Italia sempre più precaria

Italia sempre più precaria

l’Italia diventa sempre più precaria nel mondo del lavoro. Nonostante il governo cerchi di far passare l’idea che si vada incontro a una ripresa sia economica che del lavoro, la realtà è ben diversa da quello che ci vogliono far credere.
I media di regime, come “Il Sole 24 Ore” e il “Corriere della Sera” sbandierano come un trionfo del governo i dati Istat sulle assunzioni del 2021. Secondo i dati, sarebbero stati recuperati ben 700.000 posti di lavoro.
Quello che i giornali si dimenticano di dire però è che di questi posti di lavoro il 90,6% sono contratti a termine, quindi precari, il dato dei contratti precari infatti è salito a più di 3 milioni, pari al 17,11% del totale dei lavoratori dipendenti. Ad aumentare insieme ai precari sono anche i lavoratori autonomi (anche finte partite Iva) che durante questa pandemia hanno subito maggiormente la crisi.
La fantomatica ripresa economica e l’aumento dei posti di lavoro non è quindi come giornali e governo millantano. Il governo si è reso protagonista solamente di un ulteriore aumento del precariato e che nel nostro Paese sta aumentando ogni anno eliminando posti di lavoro stabili e condannando tutti ad una vita precaria e insicura.

La precarietà influisce anche sui diritti dei lavoratori, costretti a sottostare al volere dei padroni con la paura costante del licenziamento o del non rinnovo del contratto di lavoro oltre a non poter programmarsi una vita.

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Nel capitalismo non esiste democrazia!

Nel capitalismo non esiste democrazia!

Nel capitalismo non può esserci vera democrazia. Sostenere il Partito Comunista non significa soltanto esprimere un voto per uno tra i tanti partiti. Significa far marciare un’idea di trasformazione, di radicale cambiamento della società, non realizzabile con compromessi e riforme, ma solo attraverso l’abbattimento degli ostacoli che impediscono la realizzazione di una vera democrazia.

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Mentre parlano solo di COVID la metà delle famiglie rinuncia a curarsi!

Mentre parlano solo di COVID la metà delle famiglie rinuncia a curarsi!

Il Paese è allo sbando. Metà delle famiglie italiane rinunciano alle cure mediche.
Mentre le direttive del ministero dell’interno, mirano ad impiegare massicce risorse delle forze dell’ordine nella ricerca di chi non ha il Super #GreenPass, la Cerved conferma che nel 2021 LA METÀ DELLE FAMIGLIE italiane ha rinunciato alle cure mediche (in tutto o in parte).
Problemi economici, mancanza di soldi, problemi logistici, inadeguatezza e indisponibilità dei vari servizi.
Chi di voi non si è trovato neanche una volta in queste condizioni?
E mentre il governo Draghi, per stessa ammissione del premier, scarica tutte le responsabilità della distruzione dell’Italia su chi non ha effettuato la terza dose (purtroppo non è una barzelletta), è sempre più evidente cosa anni di politiche europee abbiano lasciato al nostro Paese:
LA ROVINA.
Bisogna mandarli tutti a casa, a partire da Draghi, altro che presidente della Repubblica.

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Tagli alla sanità:Tutti colpevoli – Destra, Sinistra e Tecnici

Tagli alla sanità:Tutti colpevoli – Destra, Sinistra e Tecnici

Quando diciamo che il problema vero è la sanità pubblica diciamo una ovvietà.
Negli ultimi 40 anni sono stati TAGLIATI i posti letto, TAGLIATI i posti letto in terapia intensiva e gli investimenti, con meno ospedali, più lontani dai cittadini e meno personale.
Per questo noi chiediamo una più investimenti e risorse, per un sistema sanitario nazionale pubblico, uno, non 21 sistemi sanitari regionali, e bisogna tornare ad investire in ospedali di prossimità con una diffusione capillare, aumento dei posti letto, dei posti letto in terapia intensiva e della formazione e assunzione di nuovi dottori, infermieri, tecnici e di tutto il personale di cui c’è bisogno per far funzionare la sanità pubblica, in questo modo non ci sarebbe stata nessuna pressione sugli ospedali e avremmo potuto affrontare meglio qualsiasi tipo di malattia.
Questa è la verità che abbiamo sempre detto e che ribadiamo con forza da due anni.
MA NIENTE È STATO FATTO DA QUESTO GOVERNO

