CON IL PNRR L’UNIONE EUROPEA METTE IL CAPPIO ALL’ITALIA

CON IL PNRR L’UNIONE EUROPEA METTE IL CAPPIO ALL’ITALIA

Nonostante l’Italia abbia il governo più filo-europeo del continente, con un Presidente del Consiglio imposto da Bruxelles e dalla BCE, l’EUROPA impone altre restrizioni per il nostro Paese.
L’augurio da parte di tutti gli economisti, analisti e agenzie di rating è che Mario Draghi non lasci la carica di Presidente del Consiglio, in modo da portare avanti i “100 traguardi” che l’Europa richiede per sbloccare i fondi del Recovery Fund.
Il nostro Paese, infatti, per avere i soldi tanto promessi dall’Europa durante la pandemia, dovrà fare delle grosse riforme, tutte ovviamente a scapito dei lavoratori. Solamente quest’anno, appunto, dovranno essere 100: dalla Pubblica Amministrazione al fisco, passando per la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale e la nuova spending review.
Il Documento di economia e finanza di aprile andrà a fissare gli obiettivi di spending review per i successivi tre anni, in attesa della Relazione della Ragioneria generale sull’efficacia dei piani di risparmio delle amministrazioni. Prima dell’estate dovrà essere mandata in porto l’ennesima riforma dell’amministrazione fiscale, arricchita di un tassello importantissimo, le norme e procedure amministrative per “incoraggiare il rispetto degli obblighi fiscali” e migliorare audit e controlli compresi le multe per chi non accetta il pagamento con il pos (ovviamente, nessuna modifica alle commissioni bancarie che esso comporta). Il Ministro della Sanità deve definire il nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza sanitaria territoriale, grande assente nelle fasi peggiori della pandemia e punto con il budget più basso nel PNRR; entro fine anno, infine, andrà approvata in via definitiva la legge sulla concorrenza approvata in CdM lo scorso novembre.
Queste sono solo alcune delle misure che andranno a colpire principalmente i lavoratori che il governo Draghi dovrà attuare entro la fine dell’anno per avere i soldi promessi dall’Europa, sempre che Draghi rimanga stabile alla guida del Governo.

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SPESE MILITARI IN CONTINUO CRESCENDO

SPESE MILITARI IN CONTINUO CRESCENDO

Le spese militari italiane sono in continuo aumento. Gli USA hanno chiesto e ottenuto un ulteriore aumento dei contributi italiani alla Nato. Sono soldi NOSTRI sottratti alle politiche sociali per gli interessi degli imperialisti.
La legge di bilancio per il 2022 sfonda il muro dei 25 miliardi per il ministero della Difesa, un aumento del 3,4% sul 2021 e circa il 20% negli ultimi tre anni.
Pesano i piani militari che hanno preso la forma di 23 nuovi programmi per un totale di 12 miliardi di euro. In tutto 8,27 miliardi per sistemi d’arma, in aumento del 13,8% rispetto al 2021. Con un balzo del 73,6% negli ultimi tre anni (+3,512 miliardi rispetto ai 4,767 miliardi del 2019).
Complessivamente la spesa militare “diretta” per il 2022 è di circa 25,82 miliardi di euro (26,49 miliardi considerando anche i costi indiretti) +3,4% rispetto al 2021, dell’11,7% sul 2020 e del 19,6% sul 2019. Ciò che però preoccupa soprattutto è l’incremento di spesa per l’acquisto di nuove armi. Che nel bilancio, raggruppato per macro voci e perciò non leggibile ad occhio nudo, può essere dedotto unicamente isolando le spese d’investimento. Si tratta dei 5,39 miliardi di euro (+1,3 miliardi) Totale: 8,27 miliardi per nuove armi, +13,8% rispetto al 2021. Un salto del 73,6% negli ultimi tre anni (+3,512 miliardi rispetto ai 4,767 miliardi del 2019).
FUORI L’ITALIA DALLA NATO
FUORI LA NATO DALL’ITALIA

