Alla fine qualcuno lo deve pur dire. La rudimentale bomba esplosa alla scuola Morvillo e Falcone di Brindisi rischia di deflagrare una seconda volta in tutto il Paese, portandosi dietro quello che le stragi “anomale” -il termine di moda è oggi questo- solgono recapitare: irrigidimento dei già pesanti meccanismi repressivi, indebolimento del dissenso alla compagine governativa. Il tutto sulla scorta di una “solidarietà bipartisan” a tutela della “legalità senza se e senza ma”,altro termine di moda.Gli inquirenti pare abbiano già escluso – non si capisce perchè – la pista mafiosa, riconducendo tutto al gesto isolato di uno squilibrato mentale.Purtuttavia, con il fumo ancora nell’aria, si sono sprecati i commenti che paventavano una nuova stagione dell’eversione: raccomandando al governo di essere pronto anche in via preventiva, suggerendo collegamenti con i fatti di Genova, cogli anni di piombo. In questo di anomalo c’è ben poco: tutto sommato un film già rivisto contro il quale il mondo della rete è insorto. Forse per questo i toni si sono insolitamente abbassati.La scuola Morvillo e Falcone aveva appunto vinto il “premio per la legalità”; in un provocatorio commento in rete si leggeva: speriamo che non sia stata proprio la legalità a tradire e rapire le loro vite. Messa così, sembrerebbe strumentalizzazione, ma a ben vedere può racchiudere in se una riflessione fondata ed attuale.Dal teatrino di tangentopoli in poi, la pubblica discussione è incorsa nella confusione di due fondamentali concetti: legalità e giustizia.La legalitá è infatti un requisito formale: significa agire come le leggi esistenti consentono o comandano. La giustizia è giudizio di valore e di equità sulle leggi che esistono. Difficile dire che siano giuste le leggi del centrosinistra che hanno introdotto la precarietà del lavoro, oppure le leggi ad personam. Ma sono, per l’appunto, legalità. Legali erano le leggi “fascistissime” che istituzionalizzarono la dittatura tra il 1925 e il ’26.Per legge in Sudafrica od in Irlanda del Nord si imponeva la segregazione razziale o religiosa. Sono ancora le norme in Israele a creare quella condizione sociale contro la quale i Palestinesi combattono.Si è del tutto perso tra le nebbie della cultura mediatica e di regime un concetto fondamentale di Karl Marx: il sistema giuridico è una sovrastruttura, un dispositivo attraverso il quale si impongono sulla collettività gli interessi ed i rapporti di produzione così come determinati e voluti dalla classe dominante. Si è altrettanto dimenticato che il sistema giuridico configurato dalla nostra democrazia non può essere altro che una legalità borghese: nello specifico e negli ultimi tempi quello di una borghesia sempre più ristretta e fedele ad interessi di capitale di dimensione sovranazionale. La legalità non è solamente costituita dalle leggi antimafia.Legalità è altresì l’accordo “fiscal compact” che sposta sui singoli stati il costo della crisi finanziaria obbligandoli a pagare un debito che viene continuamente rivalutato ed aumentato da organismi facenti fede ad interessi finanziari privati. Lo stesso accordo e la lettera della BCE li obbliga a politiche del lavoro che favoriscono la disoccupazione ed i licenziamenti. Inoltre vincola gli stati al versamento periodico di ingentissime risorse finanziarie all’interno di un fondo, il MES, gestito da organismi non legittimati dal basso. Questo tipo di gabbia finanziaria è stato supinamente recepito ancor prima della sua ratifica dal nostro blocco parlamentare. Con voto quasi unanime, le due Camere hanno ratificato una modifica della nostra Carta Costituzionale che vincola gli Stati e le istituzioni anno per anno al pareggio del loro bilancio, rendendo illegittime tutte le politiche di spesa ed automatizzando il rigore. Tutto ciò è legale, ma è difficile convenire che sia giusto. Va poi ricordato che la modifica è avvenuta con una maggioranza tale per cui viene esclusa dalla stessa Costituzione la possibilità di una consultazione referendaria dal basso. Tutto ciò mentre in altri paesi dell’Europa è previsto su questo trattato un referendum popolare: in Irlanda avverrà alla fine di maggio.Sappiamo poi con quale tipo di legge elettorale gli attuali votanti sono stati pilotati in parlamento. Tutto ciò è perfettamente legale, altro è dire che è equo o giusto. Sempre nell’ambito della legalità sta il modo in cui chi ci governa reperisce le risorse richieste dalla medesima gabbia finanziaria. Sono le leggi, non l’illegalità che spostano sulle classi deboli il costo della crisi e salvano banche e ricchi: più tardi in pensione con assegni ridotti, stangata sulla casa con nuova ICI e rivalutazione degli indici catastali, nuovi sgravi fiscali per le imprese ( IRAP ), imposta ridicola sui capitali rientrati in Italia, rilancio dell’inflazione con l’aumento dell’IVA e delle accise sui carburanti, niente patrimoniale e