Questo deve aver pensato Renzi, presidente del consiglio con vocazioni autoritarie, dopo aver fatto firmare al docile Mattarella i decreti attuativi della controriforma del lavoro.
Togliendo tutti i diritti sui luoghi di lavoro non poteva lasciare quelli sulla rappresentanza previsti dall’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori così come modificato, in senso più democratico, dal referendum del 1995.
Troppi soggetti della rappresentanza che avrebbero potuto, continuando così la situazione nel mondo del lavoro, crescere e creare problemi al manovratore e ai suoi mandanti organici come Confindustria.
I lavoratori senza diritti perché dovrebbero avere anche una rappresentanza? Ognuno rappresenti sé stesso!
Questo deve aver pensato il nostro geniale “presidente del coniglio”.
Ed ecco spuntare dal cilindro una proposta che, in verità, stava a bagnomaria, fin dal marzo 2013 e indovina chi l’aveva pensata?
Probabilmente lo stesso soggetto che ha ispirato e, forse anche steso, gli accordi della triade con Confindustria del 28 Giugno 2011, del 31 Maggio 2013 e del 10 Gennaio 2014 che ne è la summa (e infatti viene chiamato “testo unico”), l’ineffabile ex ministro del lavoro del secondo, fallimentare, governo Prodi…ricordate il protocollo del 2007? Quello che, a parole, voleva migliorare gli “scaloni” della legge Maroni e invece….non è migliorato mulla?
Proprio lui! Cesare Damiano!
Ora sarà onorato dall’attenzione del governo che per azzerare la rappresentanza democratica sindacale dei lavoratori senza diritti vuole una legge che nomini quali unici rappresentanti i tre sindacati della triade che hanno già accontentato confindustria con gli accordi che conosciamo.
Questo, probabilmente, cancellerà anche l’art. 14 dello Statuto e la rappresentanza sindacale libera di cui al primo comma dell’art. 39 rimarrà solo un principio svuotato di ogni valore.
Tutti avranno diritto ad associarsi in sindacato ma se quel sindacato non sarà la Triade non vi sarà rappresentanza.
Cancellati in un sol colpo gli articoli 14 e 19 dello Statuto dei Lavoratori e, ancora più grave, il referendum del 1995 che aveva aperto il diritto a costituire rappresentanze sindacali aziendali a tutte le sigle che avessero partecipato alle trattative contrattuali per contratti applicati nei luoghi di lavoro.
Ecco la proposta di Legge Damiano che, molto probabilmente, costituirà la base per la legge governativa,e dico governativa e non
parlamentare perchè ormai in questo paese il parlamento è ridotto ad una compagnia di ballerine di fila.
Interessante non solo la normativa proposta, ma la premessa dello stesso Damiano, a giustificazione e supporto alla propria proposta.
Purtroppo il documento è piuttosto corposo, ma ne consiglio la lettura per comprendere ciò che sarà in un prossimo futuro.
“Norme sulla rappresentanza e sulla rappresentatività delle organizzazioni
sindacali, sull’efficacia dei contratti collettivi di lavoro e sui diritti dei
lavoratori in materia di informazione e consultazione aziendale”
Presentata il 25 marzo 2013
“Onorevoli Colleghi! La crisi economica e il clima di incertezza politica e
sociale del Paese si sono accompagnati, soprattutto nell’ultimo decennio, a un
rilievo crescente del ruolo delle organizzazioni sociali e in particolare delle
associazioni sindacali. Le esigenze di modificazione del tradizionale sistema
garantistico del diritto del lavoro, in vista delle pressioni derivanti dalla
realtà economica e dalle istanze di flessibilità del mercato del lavoro, hanno
indotto il legislatore a una valorizzazione dell’autonomia collettiva
soprattutto nel governo dei processi di trasformazione della realtà produttiva e
nella tutela dell’occupazione generale.
Il conseguimento di un nuovo sistema di regole essenziali e di principio,
che possa contribuire a superare l’attuale fase di criticità dei rapporti nelle
relazioni sindacali e di possibile incertezza degli effetti degli atti negoziali
sottoscritti in un
clima di conflittualità e di contrapposizione appare ormai non più rinviabile.
Una situazione che non può considerarsi auspicabile e che rischia di
contribuire negativamente sulle già deboli prospettive di rilancio della nostra
economia, dopo la lunga e grave crisi che ha investito il nostro sistema
produttivo.
