“La lotta non è contro le politiche neoliberiste ma contro il capitalismo”. Intervista a Carmelo Suárez, segretario generale del Partito Comunista dei Popoli di Spagna.

“La lotta non è contro le politiche neoliberiste ma contro il capitalismo”. Intervista a Carmelo Suárez, segretario generale del Partito Comunista dei Popoli di Spagna.

Quale momento socio-economico stiamo vivendo? Lo chiediamo in quanto sembra che siano diminuite le mobilitazioni sociali come risposta alle politiche neoliberali del governo. Siamo in una crisi capitalista di lungo sviluppo, dove la mobilitazione operaia è stata diretta, fondamentalmente, da organizzazioni del campo opportunista. Le lotte sono state portate, da parte di queste organizzazioni, senza una strategia di avanzamento nelle posizioni di lotta per il potere operaio e il socialismo-comunismo, e per questo si riducono in un certo lasso di tempo; dietro ci stanno le politiche del patto sociale e di conciliazione di classe, che soffocano la capacità di lotta della classe operaia. Abbiamo visto come queste forze abbiano lavorato insieme al capitale per smobilitare le lotte operaie più coerenti.

Il Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE) e i Collettivi dei Giovani Comunisti (CJC) sono le organizzazioni che chiamiamo la classe operaia ad andare più in là, tuttavia la nostra influenza nella classe non ci permette di essere la forza determinante.

La lotta non è “contro le politiche neoliberiste”, ma contro il capitalismo, non bisogna confondersi.
Il riarmo ideologico della classe operaia permetterà di rilanciare la lotta di massa con più forza, in una situazione per cui il capitalismo non ha soluzione. Siamo nella fase di transizione dal capitalismo al socialismo e questo determina tutto.

In questo senso, osserviamo la presenza di Podemos che, da vicino allo zero, è divenuta la seconda forza politica del paese. Come giudica il PCPE questa crescita?

Podemos gioca un ruolo fondamentale, quello di raccogliere i voti del malcontento e la frustrazione per evitare che giungano ad altre posizioni che possano esser più compromettenti per le classi dominanti. Ma è un partito “inganna-operai” che significa nessuna possibilità di cambiamento reale.

Questo viaggio da meteora, da quasi zero fino a questa illusione di essere la seconda forza del paese, è possibile solo se si ha un quadro di alleanze con la borghesia.

Sia Izquierda Unida (IU)che Bildu [coalizione della sinistra indipendentista basca, ndr] e Podemos si sono unite a Syriza nell’Europarlamento. Lo diciamo perché il KKE, i comunisti greci storicamente fratelli del PCPE, combattono Syriza con argomenti secondo cui il suo ideale è socialdemocratico…

Penso che tutte le forze citate in questa domanda, ad eccezione del KKE, siano effettivamente socialdemocratiche.
Non lo diciamo noi del PCPE, basta semplicemente leggere il loro programma, per non parlare di analizzare la loro attuale pratica politica.
Il KKE ha abbandonato questo gruppo parlamentare, dopo le scorse elezioni europee, proprio per non essere complice della febbre socialdemocratica che ammorba queste organizzazioni che menzioni.

E in questo contesto sorgono i “Ganemos”, perché il PCPE non si unisce a questi raggruppamenti elettorali?

Bene, credo di aver già risposto precedentemente. Oggi quello che deve fare la classe operaia è lottare per il Potere operaio e per la costruzione del socialismo.
“Ganar” è qualcosa che accade tra uguali, nel campionato di calcio se si vuole, tra squadre simili che accettano regole comuni.
Il PCPE è per la vittoria. La vittoria significa la sconfitta e la distruzione del nemico. Non vogliamo “ganar”, vogliamo vincere.

Parlaci dell’unità comunista. Cioè, la coincidenza con altre organizzazioni di radice comunista in decine di mobilitazioni e che però non ha un riflesso nell’unità elettorale….

Sinceramente, stiamo vedendo poche organizzazioni nelle mobilitazioni. Il PCPE è stato in questi mesi nelle lotte operaie principali di questo paese: Coca-Cola, Panrico, Kalise, netturbini di Madrid, Minerplan, altri scioperi nel settore minerario, trasporti di Alicante, ecc.
Non abbiamo incontrato altre organizzazioni dalle radici comuniste, soprattutto non le troviamo ai picchetti alle cinque del mattino o nelle mobilitazioni di maggior combattività e rischio.
Se un giorno le vedremo qui, in queste lotte, allora potremo parlare di unità comunista.

Qual è la proposta sindacale del PCPE vista l’ideologia dominante nella cupola delle CC.OO. [Comisiones Obreras] che sembra intoccabile?

Il problema delle CC.OO. si verifica effettivamente e in modo grave, ma non sfuggono di molto le altre diverse organizzazioni sindacali, anche se alcune di esse appoggiano il discorso della reiterata critica alle Commissioni.

