“Gli Stati Uniti d’Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari” Lenin
60 anni dopo la Conferenza di Messina, svolta nella città dello Stretto dal 1° al 3 Giugno 1955 a casa dell’allora Ministro degli Affari Esteri italiano, il messinese Gaetano Martino (colui che occultò i crimini dei nazisti in Italia per favorire l’integrazione della Germania dell’Ovest nella NATO), il Consiglio Italiano del Movimento Europeo e il Comune di Messina, con l’Università degli Studi di Messina, la Regione Sicilia e l’European University Institute organizzano e promuovono le celebrazioni di questo anniversario attraverso una 4 giorni (dal 3 al 6 Giugno) volta alla narrazione di una interpretazione idealizzante del processo di integrazione europea e di mistificazione storica e ideologica sulla natura dell’Unione Europea che rifiutiamo totalmente. Come si legge infatti nel documento del comitato organizzatore si fa riferimento allo “spirito” originario che animò la Conferenza e i padri fondatori della Comunità Europea per affermare un ideale “nobile” nella radice dell’integrazione europea che va riconquistato per dare “nuovo slancio” all’Unione Europea che sarebbe frutto della volontà spontanea dei popoli e dell’aspirazione della pace. Ciò è funzionale a diffondere nelle masse una falsa visione della natura dell’Unione Europea e di conseguenza su una possibilità passivizzante di miglioramento. Una costruzione ideologica portata avanti tramite spot, programmi scolastici e celebrazioni che cozzano tremendamente con la realtà in cui le masse popolari rigettano sempre di più questa struttura che rappresenta esclusivamente gli interessi dell’oligarchia finanziaria.
La Conferenza di Messina si svolse poco dopo l’intoppo del rifiuto da parte del parlamento francese della CED (Comunità Europea di Difesa). Nel 1951 si era già costituita infatti la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) col trattato di Parigi (cosiddetto Piano Schuman) che mise in comune le produzioni di carbone e acciaio di Francia, Germania Ovest, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, creando la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali allo scopo di far convergere gli interessi dei monopoli capitalisti europei nella competizione internazionale. I ministri degli esteri di questi 6 paesi si riunirono a Messina dove il 3 Giugno 1955 enunciarono la Dichiarazione di Messina, tappa fondamentale dalla quale nascerà due anni dopo la Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom) e il Trattato di Roma (1957) che darà vita al Mercato Europeo Comune, la CEE (Comunità Economica Europea) e quindi l’Unione Europea. Nella dichiarazione di Messina i partecipanti pongono l’obiettivo di “fare un altro passo sulla strada dell’integrazione europea” che “dovrebbe essere eseguita prima nel campo economico” con la “creazione di un’Europa unita dallo sviluppo di istituzioni comuni, la fusione progressiva delle economie nazionali, la creazione di un mercato comune e l’armonizzazione progressiva delle loro politiche sociali”. Tale politica è “essenziale per mantenere all’Europa il posto che occupa nel mondo” e “ristabilire la sua influenza”. Questo è quanto si può leggere nell’incipit della Dichiarazione i cui punti prevedevano lo sviluppo pacifico dell’energia atomica, l’istituzione di un mercato comune, l’unificazione dei regimi doganali: da questo si evince che ciò che muoveva i “padri fondatori” dell’UE non erano altro che gli interessi delle grandi imprese, delle borghesie monopolistiche di questi paesi nel processo di accumulazione e concentrazione capitalistica e di competizione internazionale, dove, in particolare, la ricerca di uno spazio economico di scambio si rendeva necessaria nelle nuove condizioni del periodo post Seconda Guerra mondiale di pari passo con la creazione della NATO, l’alleanza militare atlantica con gli Stati Uniti d’America fondata qualche anno prima. Lo sviluppo dei nuovi metodi di produzione imponeva una crescita continua delle imprese per accrescere i profitti e la competitività e questo richiedeva per l’appunto un mercato sempre più ampio che sfociò nella creazione di “un mercato regionale adeguato alle nuove tecnologie”.
