….e così è passata la primavera araba, ma invece dell’estate è arrivato l’autunno. (Franco Costanzi)
Solo pochi mesi fa molti intellettuali della sinistra italiana, di fronte alle manifestazioni
di migliaia di persone in Tunisia, in Egitto e in Libia, preconizzavano luminosi scenari democratici
per il Nord Africa.
La primavera però è passata ma non è arrivata l’estate, bensì l’autunno.
Infatti, in quei Paesi hanno preso il potere forze politiche che si richiamano all’integralismo islamico, è stata reintrodotta la Sharia, cioè la legge coranica, in Libia non è più reato la poligamia,
in Egitto l’esercito uccide ancora i manifestanti, in Tunisia sui risultati elettorali ci sono ancora forti dubbi di legittimità.
Insomma tutto il contrario di quello che, a ogni costo, volevano “vedere”, nelle manifestazioni
dei Paesi arabi, i nostri intellettuali.
Eppure non era difficile capire come sarebbe andata a finire, i segnali erano inequivocabili.
Proviamo a ragionare.
Si faceva un gran parlare di giovani che organizzavano le loro manifestazioni, contro i regimi di Tunisia ed Egitto, attraverso internet, dimenticando l’elevato tasso di analfabetismo
di quei Paesi, la ancora scarsa diffusione dei computer nelle abitazioni.
Senza dubbio molti studenti partivano da un giusto sentimento di ribellione verso governi corrotti e dispotici, ma non avevano un punto certo di riferimento politico ed ideologico, agivano alla giornata senza un progetto, senza programmi e leader.
Facilmente, dunque, forze organizzate, quali i “Fratelli mussulmani”, hanno potuto approfittare del momento e tentare la scalata al potere, riportando indietro le lancette dell’orologio della storia.
Un discorso a parte merita la Libia.
Questo Paese, grazie alla politica di Gheddafi, ha potuto compiere grandi passi verso la modernizzazione, la liberazione delle donne da ruoli di sottomissione all’uomo cui erano state relegate da usanze tribali, la partecipazione delle masse alla gestione della cosa pubblica, la rivendicazione di una propria effettiva sovranità ed indipendenza.
E c’è ancora di più.
Gheddafi, leader riconosciuto dei Paesi africani, rivendicava per l’Africa stessa un ruolo nuovo, non più terra di conquista per multinazionali alla ricerca di materie prime.
Grazie alla politica e ai finanziamenti della Libia l’Africa ha potuto mettere in orbita un suo satellite per le telecomunicazioni, cominciare a costruire un fondo monetario africano, una banca centrale africana, una banca per gli investimenti.
Questa voglia di indipendenza, di riscatto economico, non poteva non irritare i grandi gruppi finanziari mondiali, le grandi banche, gli stessi Stati Uniti e, con riferimento all’Europa, la Francia che non ha mai digerito l’attivismo politico di Berlusconi in Nord Africa, gli accordi italiani con la Libia in materia di energia ed investimenti.
Tutto ciò ci fa capire perché il leader libico sia stato così barbaramente assassinato, col ritorno al potere di oscure forze politiche che hanno immediatamente rivisto, in peggio, la legislazione sociale del periodo gheddafiano, permettendo alle potenze occidentali di tornare ad essere padrone delle ricchezze petrolifere libiche.
Sembra, però, che in Italia quello che rimane della sinistra non abbia ancora inteso lo sporco disegno che stanno attuando le potenze europee in combutta con gli U.S.A.
Sistemata così la faccenda nordafricana, queste potenze hanno concentrato i loro sforzi verso la Siria, lanciando, indirettamente, un segnale all’Iran.
Non che si voglia difendere il regime di Bashir Assad ma, per chi pensa ad un sistema economico-sociale-politico alternativo al capitalismo, l’indipendenza e la sovranità, anche economica, di una nazione dovrebbero essere alla base di qualsivoglia genuino (e non eterodiretto) cambiamento.
Questa lezione sembra sia stata capita a fondo dai 44 Paesi dell’AmericaLatina e dei Caraibi che giorni orsono hanno fondato il “CELAC”, organismo che si pone l’obiettivo di creare un’unione finanziaria e commerciale con alla base il principio della solidarietà reciproca, escludendo volontariamente da quest’area gli U.S.A. e il Canadà.
Insomma, addio dottrina Monroe, finalmente avrà un senso dire “l’America agli americani”.
Non si può a questo punto non dire che il tutto sia stato reso possibile grazie alla strenua resistenza che Cuba, da più di cinquant’anni, oppone ai tentativi egemonici dei nordamericani, e al protagonismo del presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela, cioè Hugo Chavez.
E non è un caso che entrambi, Cuba e Venezuela, si richiamino al Socialismo.