Il marxismo come strumento per interpretare la realtà

Il marxismo come strumento per interpretare la realtà

«IL PARTITO COMUNISTA CONFERMA LA STRATEGIA ADOTATTA dal Primo Congresso DI RIFIUTO DELLE ALLEANZE politiche E DI ogni prospettiva di “FRONTE UNICO” che unisca le forze della sinistra, LAVORANDO AL contrario per l’unità dei comunisti legati ad una comune visione marxista-leninista e al RAFFORZAMENTO DEL PARTITO.
Ci opponiamo a ogni forma di alleanze anche con quella sinistra che si presenta in autonomia dal Partito Democratico (autonomia per giunta non sempre praticata con coerenza e fino alle estreme conseguenze). Lo facciamo in primo luogo perché riteniamo che oggi esista più differenza tra i comunisti e le forze della sinistra radicale, che non tra esse e il resto dei partiti borghesi(…).
Al contempo nessuna tattica di “FRONTE UNICO” risulterebbe positiva in un momento di crisi del movimento comunista internazionale e in Italia di crisi anche per la sinistra radicale. La tattica del “FRONTE UNICO” è stata adottata dal movimento comunista in alcune fasi della nostra storia,
quando era necessario garantire un contatto organico dei comunisti con una parte delle masse operaie ancora sotto l’influenza della socialdemocrazia. Masse che spesso si trovavano su posizioni più avanzate di quelle dei gruppi dirigenti dei rispettivi partiti e che con una strategia interlocutoria da parte dei comunisti, sarebbero potute passare alla causa comunista.
Questo scenario oggi è inesistente. I partiti di sinistra sono partiti “leggeri”, di opinione, fatti da attivisti spesso professionali e privi di qualsiasi reale seguito di massa strutturato organicamente o frutto di azione di questi partiti in settori della società. Tutti coloro che ripropongono la necessità di una politica frontista, magari da accompagnare all’unità comunista, vogliono ignorare questa realtà per non assumere pienamente le conclusioni necessarie.
L’unità dei comunisti con la sinistra avrebbe oggi solamente l’effetto negativo di mischiare le posizioni dei comunisti con quelle della sinistra borghese, alimentando una confusione già presente purtroppo in vasti settori popolari e freno all’azione e alla crescita del Partito, mentre è necessario che oggi più che mai si comprenda che i comunisti non hanno nulla a che spartire con la sinistra. Ciò impegna il nostro partito ad una polemica costante con l’opportunismo e il ruolo di nuove forme di socialdemocrazia che vanno configurandosi. Una polemica politica, che eviti di scadere su personalismi, sia condotta col rigore della critica marxista, che punti a evitare qualsiasi forma di riaggregazione di settori di massa intorno a progetti opportunisti (…)
Il rifiuto delle alleanze politiche non ha nulla a che fare con il “settarismo”. È la conseguenza necessaria dell’analisi dei comunisti, che impegna al contrario il partito nel più vasto lavoro diretto nella classe operaia e nelle masse popolari, nell’impegno nelle lotte e nell’organizzazione del soggetto che solo può garantire la lotta per l’emancipazione della classe operaia. Il settarismo, corrente opposta ma complementare dell’opportunismo, chiude il Partito a ogni forma di contatto con le masse laddove esse si trovano, lo riduce all’attesa messianica dell’ora X” e all’affermazione parolaia dei suoi principi, a contatti personalistici e non praticati nelle lotte.
Tipica manifestazione del settarismo sono il rifiuto di qualsiasi prova elettorale e il rifiuto di condurre azioni e manifestazioni del partito davanti alle masse. Una cosa è non partecipare a circoli e passerelle salottiere, che risultano solo perdite di tempo, una cosa è non cogliere ogni occasione e ogni strumento per propagandare la linea del partito laddove ci sono persone vere, lavoratori e sfruttati, anche se molto lontani dalla nostra ideologia.»

(Dal DOCUMENTO CONGRESSUALE del Partito Comunista. Secondo Congresso Nazionale Roma 2017).

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