Le donne del Partito Comunista aderiscono alla manifestazione organizzata dalle donne delle Retekurdistan contro la violenza maschile al fianco delle donne kurde SABATO 28 NOVEMBRE A MILANO, partendo dalle 16.30 dai giardini di Via Palestro.
Le donne della regione del Rojava, nel nord della Siria, che da più di tre anni ha proclamato l’ autogoverno, stanno lottando contro il fondamentalismo teleguidato dell’ISIS e contemporaneamente contro la violenza dello stato turco e dell’intero sistema patriarcale. E poiché stanno mettendo in discussione la complessiva concezione di classe che impone lo sfruttamento dei più deboli, proponendosi come protagoniste di nuove forme di governo in netta antitesi con ciò che il capitalismo sta imponendo nel mondo, da comuniste, affermiamo che la loro lotta è la nostra lotta.
Pur non condividendo appieno l’impostazione politica del governo del Rojava, le donne del Partito Comunista sostengono la lotta delle donne che stanno portando avanti questa importante esperienza: esse, infatti, partono da concetti solo apparentemente antichi ma oggi più che mai attuali, idee che svelano le vere gerarchie ed i rapporti di forza in atto nel mondo. Primo fra tutti l’abolizione di vecchie e nuove schiavitù, a partire dall’asservimento delle donne e dal rifiuto ad assoggettarsi alla violenza, rispondendo con nuove proposte di economia di ispirazione socialista e forme di autodifesa che non cercano l’ ipocrita indulgenza mascherata dal finto pacifismo e dall’impostazione classista del mondo occidentale e mediorientale.
In Turchia, l’ alleato più fedele degli USA ed amico stretto dell’Europa, il corpo della guerrigliera kurda Ekin Van è stato orrendamente martoriato dopo essere stato colpito a morte ed esposto sulla pubblica piazza; violenze, stupri nelle case e nelle strade sono all’ordine del giorno contro le attiviste politiche, come se non bastasse, poi, il governo turco formalizza apertamente al mondo, la politica del femminicidio come strumento di guerra contro le donne che si ribellano.
Oggi più che mai le violenze contro le donne sono strumento politico, mezzo per far regredire e reprimere coscienza e consapevolezza che le più sfruttate (e la crisi colpisce sempre e più duramente proprio le donne delle classi popolari) hanno dei reali rapporti di forza e di potere nella società monopolizzata dal capitalismo.
Per questo siamo al fianco delle donne kurde nella loro lotta per l’autodeterminazione che è lotta di classe, per proporre un nuovo modello sociale che pone le basi per una socialità rispettosa di tutte e di tutti.
In questi giorni dove la compravendita mediatica ci fa capire come si possa speculare e far cassa anche sulla sofferenza delle donne e se non a suon di mimose con performance “teatrali ed artistiche” ben pagate da un sistema borghese che sempre governo a dispetto delle etichette e che si autoalimenta senza vergogna, stiamo dalle parte di quelle donne che si oppongono ad un modello sociale che nonostante gli slogan, alimenta la violenza e la sopraffazione delle classi meno abbienti, emarginandole con metodi sempre più cruenti.
Dalla mancanza di lavoro, al precariato eterno, dalla disoccupazione alla soppressione dei servizi sociali e pubblici privatizzati e mal gestiti, dalla violenza che parte dall’affermazione della becera cultura sessista tornata in auge ed arriva alla violenza fisica ed al femminicidio, sempre più facili da perpetrare contro donne a cui è stata tolta ogni possibilità di autodeterminazione ed indipendenza, la lotta delle donne è oggi aspetto d’ avanguardia della lotta di classe.
Monica Perugini
Responsabile nazionale donne del Partito Comunista