SI SCRIVE L’ACCORDO PER I TAXISTi, SI LEGGE FREGATURA, PER TUTTI. (Gruppo nazionale taxisti Csp-PARTITO COMUNISTA)

SI SCRIVE L’ACCORDO PER I TAXISTi, SI LEGGE FREGATURA, PER TUTTI. (Gruppo nazionale taxisti Csp-PARTITO COMUNISTA)

SI SCRIVE L’ACCORDO PER I TAXISTi, SI LEGGE FREGATURA, PER TUTTI. (Gruppo nazionale taxisti Csp-PARTITO COMUNISTA)

Questo governo ha  dettato fin dall’inizio le sue condizioni senza possibilità di appello. Sotto la minaccia del default ha fatto passare nel silenzio generale una pesantissima riforma delle pensioni che svilisce lavoratori e lavoratrici e ha introdotto penalizzanti provvedimenti fiscali. Il passo successivo lungo la strada dell’attacco al lavoro è stato il decreto liberalizzazioni. Annunciato da una pesantissima campagna di odio di classe, con la complicità di media e giornali, il decreto ha come obiettivo quello di colpire una parte del lavoro autonomo e ridurlo alla mercé dei soliti oligopoli privati.

Non vi è stata alcuna contrattazione, il governo ha chiarito subito che non vi era alcuna intenzione in tal senso. Tempi brevi e situazione emergenziale: il solito ritornello che ha accompagnato dall’inizio le mosse del governo. Una delegazione di rappresentanti di categoria è stata accolta allo scopo di presentare un documento che evidenziasse le ragioni dei tassisti e le loro richieste. Dopodiché il vuoto. Alcuni giorni dopo il governo indice una conferenza stampa per spiegare i contenuti del decreto. Le norme che interessano la categoria vengono parzialmente illustrate, non vi è alcuna dichiarazione precisa, il decreto sembra viziato da una inopportuna confusione. Nei giorni successivi cala un pesante silenzio sulla vicenda e nonostante i tassisti avessero dichiarato lo sciopero per lunedì 23, la sua conferma tarda ad arrivare.

Dal testo ufficiale del decreto si evince che l’articolo che prevedeva il cumulo delle licenze a capo di un singolo è stato rimosso. Questa la norma più discussa, quella che apriva esplicitamente il terreno alla razzia da parte dei privati. Campeggia però una contraddizione evidente: se da una parte il cumulo viene respinto, dall’altra si fa riferimento ad una seconda licenza da affiancare alla prima, quale indennizzo per coloro i quali vedono il numero di taxi aumentare nella propria città.

Rimangono ben saldi al loro posto sia la fine della territorialità – si introduce infatti la possibilità di svolgere il servizio anche al di fuori del comune di appartenenza – sia la nascita di un’Authority atta a regolamentare il servizio in tutte le sue parti. Avrà il compito di stabilire, attraverso analisi astratte, il numero delle licenze opportune in ogni città e le tariffe. L’attivazione di questo organismo, i cui contorni rimangono fumosi, pare del tutto inutile. La materia che dovrà regolamentare è oggi di competenza dei singoli comuni che attraverso specifiche commissioni –  alle quali siedono assieme rappresentanti dei tassisti e dei consumatori –  valutano la qualità del servizio offerto, l’adeguatezza del numero delle licenze e le tariffe. Perché dunque inserirla? Strappare ai comuni questo potere permette al governo di aprire un varco importante per successivi provvedimenti in materia. Con questa misura viene dato il via di fatto alla deregolamentazione nel settore taxi, spogliandolo di quelle caratteristiche che fino ad oggi lo hanno reso un servizio pubblico locale di qualità. Ai lavoratori cosa cambia per il momento? Che saranno in balia di un’autorità astratta, slegata dal territorio, piegata alla logica di mercato, che non esiterà a calpestare diritti del lavoro e le esigenze dell’utenza. La liberalizzazione del settore viene fatta passare attraverso una via secondaria, non viene chiamata con il proprio nome, non risulta chiara ad una prima lettura.

È evidente che la confusione che caratterizza queste ore è frutto di una precisa tattica del governo: sopire ogni  forma di dissenso e impedire che il fronte delle agitazioni si allarghi e si compatti. I rappresentanti di categoria hanno assecondato questa linea,  spendendosi in appelli alla calma e spiegando la necessità di mantenere un “profilo basso”. La loro strategia è quella di accompagnare il decreto nelle varie commissioni dove  pare alcuni rappresentanti politici abbiano prefigurato la possibilità di effettuare sensibili modifiche. Quegli stessi rappresentanti del Pd e del Pdl che in queste settimane si sono spesi a favore delle liberalizzazioni e in alcuni casi hanno esasperato gli attacchi alla nostra categoria.

Il malcontento che percorre oggi la penisola è del tutto ragionevole. Non va placato in nome di una diplomazia politica che appare da subito inefficace. Questo governo non eletto è l’espressione della grande finanza, delle banche, del capitalismo europeo, e ha scritto nel suo dna la volontà di colpire il lavoro, le sue tutele e garanzie, per favorire la speculazione e i grandi interessi privati. Non guarda in faccia nessuno e va diritto lungo la propria strada. Le proteste di questi giorni sono legittime, il segnale che arriva dagli arresti No-Tav è chiaro: chi protesta paga e anche duramente. Ma se si mette in campo una vera prospettiva politica non ce la faranno a batterci. Serve costituire un unico fronte di lotta, in difesa del lavoro e per il sovvertimento di questo sistema economico che calpesta tutto e tutti in nome del profitto.

Per informazioni Silvia Antonelli, lavoratrice taxista 3287848282 [email protected]

 

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