Per il 72° anniversario della vittoria antifascista dei popoli

Per il 72° anniversario della vittoria antifascista dei popoli

Cari compagni,

il Partito Comunista (Italia) saluta calorosamente i partecipanti a questo evento e ringrazia le sezioni tedesche del Partito Comunista di Grecia (KKE) e del Partito Comunista di Turchia (TKP) che lo hanno organizzato.

Settantadue anni fa, in questi giorni, l’Unione Sovietica, sotto la guida di Stalin e del Partito Comunista, rompeva definitivamente la spina dorsale del nazifascismo, ponendo fine alla sua mostruosità e alla guerra con una gloriosa vittoria, che dimostrava una volta per tutte la superiorità del Socialismo, dell’organizzazione dello stato proletario e della sua capacità di mobilitare le più nobili energie del popolo, rispetto alla barbarie imperialista. Grazie all’Armata Rossa e alla coraggiosa lotta dei comunisti e dei partigiani in ogni paese, furono create le democrazie popolari dell’Europa Orientale, estendendo l’esperienza della costruzione del Socialismo ai paesi liberati.

Dopo settantadue anni, le tante conquiste, derivate da questa grande vittoria dei popoli, sono state cancellate dalla temporanea affermazione della controrivoluzione in URSS e negli altri Paesi Socialisti. La restaurazione del capitalismo e del regime borghese hanno comportato pesanti conseguenze per i lavoratori e i popoli, non soltanto negli ex paesi socialisti dell’Europa dell’est, ma anche nell’Europa Occidentale. Il livello di vita della classe operaia e dei ceti popolari poveri sono stati drasticamente ridotti, i loro diritti quasi completamente cancellati. Ovunque disoccupazione, precarietà e povertà affliggono la condizione della classe operaia e crescono, a causa sia della crisi capitalistica, che della sua gestione. La crisi e la ristrutturazione capitalistica colpiscono anche la piccola borghesia, che subisce un processo di rapido impoverimento. Sembrerebbero sussistere tutte le condizioni oggettive di una crisi rivoluzionaria. Purtroppo, sono le condizioni soggettive per una rivoluzione che ancora mancano, a causa della persistente debolezza politica del movimento operaio nella maggior parte dei paesi e della diffusione di posizioni ideologiche opportuniste e antiscientifiche in diversi Partiti Comunisti.

La storia ci insegna che il fascismo nasce e si sviluppa in condizioni di crisi rivoluzionaria, quando il partito della classe operaia non è abbastanza forte da condurre la crisi ad uno sbocco rivoluzionario. Il fascismo è lo strumento che la borghesia capitalistica usa per colpire il movimento operaio, per scongiurare la rivoluzione e trasformare lo stato di cose corrente in una fase controrivoluzionaria. Il fascismo rappresenta una forma di continuità dello stato borghese in particolari condizioni storiche, è la forma che la dittatura borghese assume in alternativa alla democrazia borghese, quando quest’ultima non è più capace di impedire la rivoluzione e di assicurare la ristrutturazione capitalistica. Rispetto allo stato borghese “democratico” e al suo apparato repressivo, il fascismo non ha inventato nulla di nuovo, se non una nuova forma di organizzazione della piccola borghesia, ceto sociale estremamente instabile politicamente, sfruttando le sue paure e il suo malcontento di fronte alla crisi e usandola come massa d’urto.

Oggi osserviamo questo fenomeno in diversi paesi europei, dove organizzazioni reazionarie e, a volte, apertamente fasciste, stanno rapidamente diffondendosi, ad esempio Alba Dorata in Grecia, Alternativa in Germania, Lega Nord in Italia, Front National in Francia, ecc., coagulando e organizzando piccola borghesia e elementi sottoproletari sulla base dell’odio razzista contro gli immigrati, del nazionalismo, dello sciovinismo e dell’anticomunismo, spesso usando slogan rubati al vocabolario del movimento operaio.

L’Unione Europea ha una grande responsabilità per il rischio di diffusione del fascismo.

