«La flat tax al 15% per le partite iva sarà un disastro per i lavoratori. Da domani tutte le aziende trasformeranno i dipendenti in finte partite iva per pagare meno tasse, e i lavoratori perderanno tutti i diritti in un colpo solo». Così il segretario generale del Partito Comunista, Marco Rizzo, sugli effetti della manovra. «La tendenza a sostituire lavoro dipendente con partite iva, è un dato innegabile da diversi anni. I benefici della tassazione al 15% per i lavoratori sono solo apparenti. In realtà a trarne vantaggio saranno le aziende, mentre i lavoratori pagheranno con la cancellazione totale di diritti. Avremo un esercito di schiavi a partita iva, con tutti gli obblighi dei dipendenti senza averne i diritti. Penso a maternità, malattia, limiti orari di lavoro. Dietro un’abile propaganda che dipinge questo governo come a favore dei lavoratori e del popolo- conclude Rizzo – in realtà si continua a sostenere le imprese e il processo di abbassamento di diritti e salari per chi lavora».
Per una larga e combattiva partecipazione allo sciopero generale del 26 ottobre.
Il Partito Comunista esprime il proprio pieno sostegno allo Sciopero Generale di tutti i lavoratori proclamato dai sindacati di base CUB, SGB, SiCobas, USI per il 26 ottobre 2018. Sosteniamo attivamente la mobilitazione del 26 ottobre invitando tutti i lavoratori dei settori privato e pubblico a una combattiva e larga partecipazione allo sciopero e alle manifestazioni di piazza.
Rilanciamo ed intensifichiamo la lotta contro l’attacco padronale. Appoggiamo le rivendicazioni in tema di diritto ad aumenti salariali, diritto alla pensione, allo stato sociale, alla democrazia sindacale, alla salute nei posti di lavoro, contro le politiche che dividono e precarizzano i lavoratori, contro le spese militari e le politiche imperialiste ed antipopolari.
Siamo convinti che non sia più tempo per battaglie di retroguardia o per tentativi di concertazione ed illusione sulle riforme. La crisi economica capitalista, i provvedimenti antipopolari dell’Unione Europea e di tutti i governi dello schieramento borghese indicano chiaramente che i lavoratori devono lottare per costruire l’unica reale alternativa di sistema: per la società socialista-comunista, l’unica che risolverà in modo reale e duraturo i problemi dei lavoratori e delle masse popolari.
Per tutte queste ragioni il Partito Comunista sarà in piazza il 26 ottobre ed invita i lavoratori alla più ampia mobilitazione indipendentemente dalla loro appartenenza sindacale.
RIZZO (PC): «LO STATO GARANTISCA ASSISTENZA LEGALE PER LE VITTIME SUL LAVORO»
«Il rimborso delle spese legali per la legittima difesa è solo uno spot di Salvini. Dal 2013 al 2016 nei tribunali ci sono stati solo 14 casi in cui è stata sollevata la scriminante della legittima difesa o c’è stata incriminazione per eccesso di difesa. Nello stesso periodo ci sono state 2634 morti accertate sul posto di lavoro» Così Marco Rizzo segretario del Partito Comunista. «Quando si parla di sicurezza il rischio è quello di alimentare paure infondate, mentre l’attenzione viene deviata dai veri problemi del Paese. La prima emergenza sicurezza in Italia è quella sul lavoro. Troppo spesso le norme per la salvaguardia della salute dei lavoratori vengono disattese perché sono un ostacolo a maggiori profitti da parte delle imprese. Se questo fosse davvero il governo del cambiamento, l’assistenza legale a spese dello Stato andrebbe concessa ai familiari delle vittime sul lavoro, speso costretti anche a sobbarcarsi migliaia di euro di spese legali per vedersi riconoscere un risarcimento. Ma ovviamente – conclude la nota – questo governo non farà, perché è dalla parte dei padroni e non dei lavoratori».
RIZZO: «DA DI MAIO SOLO SPOT. SERVE RIDUZIONE ORARI DI LAVORO E STRAORDINARI».
