8 MARZO DI LOTTA

8 MARZO DI LOTTA

Ciò   che   sta   avvenendo oggi a danno delle donne, dallo sfruttamento ai licenziamenti, dai femminicidi ai maltrattamenti, è il segno chiaro dei tempi di una crisi sociale ed economica, dove tutto ciò che era stato conquistato prima, con decenni di lotta e di rivendicazione di classe, sempre più velocemente scivola via. Senza freni si arriva alla costruzione di un contesto sociale dove arretramento ed imbarbarimento dei rapporti umani, in generale e anche dentro le classi popolari sono sempre peggiori, improntati alla violenza ed alla prevaricazione e dove permangono concezioni patriarcali organiche ad una società improntata ai valori fondanti del capitalismo, quelli dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’accaparramento del profitto in capo a pochi individui.

Con la concentrazione in poche mani della ricchezza economica e finanziaria e l’aumento esponenziale della proletarizzazione del ceto medio, di concerto si immiserisce la qualità della vita di classi sociali che oggi non hanno nemmeno la consapevolezza di essere sfruttate, e all’ interno delle quali la condizione di vita delle donne proletarie peggiora ulteriormente. Non solo le donne sono private del lavoro per prime, sono sottopagate a parità di impiego, sono costrette a svolgere gratuitamente pesanti lavori in supplenza di servizi sociali divenuti inaccessibili, ma, all’ interno della famiglia e in un contesto sociale di classe senza coscienza, subiscono violenza, maltrattamento, isolamento e deprivazioni che, per le donne proletarie, sembrano diventate una condanna senza appello.

L’attuale debolezza del movimento operaio esige uno sforzo enorme per la ricomposizione di classe il rilancio delle lotte proletarie. Il partito, sul piano politico e il sindacato di classe, sul piano economico, devono essere in grado di tradurre l’elaborazione teorica, per altro valida ed avanzata, in concrete proposte di lotta e obiettivi tattici per ristabilire quei diritti e quelle conquiste di cui i lavoratori sono stati privati negli ultimi decenni.

In un mondo, dove è sancita per legge la parità di genere, sono stati introdotti istituti civili avanzati e paritari, sono stati  previsti servizi per la tutela delle donne, delle madri e della famiglia ed è stato cambiato persino il lessico, assistiamo al (finto) paradosso di donne che muoiono di fatica, lavorando in campagna fino allo sfinimento per 3 € all’ora, o di altre donne che non possono abortire presso le strutture pubbliche, occupate da medici obiettori per convenienza  (se il primario è obiettore), che non cercano più lavoro perché si sono stancate di incassare rifiuti, che non accedono alla scuola perché non se la possono permettere, che subiscono condizioni di convivenza violente perché non sanno dove andare e soprattutto di avere diritti. Le risposte che dà l’attuale sistema sociale, in tal senso, sono palliativi, specchietti per le allodole, documenti infarciti di pseudo-teorie di genere che hanno addirittura distorto il contenuto vero delle lotte di genere e di classe contro padroni e patriarcato per trasformarle in kermesse mediatiche, appaltate a chi ha derubato la classe persino delle parole d’ordine, appropriandosene e stravolgendole.

I partiti della sinistra borghese e i sindacati collaborazionisti utilizzano la differenza di genere per offuscare la coscienza della differenza di classe. La condizione delle donne proletarie non è certo uguale a quella delle donne borghesi.  La donna che cerca un lavoro e non lo trova, che viene licenziata o brutalmente sfruttata sul lavoro, che vive senza sostegno la maternità, la malattia e la vecchiaia, che subisce violenza, che viene espulsa dal ciclo formativo, ha interessi in totale contrasto  con  quelli  delle donne della classe dominante. Non c’è affinità, né vi può essere comunanza di problematiche e solidarietà, tra queste e le donne proletarie, tra chi esercita   l’oppressione   di   classe   e   chi   la   subisce.   L’oppressione   di   genere   è   conseguenza dell’oppressione di classe, di una divisione del lavoro ad essa funzionale. Pertanto, l’emancipazione femminile non può essere raggiunta che attraverso la più generale emancipazione del lavoro.

