+++ L’UNIONE EUROPEA PER LA MESSA AL BANDO DEI SIMBOLI COMUNISTI+++

+++ L’UNIONE EUROPEA PER LA MESSA AL BANDO DEI SIMBOLI COMUNISTI+++

Il Partito Comunista denuncia il nuovo tentativo dell’Unione Europea di messa al bando dei simboli comunisti. Domani, 19 settembre, in Parlamento Europeo sarà discussa e approvata una risoluzione di condanna del comunismo che prevede la totale equiparazione al nazi-fascismo e la richiesta agli Stati membri di limitare l’utilizzo dei simboli comunisti nei luoghi pubblici, e rimuovere le intitolazioni a strade, parchi e località.

Una distorsione della verità storica, sostituita con falsità e menzogne, professata con spudorata ipocrisia dai promotori che, criminalizzando l’URSS e l’Armata Rossa, omettono in modo ipocrita il fatto che questo paese ha pagato il più alto tributo di sangue alla sconfitta del nazifascismo, insieme con i movimenti partigiani di tutto il continente, guidati e composti in maggioranza proprio dalle forze comuniste. Nessun cenno invece alle profonde corresponsabilità delle “democrazie liberali” nell’affermazione del fascismo, dell’aperto sostegno in chiave anticomunista che allora ricevettero i movimenti nazi-fascisti, ai numerosi accordi e patti tra i paesi occidentali e la Germania nazista, anche a danno della sovranità di stati oggi membri della UE. Nessun riferimento allo spudorato utilizzo di personalità apertamente legate ai regimi nazi-fascisti in chiave anticomunista da parte degli apparati politici e militati all’indomani della fine della guerra.

Le risoluzioni anticomuniste della UE sono già state utilizzate per mettere fuori legge i Partiti Comunisti in molti paesi dell’est europeo, e ben presto potrebbero essere utilizzate in tutti i paesi dell’Unione per limitare la libertà democratica di azione delle forze comuniste e anticapitaliste, gli spazi per la propaganda e la diffusione delle nostre idee su piattaforme pubbliche e private.
In un momento di profonda crisi economica, con l’acuirsi dell’attacco ai diritti e alle condizioni di vita dei lavoratori e delle classi popolari, l’anticomunismo di Bruxelles risponde alla strategia delle classi dominanti, di indebolire ogni capacità di resistenza e riorganizzazione della lotta di classe.

Combatteremo questa ennesima provocazione in ogni luogo di lavoro e specialmente tra le nuove generazioni, verso le quali la propaganda anticomunista mira a criminalizzare la più grande esperienza di liberazione dei popoli del mondo. Il capitalismo non è e non sarà mai l’unico orizzonte possibile di costruzione della società umana.

Ci associamo e sosteniamo i deputati comunisti che domani a Bruxelles si opporranno a questo scempio e inviamo la nostra solidarietà a tutti i compagni che nei paesi dell’est Europa lottano in condizioni di illegalità a causa delle misure liberticide dell’Unione Europea e dei loro Paesi.

Il voto favorevole del gruppo dei socialisti e democratici, tra i cui banchi siedono anche i deputati del PD, dimostrerà ancora una volta agli occhi di tutti la reale natura di questo partito che mentre tenta di recuperare per fini elettorali il legame con la propria storia pregressa, vota in Europa le peggiori leggi anticomuniste proposte dai settori più retrivi e reazionari delle forze politiche europee. L’ennesima prova del reale carattere del PD e dell’irreversibilità totale della scelta di campo operata a partire dalla Bolognina e che la distinzione con le forze della destra reazionaria è solo una mera questione di formalismo e non di sostanza.

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RIZZO (PC): «CHI DELOCALIZZA VA ESPROPRIATO. GIUSTO STRISCIONE ALLA DM ELEKTRON»

RIZZO (PC): «CHI DELOCALIZZA VA ESPROPRIATO. GIUSTO STRISCIONE ALLA DM ELEKTRON»

«Chi delocalizza le aziende andrebbe espropriato, le fabbriche devono essere di chi lavora. Io sto con i compagni del Partito Comunista del Friuli che hanno esposto lo striscione fuori dai cancelli della Dm Elektron, attirando gli attacchi della Confindustria e la presa di distanza isterica di qualche sindacalista. I comunisti dicono le cose come stanno».

Così Marco Rizzo segretario generale del Partito Comunista in relazione alla vicenda dello striscione affido ai cancelli della Dm Elektron di Buja (UD).

«Il Partito Comunista ha da tempo denunciato la volontà da parte dell’azienda di chiudere e delocalizzare la produzione all’estero. Nel dicembre scorso con un sit-in gli operai avevano cercato di fermare lo spostamento dei macchinari delle linee produttive. Noi stiamo dalla loro parte. Basta imprenditori che prendono finanziamenti e ricorrono al sostegno pubblico per poi delocalizzare. Alla Confinsurtia e alla stampa che accusa i comunisti di avere un linguaggio da “anni di piombo” rispondo che quel periodo non c’entra nulla. Nello striscione è contenuto un messaggio politico chiaro: i lavoratori possono e devono fare a meno dei padroni, perché solo con il potere nelle mani dei lavoratori si potrà evitare la disoccupazione, le delocalizzazione, i ricatti sulla pelle dei lavoratori. Fa pena – conclude la nota – qualche sindacalista che al posto di fare realmente gli interessi dei lavoratori invitando alla lotta ancora una volta punta a spegnere qualsiasi mobilitazione, condannando i lavoratori alla sconfitta».

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23 marzo. Progresso significa costruire un mondo per i lavoratori non per il capitale.

23 marzo. Progresso significa costruire un mondo per i lavoratori non per il capitale.