L’Unione Europea è pertanto lo strumento dei grandi monopoli d’Europa per la creazione di un grande mercato comune, “domestico”, che garantisce al grande capitale europeo la base per il suo sviluppo ottimale e i suoi profitti attraverso una forza lavoro comune sotto regole produttive e finanziarie comuni, così come le politiche monetarie, ecc.; un mercato competitivo e relazionato agli altri mercati e blocchi importanti del mondo. Per questo, tutti i trattati dell’UE, dalla Conferenza di Messina al Trattato di Roma e in avanti, hanno avuto come obiettivo la creazione di istituzioni sovranazionali politiche e economiche/finanziarie (ad es. la BCE), elitarie, indipendenti da ogni possibilità di controllo popolare che dettano leggi e linee direttrici comuni. Con gli ultimi trattati e con il Patto di Stabilità, questo obiettivo è completo e l’UE è la dittatura dei monopoli europei.
Dalla CECA, alla CEE, all’UE, il processo di “integrazione europea” ha sempre rappresentato gli interessi esclusivi dell’oligarchia finanziaria, dei monopoli capitalistici, delle multinazionali, che hanno aumentato progressivamente la loro influenza e direzione delle economie nazionali nel processo di concentrazione monopolistica dando coerentemente vita all’Unione Europea dei grandi monopoli nazionali e transnazionali che comprimono i salari, distruggono i diritti, generano disoccupazione, grandi differenze sociali e territoriali, miseria e guerre nel nome dei profitti e della competitività internazionale, accumulando la ricchezza in sempre meno mani. Tutti i vari trattati economici, politici e militari che hanno dato forma all’Unione Europea e all’Unione Economica e Monetaria, sono guidati da tali obiettivi e non sono per nulla una distorsione del progetto iniziale ma il suo naturale sviluppo basato sui rapporti di produzione capitalistici che la rendono un blocco imperialista dal carattere profondamente anti-operaio, anti-popolare e reazionario che fin dalle sue origini è stata fortemente avversata dai comunisti e dal movimento operaio nazionale e internazionale, mentre viene coerentemente celebrata e ideologicamente difesa dalla classe borghese e le sue istituzioni, mass-media e organizzazioni politiche e sociali.
IL POPOLO LAVORATORE NON HA NULLA DA CELEBRARE
L’UNIONE EUROPEA E’ DISOCCUPAZIONE, SFRUTTAMENTO, MISERIA E GUERRE
Bisogna sgombrare quindi il campo dalle visioni idealistiche, opportunistiche e mistificanti: l’Unione Europea è una alleanza interstatale imperialista che rappresenta oggi la forma più connaturale per il dominio del capitale monopolistico e internazionale europeo. Una vera e propria struttura reazionaria che si traduce in una reale regressione generale avendo come obiettivo fondamentale la soddisfazione degli interessi del grande capitale monopolistico, industriale e finanziario, creando le condizioni per la massimizzazione del profitto: i principi di base sono l’aumento della redditività dei monopoli in funzione dell’accumulazione capitalista e del rafforzamento della loro competitività internazionale mediante l’incremento del grado di sfruttamento della classe operaia, la disoccupazione di massa, l’eliminazione delle conquiste e dei diritti sociali che peggiorano ovunque le condizioni di lavoro e di vita del popolo lavoratore; taglio della sicurezza sociale; mercificazione, privatizzazione e liberalizzazione dei servizi pubblici; repressione e autoritarismo; militarizzazione e guerre.
L’unica libertà reale è quella per l’attività dei grandi gruppi padronali, economici e finanziari a livello nazionale, regionale e internazionale con la libera circolazione di capitali, merci, servizi garantita dai “Trattati di Maastricht”, la “Strategia di Lisbona” e di “UE 2020” che hanno posto le linee guida delle ristrutturazioni capitalistiche implementando le politiche di privatizzazioni e liberalizzazioni con la svendita del “patrimonio pubblico”, di eliminazione delle conquiste sociali dei lavoratori con la “deregolamentazione” della “legislazione del lavoro” e la distruzione della contrattazione collettiva, moderazione salariale, “dumping sociale”, incremento della flessibilità, dei ritmi e orari di lavoro in nome della produttività, l’internazionalizzazione della produzione con le delocalizzazioni e le esternalizzazioni nel quadro della divisione internazionale del lavoro, l’istituzione di vere e proprie “gabbie salariali”, il taglio della spesa pubblica, dei servizi pubblici e pensioni, con l’accesso sempre più limitato alla sanità, all’istruzione e ai trasporti che sono sempre più privilegi per una élite. Con la Politica Agricola Comune (PAC) si favorisce la concentrazione della terra e della produzione in poche mani, per ampliare, rafforzare i rapporti capitalistici nella produzione agricola, in modo che si formino grandi aziende agricole capitaliste ad alta competitività a vantaggio delle multinazionali del settore e della grande distribuzione a discapito dei piccoli contadini e braccianti. Le colture tradizionali vengono distrutte o rimangono incolte e abbandonate mentre si importano prodotti agricoli in un “libero mercato” regolato dagli interessi dei monopoli. La cosiddetta “Governance Economica Europea”, il “Meccanismo Europeo di Stabilità”, l’”Unione Economica e Monetaria”, danno vita al quadro delle misure economiche e finanziarie anti-popolari, realizzate con una supervisione da parte dei funzionari dell’UE negli Stati membri vincolando le politiche dei vari paesi (attraverso il Fiscal Compact, il Patto di Stabilità, debito “pubblico”, avanzo primario, pareggio di bilancio ecc…) al rigore finanziario al fine di garantire la stabilità monetaria e l’integrazione capitalista nella costruzione della base comune delle varie borghesie per creare le condizioni migliori per l’attività e i profitti dei monopoli che allo stesso tempo, essendo una unione di Stati con diversi livelli di sviluppo, comporta la supremazia di quelli più forti e una sostanziale disuguaglianza che colpisce particolarmente i paesi periferici. Stabilità e integrazione sulla pelle e il sangue del popolo lavoratore e delle masse popolari.