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI CUBA CONDANNA GLI ATTI DI VIOLENZA AVVENUTI IN KAZAKISTAN

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI CUBA CONDANNA GLI ATTI DI VIOLENZA AVVENUTI IN KAZAKISTAN

CUBA SOCIALISTA, così come tutti i più grandi e importanti Partiti Comunisti del mondo, dal Partito Comunista della Federazione Russa di Zyuganov, al PCI(M) indiano al Partito Comunista Cinese e come la posizione assunta correttamente dal nostro partito, condanna il tentativo di destabilizzare il Kazakistan.
Qui il link all’articolo del Granma organo ufficiale del Partito Comunista di Cuba. 👉https://bit.ly/CubaKazakistan

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LA MALATTIA ESISTE, LA PSICOSI E’ BEN PIU’ GRAVE SOPRATTUTTO SE SI CONSUMA IN OSPEDALE

LA MALATTIA ESISTE, LA PSICOSI E’ BEN PIU’ GRAVE SOPRATTUTTO SE SI CONSUMA IN OSPEDALE

Persino in ospedale vengono mandati indietro pazienti a causa delle misure anti-covid troppo restrittive.
E’ quello che è successo a una donna incinta a Sassari che ha perso il proprio figlio a causa di un’emorragia interna, rimandata a casa dall’ospedale perché non aveva con sé il risultato di un tampone molecolare recente.
La donna si era presentata domenica all’ospedale con forti dolori addominali e una piccola emorragia, l’ostetrica le ha chiesto se fosse vaccinata e se avesse un tampone fatto da poco, la paziente nonostante avesse fatto la seconda dose e in attesa della terza non è stata accettata per la mancanza di un tampone recente e a causa dell’impossibilità da parte dell’ospedale di farne uno al momento con la motivazione che “prima di lunedì sarebbe stato impossibile”.
L’ospedale quindi non ha avuto modo di curare la paziente in nessun reparto a causa di un tampone. Un luogo che dovrebbe prendersi cura di tutti i pazienti ne ha rimandato a casa uno a causa di un protocollo che ha portato la donna ad avere un aborto spontaneo pochi minuti dopo aver lasciato l’ospedale, nel parcheggio antistante lo stesso.
La sanità pubblica dovrebbe curare tutti i cittadini in egual modo, ma grazie ai continui tagli fatti negli ultimi 30anni e grazie anche a protocolli che discriminano i pazienti, ciò non avviene più.
L’Italia ha bisogno di una sanità pubblica, gratuita e di qualità che si prenda cura di tutti, non di una sanità che giorno dopo giorno diventa sempre più discriminatoria e di classe.

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LETTERA APERTA: “ORA L’UNITÀ. PER IL PARTITO COMUNISTA IN ITALIA”

LETTERA APERTA: “ORA L’UNITÀ. PER IL PARTITO COMUNISTA IN ITALIA”