I partiti borghesi e i sindacati collaborazionisti pongono, invece, l’accento sulla violenza “fisica” sulle donne per nascondere la generalizzata violenza che la produzione e le società capitalistiche sistematicamente esercitano su di esse. La violenza sulle donne è uno dei sintomi della decadenza del capitalismo anche sul piano della civiltà, origina dal suo degrado sociale, morale e culturale. Il diritto al lavoro, ad una retribuzione e a una pensione dignitose, alla salute e alla maternità assistita, all’istruzione, oggi negato, deve tornare ad essere al centro delle lotte delle donne, come parte della più generale lotta di classe e nella consapevolezza che la liberazione della condizione femminile passa   necessariamente   attraverso   la   liberazione   dell’intera   società   dallo   sfruttamento,   che   la violenza,  fisica  e  sociale,  sulle  donne  può cessare  solo  con  un  “cambio  di  civiltà”,  cioè  con l’abbattimento del capitalismo e l’affermazione del socialismo-comunismo. Questa verità è confermata dalla storia. Cento anni fa, la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre per la prima volta realizzava pienamente l’uguaglianza di diritti, ruoli e responsabilità della donna nella società, nel rispetto e nella valorizzazione della differenza di genere.L’8   Marzo  non   deve   essere,   quindi,   una   semplice   ricorrenza,   ma   una   giornata   di   impegno   e mobilitazione che segni l’inizio della ripresa delle lotte per la riconquista dei diritti delle donne e degli uomini del lavoro e per un mondo libero dallo sfruttamento. E’ con questo spirito, con questo appello alla mobilitazione per i nostri obiettivi comuni, che salutiamo le lavoratrici d’Europa e del mondo.

Il documento è stato redatto dalla compagna Monica Perugini e dalla compagna Federica Savino (resp donne FGC) dalle compagne della Commissione Donne del Partito, è stato assunto per la discussione nell’Iniziativa dei Partiti Comunisti e operai d’Europa

Condividi !

Shares
REFERENDUM. RIZZO (PC):«RENZI PERDE. TERRORISMO DI UE E FINANZA NON PASSA»

REFERENDUM. RIZZO (PC):«RENZI PERDE. TERRORISMO DI UE E FINANZA NON PASSA»

Dichiarazione di Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista. «Nonostante il terrorismo delle istituzioni europee e della grande finanza il popolo italiano ha detto no ad una riforma voluta da UE e padroni. Un buon segnale, ora serve una lotta vera contro l’Unione Europea, la NATO e la globalizzazione politica per cambiare davvero. Meno conta questa politica asservita piu’ diventa rissosa. I poteri veri temono solo il ribaltamento dei rapporti di forza tra proletariato e élite capitalistiche.».

Condividi !

Shares
26 novembre: la violenza sulle donne è sempre quella borghese contro le classi popolari

26 novembre: la violenza sulle donne è sempre quella borghese contro le classi popolari

Nell’attuale sistema sociale, la condizione delle donne sta divenendo sempre più precaria e, per una fascia sempre più vasta, scivola verso la proletarizzazione.  Proprio come sta avvenendo per gli ampi  strati  di lavoratori che sino a pochi anni orsono vivevano condizioni relativamente stabili, saldamente ancorate ai principi ed ai valori dello stato capitalista e del consumismo ad ogni costo.

La vita di queste donne, in ogni parte del pianeta, può dirsi ancora più contrassegnata dall’ oppressione e dallo sfruttamento;   le loro istanze, poi, non sono e non possono, essere rappresentate dal così detto movimento femminista istituzionale, democratico e medio/piccolo borghese, tanto meno dai sindacati, a partire da quelli confederali consociativi fino a quelli di base. Ed è questa è la prima violenza che le donne proletarie, lavoratrici, disoccupate, precarie, subiscono e che, conseguentemente, le espone all’ulteriore violenza che la società retta dai principi capitalistici dello sfruttamento, riserva loro, considerandole vera e propria merce  di scambio, buona per ritrarre profitto in tutti i modi, compreso quello di riperpetuare la concezione della subordinazione, della diseguaglianza  e dell’inferiorità.