«Quello di Di Maio è l’ennesimo spot di un movimento cinque stelle in crisi di consenso. Non serve la chiusura parziale dei centri commerciali la domenica ma ridurre gli orari di lavoro e il ricorso agli straordinari a parità salariale. Così si aumenterebbe l’occupazione costringendo le imprese e le grandi catene commerciali ad assumere nuovi lavoratori migliorando i diritti e assicurando a tutti più tempo libero, non costringendo tra l’altro i lavoratori a fare la spesa la domenica». Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista in una nota.
Non solo la domenica. Ridurre l’orario di lavoro e aumentare i diritti dei lavoratori.
La proposta della chiusura domenicale degli esercizi commerciali avanzata dal ministro Di Maio, sebbene apprezzabile per aver contribuito a innescare un dibattito positivo che finalmente riguarda il tema del lavoro e dei diritti dei lavoratori, è una risposta parziale e insufficiente per affrontare la questione, perché finirebbe per riguardare solo una parte dei lavoratori interessati e non risolvere la maggior parte dei loro problemi. La vera problematica, infatti, non è tanto l’apertura o meno dei negozi, quanto la condizione contrattuale a cui sono sottoposti i lavoratori, sottopagati e spesso costretti ad ore di straordinari, nell’impossibilità di rifiutare una prestazione lavorativa nelle giornate festive sotto il ricatto del licenziamento, ancora più facile con le riforme di Renzi.
Negli ultimi anni il lavoro nei giorni festivi è cresciuto sempre di più, non solo nel settore commerciale. Sono circa 5 milioni i lavoratori in servizio nei giorni e nei periodi tradizionalmente festivi [1] Le ragioni sono varie. Dalla necessità del mantenimento dei servizi essenziali di carattere pubblico, alla crescita del settore dei trasporti, alle peculiarità del sistema economica italiano con la forte incidenza nell’economia nazionale del settore turistico, della ristorazione, del settore alberghiero, dei lavori stagionali nel settore agricolo e turistico, l’apertura dei poli museali, fino alla tendenza strutturale della società capitalistica a concepire il tempo libero dei lavoratori essenzialmente come tempo di consumo, con conseguente apertura festiva di negozi e centri commerciali.
Da tempo il Partito Comunista ritiene necessario per la difesa degli interessi dei lavoratori, per ridurre lo sfruttamento e la disoccupazione, la riduzione generalizzata degli orari di lavoro, con mantenimento dei livelli salariali. Attraverso l’approvazione della legge sulle 32 ore settimanali e fissando per legge un tetto massimo agli straordinari, si avrebbe come conseguenza il necessario incremento dell’occupazione e una maggiore turnazione settimanale, con aumento del tempo libero per i lavoratori di tutti i settori, equamente distribuito nei giorni feriali e nei periodi festivi. Avere più tempo libero durante la settimana significa più tempo per le proprie relazioni sociali, per la cura della propria persona e dei propri familiari, più tempo per le necessarie attività che di fronte ai turni massacranti imposti dal lavoro oggi, vengono tutte inevitabilmente relegate ai giorni festivi. Significa anche non obbligare i lavoratori a dover impegnare le loro domeniche, o le ore notturne, per fare la spesa e provvedere alle esigenze proprie e delle proprie famiglie con evidente conflitto con gli interessi di altri lavoratori.
Limitarsi alla chiusura domenicale degli esercizi commerciali quindi non risolverebbe il problema, interesserebbe solo una parte dei lavoratori, finendo addirittura per diventare un provvedimento a vantaggio dell’e-commerce (distribuzione via internet, che in Europa cresce ad un tasso del 14% annuo e sul quale sarebbe necessario l’immediato incremento della tassazione) con ulteriore riduzione dei posti di lavoro, e un alibi per una nuova ondata di licenziamenti in molti settori.
Al contrario, ridurre gli orari di lavoro con mantenimento dei livelli salariali obbligherebbe la grande industria e la grande distribuzione, ma anche tutti gli altri settori, a nuove assunzioni, riducendo la disoccupazione, migliorando allo stesso tempo la qualità di vita dei lavoratori sia sul lavoro che aumentandone il tempo libero. A causa della sfrenata concorrenza l’incremento dei costi non si scaricherebbe in questo caso sui prezzi, ma solo sui profitti della grande distribuzione e ridarebbe fiato alle piccole ditte familiari. Il provvedimento inoltre riguarderebbe tutti i settori, anche quelli pubblici nei quali oggi le assunzioni sono frenate dai vincoli di bilancio. Lavorare meno, lavorare tutti, lavorare meglio. Oggi è possibile solo il capitalismo lo impedisce.
