La proposta della chiusura domenicale degli esercizi commerciali avanzata dal ministro Di Maio, sebbene apprezzabile per aver contribuito a innescare un dibattito positivo che finalmente riguarda il tema del lavoro e dei diritti dei lavoratori, è una risposta parziale e insufficiente per affrontare la questione, perché finirebbe per riguardare solo una parte dei lavoratori interessati e non risolvere la maggior parte dei loro problemi. La vera problematica, infatti, non è tanto l’apertura o meno dei negozi, quanto la condizione contrattuale a cui sono sottoposti i lavoratori, sottopagati e spesso costretti ad ore di straordinari, nell’impossibilità di rifiutare una prestazione lavorativa nelle giornate festive sotto il ricatto del licenziamento, ancora più facile con le riforme di Renzi.
Negli ultimi anni il lavoro nei giorni festivi è cresciuto sempre di più, non solo nel settore commerciale. Sono circa 5 milioni i lavoratori in servizio nei giorni e nei periodi tradizionalmente festivi [1] Le ragioni sono varie. Dalla necessità del mantenimento dei servizi essenziali di carattere pubblico, alla crescita del settore dei trasporti, alle peculiarità del sistema economica italiano con la forte incidenza nell’economia nazionale del settore turistico, della ristorazione, del settore alberghiero, dei lavori stagionali nel settore agricolo e turistico, l’apertura dei poli museali, fino alla tendenza strutturale della società capitalistica a concepire il tempo libero dei lavoratori essenzialmente come tempo di consumo, con conseguente apertura festiva di negozi e centri commerciali.
Da tempo il Partito Comunista ritiene necessario per la difesa degli interessi dei lavoratori, per ridurre lo sfruttamento e la disoccupazione, la riduzione generalizzata degli orari di lavoro, con mantenimento dei livelli salariali. Attraverso l’approvazione della legge sulle 32 ore settimanali e fissando per legge un tetto massimo agli straordinari, si avrebbe come conseguenza il necessario incremento dell’occupazione e una maggiore turnazione settimanale, con aumento del tempo libero per i lavoratori di tutti i settori, equamente distribuito nei giorni feriali e nei periodi festivi. Avere più tempo libero durante la settimana significa più tempo per le proprie relazioni sociali, per la cura della propria persona e dei propri familiari, più tempo per le necessarie attività che di fronte ai turni massacranti imposti dal lavoro oggi, vengono tutte inevitabilmente relegate ai giorni festivi. Significa anche non obbligare i lavoratori a dover impegnare le loro domeniche, o le ore notturne, per fare la spesa e provvedere alle esigenze proprie e delle proprie famiglie con evidente conflitto con gli interessi di altri lavoratori.
Limitarsi alla chiusura domenicale degli esercizi commerciali quindi non risolverebbe il problema, interesserebbe solo una parte dei lavoratori, finendo addirittura per diventare un provvedimento a vantaggio dell’e-commerce (distribuzione via internet, che in Europa cresce ad un tasso del 14% annuo e sul quale sarebbe necessario l’immediato incremento della tassazione) con ulteriore riduzione dei posti di lavoro, e un alibi per una nuova ondata di licenziamenti in molti settori.
Al contrario, ridurre gli orari di lavoro con mantenimento dei livelli salariali obbligherebbe la grande industria e la grande distribuzione, ma anche tutti gli altri settori, a nuove assunzioni, riducendo la disoccupazione, migliorando allo stesso tempo la qualità di vita dei lavoratori sia sul lavoro che aumentandone il tempo libero. A causa della sfrenata concorrenza l’incremento dei costi non si scaricherebbe in questo caso sui prezzi, ma solo sui profitti della grande distribuzione e ridarebbe fiato alle piccole ditte familiari. Il provvedimento inoltre riguarderebbe tutti i settori, anche quelli pubblici nei quali oggi le assunzioni sono frenate dai vincoli di bilancio. Lavorare meno, lavorare tutti, lavorare meglio. Oggi è possibile solo il capitalismo lo impedisce.
I lavoratori, infine, non devono ignorare le vere ragioni di questo annuncio, a cui con tutta probabilità non corrisponderà alcun provvedimento seriamente incisivo. Il Movimento 5 stelle, in calo di consensi e schiacciato mediatamente dalla Lega di Salvini, reduce dal tradimento consumato sull’Ilva, tenta di ricostruire la propria immagine come partito a favore degli interessi dei lavoratori; strizza l’occhio per convenienza elettorale al Vaticano e ai settori cattolici che da sempre, per motivi religiosi, difendono la chiusura domenicale. Di Maio e Salvini così preparano la propria campagna elettorale per pesarsi a vicenda spartendosi i temi: alla Lega l’immigrazione, ai cinque stelle le politiche sociali. Gli annunci mediatici, a cui il più delle volte non seguono neanche i fatti, non mutano il carattere di questo governo che in realtà è contro gli interessi dei lavoratori tanto quanto i precedenti.
Ufficio Politico, Partito Comunista
[1] fonte rapporto CGIA di Mestre anno 2016.