Lettera aperta “Ora l’unità. Per il Partito Comunista in Italia”.
Dichiarazione di Marco Rizzo, segretario generale Partito Comunista (Italia).
Abbiamo ricevuto in questi giorni, come tutti gli altri partiti comunisti in Italia, una Lettera Aperta inviataci – a nome dei circa 1.000 aderenti all’Appello “Ora l’unità. Per il Partito Comunista in Italia” – da un gruppo di quadri operai delle grandi fabbriche italiane, da giovani, studenti, lavoratori e lavoratrici, da intellettuali marxisti e dirigenti comunisti di diverse organizzazioni.
Questa Lettera chiede a tutti noi, ai partiti comunisti italiani, ai loro gruppi dirigenti, alle loro basi militanti, di avviare un processo di unità dei comunisti, a partire dalla messa in campo di immediate lotte comuni.
Il Partito Comunista, apprezzando lo spirito e le parole della Lettera Aperta, risponde positivamente alla sua richiesta unitaria e si dichiara disponibile ad un primo ed immediato confronto con i gruppi dirigenti degli altri partiti comunisti e delle altre esperienze comuniste italiane.
Che cosa, di questa Lettera Aperta, ci ha convinti a questo nostro approccio unitario?
La sincerità, lo slancio ed insieme la “ratio” delle sue parole.
Siamo certi che la sincerità e lo slancio che segnano fortemente di sé questa Lettera provengano dai tanti giovani che hanno aderito all’Appello “Ora l’unità. Per il Partito comunista in Italia” e che poi ne hanno inviato ai partiti comunisti una sintesi nella forma della Lettera Aperta.
Come siamo certi che la “ratio” politica della Lettera sia il frutto della vasta e prestigiosa presenza di intellettuali e dirigenti comunisti che, dopo aver aderito all’Appello, l’hanno sottoscritta e a tutti noi inviata.
Ed è questa motivazione, questa ragione politica a convincerci della bontà della proposta unitaria.
I compagni e le compagne che hanno sottoscritto la Lettera Aperta hanno con forza e lucidità rimarcato quanto sta quotidianamente sotto i nostri occhi ma che spesso sfugge alla vista di troppi, a volte persino alla vista di alcune aree comuniste:
– il pericolo incombente di una guerra mondiale scientemente organizzata e sospinta dagli USA, dalla NATO, dall’UE e dal fronte imperialista internazionale;
– una nuova ed estremamente acutizzata aggressività politica e militare imperialista contro la Russia e la Repubblica Popolare Cinese che è alla base della spinta a questo progetto di guerra mondiale;
– una nuova e socialmente drammatica, per la classe operaia e i popoli del nostro continente, torsione imperialista delle politiche dell’Ue e antipopolari;
– una spinta oggettiva che attraversa l’intero arco delle forze partitiche parlamentari e le sospinge a farsi “il partito unico” degli USA, della NATO e dell’UE in Italia e che si fa materia politica per la costituzione del governo Draghi, l’Esecutivo che sta svendendo a Bruxelles il futuro delle prossime generazioni italiane per ottenere quel cappio monetario che continuano a chiamare “prestiti” o “aiuti” dall’UE;
– un uso spregiudicato e discriminatorio della pandemia da parte del Governo Draghi, con una evidente prova generale di limitazioni serie delle libertà costituzionali per qualunque vera opposizione nel Paese;
– la drammatica contraddizione tra tutto ciò e l’assenza pressoché totale di un’opposizione di classe e di massa;
– la contraddizione tra il vasto dominio capitalista e la crisi profonda e la polverizzazione del movimento comunista in Italia.
Come ci convincono pienamente le parole d’ordine, che sono nostre, che facciamo totalmente nostre, che la Lettera Aperta fa conseguire a tutto ciò: fuori l’Italia dalla NATO! Fuori la NATO dall’Italia! Fuori l’Italia dall’Euro e dall’UE!
È a partire da queste, cogenti, questioni che il PC accoglie la proposta del progetto di unità dei comunisti su basi politiche e teoriche affini, quale prerequisito essenziale, come asserisce la stessa Lettera Aperta, per l’avvio di un processo unitario e la costruzione di un Partito Comunista in Italia all’altezza dei tempi e dello scontro di classe.
Il movimento comunista mondiale, guidando circa un quinto dell’intera umanità, vive oggi una grande e fulgida fase di rilancio e la vive al cospetto di una crisi storica profondissima, sia di progetto politico ed economico che di prestigio, del capitalismo mondiale.
Ciò ci conforta e da ancor più senso alla nostra battaglia politica in Italia.
Ma non rimuove il fatto che il movimento comunista italiano versi, per sue colpe lontane e vicine, in una crisi profonda.
Una crisi dalla quale i comunisti potranno uscire solo con la ricollocazione al centro delle cose, sia sul piano teorico che della prassi, del conflitto di classe e della ricostruzione dei legami di massa. E per questi obiettivi, l’unità dei comunisti su basi politico-teoriche affini è fattore decisivo.
Molto, tutti noi, possiamo aver sbagliato, nelle nostre, diverse esperienze da comunisti. Ma per la passione e il tempo di vita che tutti abbiamo messo nel difficile obiettivo di ricostruire, in Italia, un movimento comunista degno di questo nome, possiamo anche sperare che “la storia ci assolverà”.
E ancor più ci assolverà se saremo capaci, oggi, di riunire le fila, di unirci, di dare una speranza e un nuovo punto di riferimento organizzato all’ancora vasta diaspora comunista italiana priva di tessera e partito, di riconsegnare alla “classe” un unico, più forte, coeso, partito comunista!
Scriveva nel 1957 il grande poeta comunista Nazim Hikmet, nella sua splendida poesia intitolata “Della Vita”: “Dovunque tu sia/ in qualunque circostanza tu sia/ devi vivere come se mai tu dovessi morire”.
E, parafrasando Hikmet, noi che oggi vogliamo unirci per ricostruire un più forte partito comunista in Italia, dobbiamo batterci, sinceramente impegnarci, come se questo grande obiettivo fosse possibile, vicino ad essere conquistato!