La sua sistematica falsificazione della storia recente, che nega le realizzazioni del Socialismo e il ruolo decisivo dell’Unione Sovietica e del movimento partigiano nella liberazione dell’Europa dal nazifascismo, mettendo sullo stesso piano Comunismo e fascismo, sta spianando la strada ideologica a cambiamenti politici reazionari. In alcuni paesi si stanno portando avanti tentativi di modifiche costituzionali autoritarie che comportano impedimenti alla partecipazione dei Partiti Comunisti e Operai alle elezioni. In alcuni paesi dell’Europa Orientale, i Partiti Comunisti sono, o stanno per essere, dichiarati fuorilegge, i loro simboli, le loro bandiere, la loro propaganda sono, o stanno per essere, vietati. I loro militanti subiscono repressioni politiche, procedimenti penali per reati d’opinione e anche aggressioni fisiche da parte delle bande fasciste, tollerate dai governi e protette dalla polizia. In Ucraina, i criminali di guerra nazionalisti, che avevano collaborato con gli invasori nazisti, sono stati riabilitati come eroi nazionali, mentre gli elementi fascisti al potere continuano ad alimentare la guerra in Donbass con l’aperto sostegno dell’Unione Europea.

I Comunisti devono denunciare la responsabilità dell’Unione Europea e opporsi fortemente a questi sviluppi, chiamando i lavoratori e i popoli ad mobilitarsi ed essere vigilanti contro ogni rigurgito fascista. Al tempo stesso, dobbiamo evitare di cadere nella trappola delle alleanze “antifasciste” sotto l’egemonia dei partiti borghesi. Il fascismo non è un errore della storia, dovuto alla follia di questo o quel dittatore, come argomenta la propaganda dell’Unione Europea. Come definito dal VII Congresso dell’Internazionale Comunista, il fascismo è l’aperta dittatura terroristica della parte più reazionaria del capitale finanziario, è, pertanto, un prodotto del capitalismo.

Per sconfiggere definitivamente il fascismo e il rischio di un suo ritorno, dobbiamo distruggere il grembo che periodicamente lo genera, cioè abbattere il capitalismo e instaurare il Socialismo. Le alleanze politiche “antifasciste” per difendere la democrazia borghese sono, invece, uno strumento per distrarre la classe operaia da questo obiettivo e portano alla conservazione dello status quo in favore del capitale.

Cari compagni, oggi siamo qui per onorare la memoria dei soldati e degli ufficiali dell’Armata Rossa, dei partigiani e degli antifascisti che hanno sacrificato le loro giovani vite per la libertà e per il popolo. La propaganda dell’Unione Europea e la posizione dei partiti socialdemocratici e opportunisti di “sinistra” offendono ancora una volta la loro memoria e falsificano la storia, quando cercano di ridurre quella epica lotta a una questione di sola liberazione nazionale. Il vero intento di quei combattenti che hanno sconfitto il fascismo nel 1945, non era soltanto la liberazione nazionale dei loro paesi, ma era, anche e soprattutto, la liberazione sociale dei loro popoli dal capitalismo, dal sistema di sfruttamento che aveva generato il fascismo, affinché questo non potesse mai più risorgere. Il miglior modo per commemorare quegli eroi è continuare la loro lotta fino alla vittoria finale contro l’imperialismo e il capitale. Noi abbiamo ragione e la vittoria sarà nostra!

VIVA LA GRANDE VITTORIA!

VIVA L’ARMATA ROSSA!

GLORIA ETERNA A COLORO CHE HANNO SCONFITTO IL FASCISMO!

Berlino, 7 maggio 2017

 

intervento di Guido Ricci, responsabile esteri del Partito Comunista a Berlino in occasione della riunione dell’Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa organizzata per la ricorrenza.

 

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MUSTILLO (PC): «GRAMSCI SI RIVOLTA NELLA TOMBA A SENTIRE OMAGGI DEL PD».

MUSTILLO (PC): «GRAMSCI SI RIVOLTA NELLA TOMBA A SENTIRE OMAGGI DEL PD».