 

Il 23 marzo scenderanno in piazza a Roma i movimenti di lotta contro le grandi opere inutili e per la lotta ai cambiamenti climatici. Il Partito Comunista e il Fronte della Gioventù Comunista saranno in piazza sostenendo queste giuste battaglie. In particolare riteniamo fondamentale in questo momento storico legare le giuste rivendicazioni ambientali a una prospettiva generale di cambiamento del modello di sistema e evidenziare allo stesso tempo il totale cedimento da parte del Movimento Cinque Stelle alle pressioni dei grandi gruppi capitalistici e la rinuncia ai punti più avanzati e di rottura del proprio programma elettorale.

La questione ambientale paradigma dell’insostenibilità del modello capitalistico.

Il capitalismo è un modello insostenibile per il futuro dell’umanità. Non è insostenibile assicurare a tutti una vita dignitosa, i beni e le esigenze essenziali per tutti. È invece insostenibile continuare a promuovere uno sviluppo e un consumo che è finalizzato esclusivamente alla riproduzione del capitale e alla concentrazione dei profitti nelle mani di pochi grandi monopoli finanziari, che allo stesso tempo impedisce alla stragrande maggioranza delle persone di poter avere una vita dignitosa e accesso ai beni essenziali.

In nome di questo interesse i consumi sono stati dirottati sui prodotti più profittevoli, ma non sempre – anzi quasi mai – più necessari; la produzione è orientata in relazione alla capacità di massimizzazione del profitto e non in relazione alle esigenze dei lavoratori e della salvaguardia ambientale. Questi paradigmi sono propri del sistema capitalistico stesso e non sono ascrivibili unicamente all’ingordigia o alla brama di profitti dei singoli capitalisti, è il sistema stesso ad essere malato e ad imporre, pena l’estromissione mercato, di sottomettere la tutela ambientale alle ragioni della concorrenza.

La tendenza generale all’aumento della produzione di merci, alla competizione al ribasso sui prezzi, come strumento per la conquista dei mercati, si pone in conflitto insanabile con la natura finita delle risorse del pianeta e con l’incremento dei costi sociali e ambientali che vengono scaricati sulla collettività per consentire il mantenimento dei margini di profitto privati. Spesso ignoriamo che la massiccia delocalizzazione produttiva verso paesi in via di sviluppo ha diminuito i costi delle merci non solo in ragione di condizioni salariali più basse per i lavoratori locali, ma anche per la possibilità di eliminare i costi di produzione legati alle limitazioni di inquinamento e agli standard minimi di sostenibilità che venivano richiesti nei pasi in cui la sensibilità ambientale cominciava già a crescere e svilupparsi a livello di massa. Ovunque le ricadute ambientali sono costi scaricati sulla collettività da parte delle imprese private, direttamente monetizzate dai capitalisti. In poche parole, il capitale ha subordinato tutto all’accrescimento dei propri profitti, anche a costo di distruggere l’ecosistema e mettere a rischio la sopravvivenza stessa di milioni di persone.

È ormai evidenza scientifica che i cambiamenti climatici siano un prodotto diretto dell’azione dell’uomo, intendendo con questa espressione il modello di utilizzo indiscriminato delle risorse che trae inizio proprio con l’affermazione al potere della borghesia e il suo consolidamento.

Ciò comporta sfide nuove: mutamento dei cicli climatici con conseguente distruzione delle produzioni agricole, siccità e desertificazione, fenomeni atmosferici di portata sempre più eccezionale, innalzamento dei mari e distruzione di habitat, oltre che conseguenze più profonde e ancora da analizzare. Ciò mette in atto processi epocali, come le migrazioni verso i paesi più sviluppati, innesca conflitti locali e guerre per il controllo delle risorse sempre più scarse.

Il capitale ha posto al suo servizio la scienza e la tecnica, impedendo lo sviluppo di tecnologie più sostenibili ove queste si pongano in conflitto con i profitti privati. L’enorme progresso scientifico della nostra epoca potrebbe essere indirizzato verso le reali sfide dell’umanità, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita di milioni di persone e la sostenibilità della nostra esistenza rispetto all’ambiente in cui viviamo.

Il progresso della scienza e delle capacità dell’uomo consentirebbe oggi la soluzione di gran parte dei problemi che affliggono l’uomo e l’ambiente. Ma per far questo sarebbe necessario liberare l’immensa forza della scienza dalle sue catene capitaliste. Questo sarà possibile solo in una diversa società, in cui il potere sia nelle mani dei lavoratori e si perseguano gli interessi della maggioranza e non di una esigua e parassitaria minoranza. La questione ambientale diviene quindi oggi un nuovo paradigma della necessità storica dell’abbattimento del capitalismo e della costruzione di una società socialista. Per questo però è necessaria consapevolezza e il rifiuto di ogni falsa contrapposizione, alimentata scientificamente dai capitalisti, tra ambiente e lavoro. La versa contraddizione è tra ambiente e profitto.

L’ambientalismo capitalista di socialdemocratici e liberali

La centralità della questione ambientale nelle sfide e nel futuro dell’umanità attira inevitabilmente settori economici e politici, che tentano di strumentalizzare, per tornaconti immediati, la giusta lotta e l’attenzione posta da un numero crescente di persone nel mondo. La questione ambientale è divenuta elemento di conflitto internazionale tra Paesi non perché vi siano governi capitalistici più o meno inclini alla salvaguardia dell’ambiente, ma semplicemente perché anche le modifiche richieste nei trattati (si pensi alle emissioni), sono speculari agli interessi dei rispettivi settori monopolistici, e vengono utilizzate quali strumenti indiretti di lotta economica. Le conferenze intergovernative sul clima vengono piegate a questo scontro di interessi. Gli obiettivi, la loro estensione globale, le deroghe ad alcuni paesi, l’obbligatorietà o meno di tali vincoli sono decisi in base a questo confronto di interessi tra l’uno e l’altro settore monopolistico o conglomerato imperialistico. Tutto ciò come si può ben immaginare non necessariamente porta benefici dal punto di vista ambientale, anzi limita l’estensione e l’efficacia degli interventi di salvaguardia climatica.