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LETTERA APERTA: “ORA L’UNITÀ. PER IL PARTITO COMUNISTA IN ITALIA”

LETTERA APERTA: “ORA L’UNITÀ. PER IL PARTITO COMUNISTA IN ITALIA”

Lettera aperta “Ora l’unità. Per il Partito Comunista in Italia”.
Dichiarazione di Marco Rizzo, segretario generale Partito Comunista (Italia).
Abbiamo ricevuto in questi giorni, come tutti gli altri partiti comunisti in Italia, una Lettera Aperta inviataci – a nome dei circa 1.000 aderenti all’Appello “Ora l’unità. Per il Partito Comunista in Italia” – da un gruppo di quadri operai delle grandi fabbriche italiane, da giovani, studenti, lavoratori e lavoratrici, da intellettuali marxisti e dirigenti comunisti di diverse organizzazioni.
Questa Lettera chiede a tutti noi, ai partiti comunisti italiani, ai loro gruppi dirigenti, alle loro basi militanti, di avviare un processo di unità dei comunisti, a partire dalla messa in campo di immediate lotte comuni.
Il Partito Comunista, apprezzando lo spirito e le parole della Lettera Aperta, risponde positivamente alla sua richiesta unitaria e si dichiara disponibile ad un primo ed immediato confronto con i gruppi dirigenti degli altri partiti comunisti e delle altre esperienze comuniste italiane.
Che cosa, di questa Lettera Aperta, ci ha convinti a questo nostro approccio unitario?
La sincerità, lo slancio ed insieme la “ratio” delle sue parole.
Siamo certi che la sincerità e lo slancio che segnano fortemente di sé questa Lettera provengano dai tanti giovani che hanno aderito all’Appello “Ora l’unità. Per il Partito comunista in Italia” e che poi ne hanno inviato ai partiti comunisti una sintesi nella forma della Lettera Aperta.
Come siamo certi che la “ratio” politica della Lettera sia il frutto della vasta e prestigiosa presenza di intellettuali e dirigenti comunisti che, dopo aver aderito all’Appello, l’hanno sottoscritta e a tutti noi inviata.
Ed è questa motivazione, questa ragione politica a convincerci della bontà della proposta unitaria.
I compagni e le compagne che hanno sottoscritto la Lettera Aperta hanno con forza e lucidità rimarcato quanto sta quotidianamente sotto i nostri occhi ma che spesso sfugge alla vista di troppi, a volte persino alla vista di alcune aree comuniste:
– il pericolo incombente di una guerra mondiale scientemente organizzata e sospinta dagli USA, dalla NATO, dall’UE e dal fronte imperialista internazionale;
– una nuova ed estremamente acutizzata aggressività politica e militare imperialista contro la Russia e la Repubblica Popolare Cinese che è alla base della spinta a questo progetto di guerra mondiale;
– una nuova e socialmente drammatica, per la classe operaia e i popoli del nostro continente, torsione imperialista delle politiche dell’Ue e antipopolari;
– una spinta oggettiva che attraversa l’intero arco delle forze partitiche parlamentari e le sospinge a farsi “il partito unico” degli USA, della NATO e dell’UE in Italia e che si fa materia politica per la costituzione del governo Draghi, l’Esecutivo che sta svendendo a Bruxelles il futuro delle prossime generazioni italiane per ottenere quel cappio monetario che continuano a chiamare “prestiti” o “aiuti” dall’UE;
– un uso spregiudicato e discriminatorio della pandemia da parte del Governo Draghi, con una evidente prova generale di limitazioni serie delle libertà costituzionali per qualunque vera opposizione nel Paese;
– la drammatica contraddizione tra tutto ciò e l’assenza pressoché totale di un’opposizione di classe e di massa;
– la contraddizione tra il vasto dominio capitalista e la crisi profonda e la polverizzazione del movimento comunista in Italia.
Come ci convincono pienamente le parole d’ordine, che sono nostre, che facciamo totalmente nostre, che la Lettera Aperta fa conseguire a tutto ciò: fuori l’Italia dalla NATO! Fuori la NATO dall’Italia! Fuori l’Italia dall’Euro e dall’UE!
È a partire da queste, cogenti, questioni che il PC accoglie la proposta del progetto di unità dei comunisti su basi politiche e teoriche affini, quale prerequisito essenziale, come asserisce la stessa Lettera Aperta, per l’avvio di un processo unitario e la costruzione di un Partito Comunista in Italia all’altezza dei tempi e dello scontro di classe.
Il movimento comunista mondiale, guidando circa un quinto dell’intera umanità, vive oggi una grande e fulgida fase di rilancio e la vive al cospetto di una crisi storica profondissima, sia di progetto politico ed economico che di prestigio, del capitalismo mondiale.
Ciò ci conforta e da ancor più senso alla nostra battaglia politica in Italia.
Ma non rimuove il fatto che il movimento comunista italiano versi, per sue colpe lontane e vicine, in una crisi profonda.
Una crisi dalla quale i comunisti potranno uscire solo con la ricollocazione al centro delle cose, sia sul piano teorico che della prassi, del conflitto di classe e della ricostruzione dei legami di massa. E per questi obiettivi, l’unità dei comunisti su basi politico-teoriche affini è fattore decisivo.
Molto, tutti noi, possiamo aver sbagliato, nelle nostre, diverse esperienze da comunisti. Ma per la passione e il tempo di vita che tutti abbiamo messo nel difficile obiettivo di ricostruire, in Italia, un movimento comunista degno di questo nome, possiamo anche sperare che “la storia ci assolverà”.
E ancor più ci assolverà se saremo capaci, oggi, di riunire le fila, di unirci, di dare una speranza e un nuovo punto di riferimento organizzato all’ancora vasta diaspora comunista italiana priva di tessera e partito, di riconsegnare alla “classe” un unico, più forte, coeso, partito comunista!
Scriveva nel 1957 il grande poeta comunista Nazim Hikmet, nella sua splendida poesia intitolata “Della Vita”: “Dovunque tu sia/ in qualunque circostanza tu sia/ devi vivere come se mai tu dovessi morire”.
E, parafrasando Hikmet, noi che oggi vogliamo unirci per ricostruire un più forte partito comunista in Italia, dobbiamo batterci, sinceramente impegnarci, come se questo grande obiettivo fosse possibile, vicino ad essere conquistato!