«Antonio Gramsci si rivolta nella tomba a sentire gli omaggi ipocriti che vengono tributati da esponenti del PD e dalle forze della cosiddetta sinistra che sono responsabili dell’attacco ai diritti dei lavoratori, della presenza dell’Italia nella Nato, delle politiche antipopolari volute dalla UE» Così Alessandro Mustillo, della segreteria nazionale del Partito Comunista, rendendo omaggio alle ceneri di Gramsci nell’ottantesimo anniversario della sua morte. «Gramsci non era uomo per tutte le stagioni, era un comunista, voleva la rivoluzione socialista. Chi oggi tenta di addomesticarlo per propri usi e consumi, trasformarlo in un semplice democratico non fa onore a Gramsci, e non fa onore alla sua onestà intellettuale. Gente che è al governo farebbe bene a tacere e a non tirare Gramsci per la giacchetta. Per fortuna – conclude la nota – centinaia di giovani stanno rendendo omaggio a Gramsci in queste ore, e a lui guardano nella lotta di ogni giorno contro gli ipocriti e i falsificatori del PD».

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Solidarietà con il Partito Comunista del Venezuela

Solidarietà con il Partito Comunista del Venezuela

Il Partito Comunista (Italia) denuncia il tentativo del Consiglio Nazionale Elettorale del Venezuela di Costringere il Partito Comunista del Venezuela (PCV) a rivelare la lista dei suoi membri sotto la minaccia di messa fuori legge in base alla “Legge sui partiti politici, i raduni e le manifestazioni pubbliche”, imposta nel 1965 dal regime reazionario e poliziesco betancourtista.
Il tentativo di riesumare questa legge fascista fuori dal tempo è privo di ogni fondamento giuridico, essendo in evidente contrasto con la Costituzione del 1999, di cui viola i principi basilari e lo spirito democratico, ma è parte di un più vasto piano degli imperialisti per cancellare definitivamente le conquiste della Rivoluzione Bolivariana, guidata dal Comandante Hugo Chavez e ristabilire il proprio totale controllo e sfruttamento delle ingenti risorse del paese, in un momento, in cui le contraddizioni dello sviluppo capitalistico lo hanno precipitato in una grave crisi economica che colpisce drammaticamente la classe operaia e il popolo del Venezuela.
Obbedendo alla pretese dell’imperialismo e portando avanti i suoi piani, la borghesia nazionale venezuelana sta nuovamente alzando la testa e cerca di colpire il più coerente e inflessibile difensore dei diritti del popolo, il PCV, avanguardia rivoluzionaria della classe operaia del Venezuela, con una provocatoria richiesta che potrebbe determinarne la messa fuori legge.
Ci rivolgiamo al Governo e alla Camera Costituzionale della Suprema Corte di Giustizia del Venezuela, affinché non si assumano la grave responsabilità di rendersi complici di un tale tentativo reazionario, indegno di un paese democratico e li inviatiamo a fare tutto il possibile per fermare questo attacco al PCV e alla Costituzione democratica del Venezuela Bolivariano.
Noi, il Partito Comunista (Italia), esprimiamo al Partito Comunista del Venezuela la nostra fraterna solidarietà militante e pieno sostegno della giusta decisione di non rivelare la lista degli iscritti, mentre chiamiamo la gioventù e i lavoratori italiani a sostenere la lotta rivoluzionaria del PCV contro l’aggressione imperialista e i suoi alleati interni, per il potere operaio, per il Socialismo.
ESTENDERE ULTERIORMENTE LA LOTTA PER LA SCONFITTA FINALE DEL CAPITALISMO IN
VENEZUELA!
VIVA IL PARTITO COMUNISTA DEL VENEZUELA!
L’Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista (Italia)
Roma, 8 aprile 2017

* La lettera è stata trasmessa anche all’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia a seguito di un incontro con il SG Marco Rizzo

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SUGLI SVILUPPI DELLA SITUAZIONE COREANA.