Non c’è dubbio che l’esito di alcune negoziazioni contrattuali degli
ultimi anni, conclusesi con adesioni parziali, con l’esclusione di importanti
organizzazioni sindacali, con dure contrapposizioni e con soluzioni giuridiche
fortemente contestate, sollecitino un’attenzione particolare del legislatore
volta ad assicurare quel contesto normativo che consenta il recupero di proficue
e ordinate relazioni industriali, nonché la certezza giuridica degli atti
negoziali che, conseguentemente, scongiuri un patologico ed esponenziale
contenzioso giudiziario circa l’efficacia delle clausole contrattuali.
L’auspicata ripresa del nostro già debole sistema economico e la stessa
credibilità delle parti sociali, di tutto hanno bisogno tranne che del
perpetuarsi di un clima di tensione nelle relazioni industriali, di reciproca
delegittimazione e di incertezza giuridica.
La presente proposta di legge, già depositata nel corso della passata
legislatura (atto Camera n. 4340), si pone l’obiettivo di rispondere a una
pressante domanda di strumenti normativi idonei a garantire una ridefinizione,
per via legislativa, della rappresentanza e della rappresentatività sindacali
nonché dell’efficacia dei contratti collettivi di lavoro, rafforzando la
rappresentanza generale e, quindi, la democrazia sociale, con una legge
d’impianto universalistico, in grado di dettare pochi princìpi generali,
potenziando così il ruolo del sindacato nella vita democratica del Paese.
Con ciò si ritiene di portare un contributo all’intero processo di
adeguamento della nostra democrazia, che si arricchisce di nuove sedi, istituti
e strumenti che ne determinano un progressivo ed equilibrato sviluppo.
Del resto, le stesse organizzazioni sindacali hanno convenuto
sull’esigenza di addivenire, sulla falsariga di quanto realizzato per il
comparto del pubblico impiego, a un sistema di certificazione e di verifica
della reale rappresentatività delle diverse organizzazioni sindacali,
condivisione che è stata formalizzata con l’accordo interconfederale del 2008.
Nel rispetto del pluralismo, l’intento del legislatore deve essere quello
di contribuire a ridurre i rischi che derivano da un’eccessiva frammentazione
della rappresentanza, senza comunque intervenire sull’autonomia della vita
associativa; ciò che si vuole regolamentare è la funzione di rappresentanza
generale che svolgono i sindacati e non, invece, la loro vita associativa, che
resta libera.
Ci si propone innanzitutto di consolidare e di valorizzare l’esperienza
del modello di sindacalismo confederale italiano, realizzando una sintesi tra il
suo essere sindacato associativo ed elettivo.
Garantendo il pluralismo associativo, vi è l’esigenza generale di
contrastare l’eccessiva frantumazione delle rappresentanze sindacali, così come
quella di garantire criteri di misurazione dell’effettiva rappresentatività dei
sindacati sulla base della consistenza associativa certificata e del consenso
elettorale riscosso tra tutti i lavoratori; di assicurare la costituzione delle
rappresentanze sindacali unitarie (RSU) in tutti i luoghi di lavoro, senza
provocare conflitti nella contrattazione di secondo livello, tra le associazioni
sindacali firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro e la
rappresentanza sindacale aziendale; di conferire efficacia erga omnes a tutti i
contratti di lavoro sottoscritti dai sindacati dei quali sia misurabile la
rappresentatività.
L’operazione di aggiornamento del modello di rappresentanza si è resa
necessaria soprattutto negli ultimi anni e, se possibile, ne esce rafforzata
dagli ultimi contratti sottoscritti. I fenomeni intervenuti nell’economia hanno
portato, da un lato, a profonde trasformazioni nell’organizzazione del lavoro e,
dall’altro lato, alla frammentazione della rappresentanza sindacale, anche nei
luoghi in cui è più radicato il sindacalismo confederale. La
stessa Corte costituzionale ha più volte sollecitato il legislatore a
intervenire per sanare gli effetti che si sono prodotti a seguito del risultato
referendario del 1995, che ha eliminato il criterio di presunta maggiore
rappresentatività senza che esso fosse sostituito da un qualsiasi altro
criterio. Ne è derivata una spinta alla frammentazione sindacale, dal momento
che per essere considerati rappresentativi è diventato sufficiente sottoscrivere
un contratto di lavoro.