Attraverso il cosiddetto spazio di “Libertà, Sicurezza e Giustizia” si blinda gradualmente la costruzione dell’UE, il potere politico dei monopoli. Si rafforza la repressione e l’autoritarismo, si criminalizzano le lotte operaie e popolari, si restringono le libertà sindacali nei posti di lavoro e il diritto allo sciopero, si rafforza la persecuzione contro i comunisti, si adottano dure misure contro gli immigrati, si istituisce un meccanismo di sorveglianza e persecuzione dei lavoratori e limitazione della loro partecipazione alla vita politica e sociale. Con la “Politica di Sicurezza e di Difesa Comune” l’UE si dota di uno strumento di intervento politico e militare in tutto il mondo, anche in autonomia dalla NATO, per il controllo e lo sfruttamento dei nuovi mercati da parte dei monopoli, per la conquista di nuove posizioni geopolitiche e sfere d’influenza nella competizione internazionale inter-imperialista per lo sfruttamento delle risorse energetiche e materie prime, le vie di trasporto, l’esportazione di capitali, sfruttamento di manodopera a basso costo, attraverso le guerre che generano povertà, distruzione e migrazione forzata trasformando drammaticamente il mediterraneo in una gigantesca fossa comune che è responsabilità propria del capitalismo e delle politiche europee che mirano ai migranti come “esercito di riserva” da sfruttare per abbassare il “costo del lavoro” e i diritti, e come merce di contrattazione tra Stati per la suddivisione delle quote in base agli interessi delle proprie borghesie.
Rifiutiamo pertanto la visione di una UE da celebrare e che garantisce le libertà democratiche, la cooperazione e la pace, quando la realtà dimostra concretamente e crudelmente tutto l’opposto. Tutto il costrutto giuridico, le legislazioni europee sono volte al restringimento delle libertà sociali e politiche, della sovranità popolare e all’attacco contro i diritti. E’ totalmente priva di fondamento l’idea che l’Unione Europea sia o possa esser a favore dei popoli o che possa garantire relazioni d’uguaglianza tra i suoi Stati membri: essa è una unione del capitale e un nido di vespe contro i popoli. Al suo interno predominano lo sviluppo ineguale, l’antagonismo, i rapporti diseguali, le differenze territoriali e sociali, e la solidarietà e cooperazione di cui tanto si parla esiste solamente nell’accordo tra i monopoli sull’attacco economico, politico e sociale contro il popolo lavoratore. Priva di fondamento è anche una UE che garantisce la pace: i paesi membro dell’UE fanno parte integrante e attiva del principale fuoco guerrafondaio del pianeta con gli Stati Uniti d’America, ossia la NATO, e non hanno alcuna esitazione nel sostenere politicamente, finanziariamente e militarmente le forze naziste in Ucraina, protagoniste con l’esercito ucraino del massacro contro le popolazioni del Donbass, al fine di difendere i propri interessi geopolitici nella competizione con la Russia capitalista e integrare l’Ucraina nelle proprie sfere. La guerra in Ucraina è solo l’ultima di una lunga serie di guerre locali e regionali, nel quadro della competizione inter-imperialista globale, che vede protagonisti i paesi UE e NATO: dalla Jugoslavia, all’Afghanistan, all’Iraq, Libia, Mali, Siria, nel nord Africa e Medio Oriente ecc.
