di vita erano dovute principalmente al collasso economico propiziato dall’introduzione del capitalismo. La catastrofe – così i cittadini russi ancora descrivono quel periodo nero della loro storia -, si generalizzò a tutti gli aspetti della vita sociale, traumatizzando e umiliando una popolazione abituata a ben altro tenore di vita.

Per farci una corretta idea dell’entità del disastro – al di là dei luoghi comuni diffusi dalla storiografia occidentale e dal giornalismo superficiale – conviene fare un parallelo con la crisi europea in corso. Il Paese più colpito oggi, come noto, è la Grecia, che in 7 anni ha perso il 25% del proprio PIL; ebbene l’URSS in 3 anni vide evaporare più del 50% della propria economia e dei redditi, grazie all’applicazione delle stesse “riforme” in atto oggi in Europa. L’industria letteralmente scomparve dalla faccia di un Paese che era all’epoca la seconda potenza industriale al mondo. Mentre 250 milioni di persone sprofondavano nella miseria, una ristrettissima cricca di mafiosi – chiamati oligarchi, o più semplicemente uomini d’affari – si impossessava sotto la protezione di Eltsin (l’uomo del FMI e degli USA a Mosca) di tutte le risorse del Paese costituendo ricchezze spropositate che depositavano nelle banche occidentali. Comportandosi come capi mafiosi, circondati da milizie private, essi trasformarono Mosca in un gigantesco terreno di regolamenti di conti tra bande organizzate in difesa degli interessi di tal o tal altro oligarca legato a tal o tal altro ministro.

Dunque, alla vigilia del ‘93, le forze di sinistra russe e la stragrande maggioranza della popolazione – letteralmente stremate, avvilite dall’autoritarismo del governo, terrorizzate dalle esecuzioni mafiose, umiliate dalla dissoluzione non richiesta dell’URSS, affamate dalle politiche liberali – ne avevano abbastanza del capitalismo e intendevano mettere fine alle saccheggio impunito del Paese. Il ritorno al socialismo era un’aspirazione legittima e patriottica, rivendicata anche da chi aveva avuto legittime ragioni di malcontento durante i tempi dell’URSS, ma che fu obbligato a ricredersi dopo la dura esperienza della perestrojka. Il governo contro-rivoluzionario non poteva in queste condizioni non sciogliere il Parlamento, e lo fece, reagendo come i governi capitalisti sempre fanno quando si sentono realmente in pericolo: con la violenza di massa, le bombe, l’assassinio e l’autoritarismo militare. Vinsero, decretando così la fine del socialismo e la consolidazione del loro dominio sulla vita sociale post-sovietica.

MEMORIA SELETTIVA
Di fronte a tutto questo, i media sempre solleciti nel descriverci in lungo e in largo i cosiddetti crimini del comunismo (falsificandoli per lo più), “dimenticano” sistematicamente di celebrare i massacri praticati dai loro padroni, come quello di Mosca del 1993. Due pesi e due misure si applicano da sempre: i crimini capitalisti sono giustificati perché contro il comunismo tutto è lecito, mentre ogni pretesto è buono per accusare i governi comunisti di tutte le malefatte della storia. Grazie a tali metodi mistificatori, un politicante come Eltsin – ubriacone notorio, burattino nelle mani del Dipartimento di Stato USA, bombardatore di parlamenti e affamatore di popoli – è considerato dalle nostre classi dirigenti (e quindi dipinto dai nostri media servili) come padre della democrazia russa. In verità la sua opera si riassume nella svendita del Paese agli appetiti dei capitalisti russi e stranieri, nella distruzione tutto ciò che generazioni di onesti comunisti, tra difficoltà indicibili, successi ed errori, avevano costruito.

I media che ad esempio non dimenticano ogni anno di riproporci in pompa magna la ricorrenza delle celebrazioni dei fatti di Tianamen, con le sue ineffabili fotografie strappalacrime, utilizzano in realtà un terrorismo emotivo manipolatore e tendenzioso volto a dipingere i comunisti (cinesi, russi, cubani, venezuelani poco importa, sempre di comunisti si tratta!) come macchiati da una sorta di peccato originale. Curiosamente però, questi stessi media “dimenticano” di celebrare anniversari come quelli di Mosca ‘93, oscurandoli completamente dall’agenda mediatica ufficiale a tal punto da cancellarli dalla memoria collettiva. L’obiettivo dichiarato è uno solo: la criminalizzazione dell’esperienza comunista mondiale, per delegittimare in toto le rivendicazioni operaie passate, presenti e future. Non si tratta qui di categorie scientifiche, storiche o politiche; si scade semplicemente nel più becero fanatismo manicheo e oscurantista. Lo spettatore/consumatore è tenuto a ricordare tramite una pesante campagna mediatica permanente ai limiti del lavaggio del cervello che le “forze del Male” esistono e stanno sempre a sinistra.