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CHI HA DIMENTICATO L’ AFGHANISTAN?

CHI HA DIMENTICATO L’ AFGHANISTAN?

Qualcuno ha già dimenticato l’afghanistan?
Non noi comunisti.
A 6 mesi dalla strumentale “ritirata” usa dall’afghanistan, dopo aver sventrato per 20 anni l’intero paese e dopo che esso è caduto definitivamente in mano agli estremisti talebani, quali sono le condizioni?
La condizione delle donne afghane non è mai stata così opprimente.
Si parla di un paese dove più della metà della popolazione è così povera da non riuscire ad avere nemmeno i beni di prima necessità.
Aumentano i casi in cui le famiglie vendono le proprie figlie, per matrimoni organizzati, in cambio di cibo.
Il prezzo medio di una sposa bambina è di circa 2000 dollari.
Qualcuno potrebbe dire “si stava meglio sotto il dominio americano”.
Noi comunisti rispondiamo in maniera secca: queste barbarie erano presenti durante il dominio americano degli ultimi 20 anni.
la ritirata strategica degli usa, che hanno reputato più importante pensare di lasciare un presunto ostacolo all’espansione economica cinese, che assicurare la stabilità di un immenso territorio come quello afghano, dimostra ancora una volta che cosa sia l’imperialismo.
Servirsi di aree strategiche per fare i propri interessi (ai tempi era contrastare l’urss).
Sottomettere il popolo che la abita.
Costellare l’area di basi militari.
Abbandonare la regione ed il suo popolo nel momento in cui non serve più, consegnandolo nelle mani di terroristi e tagliagole, da sempre finanziati sottobanco.
Questi sono i risultati di chi gioca a fare la polizia del mondo, questi sono i risultati dell’imperialismo a stelle e strisce.

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L’EUROPA TAGLIA I FONDI ALL’ITALIA SUL GAS  E LE BOLLETTE AUMENTANO

L’EUROPA TAGLIA I FONDI ALL’ITALIA SUL GAS E LE BOLLETTE AUMENTANO

L’Europa taglia 10 miliardi di fondi per gli investimenti sull’energia i fondi potrebbero essere deviati su Germania, Polonia e Repubblica Ceca.
I fondi che sarebbero dovuti arrivare in Italia non ci saranno, le regole sulla tassonomia delle fonti energetiche – le stesse che hanno rilanciato il nucleare – hanno come corollario di «fissare emissioni di CO2 irraggiungibili» per la riconversione delle attuali centrali a carbone da riconvertire a gas. Mandando all’aria i piani delle industrie per pagarsi la riconversione con i soldi europei.
Nella Penisola sono in corsa attualmente 48 investimenti per la transizione delle centrali da carbone a gas metano: i più imponenti sono a Brindisi Sud Cerano, La Spezia, Monfalcone per A2A e Civitavecchia per Enel. Analizzando i dettati di Bruxelles sembrerebbe che dal programma in via di definizione si favoriscano quei progetti, e quindi quei Paesi, che a oggi risultano molto più esposti di noi verso il carbone: Polonia, Repubblica ceca o Germania. Al contempo viene facilitato anche il progetto francese per mantenere investimenti consistenti sul nucleare e incrementare quelli sul metano. Con questi presupposti anche la Francia sarebbe di molto davanti a noi in fatto di greenbond e incentivi per nuova sostenibilità.
Queste decisione da parte dell’UE costringeranno l’Italia ad acquistare energia da altri Paesi, non potendo godere dei finanziamenti per la riconversione e tutto ciò andrà a gravare solamente sulle tasche dei lavoratori e del popolo con un ulteriore innalzo dei prezzi dell’energia come già abbiamo visto dall’inizio dell’anno.
L’Unione Europea sempre più matrigna, sempre un danno per la nostra economia.
Eppure va detto che abbiamo il governo più filo-europeista di tutta l’Europa, sempre prono ad esaudire ogni capriccio che arriva da Bruxelles.
PER QUESTO L’UNICA SOLUZIONE PER L’ITALIA È:
FUORI DA UNIONE EUROPEA, EURO E NATO!