I Partiti socialdemocratici e liberali in Europa tentano di utilizzare la questione ambientale come strumento per la propria affermazione nelle prossime elezioni europee, tentando di togliere terreno alle forze di destra. Si tratta di un’operazione che nulla ha a che vedere con la difesa dell’ambiente e che viene non a caso portata avanti dagli stessi partiti che in questi anni sono stati promotori degli interessi della finanza e delle grandi imprese. Per questo, con grande sostegno dei media, si scoprono iniziative in favore dell’ambiente, magari “promosse” da giovani, volti nuovi e puliti che di prestato inconsapevolmente a un gioco funzionale a togliere alle lotte per l’ambiente la portata realmente innovativa che oggi potrebbero avere, sottomettendole alle consuete logiche di contrapposizione tra settori del capitale, e tra partiti politici. Chiunque abbia a cuore la questione ambientale oggi non può che rifiutare queste strumentalizzazioni promosse non a caso dalle stesse forze che nei rispettivi Paesi sono corresponsabili delle peggiori politiche in favore degli inquisitori (tanto per citarne una si pensi alle responsabilità del PD sull’Ilva di Taranto)

Queste stesse forze alimentano l’illusione della possibilità di un’economia verde trainata da imprese ecosostenibili. La retorica della green economy, però, è utile soltanto a quelle imprese che beneficeranno dell’ennesimo trasferimento di risorse pubbliche, sotto forma di incentivi, in mano privata. Infatti non può esistere un modello pienamente sostenibile dal punto di vista ambientale in un sistema economico che antepone a qualsiasi altro aspetto la ricerca del maggior profitto privato possibile. L’idea di un capitalismo buono fatto di imprese verdi, che comunque mantengono invariato lo sfruttamento ai danni dei lavoratori e il saccheggio delle risorse dei popoli (non più il petrolio, ma cereali per biocarburanti per esempio), si infrange di fronte a una realtà in cui la sostenibilità ambientale viene cercata soltanto dove essa può garantire un abbattimento dei costi o la possibilità di aprire nuovi mercati su cui fare profitto, non considerando invece le reali esigenze del nostro pianeta.

Il paradigma delle grandi opere utili alla speculazione e non alle classi popolari e la mancata riconversione.

La lotta dei comunisti contro le grandi opere inutili, non è una battaglia contro il progresso e per l’immobilismo. Non significa sposare teorie decresciste o antistorici ritorni al passato. Non è una critica rivolta alla scienza, alla tecnica e alle nuove possibilità che l’innovazione tecnologica consente. Tutt’altro. La nostra è una critica sull’utilità di quelle opere rispetto ad altre più urgenti e necessarie, che sarebbero utili a migliorare la condizione quotidiana di milioni di lavoratori e delle rispettive famiglie. È una critica alla sottomissione delle enormi potenzialità del progresso scientifico al dominio del capitale, che, conseguentemente, ne orienta l’utilizzo nelle forme più utili alla realizzazione di profitti privati per pochi, e non al libero sviluppo in favore della collettività. Senza pretesa di esaustività e rimandando a analisi più specifiche queste sono le principali ragioni della nostra contrarietà alle opere in questione:

   – La TAV è un’opera costosa e inutile. La tendenza storica dello scambio merci tra Francia e Italia dimostra di divergere sensibilmente rispetto ai prospetti entusiastici che erano stati formulati per giustificare il progetto. Il guadagno in termini di spostamento sarà di circa un minuto, ottenibile anche con un ammodernamento della linea già esistente. Il costo è però di miliardi di euro che ben potrebbero essere spesi per un ammodernamento complessivo della rete ferroviaria italiana – quello sì che diminuirebbe sensibilmente traffico su strada e inquinamento – comprese le reti regionali, prese quotidianamente dai lavoratori. Il fatto che sia finanziato in parte con soldi europei non muta la questione: i fondi europei sono frutto della fiscalità generale, sono soldi dei lavoratori italiani e degli altri paesi della UE. Non si tratta di nessun regalo quindi fatto al popolo italiano, semmai di un regalo fatto con i nostri soldi alle imprese che parteciperanno;

   – Il gasdotto TAP è parte integrante del progetto imperialistico USA sul gas, e della guerra commerciale in atto con la Russia che ha come obiettivo la spartizione del mercato energetico europeo. Non si tratta dunque di una banale opera di approvvigionamento energetico dell’Italia, ma di una precisa strategia voluta dalla Nato;

    –  il MUOS ricopre una importanza strategica per l’imperialismo statunitense, con cui è colluso l’imperialismo italiano vincolati dall’alleanza militare della NATO, trasformando la Sicilia, con diverse basi e infrastrutture militari USA/NATO, in una piattaforma strategica per le guerre e interventi imperialisti in Africa e Medio Oriente per la ripartizione e l’ampliamento di sfere d’influenza e equilibri geopolitici, nel quadro di sempre più accese tensioni e dispute interimperialiste per il controllo delle risorse naturali, gasdotti energetici, vie di comunicazione, quote di mercato, nell’esclusivo interesse e per i profitti dei monopoli capitalistici e dei gruppi finanziari.