prelievi sui grandi capitali.Tutte le volte che noi trasciniamo ogni battaglia per l’equità sociale nell’ambito del concetto di legalità, perdiamo la possibilità di fare la domanda fondamentale: quale legalità? Quale democrazia? Quale è il sistema di leggi che desideriamo: quella delle banche e dei grandi capitali che realizzano uno strumentario come quello sopra descritto? Se la risposta è negativa, ne dobbiamo dedurre che la battaglia per l’astratta legalità ha poco significato, mentre hanno maggiore importanza le battaglie che pongono in dubbio la giustizia di tale tipo di leggi ed anche la loro applicazione da parte dei giudici.I principi che presiedono alla tutela del territorio, le leggi urbanistiche ed ambientali, sono sicuramente un presidio di legalità che tutti condividono. Ciò non toglie che sia criticabile il fatto che il processo tra i più veloci per questo tipo di reati si stia celebrando proprio nei confronti del movimento no Tav: i Valsusini avevano costruito un manufatto dimostrativo (la baita Clarea) in un territorio che poche settimane più tardi sarebbe comunque stato dilaniato da un cantiere col crisma della legalità. Tutto ciò nel paese in cui i manufatti abusivi nascono a migliaia ogni giorno e ben pochi ne vengono perseguiti.Qualcuno può dire che esiste una direzione in cui talvolta la legalità viene applicata: la critica al modo di applicazione fa parte del reale confronto democratico.Quando poi la legalità possiede automatismi che esulano da questo stesso confronto, finisce per tendere alla segregazione delle istanze sociali deboli: si pensi alla legge obiettivo, di nuovo al fiscal compact o alle conseguenze automatiche del patto di stabilità sui comuni, alla legislazione sul lavoro e alla leggi sull’immigrazione, da ultimo l’iniqua tassa sul permesso di soggiorno.In tale situazione il confronto sulla giustizia della legge rimane l’unico baluardo del dissenso.La perdita di questo terreno di confronto impedisce anche di mettere in discussione se siano ancora condivisi i rapporti di produzione capitalistici. Questa dovrebbe essere la principale domanda da porsi dopo una crisi di questa gravità.È ancora accettabile suddividere e distribuire le risorse scarse del mondo secondo la concorrenza tra individui e l’assegnazione del vantaggio a chi prevale?Non è meglio applicare il principio di distribuzione: a ciascuno secondo le sue necessità ed i suoi bisogni?.Gli atti criminosi come quello brindisino, indipendentemente dai mandanti o dalle responsabilità, vengono spesso utilizzati per anestetizzare il conflitto sociale.Quest’ultimo però dovrebbe essere alla base delle scelte di una vera ed accettabile democrazia o legalità che non si risolva in un apparato segregazionista. La bomba di Brindisi non deve essere una scusa per zittire chi contesta quel tipo di legalità, come spesso, quasi sempre – qui davvero faglia l’anomalia- è accaduto nel nostro paese.Oggi, chi ci governa si congratula col paese che è vicino a chi soffre: ci si dovrebbe chiedere per quale motivo il Paese soffre così tanto. Da pochi giorni è stato eliminato o ridotto il risarcimento pubblico per calamità naturali e vittime della criminalità. Il terremoto emiliano ha riportato all’attenzione la questione, ma anche queste sono leggi.Anche se verrà confermata l’ipotesi di un atto isolato, l’esplosivo deflagrato a Brindisi sarà comunque il segno di una società profondamente malata ed in disgregazione, lasciata sola dallo Stato e dallo Stato ogni giorno perseguita più che aiutata. Accando ai morti pugliesi si affiancano i suicidi per la crisi, gli atti dimostrativi nelle sedi di raccolta delle tasse, gli operai sulle gru, le quotidiane manifestazioni di genitori, insegnanti, lavoratori, studenti cui il potere ormai non dà più ascolto.Occorre una cultura alternativa che non si arresti allo sdegno, ma usi la ragione. Si cominci a chiedere ai rappresentanti delle istituzioni, alla signoria sui mezzi di comunicazione, di non utilizzare la strage per beneficiare della sua tensione, ancor prima di comprenderne il significato. Che senso ha dire che si deve aver paura di una nuova eversione e che bisogna esser pronti in modo preventivo, senza sapere ancora nulla della direzione da cui viene il gesto?Si cominci a vedere il volto totale dell’insieme di leggi che governa il nostro paese, anche perchè le norme cattive finiscono per scacciare od annullare quelle buone. Si chieda all’immigrato, al lavoratore licenziato, al piccolo commerciante cacciato sul lastrico dalle tasse e dalle banche se condividono le leggi che li portano in rovina e li escludono dalla società.Legalità vuol dire nel nostro mondo 600 arresti a Francoforte: difficile pensare si tratti di ben seicento persone pericolose se non andando colla memoria a Genova 2001 od agli stadi di Pinochet.
Enzo Pellegrin
Segretario Provinciale CSP Partito Comunista
Membro del pool legale NO TAV