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PIAZZE E LUOGHI DI LAVORO UNITI NELLA LOTTA!

PIAZZE E LUOGHI DI LAVORO UNITI NELLA LOTTA!

La battaglia contro lo strumento coercitivo e inutilmente antiscientifico del #GreenPass, nasce in primis nei luoghi di lavoro.
Le prime battaglie contro questo “specchietto per le allodole” voluto dal governo dei banchieri, nascono quando dopo mesi e mesi in cui milioni di lavoratori sono stati costretti a lavorare senza tutele, senza sicurezza e senza DPI, si decide di punto in bianco che la responsabilità nella gestione pandemica é puramente INDIVIDUALE.
Parte così, il ricatto verso coloro che in tutta la prima fase della pandemia sono stati trattati come OGGETTI intercambiabili, sacrificabili per mantenere stabile ed ininterrotto il flusso di profitto privato.
Nelle prime fasi di questa lotta, abbiamo visto interi settori ed intere situazioni (anche enormi) fermarsi unitariamente per ribadire la contrarietà del #popolo verso un governo ipocrita, che tiene a tutto meno che a tutelare realmente la salute dei cittadini.
Con il passare del tempo, l’asse del conflitto è stata spostata sempre più al di fuori dei luoghi di lavoro (dove realmente si iniziava a tenere sotto scacco il governo) per passare a piazze giuste e piene di grinta…ma troppo spesso generalizzate e disorganizzate e strumentalizzate.
L’efficacia della battaglia contro il GreenPass, come l’efficacia di qualsiasi altra battaglia il cui perno deve essere i rapporti di forza contro un governo corrotto e in malafede, diminuisce man mano che allontana il proprio centro dai posti di lavoro.
Tutto ciò, fa parte di un’operazione studiata ad hoc, anche da determinati personaggi (esempio #Pappalardo e #Salvini) che a voce dicono di stare dalla parte del popolo nella lotta contro il GreenPass, ma che nei fatti lavorano per ridurre queste lotte ad un mero PROBLEMA DI ORDINE PUBBLICO.
Tutto questo, invece di aiutare la gente a comprendere che l’unico modo per far davvero pressione sui nemici del popolo, è quella di partire dall’unità nei luoghi di lavoro.
Le proteste in piazza, sono tanto più efficaci quando sono conseguenza delle proteste che nascono nei luoghi di produzione. Proprio lá, dove si trova il centro del conflitto capitale/lavoro.
PIAZZE e LUOGHI DI LAVORO devono essere uniti contro il ricatto del Green-Pass, senza limitarsi a solo questa rivendicazione.
– Per ribadire una sanità pubblica efficiente, gratuita, garantita e capillare.
– Per combattere contro qualsiasi forma di ricatto nei luoghi di lavoro.
– Per ribaltare il tavolo di questo governo ipocrita.
– Per fare in modo che non ci siano più licenziamenti, delocalizzazioni, tagli in busta paga e meccanismi che penalizzano il mondo del lavoro.
– Contro gli aumenti del costo dell’energia e dei beni di prima necessità.
Bisogna continuare a costruire comitati di #fabbrica, di #quartiere, #studenteschi, tanto all’interno quanto all’esterno dei luoghi di lavoro.
SIAMO LAVORATORI.
Siamo coloro che producono realmente la ricchezza di questo Paese.
Mettiamoci bene in testa che i nostri nemici DIPENDONO DA NOI.

