FASCISMO E ANTIFASCISMO – Discorso del Segretario Generale Alberto Lombardo al World Socialism Forum di Pechino

FASCISMO E ANTIFASCISMO – Discorso del Segretario Generale Alberto Lombardo al World Socialism Forum di Pechino

1. Cos’è il fascismo e a cosa serve

Un approccio antimarxista è quello di separare le forze che operano nella sovrastruttura dai rapporti
di produzione sottostanti, sebbene – come ci ha avvertito Engels – le prime non possono essere
derivate meccanicamente dalle seconde. Da questo punto di vista, l’analisi del fascismo che parte da
aspetti culturali o sociologici non può coglierne la piena essenza.

I preparativi della Prima Guerra mondiale già mostrarono i segni di quello che possiamo chiamare il
protofascismo, caratterizzato dalla militarizzazione di tutta la società. Ma non dimentichiamo
l’insegnamento di Lenin che delineò con precisione quali erano gli interessi nei rapporti di classe e
nei rapporti interimperialistici, nonché la necessità del capitalismo mondiale di superare la crisi di
sovrapproduzione con la distruzione delle forze produttive.

Il VII Congresso dell’Internazionale Comunista, tenutosi a Mosca nel luglio/agosto del 1935, diede
una definizione di classe molto accurata di cosa fosse il fascismo, ossia la dittatura terroristica della
borghesia sul proletariato. Ma – sebbene già si avesse ampia prova di cosa esso fosse fin dal 1931
con l’aggressione imperialista del Giappone alla Cina – ciò costituiva solo l’aspetto prodromico del
fascismo, come si era inizialmente manifestato in Italia e poi in Germania e in altri paesi
dell’Europa, perché ancora non si aveva avuto ancora modo di osservare il momento culminante del
nazifascismo. Tale culmine caratterizza qualitativamente il nazifascismo rispetto alle altre forme di
dittatura della borghesia non solo per l’entità e la brutalità della repressione, ma per un salto
qualitativo essenziale, ossia la necessità di riportare sui campi di battaglia i popoli d’Europa, dopo
la carneficina della Prima Guerra, in una nuova guerra contro l’Unione Sovietica, una guerra già da
tempo considerata dai dirigenti sovietici come inevitabile conseguenza del capitalismo.

2. Il fascismo in Europa oggi

Il fascismo oggi non è costituito da piccoli gruppetti di teste calde o da posizioni politiche che i
partiti, per quanto profondamente reazionari, possono esercitare nei nostri paesi. Naturalmente,
questo cambia radicalmente quando questi gruppi estremisti o partiti politici si trovano a governare
intere nazioni, come avviene oggi in Ucraina.

Gli aspetti economici del fascismo storico (la penetrazione del capitale finanziario nell’intera vita
economica del Paese, il selvaggio calo dei salari; lo sfruttamento abominevole dei consumatori, la
tassazione senza precedenti dei produttori piccolo-borghesi), così come quelli politici (la
trasformazione essenzialmente reazionaria dell’intera vita politica del Paese), sono presenti in tutti i
Paesi capitalistici occidentali. Anche se conseguiti con metodi tutt’altro che terroristici.

In Italia, in particolare, le piccole e medie imprese stanno soffrendo gravemente, i lavoratori
dipendenti e autonomi sono schiacciati (l’unico Paese ad aver visto un calo dei salari reali in
trent’anni) e i sistemi sanitari, di previdenza e di istruzione distrutti. Nel frattempo, le banche,
Leonardo (armi) ed ENI (energia) festeggiano. È imbarazzante vedere come tutta l’economia
italiana, e più in generale europea, sia piegata agli interessi delle grandi multinazionali che della
guerra e dei preparativi alla guerra hanno fatto la propria ragione di sopravvivenza. Le associazioni
padronali (Confindustria, in Italia) protestano col governo solo per avere ulteriori sussidi che li
aiutino a superare il forte disavanzo di competitività con gli USA, indotti dall’interruzione delle
forniture dei gasdotti russi e delle sanzioni (in effetti, autosanzioni!) che stanno desertificando
l’intera struttura produttiva del Continente. La guerra cognitiva funziona non solo contro le fasce più
basse della popolazione, ormai completamente insoddisfatte dalla politica, come il forte
astensionismo elettorale testimonia, ma la cui protesta non riesce a coagularsi in una politica più
efficace. Ma anche rispetto alle fasce medio alte, quali imprenditori, docenti universitari, ecc.,
incapaci di elaborare un pensiero che esca dal conformismo filo Nato più ottuso.