    – Trivellazioni in adriatico. L’Italia produce appena il 9% del suo fabbisogno di gas e petrolio. In Italia il petrolio non è di alta qualità ed è difficile da raggiungere perché i nostri giacimenti sono molto profondi. Per questa ragione le royalties pagate dalle società sono le più basse del mondo, con la conseguenza che il guadagno finisce pressoché tutto in mani private e non certo a beneficio della collettività. Le società pagano appena il 10% su petrolio e gas, mentre in mare dal 2012 ci sono due diverse aliquote: 10% per il gas e 7% sul petrolio. Il tutto sottoposto a franchigia: nessun pagamento se si producono meno di 20mila tonnellate di petrolio su terra e meno di 50mila in mare. Praticamente un regalo. Sulla collettività invece si scaricano i costi delle trivellazioni, con inquinamento marino e delle coste.

l ricatto occupazionale delle imprese e la difesa del lavoro della classe operaia.

Si dice che le grandi opere portano lavoro; che in un momento di crisi dell’edilizia la garanzia dei livelli occupazionali può essere mantenuta solo attraverso queste opere. Si pubblicano studi che parlano di centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro con la TAV e con le grandi opere, sia nell’immediato che per l’impatto successivo sull’economia. Si tratta di teorie false, frutto di menzogne e manipolazioni finalizzate alla protezione degli interessi dei capitalisti, purtroppo fatte proprie anche da settori maggioritari dei sindacati confederali che le promuovono tra i lavoratori.

Basta vedere i precedenti delle olimpiadi di Torino, dei mondiali di nuoto a Roma, persino dell’Expo di Milano: grandi esborsi per strutture senza alcun impatto successivo in termini occupazionali o con impatto minimo, assolutamente ingiustificato a fronte di montagne di debiti di soldi pubblici finiti nella speculazione privata.

Maggiori e più stabili ricadute favorevoli all’occupazione si avrebbero investendo le medesime somme in opere utili al Paese, come la riconversione edilizia, la creazione di nuove scuole e ospedali, l’ammodernamento delle tratte ferroviarie e stradali del Paese e così via. Tutte queste opere richiedono assunzioni e lavoratori, ma garantiscono margini di profitto inferiori delle grandi concentrazioni speculative. Per questo le grandi società edili e finanziarie non le vogliono. Per questo, al contrario, i lavoratori dovrebbero rivendicarle, dal momento che il miglioramento delle condizioni complessive di vita (salute, istruzione, casa…) interessa proprio i lavoratori salariati e le classi popolari. Si tratterebbe inoltre di posti di lavoro che possono essere mantenuti nel lungo periodo, di occupazione stabile e non di posti vincolati a singole iniziative.

La classe operaia non può piegarsi alle parole d’ordine della Confindustria e degli edili, che utilizzano il ricatto occupazionale come strumento di pressione per la difesa dei loro profitti e non certo per favorire i lavoratori. La classe operaia ha un ruolo storico: abbattere questo modello di sistema e edificare una società dei lavoratori per i lavoratori. La lotta concreta e immediata per la difesa dei posti di lavoro non può marciare separatamente da una visione complessiva dei processi sociali. I lavoratori non possono e non devono essere indifferenti al tipo di sviluppo che viene loro proposto, non devono subirne passivamente gli assunti.

La forza organizzata e la consapevolezza della classe operaia sono l’unico elemento che potrà effettivamente rovesciare questa situazione: innalzare il livello delle lotte e delle loro parole d’ordine significa combattere insieme tanto lo sfruttamento e il ricatto occupazionale, assicurando lavoro e difesa dei salari, tanto rafforzare la lotta complessiva per l rovesciamento di rapporti sociali insostenibili oggi anche alla luce del loro impatto sull’ambiente, sulla salute dell’uomo, sul futuro delle nuove generazioni.

 Il tradimento del Movimento Cinque Stelle e la lotta dei comunisti. 

Il Movimento Cinque Stelle ha dimostrato tutto il suo opportunismo politico. Negli anni si è fatto portavoce dei movimenti di lotta, fino a spingersi a chiedere il “voto utile” contro la frammentazione del voto per portare i cinque stelle al Governo e far bloccare le grandi opere inutili. Al Governo ha ceduto sistematicamente alle pressioni dei settori capitalistici, nazionali e internazionali, spalleggiati apertamente dalla Lega (come pure dal centrodestra e dal PD) approvando tutte le opere di cui aveva assicurato lo stop.

I 5 Stelle hanno dato il via libera al TAP subito dopo il colloquio tra Conte e Trump alla Casa Bianca, hanno autorizzato nuove concessioni e esplorazioni nell’Adriatico; non hanno bloccato il MUOS. Sulla TAV si nascondono dietro un cavillo lessicale in attesa delle prossime elezioni, consapevoli di aver già ceduto. Sull’ILVA di Taranto hanno approvato lo stesso piano promosso dal ministro PD Calenda, accettando la svendita dell’ILVA a una società multinazionale, promuovendo un piano che è assolutamente negativo sia sul piano dell’impatto occupazionale (1/5 dei lavoratori in cassa integrazione) e sul lato ambientale con assicurazione dell’immunità penale e revisione al ribasso dei progetti di riqualificazione, con obblighi pressoché inesistenti per la nuova proprietà.

Tutto ciò è avvenuto non solo a causa dell’opportunismo dei cinque stelle, ma anche e soprattutto perché nessun partito che accetti le logiche capitalistiche, rinunciando alla lotta contro questo modello di società, nessun partito che accetti la permanenza all’interno delle organizzazioni imperialistiche (Nato, UE…) può realizzare un vero cambiamento. É dunque importante che da questa esperienza i movimenti di lotta, i lavoratori e tutti i cittadini sensibili alle tematiche ambientali e all’opposizione alle grandi opere inutili acquisiscano esperienza, evitando di cadere nuovamente nella trappola di nuove forze politiche che faranno dell’ambientalismo una battaglia di circostanza, buona a carpire voti e a trainarle verso successi elettorali. La vera misura della coerenza su queste lotte, si misura con la determinazione strategica a realizzare un rovesciamento delle premesse che le sorreggono.

