Porto Marghera e la crisi industriale

Porto Marghera e la crisi industriale.

Da lunghi anni la crisi sta colpendo Porto-Marghera in maniera lenta ma violenta. Dei 40 mila occupati del ’70 si sono ridotti a meno di 5 mila. Montagne di accordi istituzionali, sindacali e politici, sono finiti nel cesso. Nessun impegno è stato rispettato e la disperazione operaia è giunta al culmine con azioni di lotta estreme, come salire sulle torce del Petrolchimico a 150 metri da terra. Grandi appetiti commerciali si stanno, da anni dispiegando per quell’area ex industriale. I falsi soccorritori istituzionali, gli imprenditori(?) privati sono terrorizzati dai costi proibitivi delle bonifiche ambientali. L’Autorità portuale, ingorda, vuole per se le aree industriali a prezzi ridicoli, anche perché per queste attività non servono grandi e profonde bonifiche ambientali, quindi costi ridottissimi. L’ingordigia che la contraddistingue, non si sposa con l’esigenza del riimpiego degli operai in CIG, ma è attratta dalla “occupazione ex novo” e possibilmente straniera e precaria da sfruttare nella scia del metodo “Marchionniano”. Nel contempo la follia è al potere, non la fantasia come si gridava negli anni ‘70/80. Infatti propone altri “porti”: uno al largo di Venezia lungo 14 Km e largo 8 Km! Che si aggiunge all’impatto ambientale del MOSE; l’altro nelle vecchie casse di colmataA di Dogaletto, nel comune di Mira, distruggendo quello che resta della zona paludosa-lagunare; difesa con le unghie con i denti negli anni ’70 dalla generazione socialista di De Michelis, per fare il “nuovo Terminal passeggeri. Nella vecchia zona”operaia”, rimarrebbero solo rottami di vecchie infrastrutture e, servizi a terra solo in funzione delle attività portuali, di scarico e carico e rimessaggio, dopo la rottura dello stesso avvenuta in mare, aggiungendo altri costi alle merci trasportate. Qualcuno addirittura(M.Cacciari), parla di fare un centro Nazionale del divertimento! Intanto i lavoratori, disperati, sono appesi al chiodo di cosa dirà questo Governo(!) sulla Chimica e sulle altre attività presenti. La stessa Fincantieri ha messo in CIG 300 lavoratori su 1200 diretti e non si sa che fine faranno i 2000 precari delle aziende d’appalto e sub-appalto, che oggi come in tutta Porto-Marghera, non si possono dire vecchi e non scolarizzati, perché sono giovani con l’età media dai 30/35 anni, quasi tutti diplomati e molti laureati. L’ultima sortita del sindaco della città, G. Orsoni, con il suo Assessore teorizzano apertamente il superamento di”area a vocazione industriale” di Porto-Marghera e mentre dicono questo, chiedono al Governo e agli imprenditori privati di investire in quell’area! Siamo alle comiche finali sulla pelle degli operai e delle loro famiglie. Porto-Marghera deve rimanere area industriale e le attività, come la chimica e la cantieristica sono compatibili con il territorio, il Governo deve formalizzare per questi due settori fondamentali dell’economia non solo veneziana e veneta, ma italiana qual è il suo futuro ed approntare un piano di settore e di sviluppo che assicuri al nostro paese l’autonomia che aveva negli anni 50/60, quando allora esistevano le tante e vituperate Partecipazioni Statali! Dopo di esse, chiuse con il concorso della sinistra impavida e paurosa, il diluvio e non solo a Porto-Marghera. Oggi è possibile rilanciare la lotta operaia. La FIOM ci sta provando con tutti contro, a prescindere, e chi ne fa le spese sono i lavoratori tutti, quelli”garantiti” e ancor più quelli precari degli appalti sfruttati e ricattati, trasformati dallo sfruttamento in “attrezzi ubbidienti al padrone” e al ciclo produttivo, dove i loro “carnefici sindacali, gli stessi di Mirafiori”, firmano accordi capestro e da “negrieri” e poi dicono che è colpa della FIOM se cerca di impedire la loro disastrosa applicazione, e mentre accade questo, il Comune in socia con la Confindustria non trova, volutamente, il modo di concedere ulteriori spazi alla Fincantieri per un suo allargamento! Bisogna rilanciare l’iniziativa politica, ma serve un’unità d’azione congiunta tra le forze di sinistra alternativa presenti in città. Basta illuderci che un”Presidente, Sic!” di commissione alle attività produttivi, sia il massimo di garanzia istituzionale, contro la speculazione ed il disimpegno industriale e/o di tutela dei lavoratori. La necessità e che si costruisca un fronte politico che difenda gli interessi operai e che scardini i poteri forti presenti in città ai quali concorre fattivamente anche il PD. Il maggior partito della sinistra altra(PRC), si assuma il compito di essere da traino di questo progetto, non pensi solo alla sua “visibilità”, ma metta assieme tutte le forze “ di ispirazione comunista”, che pur nella loro specificità “ideologica” si uniscono in un progetto operaio per la città e per Porto-Marghera, questo lo dobbiamo alla nostra storia e ai lavoratori che non sono mai stati così soli e abbandonati da chi li voleva rappresentare ed invece continua ad usarli ed imbrogliargli. Se non ora quando?

Luciano FAVARO & Luigino FATTORI  -CSP-Venezia

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One Reply to “Porto Marghera e la crisi industriale”

  • floriano frosetti

    By floriano frosetti

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    Sono d’accordo ,purtroppo,quello che stà accadendo a Porto Marghera èquello che è avvenuto e stàavvenendo in tutto il paese compreso ilcomportamentoschifoso sia ,dei sindaci cosi detti di sinistra,dirigenti dell PD ecc…ecc..Io penso che l’unica possibilità di cambiare siaquella di fare come il popolo Tunisino e quello Egiziano .

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