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PROTESTE IN KAZAKISTAN IMPERIALISMO IN AZIONE

PROTESTE IN KAZAKISTAN IMPERIALISMO IN AZIONE

Proviamo a spiegare in modo semplice cosa succede in Kazakistan, per non cadere nella propaganda del pensiero unico globalista, soprattutto della stampa che si ammanta di essere di “sinistra”.
Facciamo alcune premesse che comunque sono tra i punti.
Il Kazakistan non è comunista e noi non simpatizziamo per chi governa quel Paese, i motivi per mobilitarsi e fare una vera rivoluzione, ci sono come in quasi tutti gli stati del mondo, i problemi sono reali ma la destabilizzazione per scopi diversi da quelli della presa del potere politico da parti ci chi lavoro sono sotto gli occhi di tutti.
Ora un elenco a punti semplificato.
1) Il Kazakistan è tra i più grandi Paesi del mondo e sta tra Russia e Cina in una posizione strategica
2) Il Kazakistan è tra i più importanti Paesi per l’estrazione di petrolio, gas e carbone
3) Il Kazakistan aveva il 60% della produzione di minerali dell’URSS
3) Il Kazakistan fornisce il 40% dell’Uranio Mondiale
4) Il Kazakistan non è un Paese socialista
5) Le risorse kazake sono in mano a multinazionali estere.
6) Negli ultimi anni, agenzie estere statunitensi hanno finanziato organizzazioni finto democratiche. Uno dei leader è Mukhtar Ablyazov, per breve tempo ministro dell’energia, industria e commercio alla fine degli anni ’90, successivamente figura politica d’opposizione al presidente Nasarbayev, infine rifugiato politico in Europa. Oggi risiede in Francia, al riparo da innumerevoli condanne che si è guadagnato in patria. Negli scorsi giorni egli ha attivamente aizzato i manifestanti attraverso i social, ponendosi come organizzatore delle proteste, traendo esplicita ispirazione dall’Euromaidan di Kiev.
7) Negli ultimi tempi il Kazakistan cercava di “smarcarsi da Mosca”. Se agli USA dai un dito si prendono tutto il braccio. O diventi vassallo o niente, non puoi essere indipendente.
8 ) Le proteste sono iniziate per problemi reali, sui quali è stato facile soffiare sul fuoco. Tuttavia la svolta “militare” della loro organizzazione, che richiama in tutto e per tutto quanto accaduto in Ucraina, mostrano senza dubbio che sono state subito dirette da professionisti della sovversione.
9) Non c’è nessuna organizzazione comunista o rivoluzionaria a guidare le proteste, anzi sembra che vi siano infiltrazioni di organizzazioni terroristiche “islamiche” che hanno agito in altri Paesi. Il fatto che nel movimento ci sia una componente “operaia” non è garanzia di nulla, pensiamo al ruolo che ebbe “Solidarnosc” in Polonia.
10) Le proteste hanno provocato la caduta del governo e l’abbassamento dei prezzi del gas sotto il livello precedentemente gli aumenti, causa scatenante delle proteste, ma le proteste sono continuate. Questa è un’ulteriore dimostrazione che non sono né spontanee, né puramente rivendicative.
11) Forse gli USA non si aspettavano una reazione così decisa da parte della Russia, che questa volta ha reagito, contrariamente a quanto fatto in Ucraina. Tuttavia l’intervento russo è conforme al diritto internazionale, essendo stato invocato dal legittimo governo all’interno di un sistema di alleanze difensive.
12) Quando tutti i media finanziati dai grandi multinazionali sono da una parte, i comunisti devono stare automaticamente dall’altra. Il doppio pesismo è lampante. Pensiamo all’atteggiamento avuto verso i gilet gialli o altre forme di protesta molto meno violente avvenute in occidente.
Quindi da Comunisti, da marxisti-leninisti, siamo, come sempre, dalla parte del Paese aggredito anche se non è un modello di sistema da seguire. Se il Kazakistan fosse destabilizzato sarebbe peggio sia per i lavoratori e per il popolo kazako che passerebbero sotto il tallone statunitense.
Una tale svolta sarebbe un’accelerazione dei pericoli di guerra sia per l’intera area che per tutti gli abitanti del pianeta.
Come in Libia, come in Siria, come in Ucraina, chi sta dalla parte dei “ribelli”, sta dalla parte della CIA e dell’imperialismo.

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