Proprio come la Francia fu sacrificata nel 1940 per fornire un retroterra economico e produttivo più
ampio alla guerra della Germania nazista, così l’Unione Europea viene sacrificata per fornire un
retroterra agli Stati Uniti nel loro imminente confronto con la Cina socialista. Le differenze sono
numerose e gli errori evidenti da parte delle amministrazioni statunitensi che si sono succedute, con
imbarazzanti retromarce. Va anche detto che dall’altra parte del tavolo ci sono i diplomatici più
astuti e i leader politici più lungimiranti che possiamo ricordare: quelli di Cina e Russia. E quindi è
molto più difficile per l’imperialismo navigare oggi di quanto non lo fosse nel 1941.

Quindi, alla domanda “siamo nel bel mezzo del fascismo?” la risposta deve essere: sostanzialmente
sì, ma non per le ragioni che appaiono alla superficie.

In particolare, la discriminante destra/sinistra oggi ormai è non solo fin troppo legata agli schemi
parlamentari di origine anglosassone, ma persino logora rispetto ai paradigmi del secolo scorso, dal
momento in cui la cosiddetta “sinistra” in Europa ha abbandonato ogni caratterizzazione di classe.
La repressione poliziesca è più vigorosa in Gran Bretagna e in Germania piuttosto che in Italia,
dove esiste un governo guidato da forze di origine neofascista. In Italia si stanno manomettendo i
meccanismi costituzionali, ma nel senso di liberalizzare la corruzione, seguendo l’esempio di
Berlusconi, proprio come in Germania e Gran Bretagna, dove vengono perseguiti i reati di opinione.
Abbiamo quindi elencato le ragioni più profonde: economico-finanziarie, sociali, geopolitiche.
In una parola, il fascismo odierno in Europa è la NATO e la sua proiezione politica, l’Unione
Europea.

3. Il fronte unito antimperialista

La discriminante antifascista è fondamentale. Deve basarsi non tanto su affermazioni retoriche,
quanto sui programmi che abbiamo già definito, in particolare l’opposizione alla guerra
imperialista.

Rispetto alla collocazione delle varie nazioni, se l’analisi fatta precedentemente è valida, allora il
punto di vista che si deve tenere – e che correttamente la Cina tiene – è quello che discrimina tra
nazioni i cui interessi dominanti e la cui classe politica dirigente spinge verso la guerra e quelle in
cui, al di là delle differenze politiche e perfino economiche, l’interesse è per la pace.

Non ci si può nascondere che l’interesse per la pace spesso è unito all’interesse a continuare a far
affari come prima e continuare lo sfruttamento capitalistico dentro ogni nazione. Questa però oggi
riveste un carattere che è sovrastato dalla contraddizione principale che è determinata dai pericoli di
guerra. Inoltre è falso, da un punto ideologico del leninismo, che ogni sistema capitalistico abbia in
sé la necessaria e urgente tendenza alla guerra. Le fasi di sviluppo del capitalismo in ogni nazione
sono diverse e quindi anche la necessità di esportare la crisi fuori dai propri confini attraverso la
guerra. Persino crisi regionali, come quelle che continuiamo a vedere, per esempio tra Pakistan e
India, non sono riconducibili a tendenze della stessa natura di quelle che caratterizzano
l’aggressività bellicista globale della NATO.

4. Conclusione

All’interno delle varie nazioni è indispensabile che le forze antifasciste e antimperialiste denuncino
con forza quali sono le cause del bellicismo aggressivo delle classi dominanti che hanno interesse
alla guerra e si uniscano quei settori che invece non hanno interesse alla guerra. Ciò deve avvenire
non lasciandosi intrappolare da una retorica fintamente progressista o persino “antifascista” di
settori politici che invece sono completamente integrati nella strategia imperialistica.

Rispetto alle nazioni, si devono appoggiare tutti gli sforzi per sottrarsi all’aggregazione imperialista,
al di là delle pur grandi differenze politiche ed economiche. Ogni nazione che si sottrae a questa
aggregazione è un passo avanti verso la pace e un passo contro i venti di guerra.

FASCISMO E ANTIFASCISMO-Scarica il PDF

Condividi !

Shares