La lotta dei comunisti per il rovesciamento del sistema capitalistico contiene in sé le rivendicazioni più avanzate dalla lotta per la difesa dell’ambiente. Lottare contro il capitalismo, per la costruzione di una società dei lavoratori e per i lavoratori, significa combattere contro le vere cause e non frammentare inutilmente le lotte in una miriade di comitati e organizzazioni che combattono, ognuna, contro uno dei singoli effetti prodotti dal capitalismo. Per questa ragione l’azione unitaria dei movimenti di lotta può rappresentare un primo passo importante verso l’acquisizione di una maggiore coscienza complessiva e nella conquista di una direzione delle lotte che si rivolga complessivamente al rovesciamento di un modello sociale ingiusto e oggi evidentemente insostenibile anche sotto il profilo della salvaguardia dell’ambiente e della salute.

 

 

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L’8 marzo e la posizione delle donne comuniste

L’8 marzo e la posizione delle donne comuniste

Le donne comuniste salariate, disoccupate, lavoratrici autonome, pensionate e studentesse delle classi popolari sono impegnate quotidianamente a rivendicare con le lotte che conducono, diverse condizioni di vita per le donne e per gli uomini. Ma in questo periodo storico, economico e sociale dove anche nel nostro paese si fa sempre più strada una pratica di sfruttamento, violenza e tentativi di ritorno a legislazioni oscurantiste che le donne subiscono in prima persona, diventa necessario ribadire la direzione della nostra analisi e della conseguente nostra pratica di impegno e di lotta.

Molte sono le differenze  che assumono i diritti delle donne nei paesi capitalistici tanto che ,ad esempio, possiamo vedere paesi dove lo stato sovvenziona la sterilizzazione della donna(Asia e Africa), in altri paesi criminalizzano l’aborto(come in Argentina o come si vorrebbe tornare a fare in Italia ed ina altri paesi europei), così come in alcuni paesi dell’ex URSS permangono sistemi di protezione della donna dal punto di vista della tutela della maternità o della bassa età pensionabile, protezioni che con il diritto borghese  gradualmente vengono erose o cancellate. Vogliamo solo citare, non per scarsa importanza, ma perché drammaticamente conosciute le condizioni di pesante coercizione culturale e religiosa che si fanno regole di comportamento ed obblighi sociali, che le donne di molti paesi ancora subiscono come l’infibulazione, i matrimoni combinati, l’obbligo del burka ecc. ecc.

Tutte queste differenziazioni della posizione della donna nella società vengono caratterizzate e dipendono prioritariamente dalle maggiori contraddizioni nella struttura del patto di sviluppo capitalistico. Come il capitalismo ha interesse a mantenere la disuguaglianza per le donne come fonte di risorsa per ulteriori profitti, altrettanto ha saputo per molti versi adeguarsi ai cambiamenti necessari, così la doppia oppressione della donna, di classe e di genere, non si esprime più nelle forme dell’inizio del secolo scorso.

Altrettanto evidente è che il formale aumento dei diritti tra i due sessi, non ha liberato donne e uomini dall’oppressione sociale ed economica su base di classe, confermando che la disuguaglianza vissuta dalle donne della classe operaia e del popolo non può essere “riformata” all’interno del sistema capitalistico. Oggi nei paesi dove è avvenuto un riconoscimento formale dei diritti borghesi delle donne, non si è certamente trovata soluzione di liberarle dai problemi concreti della loro vita.

Anzi, in fase di crisi strutturale del sistema, il capitalismo utilizza, attraverso le sue espressioni politiche, vecchi e nuovi strumenti per accrescere il solco della disuguaglianza e dell’oppressione: così come oggi accade in Italia, per esempio, con il decreto Pillon, con le affermazioni del ministro oltrechè con la creazione del ministero stesso della famiglia, con l’aumento esponenziale dei casi di violenza, ecc., in un complesso intreccio di fenomeni storici e sociali.

Complessità, che a livello paradigmatico, si esprime nel fatto  che nella maggioranza  dei paesi a capitalismo avanzato con l’integrazione delle donne nel lavoro salariato insieme alle modernizzazioni borghesi che avanzano, la tipologia della famiglia, così come riprodotta per secoli, tende a cambiare. Perché il capitalismo abbatte anche le barriere di comunicazione tra i due sessi esistite da 3000 anni, ma non instaura nuove relazioni tra donne e uomini di reale e vera uguaglianza.

Riteniamo che la base per la costruzione di nuove relazioni fra donne e uomini non possa prescindere dalla costruzione di condizioni che oggi non esistono quali: nuove relazioni di produzione, la proprietà sociale, la pianificazione centralizzata.

A tal proposito l’esempio che ci viene dal primo stato operaio nato dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia, ci ha dimostrato l’enorme salto compiuto in un paese in forte arretratezza precapitalistica. Il giovane stato sovietico, non solo ha abbattuto l’apparato di stato zarista e la classe borghese, ma ha abolito tutte quelle leggi che mantenevano e rinforzavano dall’interno e dall’esterno la famiglia patriarcale e la disuguaglianza fra i due sessi. Ha provveduto ad inserire le donne in tutti i settori  (produttivi, culturali, scientifici, politici, ecc)con l’obiettivo della produttività e del beneficio sociale, insieme all’attivazione di avanzatissime misure di protezione della maternità e della salute della donna e soprattutto per il contributo concretamente paritario della donna nella costruzione della società  socialista.