SUGLI SVILUPPI DELLA SITUAZIONE COREANA.

Il Partito Comunista esprime la propria preoccupazione per i recenti sviluppi della situazione in Asia ed in particolare per le dichiarazioni del presidente statunitense Trump e dei settori governativi americani. Le affermazioni bellicose degli USA rappresentano una seria minaccia alla pace nella regione e in generale un inasprimento delle tensioni tra potenze a livello globale.

La Corea del Nord non rappresenta alcuna minaccia per la pace mondiale, come gli imperialisti vogliono far credere, preparando il terreno a futuri possibili sviluppi nella direzione di un conflitto. Il Partito Comunista è da sempre schierato per una soluzione alla questione nucleare nell’ottica della riduzione degli armamenti a condizione di reciprocità. In relazione alla penisola coreana gli Stati Uniti hanno sempre rifiutato tale possibilità, riducendo le loro richieste ad atti unilaterali, come tali inaccettabili. Gli Stati Uniti hanno sempre rifiutato un trattato di pace con la Corea, lasciando che ancora oggi la situazione della penisola si regga su un semplice “cessate il fuoco” e preferendo continuare ad inviare proprie truppe nel sud della penisola, introducendo armamenti, e incrementando le attività militari congiunte e le esercitazioni nei pressi del confine. Per tale ragione il PC ha sempre manifestato la propria solidarietà internazionalista al Partito del Lavoro di Corea e al governo del Paese, solidarietà che riafferma in queste ore difficili.

La crisi capitalistica, lo scontro tra potenze per il controllo dei mercati, produce la possibilità di conflitti su scala sempre più vasta, come unico strumento di uscita dalla crisi per il capitale. In questo momento la situazione della Corea si sommerebbe a quanto sta già accadendo in medio oriente, ed in particolare in Siria e anche sul terreno europeo in Ucraina. L’incremento dello scontro imperialista rischia di trascinare l’umanità sull’orlo della catastrofe per gli interessi dei grandi monopoli, degli stati e delle alleanze internazionali che li sostengono. Sbaglia chi ritiene che dal conflitto, e dalla coesistenza multipolare di queste potenze possa scaturire un equilibrio di pace duraturo. Sbaglia chi ha riposto le speranze della pace mondiale in un mero cambio di “fazione” al vertice del governo degli Stati Uniti, dimenticando che la natura imperialista di un Paese non può mutare per un semplice cambio di partito al governo.

Solo la mobilitazione popolare, l’organizzazione dei lavoratori per il rifiuto della guerra imperialista può impedire il precipitare degli eventi e costituire l’opposizione popolare alle politiche imperialiste. Il PC riaffermando la propria solidarietà ai compagni coreani, seguendo con attenzione gli sviluppi della situazione, chiama i lavoratori e la gioventù alla vigilanza e alla lotta contro i piani degli imperialisti. Non bisogna cadere nella trappola della “guerra giusta” della lotta contro “chi minaccia la pace” come elemento di legittimazione delle azioni imperialiste, terreno preparato da tempo dai media. Abbiamo imparato a conoscere queste menzogne in questi anni. La classe operaia e gli strati popolari non hanno nulla da guadagnare da una guerra imperialista, tutta l’umanità ha da perdere dall’acuirsi dei conflitti, da un’eventuale aggressione imperialista alla Corea del Nord.

NO ALLA GUERRA IMPERIALISTA!

SOLIDARIETA’ CON LA REPUBBLICA DEMOCRATICA POPOLARE DI COREA!