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BANCHE E FINANZA VOGLIONO DRAGHI COME PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

BANCHE E FINANZA VOGLIONO DRAGHI COME PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

È il loro uomo! Il colosso Goldman Sachs esprime il proprio supporto a Draghi e vorrebbe che rimanesse presidente del consiglio per portare avanti le misure (che aiutano i miliardari) che ha intrapreso e il PNRR.

La finanza entra a gamba tesa nella politica italiana senza nascondersi come fa di solito, e lo fa con il colosso Goldman Sachs attraverso le parole del direttore esecutivo e capoeconomista per l’Europa Meridionale Filippo Taddei, ex responsabile economia del Pd. Taddei sottolinea che la salita di Draghi al Colle potrebbe causare un ritardo nell’attuazione del Recovery Fund e delle relative riforme.
Secondo Taddei l’elezione di Draghi come presidente della repubblica «scatenerebbe incertezza circa il nuovo governo e l’efficacia della sua politica» con il rischio di impatti negativi sull’utilizzo delle risorse e l’implementazione delle riforme legate al Recovery Fund e che avrebbero anche ricadute di mercato.

L’Italia è sempre più terra di conquista dei grandi gruppi multinazionali, della finanza e delle banche, svenduta totalmente da chi ha governato negli ultimi 30 anni

SIA CHIARO PER NOI DRAGHI NON DEVE ESSERE NÉ PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NÉ PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA!
NOI DRAGHI NON LO VOGLIAMO!

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EX ILVA: Incendio presso la portineria D

Proprio 2 giorni fa, dicevamo che non esistono stanziamenti o presunte bonifiche che tengano, finché il siderurgico #ILVA rimarrà in funzione.
Ieri, un enorme incendio é dilagato nei pressi della portineria D. a fronte della combustione di un nastro trasportatore PCA.
Una quotidianità, vissuta tra carbone e diossina. C’è ancora chi ha il coraggio di chiamarli incidenti?
O addirittura “transizione ecologica”?