In questo contesto, Mosca 1993 fa parte della lunga lista di eccidi del capitalismo rimossi e occultati. Quando i fatti sono scomodi, quando non si accordano con la visione del mondo di cui la borghesia è portatrice, semplicemente vengono messi da parte, alla faccia dell’obiettività e del pluralismo, per far posto alle opinioni precostituite, ai pregiudizi e alle menzogne acclarate, alla visione ideologica e interessata, che purtroppo costituisce l’ideologia dominante. La memoria a orologeria – fabbricata dai media e dagli storici borghesi – è una delle armi più subdole ed efficaci di questa ignobile riscrittura anti operaia della storia.

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AMARA SORPRESA Molti pensionati (già dipendenti pubblici/privati) visionando il cedolino del mese di ottobre sul portale …


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AMARA SORPRESA

Molti pensionati (già dipendenti pubblici/privati) visionando il cedolino del mese di ottobre sul portale dell’Inps, avranno avuto l’amara sorpresa che la voce inerente la tredicesima mensilità è stata decurtata di 200 euro.

Tutto ciò si è verificato per effetto del piccolissimo incremento pensionistico (30/35 euro lordi) stabilito dal decreto legge n. 115 del 9 agosto 2022, cosiddetto decreto aiuti bis.
In sintesi, questa elemosina elargita dal governo “dei migliori” ha determinato il superamento dello scaglione Irpef, (fino a 28.000 euro con aliquota al 25%) aggangianto di fatto (per pochi spiccioli ) lo scaglione immediatamente superiore (quello appunto che va oltre i 28.000 e arriva fino ai 50.000 euro) tassato con l’aliquota del 35%. Alla “fine della fiera”… ti danno “1” e ti tolgono “10”.

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Che sia la Meloni, che sia Conte, che sia Salvini, Letta o Di Maio la corsa non cambia. Chi si illude del contrario, rimarrà nuovamente deluso …


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Che sia la Meloni, che sia Conte, che sia Salvini, Letta o Di Maio la corsa non cambia.
Chi si illude del contrario, rimarrà nuovamente deluso a breve.

E proprio come i 5 Stelle hanno deluso milioni di Italiani, stessa sorte toccherà ad un personaggio come la Meloni che in politica sta da 24 anni e ha contribuito a rendere il governo Berlusconi ciò che è stato.

Scegliere tra i soliti per il solito futuro, o scegliere per di potenziare sviluppare e costruire giorno dopo giorno un vero partito Anti-Sistema.

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Di misterioso nella vicenda di Nord Stream non c’è proprio nulla. E gli Stati Uniti prendono sempre più il controllo dell’economia europea. (Un articolo di MAURO BOTTARELLI per Il Sussidiario Net) …


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Di misterioso nella vicenda di Nord Stream non c’è proprio nulla. E gli Stati Uniti prendono sempre più il controllo dell’economia europea. (Un articolo di MAURO BOTTARELLI per Il Sussidiario Net). Di misterioso nella vicenda di Nord Stream non c’è proprio nulla. Se non l’inspiegabile volontà di continuare a perseguire una suicida agenda di vassallaggio della politica statunitense. Era il 7 febbraio scorso, a Washington faceva freddo. Dopo settimane di trattative post-elettorali, Olaf Scholz era divenuto cancelliere tedesco e, come da prassi, il primo viaggio diplomatico era l’accreditamento ufficiale alla Casa Bianca. Dopo l’incontro bilaterale con Joe Biden, i due scesero in sala stampa per l’incontro congiunto con i giornalisti. I venti di guerra in Ucraina già spiravano, debitamente alimentati proprio da Oltreoceano. E alla domanda sulle conseguenze di un eventuale attacco russo, Joe Biden rispose – per una volta – senza esitazione o balbettii: Se la Russia invaderà l’Ucraina, abbatteremo Nord Stream e faremo in modo che non esista più. Il volto di Olaf Scholz divenne di pietra. E infatti, il medesimo giornalista fece notare al presidente Usa come la giurisdizione di quella infrastruttura fosse tedesca. Joe Biden non ebbe esitazioni: “Glielo prometto. Saremo in grado di farlo.” Non ci credete? Non credete che sia andata così? Bene, magari il video dell’intero scambio di battute rilanciato dal sito di ABC News può aiutarvi ad aprire finalmente gli occhi. E per completezza di informazione, ecco anche il link all’articolo preparato e postato sempre dalla redazione di ABC News. Come mai la stampa italiana non ha sentito il bisogno di ricordare anche questo piccolissimo, insignificante particolare? Perché il Corriere della Sera e Repubblica ieri sparavano in prima pagina una diretta accusa di sabotaggio verso la Russia? Forse la logica elementare e cristallina del rasoio di Occam vale solo quando c’è da confutare qualche realtà scomoda per il padrone del vapore? A parti invertite, quindi con Vladimir Putin che avesse avanzato una minaccia diretta e in contesto ufficiale di questo tipo verso un’infrastruttura europea di interesse strategico per gli Usa, a che punto saremmo oggi? Non avremmo già le truppe NATO per le vie di Kaliningrad? E se questo ancora non vi basta, ecco un altro straordinario esempio di onestà figlia della prepotenza e dell’intoccabilità. Il tweet è stato pubblicato martedì pomeriggio da un europarlamentare polacco. Il quale non solo nel suo account sfoggia con orgoglio una foto insieme a Joe Biden, ma nel suo curriculum può vantare un’esperienza come ministro della Difesa e vice-ministro degli Esteri polacco. Come potete notare, ringrazia gli Usa per aver fatto saltare Nord Stream. E l’imbarazzo a Varsavia è stato parecchio, poiché il segretario di Stato, Stanisław Żaryn, si è sentito in dovere di degradare al minimo storico la propria dignità istituzionale, dissimulando un’accusa di propaganda filo-russa verso il connazionale pur di tamponare il danno! Ora, al netto di tutto, sapete cosa significa quanto è accaduto? Tre cose. Primo, gli Usa – alleato Nato – quasi certamente in nome della dottrina Roosevelt (per referenze chiedere ai colombiani quale prezzo fu loro imposto per la costruzione del canale di Panama) hanno compiuto un atto di sabotaggio militare verso nazioni loro partner. Certo, qualche genio uscito dalla fucina neocon e capitato per sbaglio in una redazione sul lungotevere romano vi dirà che è stata un’operazione a fin di bene, una false flag (termine sdoganato anche dal Corriere, quindi non più complottista) per mettere il regime di Vladimir Putin all’angolo. Non a caso, a Bruxelles si parla già di nuove sanzioni come risposta al sabotaggio. Se l’Ue tentenna, ci pensa il pragmatismo di Washington a smuovere le acque. Prima del mid-term. Insomma, libertà e democrazia sono machiavelliche per antonomasia: tutto giustificato, il fine necessita spesso mezzi sporchi per essere raggiunto, quando si ha a che fare con i dittatori. Secondo, se anche un domani Europa e Russia avessero ritrovato la via del dialogo e della normalizzazione dei rapporti – storicamente solidissimi e culturalmente molto più profondi di quelli che abbiamo con i cowboys e i loro discendenti -, la dipendenza europea da Gazprom è stroncata. O comunque danneggiata in maniera irreparabile. Di fatto, ora sarà Washington a venderci il proprio costosissimo LNG, il quale arriva con lunghi tragitti via mare e va rigassificato. Un business colossale. E una miniera d’oro per chi, grazie al conflitto in Ucraina, già oggi vanta un prezzo del gas che è 9 volte inferiore a quello europeo. Dumping industriale all’ennesima potenza. E ora anche controllo della produttività e dell’indipendenza energetica europea, quindi – se per caso incidenti come quello all’hub della Freeport in Texas diventassero ciclici – il potere di bloccare il secondo sistema economico globale quasi a proprio piacimento e comodo.

