Le prossime elezioni politiche in Italia. (di Dario Ortolano, coordinatore di Csp-PARTITO COMUNISTA)

Le prossime elezioni politiche in Italia. (di Dario Ortolano, coordinatore di Csp-PARTITO COMUNISTA)

 
 
www.resistenze.org – osservatorio – italia – politica e società – 28-01-13 – n. 438
 
28/01/2012
 
Dopo 5 anni dalle ultime elezioni politiche del 2008, in Italia si torna a votare per il Parlamento.
Sono stati, questi ultimi, gli anni più terribili che il mondo abbia vissuto dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, perché caratterizzati dalla più grave e devastante crisi della economia capitalistica mondiale.
 
A pagarne i costi, come sempre, sono i lavoratori i giovani e le donne proletarie, i pensionati, i disoccupati, cioè i popoli, mentre banchieri e grandi industriali concentrano in poche mani una sempre maggiore ricchezza.
 
Queste sono le leggi del capitalismo, ferree, spietate, immutabili a meno di riuscire a distruggere il funzionamento del sistema sociale che le riproduce per crearne un altro, fondato sulla giustizia sociale, senza lo sfruttamento di una ristretta cerchia di ricchi sui popoli, il socialismo appunto, per cui si battono i comunisti.
 
Ma quando comincia una campagna elettorale, sembra di entrare in una dimensione spazio-temporale sospesa. Tutto ciò che abbiamo visto succedere sotto i nostri occhi fino ad allora sembra fermarsi. Si entra in una sorta di zona off-limits in cui non si possono più confrontare le parole con i fatti, tanta è la distanza fra questi due elementi nella propaganda delle principali forze politiche borghesi.
 
In Italia, con l’inizio del nuovo anno e della campagna elettorale, i principali esponenti delle maggiori forze politiche, Bersani, Berlusconi, Monti, Casini e Fini, tornano a calcare le scene con una batteria di menzogne e false promesse, come se fossero concorrenti al Concorso Nazionale ” Faccia di bronzo 2013 “.
 
Dopo aver governato l’Italia, insieme nell’ultimo anno ed alternandosi negli ultimi venti, applicando rigidamente le direttive dell’Unione Europea corrispondenti agli interessi dei banchieri e dei grandi industriali, si presentano agli elettori come se nulla fosse successo ed altri fossero i responsabili del disastro sociale in corso.
 
Ma vediamoli più da vicino, gli eroi moderni della politica italiana a capo delle rispettive forze politiche.
 
Cominciamo da colui che si è coperto di gloria presso l’opinione pubblica internazionale per il suo piglio “trasgressivo” sia nella vita pubblica che privata: Silvio Berlusconi, leader effettivo di una forza politica denominata “Popolo delle libertà” affiliata al Partito Popolare Europeo che, nella realtà dello scenario nazionale, ha assunto una caratterizzazione assolutamente anomala e specifica rispetto alle ” democrazie cristiane ” europee.
 
Fin dalla nascita, tale partito si è caratterizzato come partito personale del leader che ne determina contenuti e modi d’azione a prescindere dai programmi e dai documenti ufficiali. Improntato ad un populismo di fondo che si rivolge a vasti settori popolari e piccolo borghesi, cercando di intercettarne il disagio sociale promettendo la riduzione dell’imposizione fiscale, del peso della burocrazia nello sviluppo dei rapporti economici di mercato e la riduzione ai minimi termini dell’intervento dello stato in economia.
 
Programma tipicamente liberista nella sua proposizione elettorale, non ha, pressoché, per nulla avuto attuazione nei dieci anni, degli ultimi venti, che hanno visto protagonista il Partito nell’azione di governo, durante i quali è aumentata la pressione fiscale, la distribuzione disuguale della ricchezza ed il taglio della spesa pubblica per servizi sociali anziché di quella parassitaria e, quindi, superflua.
 
Berlusconi stesso, in questi giorni, confessa, di fronte all’opinione pubblica, di essere stato “impedito” ad attuare il suo programma dai poteri “forti” e dalla burocrazia dell’ Unione Europea, assumendo ,così, tonalità “antieuropeiste” in chiave demagogica per giustificare il suo fallimento.
 
In realtà, proprio su pressione dell’Unione Europea, di fronte al precipitare della crisi economica, sul finire del 2011, il suo governo è stato indotto alle dimissioni, anche grazie all’intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, perché giudicato non adatto ad affrontare positivamente la crisi, aprendo, così, la via alla creazione del governo di unità nazionale guidato da Mario Monti come garante delle politiche filo padronali e sostenuto dai principali partiti italiani.
 
Sull’altro fronte dello schieramento politico, troviamo il Partito Democratico guidato da Pierluigi Bersani. Questo partito è il frutto di una lunga e travagliata evoluzione che ha visto, dopo lo scioglimento dei partiti tradizionali, più di vent’anni or sono, confluire in esso la maggior parte degli ex comunisti e consistenti settori di ex democratici cristiani, così da fare assumere a tale formazione un carattere eclettico e problematico sul piano della sintesi programmatica, anche se prevalentemente orientato ad assecondare le naturali tendenze dell’economia di mercato con alcuni ed irrilevanti correttivi di carattere fiscale.
 
