APPROVATO L’ACCORDO FISCAL COMPACT. CADE L’ULTIMA BRICIOLA DI SOVRANITÀ ECONOMICA. ECCO ANCHE PERCHÈ HANNO RAGIONE I NO TAV.
Con la firma odierna del trattato “FISCAL COMPACT” venticinque leader dei paesi UE hanno accettato un pacchetto di misure che consentirà la sorveglianza sempre più stretta dell’UE sulle politiche di bilancio dei Paesi dell’Eurozona.
In particolare i paesi firmatari saranno costretti ad inserire una norma costituzionale che vincola la politica economica al pareggio di bilancio.
Non che la cosa in Italia sia una novità: con lo zelo dei disperati, i nostri parlamentari, forti della loro enorme rappresentanza elettorale derivantegli da nomine partitocratiche, si erano affrettati trasversalmente (464 voti a favore e 11 astenuti!) ad approvare già in Novembre alla Camera a dicembre in Senato il testo riveduto ed allungato dell’articolo 81 della Costituzione.
Il nuovo testo approvato dal senato i 15 dicembre dello scorso anno col plauso del presidente Monti così disporrebbe:
«Art. 81. – Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale».
Cosa significa tutto ciò? In pratica ogni spesa del governo dovrà essere il più possibile ripianata, se del caso con robusti tagli, manovre fiscali, dimissioni del patrimonio pubblico.
A questo punto ci si aspetterebbe che per il prossimo futuro alcune delle cosiddette priorità di spesa vengano in qualche modo riviste. Immediata è stata ad esempio la schivata dell’assurda candidatura olimpica di Roma.
Vien però da pensare anche ad un certo buco nelle montagne della Valsusa, che, a conti fatti, finirebbe sempre per costare come parecchie manovre finanziarie: oltre 35 miliardi di euro per l’Italia, salvo lievitazioni di altre cinque o sei volte come è accaduto per tutti i cantieri TAV nostrani e sempre ammesso che l’Europa finanzi veramente la cifra sbandierata dai sostenitori, circostanza oggigiorno tutt’altro che confermata.
Dove trovare tutta questa pecunia ogni anno se il nostro bilancio statale verrà d’ora in poi ingessato nella camicia di forza della UE?
La risposta appare abbastanza scontata: i soldini allo stato arrivano più o meno dalle solite fonti: entrate tributarie, tagli alle spese, dismissione e vendita di proprietà pubbliche, mobiliari e immobiliari, debito, cioè emissione di titoli di stato. Se però il debito pubblico d’ora in poi dovrà avere quel limite costituzionale, appare evidente che per rispettarlo si dovrà agire sugli altri elementi.
Mai escluso che le tasse non debbano ulteriormente aumentare al di sopra del bizantino quoziente attuale, la parte del leone lo faranno i tagli alle spese e la dismissione dei beni pubblici: sanità, scuola, istruzione, trasporti, ammortizzatori sociali saranno voci sempre piû piccole nel nostro bilancio, oppure saranno immolate con la vendita ad operatori privati che sempre in Italia hanno dimostrato di occuparsi dei servizi pubblici più o meno come il rapace si occupa del coniglio.
Ecco perchè quando mi chiedono con spocchia perchè sono contrario al Tav io sono solito rispondere : Perchè per pagare quel foro maledetto io dovrò pagare per curarmi o non curarmi affatto, pagare per mandare mio figlio a scuola o non mandarlo affatto, strapagare i trasporti oppure non usarli, pensare ad utilizzare l’ammortizzatore sociale dell’eutanasia quando perderò il lavoro.
Lo stesso discorso vale per le altre opere inutili ma fonte di profitto per i grandi capitali privati, del mondo delle cooperative. Tutti interessi che si saldano economicamente e politicamente nell’imporre la costrizione di inceneritori inutili, ponti altrettanto fantascientifici, cementifici zone con soldi pubblici o spreco e svendita di risorse territoriali
Il refrain sarà sempre la solita canzone dell’ineluttabilità dell’opera e della spesa (ce la chiede l’Europa). Da oggi altrettanto ineluttabile sarà il tirar cinghia per pagare tutta questa festa di profitti.
Si stupiscono quelli che vedono le bandiere NOTAV in tutta Italia? Talete avrebbe concluso molto semplicemente colla frase “come volevasi dimostrare” e Marx sarebbe stato altrettanto d’accordo.
Enzo Pellegrin, CSP-PARTITO COMUNISTA Torino