Ufficio Politico Partito Comunista

Roma 14/04/2017

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Contro la guerra imperialista in Siria

Contro la guerra imperialista in Siria

Oggi a Roma presidio del Partito Comunista e del Fronte della Gioventù Comunista – FGC contro la guerra imperialista in #Siria. Dal Colosseo, una prima risposta immediata dei comunisti all’aggressione militare statunitense di ieri notte; un luogo scelto simbolicamente per dimostrare che dall’Italia esiste una risposta diversa da quella del Governo Gentiloni, che ha immediatamente dichiarato sostegno all’intervento militare diretto degli USA. È indispensabile che questa voce non resti limitata a circoli militanti, ma sia fatta propria dai lavoratori e dalla gioventù delle classi popolari del nostro paese, che da questa guerra voluta dalle multinazionali, dai grandi monopoli dell’energia e degli idrocarburi, non hanno nulla da guadagnare. Non una base, non un soldato per la guerra dei padroni! https://www.facebook.com/ilpartitocomunista/posts/1570313789669826

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GLI AMERICANI ATTACCANO LA SIRIA. L’ISIS RINGRAZIA

GLI AMERICANI ATTACCANO LA SIRIA. L’ISIS RINGRAZIA

Dichiarazione di Marco Rizzo, Segretario del PARTITO COMUNISTA:  #attacco USA alla Siria. Trump o non Trump, l’imperialismo americano è lo stesso. Il copione e’ sempre quello, da Timisoara alle “armi di distruzione di massa” inesistenti in Irak: si provoca un fatto artato, l’apparato mediatico capitalistico lo propaganda, i popoli si “bevono” la notizia e l’attacco imperialista si scatena. Tutto questo accade mentre la sinistra e l’antipolitica del M5s  tacciono o sono complici. Ora l’Isis ringraziera’ e si rafforzera’ negli attacchi alle capitali europee. Purtroppo saranno sempre le popolazioni a pagare. Serve una grande mobilitazione, principalmente di controinformazione e di verita’. Fuori l’Italia dalla Nato! Fuori la Nato dall’Italia! Via le bombe atomiche americane dal nostro Paese! https://www.facebook.com/ilpartitocomunista/posts/1569612189739986:0

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SUI RECENTI AVVENIMENTI IN SIRIA.

SUI RECENTI AVVENIMENTI IN SIRIA.

L’imperialismo non si ferma dinnanzi a nessun crimine! La strage di Idlib, perpetrata dovuta alla esplosione di armi chimiche depositate dalle forze di opposizione siriane, sostenute dall’imperialismo degli Stati Uniti e dell’Unione Europea e dai regimi reazionari della Penisola Arabica e del Golfo Persico, loro alleati, è stata attuata con il preciso intento di fare fallire la tregua e l’avvio di un processo di pacificazione in Siria.

 Secondo uno schema ben noto, ciò servirà per giustificare un intervento armato “umanitario” diretto dell’imperialismo americano ed europeo, teso a ridimensionare la presenza dei concorrenti russi e a riacquistare il pieno controllo geo-strategico sulla regione, in uno schema di competizione inter-imperialistica, giocata sulla pelle del popolo siriano. Abbiamo già conosciuto questo approccio imperialista in molte precedenti occasioni, con un impiego massiccio della stampa e dei media, mobilitati a diffondere notizie manipolate, poi rivelatesi false, tese a demonizzare l’obiettivo di turno e a giustificare l’aggressione. Lo abbiamo visto in Iraq con la bufala delle “armi di distruzione di massa” inesistenti, in Jugoslavia con le pulizie etniche attribuite alla Serbia di Milosevic (oggi riabilitato dallo stesso tribunale che lo aveva condannato), in Libia con le presunte stragi e fosse comuni, poi rivelatesi cimiteri civili fotografati alcuni anni prima dell’inizio delle ostilità. Oggi lo vediamo in Siria, dove tutti i crimini vengono imputati al governo, secondo un teorema, indimostrato e indimostrabile, per cui il “male assoluto” non sta mai dalla parte di chi aggredisce, bombarda, uccide e rapina intere nazioni su scala mondiale, ma sempre dalla parte di chi si oppone a questo disegno imperialista.

