7 NOVEMBRE 2012, 95° ANNIVERSARIO DELLA RIVOLUZIONE PROLETARIA E SOCIALISTA.
Il 7 novembre di 95 anni or sono, milioni di operai, contadini e soldati, guidati da Lenin, capo del Partito Bolscevico, compirono, per la prima volta nella storia dell’umanità, la più grande rivoluzione popolare in grado di scalzare dal potere la borghesia, instaurando un nuovo potere operaio e popolare fondato sui Soviet come base del nuovo Stato Socialista.
Nel cuore della prima guerra mondiale imperialista del XX secolo, scatenata dal capitale finanziario europeo per regolare una nuova spartizione dei mercati e delle ricchezze delle colonie, in molti paesi i popoli trovarono la forza e la determinazione di ribellarsi a chi li usava come carne da macello nella più grande carneficina che la storia avesse fino allora vissuto.
Ma solo nella Russia che aveva cacciato lo Zar Nicola II, pochi mesi prima, il proletariato urbano alleato alla massa sterminata dei contadini e dei soldati, trovò la forza e l’organizzazione per vincere ed iniziare un nuovo cammino della storia dell’umanità, la costruzione della società socialista nella prospettiva del comunismo.
Ciò avvenne per il concentrarsi, in quel paese, di alcune contraddizioni del capitalismo che portarono a definirlo l’anello debole della catena imperialista, ma anche per la costruzione, nel corso di lunghi anni, di una forte direzione politica rivoluzionaria che seppe coniugare, in ogni fase di sviluppo degli avvenimenti, una giusta analisi di classe dell’imperialismo e del capitalismo ad una audace e tempestiva determinazione dei compiti dell’avanguardia organizzata della classe operaia e del popolo: il Partito Comunista.
Solo così si poté, nel breve volgere di pochi giorni, spostare i rapporti di forza a favore delle forze proletarie ed instaurare il potere dei soviet, sconfiggere la reazione interna dei capitalisti e dei proprietari terrieri e successivamente, nel corso di una lunga guerra civile, respingere l’attacco di 15 eserciti stranieri, che si scatenarono nel primo feroce attacco contro la Russia Sovietica al fine di uccidere nella culla la giovane rivoluzione, nell’interesse del capitale finanziario internazionale.
La storia dello stato, che , dopo la vittoria contro l’invasione straniera, si chiamerà Unione Sovietica è la storia della costruzione del primo stato socialista del mondo che dal 1937 diventerà la seconda potenza industriale del mondo. E che, con la forza economica e politica accumulata, seppe respingere il secondo proditorio attacco delle forze imperialiste europee e mondiali nel 1941, questa volta nella forma delle armate nazi-fasciste, inseguendo il nemico fino alla sua capitale, Berlino, issando sulla sede del Reichstag la bandiera rossa dell’Unione Sovietica e della rivoluzione proletaria.
La storia del primo stato socialista terminerà nel 1991 con la restaurazione del capitalismo e la vanificazione delle grandi conquiste sociali che in quell’esperimento si realizzarono, a causa delle pressioni internazionali, ma soprattutto, dell’avvento nella sua direzione politica di forze che, sulla base di una profonda revisione dei principi e dei valori del marxismo-leninismo, a partitre dal 1953 e nel corso dei decenni successivi, cominciarono ad inseguire la chimera della coniugazione della pianificazione con il mercato, di fatto inseguendo il modello del capitalismo nella competizione internazionale, subendone la profonda influenza fino a diventarne subalterni ed infine sconfitti.
Questo triste epilogo della storia del socialismo realizzato nel corso del XX secolo, ben lungi dal far venir meno le ragioni dell’emancipazione proletaria, è, per tutti i comunisti fonte di grandi insegnamenti.
Innanzitutto, è la conferma della tesi leninista che, anche dopo una o più sconfitte, la borghesia non rinuncia ai tentativi di restaurazione del proprio potere, a cui si può resistere vittoriosamente soltanto consolidando il potere popolare e non scimmiottando le leggi del suo ordinamento sociale.
Inoltre, si conferma valida la tesi che soltanto con una forte politica di competizione, a livello internazionale, il socialismo può contrastare l’egemonia del capitalismo e limitarne sempre più il campo d’azione, e non con la cosidetta politica di “ pacifica coesistenza “ perseguita dal XX congresso del PCUS in poi.
Infine, apprendiamo, da tutta la storia del ‘900 che la lotta al revisionismo politico ed ideologico in seno al movimento operaio e comunista deve, sempre, essere condotta apertamente e senza omissioni, coinvolgendo in essa non solo i militanti di partito ma le più vaste masse popolari che, solo se informate e coscienti del proprio ruolo storico, possono essere permanentemente protagoniste della costruzione della nuova società.