Alla luce di tali considerazioni, la presente proposta di legge si
concentra su quelli che consideriamo i nodi principali per il conseguimento di
un moderno, ordinato e condiviso sistema della rappresentanza e della
rappresentatività sindacale sia a livello nazionale, sia nei singoli luoghi di
lavoro.
Congiuntamente, per rafforzare l’obiettivo di una moderna e proficua
visione delle relazioni industriali, si ritiene necessario affiancare la
previsione dell’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto del comitato
consultivo nelle grandi imprese, quale organismo di coinvolgimento dei
lavoratori e dei loro rappresentanti, attraverso forme di informazione,
consultazione e verifica delle notizie attinenti la realtà aziendale e
produttiva.
Nel dettaglio, l’articolo 1 della presente proposta di legge indica norme
generali per la definizione delle modalità di costituzione delle RSU nei luoghi
di lavoro, riconoscendo tale facoltà ai lavoratori aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché agli altri soggetti
associativi dei lavoratori, purché raccolgano il 5 per cento di firme sul totale
dei lavoratori dell’azienda aventi diritto. Si prevede, al contempo, la
possibilità di costituire organismi di coordinamento nelle imprese con più unità
produttive.
Alle RSU, così costituite, le organizzazioni sindacali devolvono i diritti
alla contrattazione, garantendo la loro assistenza nelle fasi negoziali, nonché
i corrispondenti diritti previsti dalla legge n. 300 del 1970, cosiddetta
«statuto dei lavoratori». L’articolo 2 individua i criteri minimi per il
riconoscimento del requisito di rappresentatività nazionale delle organizzazioni
sindacali, fissandolo al 5 per cento, quale media tra il dato associativo e
quello dei voti conseguiti nelle consultazioni elettorali nei luoghi di lavoro.
Il compito di raccogliere i suddetti dati è affidato al Consiglio nazionale
dell’economia e del lavoro che, sulla loro base, determina la capacità
rappresentativa delle diverse organizzazioni sindacali.
Con l’articolo 3 si sancisce che l’efficacia erga omnes dei contratti
collettivi di lavoro si consegue qualora siano sottoscritti da organizzazioni
sindacali che singolarmente o complessivamente abbiano una rappresentatività non
inferiore al 50 per cento più uno, come media tra il dato associativo e il dato
elettorale.
Infine, l’articolo 4 introduce una significativa innovazione nel nostro
sistema di relazioni industriali, prevedendo l’istituzione del comitato
consultivo, composto dai rappresentanti dei lavoratori, nelle grandi imprese con
più di trecento dipendenti. La composizione del comitato consultivo, le
procedure di nomina dei suoi membri, i requisiti di eleggibilità e il
procedimento elettorale sono disciplinati dai contratti collettivi nazionali di
lavoro. Si prevede, inoltre, che l’organo di amministrazione della società
trasmetta al comitato consultivo una relazione semestrale che illustri la
situazione economica, finanziaria, produttiva e occupazionale della società
stessa. Il comitato consultivo, oltre a esprimere un parere preventivo e non
vincolante su tali relazioni, può formulare osservazioni e raccomandazioni sulle
proposte di deliberazione della società riguardanti materie che comportano
rilevanti conseguenze sulle condizioni di lavoro e sull’occupazione dei
lavoratori. Ai componenti del comitato consultivo è posto l’obbligo della
riservatezza riguardo le notizie che l’impresa ritenga meritevoli di tutela.”
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.(Costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie).
1. In ogni unità produttiva avente i requisiti di cui all’articolo 35
della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, le
rappresentanze sindacali unitarie (RSU) possono essere costituite su iniziativa
dei lavoratori nell’ambito delle associazioni aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale, su basi elettive, prevedendo
il voto, a scrutinio segreto e su liste di organizzazione, di tutti i lavoratori
aventi diritto.
2. Possono altresì presentare liste alla competizione elettorale per
l’elezione delle RSU i soggetti associativi diversi dalle organizzazioni
sindacali di cui al comma 1, purchè raccolgano il 5 per cento di firme sul
totale dei lavoratori aventi diritto.
3. Nelle imprese con più unità produttive le RSU possono costituire
organismi di coordinamento tra le rispettive rappresentanze in ciascuna unità
produttiva.