Le donne lavoratrici, precarie, disoccupate, braccianti immigrate delle cooperative agricole e delle pulizie, le donne “più grandi” espulse come roba vecchia dal mondo del lavoro, le giovani proletarie che mai vi faranno ingresso  non possono, né devono delegare la loro rappresentanza alle forme  sindacali ed associative tradizionali, troppo spesso comunemente ritenute (ma a torto) strumento di dissenso e contestazione al sistema.

Così come la lotta del movimento popolare anche quella delle donne, gli  interessi e le specificità devono  trovare forme di contrapposizione ed antagonismo organizzato e consapevole ad un circo mediatico organizzato anche attorno al 25 novembre.

Tutto ciò avvalora la posizione delle donne comuniste sul tema della violenza di classe, oggi resa ancor più cruenta dalla manipolazione e dalla organizzazione,  oltre che del consenso e dell’accettazione sotto ricatto dei dettami capitalistici, pure dal dissenso che non porta a conquiste  né a vittorie di classe. Come da tanto tempo ormai è avvenuto per l’8 marzo, oggi anche la giornata del 25 novembre sta ripiegando su tale falsariga, resa stilema consolidato, fatto di propaganda mediatica, preordinata da quegli stessi poteri e dalle sue centrali operative (sindacati, associazioni di donne, gruppi di opinione…) che hanno contribuito nei fatti, a ricacciare le donne nella zona d’ombra dello sfruttamento violento.

Diviene quindi di fondamentale importanza che la lotta delle donne possa riprendere per dar voce alle rivendicazioni di classe che fanno la differenza rispetto alla propaganda demagogica orchestrata dal sistema e dalle sue formazioni collaterali e si unisca a quella del movimento operaio e popolare non ancora ridotto al silenzio.

Come possono CGIL e sindacati confederali ma pure quelli di base che hanno abbracciato strette  le politiche concertative, resuscitare,  in occasione del 25 novembre, parole di sdegno contro la violenza sulle donne, quando hanno firmato ogni nefandezza imposta da governo e padronato, per espellere i proletari  e primi fra tutti le donne, dal mondo del lavoro, confinandoli in una condizione sociale che li rende preda privilegiata della violenza  perpetrata attraverso la deprivazione dal lavoro e dal reddito e di tutte le difficoltà che ne conseguono e che spingono alla emarginazione sociale.

Il 25 novembre, nella giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, le donne comuniste lanciano la parola d’ordine della necessità di un cambiamento delle parole d’ordine delle lotte, lavorando per collegare ed unire le lotte delle donne proletarie in atto nel nostro paese ma ancora frammentate e non ancora supportate da una coscienza di classe e di genere (di classe) che potrà fare la differenza.

Le donne comuniste, dunque,  non si limiteranno a partecipare alla manifestazione nazionale del 26: vi porteranno le proprie parole d’ordine, ricordando che la violenza sofferta dalle donne, oggi più che mai, è quella operata dal sistema capitalista. Questo sistema non è si può riformare, abbellire, rendere “più umano”, la crisi in atto conferma che ciò non è possibile.  Questo sistema sociale va cambiato radicalmente, lavorando per una società socialista / comunista dove lo sfruttamento dell’uomo e della donna su altri uomini e donne, non sarà più possibile.  Tale lavoro parte dalle lotte presenti, per organizzarle in lotta di classe, rafforzata dalla concezione che non si tratta  semplicemente di una questione di genere erroneamente comune a tutte le donne.

Non lottiamo per tutte le donne: le donne delle classi abbienti non sono sopraffatte dalla violenza quotidiana rappresentata dalla mancanza di lavoro e dalla marginalità, dalla sopraffazione derivante dal dover vivere in un ambiente sociale degradato, privo di servizi sociali, di tutela e di diritti esigibili, dove i valori del rispetto e dell’autodeterminazione hanno perso qualsiasi spazio concreto e retaggio culturale e dove la mancanza dei diritti sociali rende impossibile anche solo prefigurare l’esistenza di quelli civili.  Le donne comuniste lottano con le donne delle fasce deboli e sfruttate della società, per quelle a cui gli attuali potentati economici e finanziari che guidano i governi dei paesi occidentali, dettandone  le regole,  hanno tolto qualsiasi prospettiva futura e a cui le mediazioni riformiste condite dalla propaganda mediatica organizzata dai soliti padroni del vapore e dalle loro reti di divulgazione di massa, stanno  scippando anche la dignità.

