La vicenda del Monte dei Paschi di Siena si tinge di giallo.
Ricapitoliamo: dopo spericolate speculazioni avvenute – all’insaputa dei propri azionisti, ma non della Vigilanza della Banca d’Italia – negli ultimi anni per occultare i buchi iniziati con la costosa acquisizione di Banca AntonVeneta e andate di male in peggio, le magagne alla fine sono venute fuori.
MontePaschi a dicembre scorso ha ricevuto 10 miliardi dalla BCE con un prestito a breve termine all’1%, con cui ha comprato BTP. Nonostante questo regalo riceve ora dal Tesoro altri 3.9 miliardi, ma su questi pagherà un 10% circa, un tasso spropositato, dato che il rischio da pare dello Stato è nullo, infatti esso potrà sempre nazionalizzare la banca che in ogni caso ha un patrimonio sufficiente a tamponare il danno emerso finora. Delle due l’una: o il buco è molto ma molto più grosso di quello che dicono, o qualcuno sta mettendo le mani sulla terza banca italiana. Chi?
Quasi tutti hanno notato che 3,9 miliardi sono proprio l’incasso della Prima rata dell’IMU. Quindi spolpiamo gli italiani per prestare soldi alle banche in bancarotta.
A pagare saranno chiamati i piccoli azionisti (attraverso l’aumento di capitale), che in questi momenti sono riuniti in assemblea a Siena, e che naturalmente ne hanno per tutti: i supermanager che hanno intascato fantastici bonus fino all’altro ieri (il direttore generale Vigni incassava uno stipendio base di 1,4 milioni e lascia la banca l’anno scorso con 4 milioni di buona uscita) e chi ha sostenuto politicamente la passata dirigenza, PD in testa.
Tuttavia i 4 milioni al supermanager sembrano solo laute mance. Ciò che resta oscuro – e su cui indaga la procura di Siena – è: chi sono i misteriosi investitori che hanno sottoscritto il prestito a MPS da un miliardo che, durante la gestione Mussari-Vigni, hanno sempre incassato una maxi-cedola del 10% pari a 100 milioni all’anno, grazie proprio al fatto che nei bilanci non è apparso nulla della frana che stava investendo la banca? Fino a quando non verranno fuori questi dettagli, o fino a quando non si capirà il nuovo assetto proprietario a cui si perverrà, sarà difficile capire i contorni di questa ennesima faida interna al capitalismo nostrano. Questo mostra ancora una volta la doppia natura a cui ci ha abituato storicamente: debole coi forti, ossia con i grandi interessi multinazionali a cui cerca di associarsi, e forte coi deboli, ossia contro il proprio popolo.
Il balletto delle responsabilità è ridicolo. Il ministro dell’economia Grilli tira un calcio negli stinchi a Banca d’Italia per non essere intervenuta prima. Il PD, storico dominus della banca, nasconde la mano. Come sia possibile anche solo pensare di condividere delle responsabilità di governo da con questi malfattori è un mistero che non riusciamo a capire, a meno che non ci si voglia associare al banchetto. I partiti come PDL e Lega hanno la faccia tosta di parlare proprio loro che sono rimasti invischiati in casi analoghi (CrediEuroNord) anche se non di questa portata. Tutti si stracciano le vesti dicendo che le regole vanno cambiate e i controlli vanno accentuati.
I comunisti sono per l’espropriazione e la nazionalizzazione delle banche. Le regole vanno altro che cambiate. In profondità. Non si possono mettere i lupi a guardia degli ovili. Le banche, i mercati, gli speculatori non possono essere più i padroni dei destini dei popoli. Solo una società in cui tutta l’attività finanziaria di una certa rilevanza non viene riportata sotto la gestione pubblica e il controllo popolare, potrà garantire che i lupi non azzannino più gli agnelli. Solo il socialismo potrà evitare queste grandi ruberie al popolo, come diceva Brecht:”è più ladro chi fonda una banca di chi la sfonda!”
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