Care/ i compagne/i,con questa mia lettera aderisco formalmente al Partito. Mi ero già determinato da tempo, nel fare la presente scelta, al fine di aderire ad una opzione politica comunista che marcasse una profonda discontinuità col senso della militanza politica a cui mi sono sentito relegato, tanto nel PRC prima quanto nel PDCI poi.
Ho conosciuto soltanto marginalmente il PCI: nel 1987 , da iscritto alla FGCI non vissi altro che l’epilogo di un partito che, con la compienda “Bolognina”, cessava definitivamente di essere il punto di riferimento per i lavoratori e per il cambiamento reale dei rapporti di forza tra classi.
Rifondazione Comunista fu l’approdo che reputai necessario e dovuto, nel 1991 , una volta sciolto il PCI, per dare una speranza alla prospettiva comunista in Italia .
Ben presto però quel partito espunse in chiave maggioritaria il conflitto capitale-lavoro come centrale rispetto all’impianto programmatico che si diede ed al profilo ideologico che, a partire dal 1998,subì una profonda mutazione genetica. Il movimentismo spinto , il subingresso di questioni altre e diverse che nulla avevano a che fare con il rilancio di una prospettiva di classe , l’abbandono di fatto della centralità del marxismo e delle sue categorie di analisi della società , mi portarono nel 2004-2005 ad abbandonare quel partito.
Ricoprii con il PRC il ruolo di segretario della Federazione di Macerata , membro del CPR e del Comitato Politico Nazionale.
A livello istituzionale ricoprii il ruolo di consigliere comunale, di comunità montana , di assessore provinciale prima e di consigliere prov.le dopo.
Feci appena in tempo a vedere i prodromi di quel drammatico dibattito che avrebbe portato in poco tempo alla scissione con Sel, che rappresentò una deriva ideologica ed al contempo il risultato di una involuzione politica totale nel processo della ricostruzione di un partito comunista, processo che forse, nei fatti, non si era mai sviluppato.
Mi iscrissi pertanto al PDCI: ebbi la sensazione di un partito solido e robusto. La coesione ideologica, il centralismo democratico , l’espunzione del “ movimentismo spinto” tanto dalla pratica organizzativa quanto dal profilo di costruzione dell’asetto politico -programmatico, mi davano inizialmente a vedere come tale soggetto politico avesse una chiara e condivisibile prospettiva.
In realtà, la verità è che quel partito riuscendo a “costruire consenso” tanto al centro quanto nella periferia con il centralismo democratico , declinato molto “sui generis” , impedisce il confronto di idee, la democrazia nei processi di selezione dei gruppi dirigenti e la scelta compiuta, matura e condivisa delle opzioni programmatiche. L’appiattimento tutto elettoralistico della linea , la scelta dilibertiana, adottata nel congresso di Rimini dell’ottobre 2011, di appoggiare senza “se e senza “ma” il Pd, fare l’accordo con questo ed in tal guisa raccogliere una pattuglietta di deputati al fine testimoniare la propria presenza nell’alveo parlamentare , mi faceva profondamente ricredere nella adesione convinta alla militanza.
Alla fine del 2012 mi dimettevo dalla segreteria regionale del PDCI e da responsabile Reg.le degli enti locali.
Sono stato anche per il PDCI, presidente dell’Ersu ( Ente regionale per il diritto allo Studio Universitario).
La scelta del pdci di appoggiare “Rivoluzione Civile”, che è stata un totale fallimento anche nei numeri, ha rappresentato la rinuncia totale e definitiva alla prospettiva del socialismo da parte di questo partito.Le liste di Rivoluzione Civile sono state calate dall’alto, non hanno rappresentato per nulla la materializzazione dei bisogni e delle giuste istanze dei territori.
Ho incontrato sulla mia strada il CSP-PC: un partito che non solo non ha abiurato ai principi che dovrebbero contraddistinguere un partito comunista ma anzi ha messo due paletti fermi nella costruzione ideologica del partito che rappresentano le colonne portanti della casa che si va ad edificare: il marxismo ed il leninismo. Il marxismo come menabò necessario ed insostituibile nell’elaborazione di un programma politico. Il leninismo come (ma non solo questo) metodo di direzione politica e di selezione del quadro dirigente. Due aspetti che da tanto, troppo tempo, i partiti che si definiscono comunisti in Italia, hanno abbandonato e che invece per i comunisti – sinistra popolare, rappresentano i riferimenti necessari. Io che per tanti anni sono stato nelle istituzioni riconosco importante il ruolo dei comunisti negli enti locali e nell’assise parlamentare. Ma le elezioni, per un soggetto politico rivoluzionario, devono essere un banco di prova per contarsi, per saggiare la bontà della proposta politica, per vedere come i cittadini recepiscono la nostra proposta e le forme attraverso la quale la stessa viene elaborata e manifestata. Tuttavia un partito comunista non può organizzarsi , elaborare una linea solo in funzione delle elezioni! Laddove non vi è la possibilità di presentarsi per la esiguità numerica , laddove non vi sono le possibilità per interlocuzione alcuna con soggetti antagonisti prossimi al partito comunista, è assurdo ricercare per forza di cose il solito “accordo borghese” per eleggere qualche compagno nelle istituzioni . Si eleggerà pure un comunista ma così facendo si rischia la solita deriva moderata, se questa elezione è frutto di un accordicchio che non apre un nuovo e più importante orizzonte progressivo alla nostra visione, alla nostra pratica ed alla nostra prospettiva . Pertanto anche la mia visione su questo punto si incrocia perfettamente con quella del partito a cui aderisco. Con la mia adesione non torno a casa . Ho trovato la mia casa! Grazie compagni per avermi accolto.
Mauro Riccioni