 25 novembre : la violenza contro le donne è sempre quella borghese contro le classi popolari. Alla manifestazione nazionale del 26 con le nostre parole d’ordine!

Monica Perugini ( Responsabile nazionale donne del Partito Comunista)

Condividi !

Shares
Solidarietà al compagno Kovacic

Solidarietà al compagno Kovacic

Ieri il nostro Compagno Renato Kovacic e’ stato arrestato e denunciato ad Alessandria mentre si stava incatenando contro la visita di Renzi. L’accusa e’ quella di porto di “armi improprie”, quelle stesse catene che lui, malato di tumore e licenziato per questa malattia, ha “usato” in passato per la lotta dei diritti negati, dalla salute al job-act. La nostra solidarieta’ nei confronti del Compagno Kovacic e’ totale. Saremo al suo fianco in ogni momento nella lotta per spezzare le catene del popolo lavoratore

Condividi !

Shares
RIZZO: AUTUNNO CALDO E LOTTE DEI LAVORATORI

RIZZO: AUTUNNO CALDO E LOTTE DEI LAVORATORI

Dichiarazione del Segretario del Partito Comunista Marco Rizzo.

«Negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso il 25% della produzione industriale, ha un tasso di disoccupazione stabilmente al di sopra dell’11%, un enorme trasferimento di ricchezza dalle classi popolari alla finanza e alla grande produzione. L’Italia è la seconda potenza industriale d’Europa, è un paese imperialista. Il capitale monopolistico italiano controlla alcuni settori con posizioni dominanti a livello internazionale (Fiat -Chrysler, Luxottica, Finmeccanica, Fincantieri, ENI, Trenitalia), per non parlare degli istituti bancari (Intesa San Paolo e Unicredit) o assicurativi. Migliaia di lavoratori vengono espulsi dal processo produttivo, aumentando la disoccupazione e incrementando lo sfruttamento dei lavoratori che restano.

Il Jobs Act altro non è che la risposta alle pressanti richieste dei settori padronali, per garantire margini di profitto e precipitando la classe operaia e le masse popolari in una condizione peggiore, aumentano la disoccupazione, la competizione tra lavoratori, l’impoverimento generalizzato delle masse popolari. La ‘riforma’ Fornero ha lasciato all’Italia il peggior sistema pensionistico d’Europa con un aumento generalizzato dell’età pensionabile e una riduzione delle pensioni.

Al capitale serve rafforzare l’efficienza della macchina dello Stato, aumentando il ruolo e i poteri degli organi esecutivi. In questo senso va il tentativo di cambio Costituzionale attuato dal governo Renzi e del Partito Democratico che rappresenta oggi il partito più conseguentemente legato al grande capitale monopolistico.

L’azione del Partito Comunista è diretta a influenzare il superamento dei limiti della condizione sindacale attuale, nella direzione strategica della costruzione del sindacato di classe, che coerentemente difenda gli interessi dei lavoratori senza cedere a compromessi al ribasso, rifiutando gli accordi capestro di questi anni, che organizzi i lavoratori su una piattaforma generale di classe non limitata a vincoli di categoria, che si ponga l’obiettivo dell’avanzamento della coscienza della classe operaia, che ne organizzi le lotte non limitandosi alle singole vertenze di luogo di lavoro, ma aumentando la solidarietà e sviluppando la mobilitazione comune delle masse lavoratrici. Questo processo complesso si pone a partire dalle lotte reali e non può essere proclamato per decreto, ma deve trarre linfa dalla lotta reale dei lavoratori. La prospettiva della costruzione del sindacato di classe dovrà’ rompere i meccanismi di compatibilità dell’attività sindacale con le politiche padronali e gli ultimi accordi, in particolare quelli del 10 gennaio nei settori privati e del 4 aprile nel pubblico, che puntano a stringere l’azione sindacale in anguste vie chiuse, privandola di qualsiasi possibilità di incisività.

La lotta sindacale è importante ma vogliamo riaffermare la necessità storica del Partito Comunista come soggetto politico dell’emancipazione della classe operaia, come unico strumento in grado di guidare il proletariato alla conquista del potere, capace di dare alla classe operaia una piena coscienza e prospettiva rivoluzionaria a partire da un nuovo autunno caldo.»

