Scontri a Roma tra operai e Polizia. Sel prepara una mozione di sfiducia contro il ministro degli Interni. Di chi sono le responsabilità di quanto accaduto: Alfano o Renzi?
«Trovo uno schifo e provo senso di ribrezzo quando vedo questa misera politica sfruttare gli episodi contro i lavoratori. C’è una strumentalizzazione generale, da una parte e dall’altra. Il sangue di un operario, e lo dice il figlio di un operario della Mirafiori, vale molto di più di qualunque operazione della misera politica di oggi».
In realtà non pensa che sia uno scontro tutto all’interno della sinistra, piuttosto che tra operai e lavoratori?
«Le due cose si incrociano. Partiamo da un dato oggettivo: nel nostro Paese si stanno dismettendo tutte le produzioni strategiche dall’alluminio in Sardegna con l’Alcoa all’Ilva a Taranto, dall’acciaio a Terni alla cantieristica navale. Queste manifestazioni di protesta, quindi, sono legate al futuro del Paese, non sono piccoli vertenze. Cosa sta diventando l’Italia un luogo per grassi e arricchiti capitalisti americani, tedeschi o russi? Tutti gli economisti sanno che il settore turistico di un Paese può arrivare al 10-12% del Pil, non di più. Serve, quindi, una grande industria manifatturiera e automobilistica altrimenti non si va da nessuna parte. Con la fine della guerra fredda il ruolo geopolitico dell’Italia è cambiato, prima c’era una certa autonomia in campo energetico e nella politica internazionale, c’era il più grande movimento operaio d’Occidente e il più grande Partito Comunista d’Occidente che garantiva una qualità della vita superiore. I padroni facevano i profitti ma il movimento operaio riusciva a ottenere qualche risultato, anche se non duraturo».
Adesso invece?
«Adesso il movimento operaio non ottiene nulla. Non esiste una lotta offensiva, esiste solo una lotta difensiva. La cassa integrazione è già considerata un risultato, si chiudono centinaia di aziende. Questo politicamente significa che sono finiti i margini del riformismo che consentiva ai padroni di fare profitto e agli operai di ottenere risultati importanti come lo statuto dei lavoratori e l’art. 18».
Ci sono circa 160 vertenze sindacali aperte, come giudica le risposte del governo Renzi?
«Non ci saranno risultati da parte del governo. Oggi l’alternativa è chiara, ma difficile: iniziare la transizione verso un altro tipo di sistema. C’è una considerazione da fare: qualsiasi prodotto viene fatto in meno tempo, allora perché dobbiamo lavorare di più e guadagnare di meno? La risposta è perché le ricchezze sono nelle mani di pochissime persone. Serve ridistribuire la ricchezza, c’è una massa enorme di ceto medio che si sta proletarizzando. Non possiamo continuare a farci dettare la linea, Renzi compreso, dall’Europa, dallo spread, dalla Troika. A decidere dovrebbero essere i lavoratori, ovvero chi produce realmente la ricchezza di questo Paese. L’Italia oggi è un vaso di coccio».
Lei come interverebbe?
«Con un programma minimo ma di grande rottura, partendo dalla nazionalizzazione delle grandi imprese che hanno ricevuto fondi dallo Stato e hanno privatizzato i profitti e socializzato le perdite. Per fare ciò bisogna avere un’idea complessiva di società, un’idea socialista, per questo l’8 novembre alle 14.30 al Centro Congressi di via dei Frentani faremo una manifestazione sulla rivoluzione Sovietica perché parte tutto da lì».