C’E’ DA LOTTARE CONTRO IL CAPITALISMO, L’UE E LA NATO
Sessant’anni dopo la Conferenza di Messina ciò che è evidente al di là delle retoriche e fanfare istituzionali, è che, come affermava Lenin, “gli Stati Uniti d’Europa in regime capitalistico [sono] o impossibili o reazionari”. I diritti, il benessere e progresso sociale, la libertà, la cooperazione, la pace, sono conquiste che i popoli d’Europa possono agguantare solo attraverso la lotta di classe contro l’Unione Europea e la NATO, rifiutando ogni compatibilità e subalternità al sistema e agli interessi nazionali e sovranazionali della borghesia monopolistica che ha in Italia nel Partito Democratico e nel governo Renzi il più conseguente rappresentante dei suoi interessi, dal quale nascono il “Jobs Act”, la “buona scuola”, lo “sblocca Italia”, il “piano casa” e le varie “riforme costituzionali/istituzionali” così come tutte le politiche dei “patti di stabilità” che colpiscono ancora più forte nella nostra terra, con la chiusura degli ospedali, taglio dei servizi sociali e dei trasporti, disoccupazione di massa e povertà diffusa, degrado sociale e abbandono nei quartieri popolari delle nostre città, assenza di diritti, bassi salari, sottoccupazione, distruzione dell’agricoltura locale e dell’ambiente, militarizzazione del territorio con basi e installazioni militari, a cui si somma la disperazione di migliaia di migranti rinchiusi nei CIE e CARA e sfruttati dal caporalato: questa è quella base legale di cui si nutre la “nostra” borghesia mafiosa.
Questi eventi hanno il solo scopo di difendere, riprodurre e perpetuare il consenso per un sistema marcio, parassitario e decadente, mirando a sviare e mistificare le coscienze delle masse popolari che non hanno in realtà nulla da celebrare e nulla da aspettarsi e apprendere da forum partecipati dal personale politico dei capitalisti, da governanti, funzionari, burocrati e dall’intellighenzia borghese delle accademie universitarie che rappresentano e narrano solo gli interessi delle élite: è dalle lotte militanti e di massa per il lavoro, per i salari, per i diritti sociali e lavorativi per tutti, per il diritto alla casa e per trasporto, istruzione e sanità pubblici, gratuiti e accessibili a tutti, per la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori dei settori economici strategici, contro la flessibilità e il precariato, contro la guerra imperialista e il razzismo, che passa il futuro dei popoli nella costruzione di un mondo nuovo non più basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sul profitto dei pochi ma sulla soddisfazione dei bisogni sociali del popolo lavoratore e delle masse popolari. Solo con il rovesciamento del sistema capitalista, della borghesia e delle sue strutture di potere politico/statale, l’uscita dall’Unione Europea e dalla NATO, e da ogni tipo di alleanza imperialista, i popoli potranno realizzare tutte le proprie aspirazioni e bisogni, con sovranità e il proprio protagonismo attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione, la pianificazione centrale dell’economia e l’internazionalismo proletario in modo che il popolo lavoratore sia realmente proprietario delle ricchezze che produce.
Per questi motivi, il Partito Comunista, respinge le celebrazioni del sessantennale della “Conferenza di Messina” organizzate dall’amministrazione comunale Accorinti con la presenza del Pres. della Comm. Affari Esteri del Parlamento Casini, il Pres. della Regione Crocetta, il Pres. del Senato Grasso, funzionari e ambasciatori dei paesi membro della UE, ecc. Anche con questi atti, l’amministrazione Accorinti e i suoi sostenitori, dimostrano tutta la loro piena integrazione, complicità e compatibilità con il sistema e gli interessi generali della classe dominante. Da parte nostra rinnoviamo l’impegno nella costruzione di un movimento di classe, organizzato e militante, in grado di lottare efficacemente per il rovesciamento del potere dei monopoli capitalistici, unica soluzione a favore degli interessi popolari con il disimpegno del Paese dall’Unione Europea attraverso il Potere Popolare.
FUORI DA UE E NATO PER IL SOCIALISMO
PEOPLE OF EUROPE, RISE UP!
Partito Comunista – Messina