I lavoratori, infine, non devono ignorare le vere ragioni di questo annuncio, a cui con tutta probabilità non corrisponderà alcun provvedimento seriamente incisivo. Il Movimento 5 stelle, in calo di consensi e schiacciato mediatamente dalla Lega di Salvini, reduce dal tradimento consumato sull’Ilva, tenta di ricostruire la propria immagine come partito a favore degli interessi dei lavoratori; strizza l’occhio per convenienza elettorale al Vaticano e ai settori cattolici che da sempre, per motivi religiosi, difendono la chiusura domenicale. Di Maio e Salvini così preparano la propria campagna elettorale per pesarsi a vicenda spartendosi i temi: alla Lega l’immigrazione, ai cinque stelle le politiche sociali. Gli annunci mediatici, a cui il più delle volte non seguono neanche i fatti, non mutano il carattere di questo governo che in realtà è contro gli interessi dei lavoratori tanto quanto i precedenti.
Ufficio Politico, Partito Comunista
[1] fonte rapporto CGIA di Mestre anno 2016.RIZZO: «ILVA. L’ACCORDO DI MAIO-CALENDA E’ FATTO»
«Il cambio di linea del M5S è strepitoso. Il decreto governativo viene mantenuto e permane anche l’immunità penale per gli inquinatori. Nessun piano ambientale, tanto meno di riconversione, restano gli impianti fuori norma e il lavoro viene comunque umiliato. Dei 13522 dipendenti di Taranto, se il lavoro è assicurato per 10.700 (con o senza Art.18? Tutti e subito o in progressione?) ne mancano all’appello 2822 che sarebbero parcheggiati in cassa integrazione, riceverebbero un incentivo o dal 2023, l’anno che verrà, verrebbero riassorbiti sulla base di un aumento della produzione (e della tossicità?) da parte della Mittel. Plaudono i sindacati concertativi corresponsabili del disastro. Esultano Calenda e Di Maio ovvero la continuità tra PD e M5S. Un vero capolavoro di ipocrisia».
Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista.
Viva il Primo Maggio, avanti con la lotta!
Comunicato dell’Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa (ICWPE) per il 1° Maggio 2018
1° Maggio – 132 anni: continuiamo la lotta contro lo sfruttamento capitalista, la guerra, la disoccupazione, la povertà
Onoriamo le lotte di classe e gli eroi della nostra classe diventando i loro degni e capaci prosecutori. Il Primo Maggio dei lavoratori è il giorno in cui possiamo valutare le nostre forze, la nostra organizzazione, la nostra combattività e la nostra preparazione ideologico-politica per le grandi sfide della lotta di classe del nostro tempo.
Il 1° Maggio non è solo un giorno di commemorazione per l’intera classe lavoratrice; è in particolare una giornata di responsabilità su come ogni lavoratore può partecipare alla lotta di classe, nell’organizzazione in ogni impresa, in ogni settore e posto di lavoro.
In questo periodo, la competizione tra i principali centri imperialisti, le loro classi borghesi e unioni si acuisce. Intere regioni sono coinvolte nelle fiamme create dagli interventi imperialisti, dalla Siria, che è stata bombardata nuovamente dagli USA, dalla Francia e Gran Bretagna con il sostegno dell’UE e della NATO, ma anche dal più ampio Medio Oriente, all’Europa Orientale, all’Ucraina, ai Balcani, al Mar Nero e al Nord Africa. La NATO, l’UE e i loro governi seminano morte e distruzione; trascinano i popoli a combattersi gli uni contro gli altri per gli interessi dei monopoli.
I gruppi imprenditoriali, gli Stati e i loro governi sono impegnati in un’intensa competizione reciproca sul controllo delle risorse naturali e dei mercati. Tuttavia, seguono una linea comune contro la classe operaia, cercando la massima riduzione possibile del prezzo della forza lavoro promuovendo riforme anti-operaie, aumentando il lavoro flessibile non retribuito, l’intensità del terrorismo padronale, colpendo la più grande conquista dei lavoratori: il diritto di sciopero.