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DRAGHI AUMENTA I FONDI PER LA NATO

DRAGHI AUMENTA I FONDI PER LA NATO

Il governo Draghi in risposta alla crisi economica, sociale e pandemica che sta attraversando l’Italia ha deciso di aumentare le spese militari e “il contributo” che il nostro paese da ogni anno alla NATO.
Mentre la crisi attraversa da ormai due anni il nostro paese, il governo, invece di investire nella sanità pubblica, in leggi che tutelino i lavoratori, scuola e in misure contro il carovita, aumenta le spese militari.
Stando alle stime dell’osservatorio Milex, nel 2022 il ministero della Difesa avrà a disposizione 25,8 miliardi di euro. Un +5,4% rispetto al 2021, equivalente ad un aumento di 1,3 miliardi di euro. Gli ultimi cinque decreti il ministro li ha fatti trovare al Parlamento appena prima di Natale, e come previsto sono stati prontamente approvati da un Parlamento divenuto ormai mero esecutore delle proposte governative. Tra le varie voci si scorge anche l’aumento per le spese militari per la NATO di 7 miliardi l’anno.
Tutti questi soldi sarebbero potuti servire a fronteggiare la una crisi che va avanti da troppi anni e che vede sempre di più aumentare il divario tra i ricchi e i poveri.
In Italia servono nuove infrastrutture, nuovi finanziamenti per la scuola e per la sanità pubblica, dimodoché torni ad essere veramente pubblica, gratuita e di qualità. Servono nuove leggi che tutelino tutti i cittadini che durante la pandemia hanno perso il posto di lavoro per colpa dello sblocco dei licenziamenti e di una mancata approvazione di una legge contro le delocalizzazioni.
Servono misure sociali, non regali alla NATO.
FUORI L’ITALIA DALLA NATO
FUORI LA NATO DALL’ITALIA