4. Alle RSU sono devoluti dalle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative sul piano nazionale i diritti alla contrattazione, che sono
esercitati con l’assistenza delle stesse associazioni sindacali, nonchè i
diritti e le garanzie già previsti per le rappresentanze sindacali aziendali
dalla legge 20 maggio 1970, n. 300. I contratti collettivi nazionali di lavoro
possono stabilire le modalità con le quali le RSU esercitano l’attività
contrattuale nelle materie rinviate ad accordi decentrati.
5. L’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive
modificazioni, è abrogato.
6. Alle pubbliche amministrazioni continua ad applicarsi la disciplina di
cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Art. 2.(Rappresentatività sindacale).
1. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori sono considerate
rappresentative a livello nazionale quando hanno nella categoria o nell’area
contrattuale una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a
tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale per l’elezione
delle RSU. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle adesioni,
desunte dal numero delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali
nonchè dalle iscrizioni comunque certificate e verificabili, rispetto al totale
degli iscritti nell’ambito considerato.
2. La raccolta dei dati sulle adesioni alle organizzazioni sindacali e sui
risultati elettorali relativi alle RSU è assicurata e aggiornata dal Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, tramite le direzioni provinciali del
lavoro, entro il mese di gennaio di ciascun anno e tali dati sono comunicati al
Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, il quale provvede a determinare
la capacità rappresentativa di ogni sindacato.
Art. 3. Efficacia del contratto collettivo di lavoro).
1. Gli accordi e i contratti collettivi di lavoro producono gli effetti di
cui alla presente legge se sono sottoscritti da associazioni sindacali
firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro, che nel loro complesso
hanno una rappresentatività non inferiore al 50 per cento più uno come media tra
il dato associativo e il dato elettorale.
2. I contratti collettivi di lavoro, se sono sottoscritti osservando le
procedure di cui al comma 1, obbligano il datore di lavoro nei confronti di
tutti i lavoratori e sono direttamente efficaci nei confronti di questi ultimi.
Art. 4.(Comitati consultivi).
1. Nelle società in qualsiasi forma costituite che occupano almeno
trecento lavoratori e nelle società per azioni è istituito un comitato
consultivo composto dai rappresentanti dei lavoratori.
2. Nei gruppi di società collegate, controllanti o controllate ai sensi
dell’articolo 2359 del codice civile da altre società, anche estere, i quali
occupano complessivamente più di trecento lavoratori, il comitato consultivo è
istituito in ciascuna società che occupa almeno trentacinque lavoratori.
3. Gli accordi e i contratti collettivi di lavoro stipulati con le
associazioni di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori
maggiormente rappresentative sul piano nazionale disciplinano la composizione,
le procedure di nomina dei componenti, i requisiti di eleggibilità e il
procedimento elettorale del comitato consultivo.
4. L’organo amministrativo delle società nelle quali è istituito un
comitato consultivo trasmette ogni sei mesi al medesimo comitato una relazione
illustrativa della situazione economica, finanziaria, produttiva e occupazionale
della società stessa. Sulle relazioni periodiche di cui al presente comma il
comitato consultivo esprime un parere preventivo e non vincolante.
5. Il comitato consultivo può inoltre formulare osservazioni e
raccomandazioni sulle proposte di deliberazione della società concernenti:
a) la cessazione o il trasferimento di aziende o di parti importanti
delle medesime, le fusioni e le incorporazioni, i nuovi insediamenti e la
costituzione di rapporti di cooperazione con altre società;
b) le limitazioni, gli ampliamenti o le modifiche delle attività
aziendali, le riconversioni produttive e le modificazioni dell’organizzazione
aziendale e del lavoro che comportano rilevanti conseguenze sull’occupazione
e sulla mobilità dei lavoratori.
6. I componenti del comitato consultivo non possono rivelare a terzi
notizie ricevute in via riservata e qualificate come tali dall’impresa.
In caso di violazione del divieto, fatta salva la responsabilità civile,
si applicano, ove compatibili, le sanzioni disciplinari previste dai contratti
collettivi di lavoro vigenti.
7. Gli accordi e i contratti collettivi di lavoro possono prevedere
l’istituzione di una commissione tecnica di conciliazione per le contestazioni
relative alla natura riservata delle notizie fornite e qualificate come tali,
nonchè per l’individuazione delle informazioni suscettibili di creare notevoli
difficoltà al funzionamento o all’attività esercitata dalle imprese interessate
o di arrecare loro danno o di provocare turbativa dei mercati.