Il Partito Comunista

• condanna fermamente gli autori di questa ennesima strage, foriera di un’imminente aggressione imperialista alla Siria;

• stigmatizza l’asservimento della stampa e dei media ai teoremi guerrafondai dell’imperialismo statunitense ed europeo;

• chiama i lavoratori e il popolo italiano a mobilitarsi per contrastare ogni partecipazione del nostro paese a qualsiasi avventura militare in Siria, per scongiurare il pericolo di un’escalation del conflitto, per fare fallire i piani dell’imperialismo USA e UE;

• esprime solidarietà al Partito Comunista Siriano e a tutto il popolo siriano, oggi martire e vittima dell’aggressione imperialista, affinché torni ad essere padrone del proprio destino, nello spirito del principio di autodeterminazione dei popoli.

 

 

PARTITO COMUNISTA (ITALIA)

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IL PC DENUNCIA L’INTIMIDAZIONE DEI LAVORATORI ALLA COCA COLA DI NOGARA.

IL PC DENUNCIA L’INTIMIDAZIONE DEI LAVORATORI ALLA COCA COLA DI NOGARA.

La situazione che si è venuta a creare nella vertenza sindacale alla Coca Cola di Nogara rappresenta un ennesimo e sistematico attacco ai diritti  costituzionali, personali e  sindacali dei lavoratori.

La cronaca riportata dai media restituisce una verità gravissima e agghiacciante rispetto alle condizioni in cui versano i diritti dei lavoratori della logistica.

I mezzi di informazione hanno descritto l’esistenza di gravissimi episodi di intimidazione nei confronti dell’esercizio dei diritti dei lavoratori, intimidazioni che nella giornata di ieri sono arrivate all’uso da parte del personale della sicurezza della Coca Cola di pistole elettriche adoperate nei confronti dei lavoratori ADL COBAS che manifestavano contro i 14 esuberi, fra i quali vi sono due delegati della RSU.

Si deve evidenziare che due lavoratori manifestanti hanno avuto bisogno di essere sottoposti a cure mediche. L’aggressione ai diritti di manifestazione, da parte del capitale, perviene al punto di autorizzare il personale di vigilanza all’uso di pistole elettriche, così ledendo persino l’integrità fisica dei lavoratori.

È palese, dal gravissimo episodio descritto, che la frontiera dei mezzi con i quali il capitale è disposto a comprimere i più elementari diritti sociali costituzionali dei lavoratori si sposta fino al punto di esigere l’assenza di limiti.

L’inqualificabile vicenda restituisce la vera realtà del Nord-est, realtà sempre manipolata dai grandi mezzi di comunicazione di massa con il fine di fuorviare i lavoratori e la società veneta nel suo complesso da una conoscenza articolata e approfondita della suddetta area geografica.

Il Nord-Est ha rappresentato e rappresenta, tutt’ora con l’aggravamento della odierna crisi del capitalismo, un modello di sfruttamento organizzato del lavoro da parte dell’impresa sia essa piccola, media, di elevate dimensioni o multinazionale come nel caso di Coca Cola.

La realtà del Nord-Est, di cui l’episodio denunciato costituisce paradigmatica rappresentazione, svela quanto siano realtà costanti e comuni sia alla tanto decantata piccolo-medio impresa sia alle imprese di stazza transnazionale le seguenti situazioni: alti margini di profitti in capo al capitale; condizioni pesantissime di lavoro, in termini di turni, orari ecc.; piani di ristrutturazione in cui a pagare i prezzi più tragici sono sempre e solo i lavoratori; attacco continui ai diritti sindacali dei lavoratori e alle R.S.U. e, in generale, a tutte le forme (ed addirittura all’idea stessa) di rappresentanza dei lavoratori.

Il Partito comunista del Veneto ed il Fronte della gioventù comunista del Veneto manifestano la loro assoluta e piena solidarietà ai lavoratori della Coca Cola, denunciando il clima di intollerabile e sistematica violazione dei diritti dei lavoratori da parte della multinazionale in questione che a Verona ha lo stabilimento più grande d’Europa.

Il Partito comunista ed il Fronte della Gioventù comunista, inoltre, sono al fianco delle lotte che i lavoratori stanno svolgendo contro il piano di esuberi dell’azienda, piano assolutamente iniquo e ingiustificato.

