Le donne “per bene” si sono dimenticate che l’ 8 marzo è giornata di lotta?
di Monica Perugini
Arriva l’8 marzo più difficile per le donne. Per il lavoro che non hanno più e dal quale sono state espulse e per i diritti sociali e civili che avevano conquistato e che stanno drammaticamente perdendo. Una coscienza che pare essere rispolverata nelle “feste comandate” e solo come passaggio retorico per tentare di mantenere la patina, sempre più offuscata, dei rituali di consenso ormai svuotati di interesse.
E’ quello che non possiamo fare a meno di registrare dopo la grande manifestazione massmediatica del “Se non ora quando” dell’anno scorso, orchestrata dalle donne “per bene” dei partiti dell’allora finta opposizione, contro le donne “per male” che circondavano con uno scandaloso comportamento un ex presidente del consiglio da scalzare con ogni mezzo, fuorché, ovviamente, usando la politica.
La caduta del governo Berlusconi, infatti, ha cacciato dalla ribalta donne protagoniste di un ignobile messaggio politico, tuttavia non esclusivo, che le loro presentabili colleghe avevano utilizzato come “soggetto dello scandalo” dai palchi di tutta Italia, per attaccare “l’uomo” e non certo per riflettere sulla originale considerazione che la donna ed il suo corpo hanno nella nostra società.
Chi non ricorda l’intervento milanese da parte dell’esponente già fascista Farina (tutte “smemorate” su cosa faceva negli anni 70!), applauditissima, anche lei come donna “per bene”, da una delirante platea interessata ad attrici, cantanti, presentatrici moralmente indignate per i facili costumi del premier e delle sue veline?
Evolvono velocissimi tempi e costumi: chi fino ieri era avversario e non si risparmiava insulti, oggi è alleato e alleata. E’ bastato togliere dalla scena qualche “oca” di troppo…
Il resto è uguale, anzi peggio, per le donne che la crisi ha reso “per male”, nel senso che le ha fatte diventare tali a causa dell’ aggressione che speculatori e capitalisti hanno fatto nei loro confronti, in quanto lavoratrici appartenenti ad un ceto proletario sempre più vasto.
Le donne che hanno sostituito le passate ministro/soubrette, sono avvocatesse, prefetti, docenti universitarie, vestono alla vetero – marinara ma sono effettivamente“per male”, considerata la politica antipopolare e reazionaria che praticano.
L’inutile Carfagna è stata rimpiazzata da una Fornero utilissima a banchieri, compagnie assicurative e lobby capitalistiche.
Che importa se, ad esempio, i calzifici delocalizzano e, producendo in Serbia, massimizzano il profitto affamando le operaie: a lei ai suoi non interessa che le catene di montaggio siano state smantellate ma solo che il profitto speculativo sia garantito.
E poi la Cancellieri che non ha nulla da invidiare agli uomini (fascisti) che l’anno preceduta: è stata capace di ripristinare in modo indolore lo Stato di polizia, e non negli stadi, ma nelle piazze, in Val Susa e nelle caserme dove poliziotti e carabinieri violentano impunemente le donne e nemmeno perdono il posto di lavoro.
Ma per i parametri delle organizzatrici di kermesse come quelle dell’ anno passato, sono queste le donne per bene, presentabili come anche certa sinistra, le definisce.
E così la politica, anche in questo 8 marzo, resta contro le donne. Senza lavoro, quindi senza indipendenza, senza servizi sociali e quindi senza diritti sociali né civili, in balia di una sottocultura imperante bigotta e ottusa.
In una simile situazione come potrebbe, infatti, progredire ed affermarsi una cultura di genere fondata sui diritti delle donne e sul principio della autodeterminazione, come non potrebbero aumentare i femminicidi commessi dagli uomini per risolvere i conflitti con le donne che le parole comunemente usate dai media, sottovalutano, svilendo a raptus?
Per difendere conquiste e diritti, a partire dal lavoro, dunque, solo la ripresa di forza di un movimento autonomo delle donne, libero dalle strumentalizzazioni dei partiti del monocolore di governo, non mediatico ma costruttore di coscienza di classe e di considerazione di genere, può invertire la rotta della lotta. Solo un sindacato che sappia difendere gli interessi di classe e la condizione di genere in particolare, può farci uscire da un avvilente teatrino dove l’unica differenza fra le due donne esponenti di parti sociali che dovrebbero essere contrapposte, sta nella linea (fisica non politica)?
Le signore in pelliccia o in foulard bianco si riservino per lo show mediatico e non vengano a parlarci di 8 marzo! Per noi, un’altra giornata di lotta.