Tutto ciò ci dimostra l’indissolubile legame che esiste tra l’abbattimento della proprietà privata dei principali mezzi di produzione e l’abbattimento delle disuguaglianze e dello sfruttamento subiti dalle donne. La risposta ai bisogni del popolo insieme al soddisfacimento nelle relazioni degli individui con la società e della società con gli individui, si può adempiere solo sulle basi di una radicale riforma della società, attraverso la costruzione socialista con la sua corrispondente sovrastruttura legale ( legislazione giuridica).

Per noi comuniste l’esperienza   storica della costruzione socialista, rappresenta l’esempio cui guardare per dare forza e combattività alle donne nell’attuale fase con i contemporanei livelli di coscienza delle lavoratrici, delle disoccupate, delle giovani, delle migranti proletarie, delle pensionate, a volte condizionate da fatalismo, disfattismo e modalità conservatrici.

Non vogliamo neppure nascondere le difficoltà che si evidenziano in relazione al movimento globale delle donne con quelle organizzazioni che identificano il miglioramento della posizione della donna con la lotta per la modernizzazione borghese, con l’incremento della partecipazione delle donne all’interno dei gruppi economici e delle istituzioni borghesi, celando la principale contraddizione che è quella tra capitale-lavoro dietro la “competizione” tra uomini e donne.

Noi comuniste riteniamo che non sia il genere la discriminante politica, bensì quali sono gli interessi e di quale classe   quelli che vengono perseguiti dalle donne e dagli uomini.

Così torniamo all’8 marzo, al suo significato, ai diversi modi per definirlo e rappresentarlo: da quelli più trasversalmente borghesi a quelli femministi, a quelli tematici fino a quelli classisti.

Come comuniste affermiamo che  come questo lavoro, tutte le nostre iniziative e proposte sono frutto dello studio teorico, dell’analisi materiale, del confronto costante anche a livello internazionale e della conseguente pratica che ne deriva volta a dare il nostro contributo allo sviluppo delle organizzazioni di classe.

Poiché la fondamentale conclusione della nostra analisi è che i cambiamenti rivoluzionari anche nelle relazioni sociali passano necessariamente attraverso la presa del potere  politico da parte della classe operaia e delle masse popolari con il Partito Comunista come sua avanguardia organizzata, mettiamo tutte le nostre energie affinchè anche le tematiche toccate dal simbolismo dell’8 marzo ed afferenti alla specificità della questione femminile, siano parte del lavoro e dell’impegno quotidiano delle comuniste e dei comunisti all’interno dei luoghi di lavoro, di socialità, di studio, nell’associazionismo e negli organismi del lavoro, per costruire un fronte sempre più combattivo con l’obiettivo dell’abbattimento del sistema capitalista e l’instaurazione della società socialista-comunista.

di Laura Bergamini (up Partito Comunista)

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SOSTENIAMO LA PROTESTA DEGLI STUDENTI. IL CENTROSINISTRA NON SE NE APPROPRI.

SOSTENIAMO LA PROTESTA DEGLI STUDENTI. IL CENTROSINISTRA NON SE NE APPROPRI.

«Il Partito Comunista sostiene la protesta degli studenti delle scuole superiori oggi in piazza in oltre cinquanta città contro la politica del governo. La protesta degli studenti che è stata promossa in tutta Italia da rappresentanti d’istituto e delle consulte studentesche con il sostegno primario e l’organizzazione del Fronte della Gioventù Comunista, ha correttamente criticato questo governo per la continuità con le politiche di smantellamento dell’istruzione pubblica. Gli studenti hanno evidenziato come anche in questa manovra siano previsti 4 miliardi di tagli all’istruzione (l’Italia è al 152° posto su 157 al mondo per la spesa pubblica destinata all’educazione), denunciando i provvedimenti spot del governo come l’istallazione delle telecamere mentre non si interviene sull’edilizia scolastica e sull’abbassamento dei costi per l’istruzione (contributi, libri di testo), e criticando fortemente le politiche europee e la loro natura. “Sono bastati pochi mesi – hanno scritto gli studenti nella piattaforma di mobilitazione – a gettare la maschera. Il “governo del cambiamento”  che parlava di abolizione della Buona Scuola ha proseguito sulla strada dei suoi predecessori, adottando tutti i disastri della riforma, dall’alternanza scuola-lavoro ai “presidi-manager”. Una protesta che non ha nulla a che vedere quindi con le strumentalizzazioni dei partiti di centrosinistra, corresponsabili per anni delle politiche di distruzione della scuola pubblica, che cercano oggi di rivendicarne la paternità per questioni di mero tornaconto elettorale. Quello di oggi è un segnale estremamente positivo che dimostra come attraverso il lavoro politico e l’organizzazione sia possibile costruire una mobilitazione di classe, criticando questo governo dall’ottica delle classi popolari e non finendo nella inutile retorica elettoralismi del PD e delle forze di sinistra, che al governo hanno applicato le stesse misure antipopolari.

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FIRENZE. RIZZO (PC): «RICETTA SALVINI E’ USARE POLIZIOTTI CONTRO STUDENTI»

FIRENZE. RIZZO (PC): «RICETTA SALVINI E’ USARE POLIZIOTTI CONTRO STUDENTI»

«La nuova “ricetta” del ministro Salvini è usare i poliziotti contro gli studenti che manifestano per un’università accessibile a tutti al posto di pensare a mafia, corruzione e ai reali problemi». Così Marco Rizzo, segretario generale del Partito Comunista in solidarietà agli studenti della gioventù comunista fermati a Firenze. «Fermi e perquisizioni per un semplice volantinaggio sono atti di natura chiaramente intimidatoria, fatti ancora più gravi se si pensa che sono stati attuati contro studenti che manifestavano davanti ad un’aula universitaria. Siamo di fronte ad un’involuzione autoritaria che deve essere fermata. Chiediamo un immediato incontro con il Prefetto di Firenze perché ci illumini sulle ragioni dell’accaduto».