Il PCPE ha definito una proposta di superamento del tragico frazionamento sindacale che c’è nel paese e dell’attuale egemonia delle posizioni riformiste nel campo sindacale.

La nostra proposta è stata approvata nel 2010, in una Conferenza del movimento operaio. I Comitati per l’unità operaia (CUO) si basano sull’azione sindacale unitaria, avendo come massimo protagonista l’Assemblea del centro di lavoro. Nei CUO partecipa qualsiasi lavoratore e lavoratrice con qualsiasi appartenenza sindacale e senza alcuna affiliazione sindacale. Non c’è alcuna distinzione, sempre che si accetti di subordinare l’azione sindacale all’Assemblea e ad una piattaforma di base, che si può consultare alla pagina web unidad-obrera.org.

I CUO si stanno muovendo lì dove c’è più lotta operaia, la classe operaia comprende con la pratica della lotta questa concezione di unità operaia.
Per i prossimi mesi si sta preparando il Secondo incontro statale dei CUO, che deve significare un buon avanzamento nel coordinamento e nel rafforzamento dei nuclei che via via si formano in tutto lo Stato.

Il PCPE sui temi centrali della politica internazionale: Siria, Libia, Ucraina…

In primo luogo bisogna dire che il PCPE non si è fatto ingannare dalle cosiddette “primavere arabe”. Altre organizzazioni stanno nascondendo i comunicati che hanno realizzato all’epoca.

Quello che stiamo vedendo in questi anni, in quei paesi, è l’imperialismo allo stato puro. Ci sono dispute inter-imperialistiche che spiegano molti degli scenari di violenza che scoppiano uno dopo l’altro, e c’è un imperialismo yankee che interviene disperatamente per cercare di mantenere la sua egemonia e assumere il controllo totale di ciò che essi stessi, decenni fa, chiamarono il corridoio euroasiatico.

In queste settimane stiamo vedendo come gli yankees utilizzino l’assedio islamista a Kobane, con il rischio evidente di un massacro brutale, per costringere i governi della regione ad accettare la presenza militare yankee sul loro territorio, e anche l’organizzazione di un’altra nuova opposizione al governo di Assad, dopo i fallimenti di questi anni.

Inoltre si stanno evidenziando alcune analisi sulla multipolarità, che si pretendeva essere un fattore di distensione e di pace e che in pratica prende la forma di guerra inter-imperialista, come quella che stiamo vedendo in Ucraina, o nel caso del riarmo del Giappone con il pretesto della Cina.

Aumenta la spesa militare globale e il rischio di una guerra di maggiori e tragiche dimensioni, con una tecnologia di elevate capacità distruttive e l’uso di droni e robot guerrieri.

La rivoluzione socialista è una questione posta con grande urgenza all’ordine del giorno.
Il PCPE lotta ogni giorno in questo senso.

Come dovrebbe rispondere il movimento comunista ai desideri del popolo catalano all’autodeterminazione? Cioè, quale posizione avrà il PCPE di fronte al 9N [9 novembre 2014, data della consultazione indipendentista, ndr]?

Non vi è alcun processo di auto-determinazione in corso in Catalogna.
Stiamo assistendo a una mossa delle classi dominanti catalane, per riordinare la loro posizione rispetto al blocco oligarchico-borghese al quale appartengono.

Per riuscire in questa manovra, sia l’oligarchia che la borghesia catalana hanno bisogno dell’aiuto della classe operaia, come massa critica che aumenti le loro aspirazioni e fornisca l’approvazione sociale. Per questo è patetico il ruolo da comparsa di tutte le organizzazioni riformiste rispetto a quelle borghesi catalane: Convergència i Unió (CiU) ed Esquerra Republicana de Catalunya (ERC).

Le aspirazioni nazionali della classe operaia catalana hanno una sola via: la lotta per il potere operaio e la costruzione del socialismo. E’ quindi importante la posizione politica tenuta dal PCPC in tutto questo tempo, chiamando le cose con il loro nome e sostenendo posizioni indipendenti della classe operaia catalana, senza alcun tipo di complesso.

La questione nazionale, in uno stato multinazionale come quello spagnolo, sarà sempre utilizzata dalla borghesia nelle sue strategie per indebolire la posizione della classe operaia; e questo lo vedremo con particolare intensità quando la marcia verso il socialismo sarà una realtà tangibile nella classe operaia della Spagna. Per questo, una responsabilità che mai eluderemo è quella di preparare i lavoratori a prendere ferma posizione contro questi inganni.

Né il PCPE, né il PCPC (Partit Comunista del Poble de Catalunya) faranno da tirapiedi della borghesia il 9N.

Carmelo Suarez | unidadylucha.es – insurgente.org
Traduzione  Resistenze.org

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