Condividi !

Shares
La solidarietà del PC alle vittime del terremoto

La solidarietà del PC alle vittime del terremoto

Il Partito Comunista esprime il cordoglio e la vicinanza alle famiglie delle vittime e alla popolazione colpita dal grave terremoto che ha scosso il Lazio, le Marche e l’Umbria. Un ennesimo evento sismico che colpisce a distanza di pochi anni da quello dell’Aquila e dal terremoto dell’Emilia Romagna, che dimostra come la questione della messa in sicurezza del patrimonio edilizio italiano sia questione prioritaria come più volte denunciato dai comunisti.

 14063851_2225891114216523_7766767305481563021_n 14079973_1053202641430310_94493003655526708_n 14100433_607175419443455_7020619337302784339_n

La solidarietà attiva del PC è partita nelle primissime ore successive al terremoto. Vogliamo ringraziare in questa sede i nostri militanti attivi nei settori della protezione civile e delle strutture collaterali che sono da più di un giorno sul campo, salvando vite e prestando i primi soccorsi alla popolazione. Ringraziamo anche i tantissimi cittadini italiani che hanno risposto all’appello del PC e del FGC per la raccolta di beni di prima necessità che sono stati inviati nelle zone terremotate, grazie in particolare all’impegno della gioventù, e che continueranno ad essere inviati nei prossimi giorni.

14045827_2226103814195253_1028797088522408138_n  14021483_2226103820861919_2053004204691821931_n 14100400_1216516218401168_8188975403577467220_n

Da molti partiti fratelli sono giunti messaggi di vicinanza al popolo italiano e al partito. Ringraziamo sentitamente per questa prova di vicinanza e internazionalismo.

14051836_1216515255067931_9045252342829146432_n14079945_1216515148401275_5363671047728637794_n

Condividi !

Shares
Non errori umani, ma politiche di governo.

Non errori umani, ma politiche di governo.

Il Partito Comunista invia la propria solidarietà alle vittime e ai parenti delle vittime coinvolte nell’incidente ferroviario in Puglia. Ancora una volta si dimostra la necessità di interventi immediati per la messa in sicurezza e la modernizzazione della rete ferroviaria italiana, per troppi anni dimenticata a favore degli investimenti sulle reti autostradali ed il trasporto su gomma, o per le grandi opere. Una tragedia che colpisce ancora una volta studenti e lavoratori, pendolari che affrontano ogni giorno viaggi su treni inadeguati, sovraffollati, dalla frequenza sempre minore a causa dei tagli.

L’ammodernamento della rete ferroviaria italiana, quella che interessa ogni giorno milioni di pendolari nel nostro paese, è una priorità nazionale. Invece il governo continua sulla linea dei precedenti esecutivi, di costruzione di nuove, spesso inutili autostrade, di opere come la TAV che servono solo agli appalti gonfiati, ai profitti delle grandi aziende costruttrici a finanziare le organizzazioni mafiose. Quello che accade non è una casualità. E’ il frutto di anni di tagli alla sicurezza di utenti e lavoratori, peggioramento delle condizioni lavorative, innalzamento dell’età lavorativa dei ferrovieri, privatizzazione e carenza infrastrutturale con una netta separazione tra trasporto per ricchi, d’elité e il trasporto popolare (lavoratori e studenti pendolari), in particolare nel mezzogiorno e nelle zone periferiche. E’ frutto della privatizzazione del trasporto pubblico, gestito ormai da società private, che incide negativamente sulle condizioni dei lavoratori e dei passeggeri. Tutto questo si traduce nella condanna quotidiana per milioni di lavoratori e studenti, costretti a spostarsi su carri bestiame e su reti ferroviarie che viaggiano addirittura ancora su solo binario.

Il Partito Comunista condanna inoltre il ricorso ai privati nelle esternalizzazioni di servizi e attività connesse con il trasporto, la manutenzione e il controllo della rete ferroviaria. Esigiamo una rete ferroviaria pubblica, sicura, al servizio dei lavoratori, affinché casi come questo non si ripetano.

MANIFESTO TRENO

Condividi !

Shares