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MUSTILLO (PC): «SU GENOVA HA RAGIONE IL PM ZUCCA. ATTACCHI NON CAMBIANO LA VERITA’»

MUSTILLO (PC): «SU GENOVA HA RAGIONE IL PM ZUCCA. ATTACCHI NON CAMBIANO LA VERITA’»

«Non possiamo che essere d’accordo con le affermazioni del pubblico ministero Zucca. Il coro di voci critiche e addirittura le minacce di provvedimenti disciplinari non possono cambiare la verità. Dopo il G8, non solo non ci sono state rimozioni, ma la maggior parte dei responsabili dei fatti sono stati promossi all’interno delle forze di polizia e degli apparati dello Stato». Così Alessandro Mustillo, coordinatore dell’ufficio politico del Partito Comunista. «Lo stesso Gabrielli pochi mesi fa ammise che a Genova ci fu tortura e che se fosse stato in De Gennaro si sarebbe dimesso, mentre De Gennaro fu promosso ai vertici di Finmeccanica. Allo stesso modo furono promossi esponenti politici e quadri intermedi della polizia responsabili dei fatti di quei giorni. Non c’è nulla di scandaloso quindi nelle dichiarazioni di Zucca, che sono semplicemente la verità. Scandaloso semmai – conclude la nota – è il coro di critiche e minacce, che cerca solo di rimuovere una pagina vergognosa della storia recente del nostro paese».

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MACERATA. MUSTILLO (PC): « GRAVE DECISIONE DI MINNITI. NO A EQUIPARAZIONI».

MACERATA. MUSTILLO (PC): « GRAVE DECISIONE DI MINNITI. NO A EQUIPARAZIONI».

«Il Partito Comunista considera gravissima la decisione della prefettura di Macerata e del Ministro Minniti di equiparare manifestazioni di apologia verso il gesto terroristico di un neofascista, con manifestazioni popolari democratiche e antifasciste, con la conseguenza di vietare il corteo di sabato». Così Alessandro Mustillo, a nome dell’ufficio politico del Partito Comunista.

«Non è possibile equiparare chi fomenta il razzismo a chi vuole combatterlo, chi rivendica e esalta il gesto omicida di un individuo, con chi vuole condannarlo. L’equiparazione da parte dei vertici dello Stato dimostra chiaramente la connivenza di fondo delle classi dominanti con la legittimazione e l’avanzata dei neofascisti. Si usa il vecchio trucco degli opposti estremismi per colpire a sinistra. E’ una strategia che conosciamo e faremo di tutto per evitare che le lotte sociali vengano messe nell’angolo con questo trucco.

Altrettanto grave è la decisione di CGIL, ARCI, ANPI e delle altre associazioni di sottostare a questo diktat. Il Partito Comunista – prosegue la nota – farà di tutto per inviare una rappresentanza di militanti a Macerata in un periodo di grande sforzo organizzativo ed economico richiesto ai nostri compagni nei pochi giorni che restano prima delle elezioni. In ogni caso incrementeremo la nostra azione nei luoghi di lavoro, nelle periferie, convinti che solo un lavoro paziente e continuativo per organizzare la lotta dei lavoratori e delle classi popolari può essere antidoto all’avanzata delle forze neofasciste.

Questi fatti – conclude la nota – dimostrano per chi ancora non lo avesse compreso, le profonde corresponsabilità della sinistra di governo e delle associazioni ad essa collegate. Come in passato non sarà l’appello alle istituzioni, alle forze borghesi a contrastare il fascismo, ma l’organizzazione delle classi popolari. Questo resta il nostro compito».

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L’alternanza scuola-lavoro è sfruttamento, sostegno alle mobilitazioni studentesche

L’alternanza scuola-lavoro è sfruttamento, sostegno alle mobilitazioni studentesche

Il Partito Comunista sostiene le mobilitazioni studentesche che oggi, con la parola d’ordine dello sciopero dell’alternanza hanno portato in piazza migliaia di studenti. In particolare il PC appoggia la piattaforma rivendicativa promossa dal Fronte della Gioventù Comunista, che ha avuto il merito di coinvolgere decine di migliaia di studenti delle classi popolari, degli istituti tecnici e professionali e delle scuole di periferia delle grandi città.
Il progetto dell’alternanza scuola-lavoro promossa dai governi Renzi-Gentiloni non rappresenta un percorso formativo per gli studenti, ma uno strumento per lo sfruttamento di manodopera gratuita. Si insegna agli studenti ad essere futuri lavoratori sfruttati e privi di diritti, perché ciò risponde alle esigenze della società capitalistica oggi. Non è un caso che Confindustria abbia applaudito a un tale scempio, né che le principali aziende italiane e internazionali siano corse ad accaparrarsi con protocolli migliaia di lavoratori gratuiti nelle scuole per i prossimi anni.
Bene hanno fatto gli studenti a scendere in piazza oggi per richiedere salario e diritti in alternanza. Una richiesta che mira a spezzare ogni ricorso all’alternanza come strumento di competizione con i lavoratori e come forma per abbattere il costo del lavoro a vantaggio delle imprese.
Il PC si associa alle loro richieste e invita a proseguire nella lotta per una scuola realmente formativa, in cui le scelte di indirizzo siano determinate dalle capacità e dalle attitudini degli studenti e non dalla condizione economica delle famiglie di provenienza. Una scuola del genere potrà esserci solo in una società in cui il potere sia nelle mani dei lavoratori e non dei grandi monopoli; in cui l’istruzione sia concepita come fattore di inclusione e progresso sociale, e non come strumento di divisione di classe e oppressione; in cui il rapporto tra scuola e lavoro sia visto nell’interesse generale della società e specialmente nell’interesse dello studente, futuro lavoratore e non come strumento per garantire ulteriori margini di profitto al capitale. Per questo invitiamo gli studenti – conclude la nota – a legare le proprie giuste rivendicazioni con quelle dei lavoratori, a lottare fianco a fianco, a partire dal prossimo sciopero generale del 27 ottobre.