Alla prova del governo, questo partito, con i suoi alleati di centro-sinistra, si è dimostrato il più disponibile esecutore delle direttive dell’Unione Europea volte a scaricare sui lavoratori e sui ceti medi il costo della crisi, pagando il prezzo di una consistente perdita di consensi popolari e di settori piccolo-borghesi a favore della destra populista, proprio per la radicalità dei provvedimenti attuati dai suoi governi in termini di privatizzazioni dell’ industria pubblica e dei servizi sociali,tagli della spesa sociale ed allungamento dell’età pensionabile e riduzione dell’ammontare delle pensioni stesse.
 
Formalmente aderente al Partito socialista europeo, il Partito Democratico si presenta, ora, nell’agone elettorale come il portatore di una “alternativa” mantenuta volutamente nell’indeterminatezza sia sul piano delle alleanze politiche che delle proposte programmatiche, nella speranza di poter ancora attrarre una parte del disagio sociale.
 
Mario Monti è stato il “deus ex machina” catapultato sulla scena politica italiana dai poteri economici e sociali dominanti e dall’ Unione Europea sul finire del 2011, per fare da garante, col suo governo di unità nazionale o di larghe intese, del più ampio consenso politico a sostegno delle politiche antipopolari imposte, anche al nostro Paese, dall’Unione Europea, in rappresentanza degli interessi delle banche e dei grandi capitalisti.
 
Riconosciuto negli ambienti europei ed internazionali per il suo lungo ed affidabile curriculum, si è presentato come il “salvatore del Paese attraverso il risanamento dei suoi conti pubblici” dopo un periodo di presunta inefficacia delle politiche di governo.
 
Nel periodo di poco più di un anno del suo Governo sono stati mancati tutti i principali obiettivi che ci si prefiggeva:
1) Il debito pubblico è passato dal 120% al 127% del PIL, superando i 2000 miliardi di euro.
2) La disoccupazione è passata dall’8,1% al 11% ( 37% per i giovani ) raggiungendo la cifra di 2,8 milioni di disoccupati, con un aumento di 2000 disoccupati al giorno e la chiusura di 1000 imprese al giorno, con un aumento della Cassa Integrazione del 9% fino ad arrivare a 500.000 lavoratori coinvolti a zero ore di lavoro.
3) L’inflazione è passata da 2,1% al 3,6%, mentre il potere d’acquisto di salari e stipendi è tornato al livello di 30 anni fa.
 
Con questi esaltanti risultati ottenuti, ora, le principali forze politiche italiane che hanno sostenuto il governo Monti, tra le quali figura, anche, il Polo di Centro di Casini e Fini a cui si è aggiunto recentemente, come candidato Premier, lo stesso Monti, promettono agli italiani riforme di ogni tipo, fingendo di litigare fra di loro per far dimenticare il fallimento delle politiche comunemente sostenute e condivise.
 
Di fronte a tale situazione, gli italiani che vogliono esprimere la loro opposizione hanno ben poca possibilità di scelta. Vi è, quasi unica in campo ma poco credibile, la formazione denominata Movimento 5 stelle guidata dal comico Beppe Grillo che cavalca, in questa fase, il profondo malcontento popolare contro i partiti e la politica, presentandosi come neutrale ed antitetica rispetto agli schieramenti tradizionali di centro, destra e sinistra. Sul piano programmatico dichiara di voler abolire i partiti per dare il potere ai cittadini, senza, tuttavia, formulare precise proposte di autogoverno, sul piano economico e sociale avanza alcune proposte parziali di limitazione del potere delle banche attraverso la loro nazionalizzazione, ma dichiara apertamente di voler rimanere all’interno dei confini di un’economia di mercato e dei limiti d’azione previsti dall’Unione Europea.
 
Altre piccole formazioni come Sinistra Ecologia e Libertà, di orientamento socialdemocratico, e l’alleanza elettorale guidata da un ex magistrato denominata Rivoluzione Civile, si collocano ( l’una direttamente “dentro” e l’altra apparentemente “fuori”) entrambi nella disponibilità a ricostruire uno schieramento di centro-sinistra guidato dal Partito Democratico di Bersani. Quello che rimane dei due partiti della Federazione della sinistra (Prc e Pdci) ha barattato la possibilità di avere quattro o cinque eletti con Rivoluzione civile con il “silenzio elettorale”, mischiando le proprie candidature a quelle di poliziotti proG8, fascisti e personaggi eclettico-mediatici, umiliando definitivamente i propri militanti.
 
In tale situazione, di per se grandemente preoccupante, i meccanismi elettorali vigenti, la scarsità di tempo per raccogliere le firme necessarie per convalidare le liste delle forze politiche non presenti in parlamento, ed un ancora non completo radicamento in ogni zona del territorio nazionale, hanno fatto scegliere ai comunisti di non presentarsi con le loro liste nelle circoscrizioni elettorali interne al Paese, mentre nella circoscrizione estero-Europa dove votano i nostri connazionali emigrati e dove è possibile un esperimento non collegato alla ripartizione proporzionale nazionale, è presente la lista con i candidati del Partito Comunista che invita i lavoratori ed i cittadini a votare comunista contro l’Europa delle banche e dei grandi capitali, per il socialismo.
 
Di fronte a questo quadro della situazione politica, economica e sociale italiana, è chiaro che la traiettoria dell’evoluzione delle condizioni di vita e di lavoro degli italiani è comunque già segnata, qualunque sia l’esito del voto. Solo la ripresa di un vasto movimento di lotta popolare può determinare, nel prossimo periodo, la rinascita della speranza in un vero cambiamento!! A questo bisogna lavorare ed in ciò sono massimamente impegnati,oggi, i comunisti in Italia.

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