Terzo, pensate che la Russia starà ferma ancora per molto a osservare e subire? Già circola voce di un taglio a zero dei flussi di Gazprom all’Ucraina. Quindi, gelo, black-out e fine delle commissioni di transito, le quali non hanno mai fatto schifo a Zelensky e ai suoi partigiani, nonostante provenissero dall’invasore. E chi rischia, stante la scelta coraggiosa dell’America di mettere un oceano fra sé e la sua ennesima destabilizzazione? Qui però non si parla più di primavere arabe, paradossalmente nemmeno dei tagliagole prezzolati dell’Isis. Qui si gioca con il nucleare e le armi atomiche. Alle porte d’Europa. Anzi, già oggi nel mare d’Europa.
Mosca tace perché attendeva i risultati del referendum. Ora li ha ottenuti e presentati al mondo: le quattro regioni russofone hanno scelto il ritorno alla madrepatria. L’Onu ovviamente ha già definito non valido l’intero processo di voto, ma il Palazzo di Vetro conta zero. Se non arrivasse la condanna e il non riconoscimento ufficiale della Cina, Mosca avrà mano libera. E al primo missile o bomba o anche solo proiettile su quei territori potrebbe reagire in base alla dottrina di tutela della sicurezza nazionale. La quale comprende l’opzione nucleare.
Insomma, non so se vi è chiaro ma dall’altro giorno gli Stati Uniti ci hanno spinto notevolmente più vicino all’ipotesi di guerra con la Russia. Davvero potete pensare che Vladimir Putin sia così idiota da sabotare un’infrastruttura fondamentale e costosa per la sua gallina dalle uova d’oro energetica come Nord Stream? E per cosa? Forse in nome della paradossale logica del marito che si taglia gli attribuiti, pur di fare un dispetto alla moglie? Certe idiozie autolesioniste sono appannaggio europeo, suvvia.
Insomma, mettiamola giù piatta, visto che ormai il piano inclinato verso il punto di non ritorno è stato attivato: dopo quanto accaduto, qualunque politico sia ancora favorevole all’invio di un solo centesimo o un solo proiettile all’Ucraina e all’imposizione di nuove sanzioni contro la Russia è, di fatto, colpevole di alto tradimento. Verso l’Europa, la stessa con cui si riempie la bocca. La stessa strapiena di quinte colonne degli interessi statunitensi a cui, prima o poi, occorrerà chiedere conto. Speriamo non con il profilo di un fungo di fumo sullo sfondo. Signori, in quanto accaduto di misterioso non c’è proprio nulla.

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