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LA VERITÀ SULLO  XINJIANG

LA VERITÀ SULLO  XINJIANG

Articolo di Marco Rizzo, segretario generale del Partito Comunista (Italia)].                              Lo Xinjiang è una regione autonoma della Repubblica Popolare Cinese che riveste una posizione strategica particolarmente delicata, in quanto confina con Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan e Pakistan. Pertanto da essa passa necessariamente il traffico commerciale terrestre cinese verso l’occidente. Quindi, bloccare o fomentare disordini nello Xinjiang è cruciale per chi vuole stringere d’assedio la RPC per via terrestre, completando la cintura marittima che viene effettuata nel Pacifico. Questa è una semplice e banale considerazione che possiamo fare tutti, anche se dotati solo di un semplice atlante e privi di qualunque conoscenza dei fatti. Così come è banale osservare che il Tibet possiede le riserve idriche che superano i 9.000 miliardi di metri cubi di acqua. Soprannominato “la torre idrica d’Asia”, l’altopiano e le montagne circostanti sono il luogo in cui hanno origine 10 dei più importanti fiumi del continente. Mettere le mani sul Tibet significa mettere le mani su tutta l’acqua dell’Asia. Così come come è banale osservare che Hong Kong ha la borsa valori più importante dell’Asia. I “disordini” e le “ribellioni” scoppiano lì, mentre nella contigua Macao sembra che l’ordine costituito non dia fastidio agli abitanti. Queste tre semplicissime considerazioni già dovrebbero far venire i sospetti a qualunque osservatore della situazione asiatica e mettere in allarme ogni onesto analista. Eppure gli organi di informazione occidentali ci inondano quotidianamente di un’informazione sistematicamente orientata a diffamare la RPC. Anche programmi che si autocelebrano come “giornalismo di inchiesta” non si esimono dall’abusare della credibilità che si sono guadagnati puntando il dito su malefatte ed elementi marginali della società italiana, per attaccare la politica della RPC. In particolare si narra di “discriminazioni”, “orrori”, “campi di detenzione”, “lavori forzati” nello Xinjiang. Addirittura è stata lanciata una campagna di boicottaggio dei prodotti provenienti da quella regione, invocando la necessità di non rendersi complici di tali “orrori” e imporre un ostracismo per fare pressione sui governanti cinesi. Sul sito del “prestigioso” Amnesty International (https://www.amnesty.ch/it/news/2021/cina-onu-deve-agire-xinjiang-petizione-oltre-323000-adesioni) appaiono tre (3) testimonianze non verificabili (ma ne vengono vantate “decine”). Sulla base delle quali si organizzano manifestazioni nei paesi occidentali e si dichiara di aver raccolto centinaia di migliaia di adesioni. I fatti però hanno la testa dura. Vediamo con attenzione. Il tasso di incremento demografico tra il 2010 e il 2018 della popolazione uigura nello Xinjiang è stato del 25,04%, quello della popolazione Han del 2%. Quindi tutte le fole e le fantasie sull’“invasione” e la “discriminazione razziale” degli abitanti autoctoni non sta assolutamente in piedi. Tra il 2015 e il 2020 oltre 3 milioni di persone sono state strappate alla povertà. A 170 mila residenti sono state date 40 mila nuove abitazioni. A un milione e mezzo di persone è stato dato accesso diretto all’acqua potabile. Sono stati investiti più di 1,6 miliardi di yuan. Quindi anche qui le statistiche fanno giustizia delle calunnie sulla “repressione” e “sfruttamento” che questa regione subisce. Nello Xinjiang ci sono quasi 25 mila luoghi di culto e quasi 29 mila ministri di culto, otto collegi religiosi. Il Corano è stato tradotto in quattro lingue ed è distribuito gratuitamente dai membri religiosi. Quindi il problema religioso o la “discriminazione” e “repressione” delle libertà religiose non sembra affatto un problema per questa regione. Lo Xinjiang ha attirato più di 200 milioni di turisti nel 2021 e aspetta di riceverne più di 400 milioni tra nazionali e internazionali nel 2025. Quindici aeroporti civili saranno completati o avviati nello Xinjiang entro cinque anni. Chiunque quindi può andare a vedere coi propri occhi cosa succede. È strano che i nostri giornalisti tanto preoccupati delle condizioni di quei territori non si siano peritati negli anni di fare un semplice viaggetto, tra l’altro a spese dei propri dante causa. Il cinese mandarino è stato introdotto nelle scuole e viene insegnato a tutti gli allievi. La lingua originaria non solo non è vietata, ma viene insegnata insieme alla lingua che in Cina è la lingua veicolare della Nazione intera. Abbiamo qualcosa da ridire noi italiani che siamo costretti a studiare l’inglese fin da bambini e addirittura l’inglese è la lingua di comunicazione prevalente negli atti ufficiali dell’Unione Europea, anche se non è la lingua ufficiale di nessuno Stato (con l’eccezione dell’Eire, che peraltro ha subito la colonizzazione linguistica inglese), dopo la brexit? Continuiamo la nostra semplicissima rassegna di ciò che un comunissimo cittadino può scoprire usando gli strumenti più banali si ricerca sul web. Leggiamo cosa c’è scritto sul sito più consultato, Wikipedia, certo un sito non tacciabile di sinofilia o simpatie comuniste. Leggiamo da https://it.wikipedia.org/wiki/Campi_di_rieducazione_dello_Xinjiang: non vi siano dati pubblici e verificabili per il numero di campi, ci sono stati vari tentativi di documentare campi sospetti basati su immagini satellitari e documenti governativi. Ricercatore tedesco affiliato all’organizzazione di estrema destra Victims of Communism Memorial Foundation e professore di teologia della Scuola europea di cultura e teologia di Korntal e dell’organizzazione privata evangelica Columbia International University, [Adrian] Zenz afferma … che non vi è alcuna certezza sul numero dei detenuti ma è “ragionevole speculare” tra le centinaia di migliaia e poco più di un milione”. Il sinologo basò le proprie stime su un singolo rapporto della Istiqlal TV, come reso noto dal Newsweek Japan. La Istiqal Tv è un’organizzazione mediatica di uiguri in esilio in Turchia che ospita estremisti islamici del Partito Islamico del Turkestan. Altre fonti citate nel rapporto sono quelle provenienti da articoli di Radio Free Asia. In diverse interviste, Zenz ha sempre aumentato il numero di internati. Il 1º novembre 2018, l’International Cyber Policy Center (ICPC) dell’Australian Strategic Policy Institute (ASPI) ha riferito campi sospetti in 28 località, ma l’analisi fu svolta soltanto tramite speculazioni e citando fonti che non fornivano prove evidenti a sostegno delle accuse. Inoltre, l’ASPI riceve fondi da ambasciate straniere, aziende del settore della difesa e dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. Il numero di Uiguri internati nei campi di prigionia sia stato fornito per la prima volta dalla Chinese Human Rights Defenders (CHRD), una ONG con sede a Washington e finanziata dalla National Endowment for Democracy. la CHRD stimava che circa un milione di Uiguri erano stati inviati in campi di rieducazione, e la stima sarebbe stata basata su “interviste e dati limitati”. Nel documento della CHRD sono presenti un totale di 8 intervistati anonimi che hanno fornito stime soggettive e non verificate. Quando il rapporto della CHRD fu discusso pubblicamente all’UNHCR, soltanto la rappresentante statunitense Gay McDougall ha parlato di “campi di rieducazione” e senza mostrare o citare alcuna prova a sostegno dell’accusa. Tuttavia, l’agenzia di stampa britannica Reuters rilanciò la notizia affermando che l’ONU aveva prove credibili riguardo all’internamento di milioni di Uiguri in campi segreti, nonostante il Comitato sull’eliminazione della discriminazione razziale o un suo singolo membro non possano parlare in nome dell’intera ONU. Che credibilità ha una denuncia di questo genere per la quale le uniche fonti primarie sono così fragili o del tutto inesistenti? Un sito del tutto privo di riscontri lancia un’accusa e la sua forza sta solo nel numero di rimbalzi che esso riceve dal mainstream mediatico internazionale. L’8 luglio 2019, 22 paesi hanno firmato una dichiarazione all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in cui hanno chiesto di porre fine alle detenzioni di massa in Cina e hanno espresso preoccupazione per la diffusa sorveglianza e repressione. I paesi sono: Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Irlanda, Giappone, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito. Come si vede tutti paesi facenti parte di una certa alleanza politico-militare e in cui la convivenza con le comunità musulmane è spesso problematica se non molto conflittuale. A luglio 2019, 37 paesi tra cui Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Sudan, Angola, Algeria, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Corea del Nord, Serbia, Russia, Venezuela, Filippine, Myanmar, Pakistan e Siria hanno firmato una lettera congiunta all’UNHRC elogiando la Cina per i risultati notevoli nello Xinjiang. In seguito altri 50 paesi, tra cui Iran, Iraq, Sri Lanka, Gibuti e Palestina, hanno firmato la lettera. I paesi che hanno respinto questa versione della situazione nello Xinjiang sono del tutto indipendenti a ogni alleanza politica. Inoltre molti di questi rappresentano paesi che dovrebbero avere a cuore specificatamente i destini dei propri correligionari, essendo paesi a forte maggioranza musulmana. In conclusione, anche non avendo alcuna competenza o abilità di ricerca e di indagine giornalistica, chiunque si può fare un’idea della inconsistenza delle accuse infamanti che vengono lanciate alla RPC e dei motivi reconditi per i quali tali accuse vengono ordite.