132 anni dopo la rivendicazione di una giornata lavorativa di otto ore, esistono tutte le possibilità di lavorare per meno ore; svagarci di più, con aumenti sostanziali delle retribuzioni e delle pensioni, con pieno diritto al lavoro e previdenza sociale; avere tempo libero per dedicarsi alla cultura, all’educazione, alla partecipazione all’organizzazione sociale, all’aumento degli standard di vita e intellettuali delle persone. Con assistenza sanitaria gratuita e di alto livello per tutti, alloggi per tutti, lavorare con diritti per tutti. La classe operaia produce tutta la ricchezza, che appartiene ad essa e per la quale combatte.
Alziamo la bandiera degli interessi della classe lavoratrice. Combattiamo contro la guerra imperialista per sradicare la sua causa profonda. Insieme ai lavoratori di tutti i paesi per un mondo senza sfruttamento, guerre, rifugiati.
La classe operaia ha le sue armi: unità di classe, solidarietà di classe, da utilizzare nelle nuove dure lotte nel scontro con i suoi sfruttatori e il loro personale politico, fino al rovesciamento del loro potere. Nel suo lungo corso storico, la classe operaia ha raggiunto la conquista del potere, attraverso sacrifici e sangue. Ha dimostrato che la classe operaia può vincere quando è organizzata, quando ha un suo piano, quando è determinata a combattere lo sfruttamento capitalista, i gruppi padronali e i loro partiti. Per far corrispondere la classe operaia a tali doveri è una necessità e un prerequisito che i partiti comunisti diventino potenti.
Inviamo i nostri caldi saluti militanti alle manifestazioni dei lavoratori per il Primo Maggio in tutta Europa e in tutto il mondo. Ci impegniamo a essere in prima linea nell’organizzazione militante della lotta di classe per il diritto di ogni popolo a scegliere il proprio percorso di sviluppo, incluso il diritto al disimpegno dall’UE e dalle dipendenze della NATO, rafforzando la lotta per il socialismo, liberare la società dallo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo.
Il sacrificio dei lavoratori del mondo, i lavoratori di Chicago, le lavoratrici di New York, il proletariato russo non è stato invano; al contrario, sono un faro sulla strada che dobbiamo seguire oggi fino alla vittoria finale.
Via la Giornata dei Lavoratori!
Proletari di tutti i paesi, unitevi!
Per un primo maggio di lotta, dei lavoratori e delle lavoratrici.
Il Partito Comunista organizzerà una manifestazione in piazza a Torino, nel centro della città in occasione del 1° maggio per porre al centro il tema del lavoro, dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici calpestati da anni di politiche antipopolari e filo-padronali. Il nostro vuole essere un segnale chiaro al nuovo governo, quale ne sia il colore politico, e allo stesso tempo una netta presa di distanza dalle dirigenze sindacali e dalle forze politiche che sono state responsabili dell’attacco ai diritti dei lavoratori.
Per la prima volta non parteciperemo al corteo tradizionale, organizzato dai sindacati confederali come presa di posizione politica netta nei confronti della direzione di quei sindacati da anni apertamente collaborazionista, corresponsabile della sconfitta storica del movimento operaio. Non sfileremo insieme a politici nazionali e locali del Partito Democratico e dei partiti della cosiddetta “sinistra” che a livello nazionale e locale hanno sostenuto e sostengono le stese politiche antipopolari che attaccano i diritti e i salari dei lavoratori. Non scendiamo in piazza ai funerali dei diritti dei lavoratori al fianco dei loro assassini.
Torino e tutta l’Italia hanno bisogno di un segnale di scossa. La vicenda Embraco, il piano di ristrutturazione preparato da Marchionne in Fiat/Fca, sono solo alcuni delle situazioni che ci dicono che il peggio non è passato. Le forze politiche vincitrici delle elezioni hanno già avuto il benestare della Confindustria, delle banche, dell’Unione Europea e oggi si preparano a proseguire le stesse politiche che i lavoratori hanno subito in questi anni.
Ci rivolgiamo ai lavoratori e alle lavoratrici, anche iscritti ai sindacati confederali, affinché abbandonino ogni illusione, smettano di legittimare dirigenze politiche e sindacali compromesse e corresponsabili. Boicottate il corteo dei confederali e manifestate con noi il primo maggio a Torino! Saranno i lavoratori, i precari, i disoccupati, vittime della feroce ristrutturazione padronale ad avere la parola dal palco della nostra piazza. Lavoratori e lavoratrici veri, che vivono quotidianamente sulla propria pelle il conflitto capitale lavoro.