Uff. Politico
Partito Comunista

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Festa nazionale del Partito Comunista 7-16 luglio Roma.

Festa nazionale del Partito Comunista 7-16 luglio Roma.

Dal 7 al 16 luglio si terrà a Roma la festa nazionale del Partito Comunista. Dieci giorni di dibattiti, iniziative politiche e musica presso il parco di Via del Frantoio, nel quartiere popolare di Tiburtino III. Tra gli ospiti attesi, venerdì 7 l’ex assessore romano Paolo Berdini che discuterà con Alessandro Mustillo, segretario del PC romano, intervistati dal giornalista Andrea Managò. Il giorno seguente Andrea Pancani (La7) intervisterà l’ambasciatrice della Repubblica di Cuba, insieme al segretario nazionale del Partito Comunista Marco Rizzo, che sarà presente anche salato 15 per la chiusura della festa, con il tradizionale comizio finale. Durante la settimana si terranno dibattiti tematici su immigrazione, lavoro, ambiente, internazionalismo, presentazioni di libri, e spettacoli teatrali. Tra i musicisti si esibiranno le Radici nel Cemento, sabato 8 luglio; Emilio Stella, domenica 9 luglio; Giulia Anania, mercoledì 12; la cover band di Rino Gaetano, Ciao Rino, giovedì 13 e Enrico Capuano sabato 15 luglio. Nello spazio politico della festa è prevista l’inaugurazione di una mostra su Fidel Castro, a sei mesi dalla sua scomparsa, e un murales commemorativo della Rivoluzione socialista d’Ottobre nel suo centesimo anniversario.

programma festa comunista web

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IL PC DENUNCIA L’INTIMIDAZIONE DEI LAVORATORI ALLA COCA COLA DI NOGARA.

IL PC DENUNCIA L’INTIMIDAZIONE DEI LAVORATORI ALLA COCA COLA DI NOGARA.

La situazione che si è venuta a creare nella vertenza sindacale alla Coca Cola di Nogara rappresenta un ennesimo e sistematico attacco ai diritti  costituzionali, personali e  sindacali dei lavoratori.

La cronaca riportata dai media restituisce una verità gravissima e agghiacciante rispetto alle condizioni in cui versano i diritti dei lavoratori della logistica.

I mezzi di informazione hanno descritto l’esistenza di gravissimi episodi di intimidazione nei confronti dell’esercizio dei diritti dei lavoratori, intimidazioni che nella giornata di ieri sono arrivate all’uso da parte del personale della sicurezza della Coca Cola di pistole elettriche adoperate nei confronti dei lavoratori ADL COBAS che manifestavano contro i 14 esuberi, fra i quali vi sono due delegati della RSU.

Si deve evidenziare che due lavoratori manifestanti hanno avuto bisogno di essere sottoposti a cure mediche. L’aggressione ai diritti di manifestazione, da parte del capitale, perviene al punto di autorizzare il personale di vigilanza all’uso di pistole elettriche, così ledendo persino l’integrità fisica dei lavoratori.

È palese, dal gravissimo episodio descritto, che la frontiera dei mezzi con i quali il capitale è disposto a comprimere i più elementari diritti sociali costituzionali dei lavoratori si sposta fino al punto di esigere l’assenza di limiti.

L’inqualificabile vicenda restituisce la vera realtà del Nord-est, realtà sempre manipolata dai grandi mezzi di comunicazione di massa con il fine di fuorviare i lavoratori e la società veneta nel suo complesso da una conoscenza articolata e approfondita della suddetta area geografica.

Il Nord-Est ha rappresentato e rappresenta, tutt’ora con l’aggravamento della odierna crisi del capitalismo, un modello di sfruttamento organizzato del lavoro da parte dell’impresa sia essa piccola, media, di elevate dimensioni o multinazionale come nel caso di Coca Cola.

La realtà del Nord-Est, di cui l’episodio denunciato costituisce paradigmatica rappresentazione, svela quanto siano realtà costanti e comuni sia alla tanto decantata piccolo-medio impresa sia alle imprese di stazza transnazionale le seguenti situazioni: alti margini di profitti in capo al capitale; condizioni pesantissime di lavoro, in termini di turni, orari ecc.; piani di ristrutturazione in cui a pagare i prezzi più tragici sono sempre e solo i lavoratori; attacco continui ai diritti sindacali dei lavoratori e alle R.S.U. e, in generale, a tutte le forme (ed addirittura all’idea stessa) di rappresentanza dei lavoratori.

Il Partito comunista del Veneto ed il Fronte della gioventù comunista del Veneto manifestano la loro assoluta e piena solidarietà ai lavoratori della Coca Cola, denunciando il clima di intollerabile e sistematica violazione dei diritti dei lavoratori da parte della multinazionale in questione che a Verona ha lo stabilimento più grande d’Europa.

Il Partito comunista ed il Fronte della Gioventù comunista, inoltre, sono al fianco delle lotte che i lavoratori stanno svolgendo contro il piano di esuberi dell’azienda, piano assolutamente iniquo e ingiustificato.

 

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