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SULLA SANITÀ NON BISOGNA FARE PROFITTO!

Così come sui trasporti e sull’istruzione.
Fino a quando il profitto sarà al primo posto tra gli obiettivi di chi ci governa, non creeremo mai una società migliore.
Il profitto distrugge anche il pianeta da un punto di vista ambientale.
Bisogna ribaltare tutto.
Solo il socialismo è la soluzione

 

 

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THOMAS SANKARA: “IL PRESIDENTE RIBELLE”

THOMAS SANKARA: “IL PRESIDENTE RIBELLE”

Il 21 dicembre 1949 nasce uno dei Leader socialisti più impattanti della storia dell’Africa sub sahariana e non solo.
Nasce THOMAS SANKARA.
Costruì scuole per contrastare l’analfabetismo.
Costruì ospedali e case popolari.
Concretizzò programmi di eliminazione della povertà e della corruzione in tutto il Burkina Faso.
Si impegnò nel contrastare la desertificazione, piantando milioni di alberi nel Sahel e nel combattere quel viscido imperialismo e colonialismo che ancora oggi affonda i suoi artigli su tutto il continente africano. Per tutto questo fu ASSASSINATO.
Gloria eterna al Presidente Ribelle.
“Un soldato senza coscienza politica è un potenziale criminale”.

 

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