Con l’accordo sulla rappresentanza siglato tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria il 31 maggio 2013 si definisce, una volta per tutte, il ruolo strategico che le centrali confederali assumono nella fase della crisi finale del capitalismo in Italia e in Europa. L’Italia diventa di fatto il Paese europeo con le minori garanzie sindacali e con un diritto allo sciopero che rimane un simulacro affidato all’arbitrio delle consorterie categoriali.
Il tutto sancito da un patto scellerato ( tra finte parti ) che difficilmente potrebbe essere assunto in sede legislativa, data l’enormità dei rilievi di smaccata incostituzionalità cui andrebbe incontro. E’ caduta l’ultima foglia di fico che copriva le nudità della Camusso: lei chiedeva prima una legge e poi l’accordo, e invece ha vinto Bonanni, ottenendo prima il peggiore degli accordi per rinviare al poi una ipotetica legge.
Anche qui si manifesta come il moderno capitalismo monopolistico non possa più affidarsi ad una pretesa legalità borghese o ad una supposta rappresentanza politica; esprime invece brutalmente i suoi interessi di classe, comprando palesemente le rappresentanze sindacali e rappresentandosi in prima persona nelle stesse istituzioni, scacciando così da esse un ceto politico debole e screditato.
Il merito del patto è chiaro, aggressivo e quanto mai sintetico:
• si stabilisce che vi siano limiti invalicabili all’azione sindacale e che soprattutto sia sanzionabile chiunque si opponga agli accordi, sulla base di regole arbitrarie decise in sede di contratti di categoria;
• i contratti saranno validi sulla base di una non meglio definita “consultazione certificata” dei lavoratori, sempre regolata e controllata dai sindacati di categoria ( certificata da chi, quando e come ? );
• viene garantita una rappresentanza di ferro a CIGL-CISL-UIL, ed in ogni caso viene totalmente esclusa ogni rappresentanza ai sindacati non firmatari degli accordi, anche in sede di Rsu;
• sulla base di un principio maggioritario taroccato vengono impediti i diritti sindacali minimi ai non firmatari degli accordi: indizione di scioperi puntuali, di assemblee, possibilità delle trattenute sindacali in busta paga, dei permessi orari;
• sono imposte in ogni caso le cosiddette clausole di raffredamento, che come è ovvio prevedono le opportune sanzioni per chi le viola.
Come si vede, si è andati ben oltre le peggiori aspettative: peggio degli Ichino e dello stesso Marchionne.
A questo punto è inutile prendersela con i compagni che decideranno di rimanere nella Fiom, ed è anche inutile inseguire, o peggio aspettare la stessa Fiom lungo un percorso disseminato di se e di ma, e quindi di sconfitte.
Purtroppo la sua storia gloriosa, divenuta da tempo una mitologia, rischia oggi di scadere nella peggiore farsa.
PIUTTOSTO CHE ASPETTARE RAVVEDIMENTI IMPOSSIBILI OCCORRE OGGI INIZIARE A COSTRUIRE, BEN OLTRE GLI STECCATI ORGANIZZATIVI, UN VASTO FRONTE UNITARIO DEI LAVORATORI, FABBRICA PER FABBRICA, AZIENDA PER AZIENDA, DISTRETTO PER DISTRETTO, GRUPPO PER GRUPPO INDUSTRIALE, UN FRONTE CHE PARTENDO DAI PUNTI AVANZATI DEL CONFLITTO ( FIAT IN TESTA ) SI OPPONGA DA SUBITO E CON OGNI MEZZO ALL’IGNOBILE PATTO CORPORATIVO DI CGIL-CISL-UIL-PADRONI.