Avanzare, costruire, organizzare una cellula comunista in ogni posto di lavoro, un’organizzazione sindacale di classe che faccia gli interessi dei lavoratori e non dei padroni, riannodare l’unità dei lavoratori, ricostruire la coscienza di classe e organizzare la lotta che in questi anni è stata spezzata.
Nei prossimi giorni comunicheremo i dettagli organizzativi relativi all’appuntamento del 1 Maggio.
Partito Comunista – Comitato regionale del Piemonte
RIZZO: «FERMARE MARCHIONNE E CHIUSURA FCA IN ITALIA. SERVE LOTTA DEI LAVORATORI».
«Domani, venerdì 23 marzo, i militanti del Partito Comunista e i giovani del Fronte della Gioventù Comunista saranno dinnanzi alla Porta 1 di Mirafiori a Torino per sostenere la lotta dei lavoratori in sciopero contro la chiusura degli stabilimenti FCA in Italia»
Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista.
«Ci hanno detto che la società è cambiata, che non esistono più le classi sociali, invece i padroni usano sempre la vecchia ricetta: fare i soldi sulle spalle dei lavoratori. Fino a quando si trattava di prender soldi dallo Stato, Marchionne e la Fiat/Fca hanno preso a man bassa, oggi, senza restituire nulla, se ne vogliono andare alla ricerca di nuovi schiavi da sfruttare. E’ indicativo che di fronte ad una situazione del genere, che riguarda il primo gruppo economico del Paese non ci sia alcun pronunciamento dalle forze politiche che hanno vinto le elezioni, né Lega né Cinque Stelle. Tutti impegnati a dimostrare la loro finta diversità con proclami ma pronti a inginocchiarsi di fronte alle banche e ai grandi industriali. Noi comunisti – conclude la nota – riprendiamo in mano l’unica forma di lotta possibile ed efficace: quella di classe ed internazionalista.
Sette operai feriti a Como. Rizzo (Pc): «Sicurezza sul lavoro non esiste più»
«In Italia il diritto alla sicurezza sul lavoro non esiste più», questo il commento di Marco Rizzo sull’esplosione in un’azienda chimica in provincia di Como, dalla quale sono rimasti feriti sette operai, di cui uno in codice rosso. «Per fortuna non ci sono stati morti, come invece è avvenuto di recente alla Lamina di Rho. Ma in Italia aumentano gli incidenti e i morti sul lavoro, 13mila vittime in 10 anni, e già decine dall’inizio del 2018. Non si tratta di incidenti o fatalità, è il risultato delle politiche di attacco ai diritti. Se nel nome del profitto si risparmia sulla manutenzione, si punta a comprimere il costo del lavoro, tutto questo poi si ripercuote anche sulla sicurezza dei lavoratori. Bisogna rompere con tutto questo, ridare diritti e dignità ai lavoratori, contro un sistema in cui conta solo il profitto che viene fatto anche a spese della nostra sicurezza, della nostra salute e a volte anche della nostra vita.»
Espropriare la Embraco per difendere i lavoratori
«L’Embraco di Riva di Chieri va semplicemente espropriata e data in gestione ai lavoratori» – ha dichiarato Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista (PC) – «È assurdo che la posizione del Ministro Calenda si limiti a proporre la cassa integrazione per 500 lavoratori in cambio di un nuovo piano industriale. Quello dell’azienda Whirlpool nel torinese non è un caso isolato, ce ne sono tanti analoghi in tutto il paese. Quante sono le aziende che prima prendono aiuti dallo Stato e poi delocalizzano la produzione, lasciando centinaia di lavoratori sul lastrico? In questi casi la soluzione sta solo in una politica di rottura, che metta al primo posto i lavoratori e non la tutela degli interessi delle grandi imprese, rompendo con i vincoli del mercato comune europeo. Le aziende che annunciano la delocalizzazione vanno nazionalizzate, anche senza indennizzo a titolo di risarcimento per gli aiuti ricevuti dallo Stato negli anni, e date in gestione ai lavoratori».