 

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Fuori dall’Unione europea e dall’euro. Potere ai lavoratori.

Fuori dall’Unione europea e dall’euro. Potere ai lavoratori.

Il Partito Comunista ringrazia i numerosi militanti, sostenitori e simpatizzanti che sabato 25 marzo hanno partecipato al comizio comunista in una piazza gremita. Mentre i leader europei festeggiavano l’anniversario della firma dei trattati di Roma, i comunisti erano in piazza a ribadire il loro no all’Unione Europea, strumento di dominio del grande capitale, artefice della compressione dei diritti dei lavoratori e delle classi popolari. Il Partito Comunista ha ribadito oggi, a sessant’anni di distanza dalla firma dei trattati europei, il proprio no alla UE e al mercato comune. Una contrarietà che parte dal 1957, quanto i comunisti furono gli unici a votare contro l’adesione dell’Italia al mercato comune, e che continua nel 1992 quando si opposero al trattato di Maastricht, fino ai giorni nostri con il patto di stabilità, il fiscal compact, il vincolo del pareggio di bilancio.

Oggi i leader dell’Unione Europea hanno confermato la loro volontà di proseguire sulla strada del mercato comune. Si prospettano nuove illusioni per i popoli europei, come la cosiddetta Europa a più velocità. Questa soluzione altro non è che uno strumento più affilato nelle mani del grande capitale, per la compressione delle condizioni dei lavoratori e dei piccoli produttori, per rispondere alla competizione internazionale sui mercati. Di fronte a questa condizione i comunisti hanno il dovere di organizzarsi e di accrescere la propria azione.

La manifestazione del 25 marzo dimostra che esiste un’opposizione comunista alla UE, che questo tema non è monopolio della destra e delle sue prospettive reazionarie. L’uscita dalla UE, dall’euro e dalla Nato, per essere realmente processo di liberazione dall’oppressione popolare, deve essere accompagnata da un rovesciamento dei rapporti sociali, dall’abolizione dello sfruttamento di classe, per la costruzione di una società socialista, per sostituire al potere delle banche e delle grandi imprese, il potere dei lavoratori.

La partecipazione di importanti e significative lotte del nostro Paese, che hanno preso la parola al comizio, indica la strada da percorrere. Dietro le ragioni di lotta dei lavoratori presenti ci sono le responsabilità delle politiche europee, i risultati del mercato comune. Gli interventi dei lavoratori di Alitalia, Almaviva, di operai e rappresentanti delle esperienze più avanzate del sindacalismo conflittuale (SGB, CUB), parlano di un’opposizione diffusa tra la classe operaia nei confronti delle politiche europee.

L’anniversario dei trattati europei ha dimostrato ulteriormente quale solco esista ormai tra i comunisti e le forze della cosiddetta sinistra radicale. La partecipazione a manifestazioni europeiste, che pur criticando le politiche della UE sostengono la necessità di una battaglia interna per il suo cambiamento, propugnano la sua riformabilità, segnano la definitiva scelta di campo di queste forze. L’adesione del GUE/NGL alla manifestazione filo europeista è l’ultima conferma della mutazione delle forze della sinistra europea, che illudendo i popoli sulla riformabilità della UE, rafforzano di fatto il potere dei monopoli capitalistici e delle loro organizzazioni internazionali. Contrariamente a quanto affermato nei loro slogan, queste forze, alla prova del governo in Grecia, non hanno fatto altro che applicare le politiche antipopolari volute dal UE, BCE, FMI. Non esistono terze vie: o si agisce nel solco delle compatibilità capitalistiche, dei regolamenti imposti dalle organizzazioni internazionali, o si rompe questa gabbia agendo nell’interesse dei lavoratori e delle classi popolari.

Fuori dalla UE, dall’euro e dalla Nato è la parola d’ordine che i comunisti pronunciano, senza chiudersi in nessuna visione nazionalistica, senza prospettare un semplice ritorno al passato. Insieme a noi lottano in questa direzione i comunisti di tutta Europa, per la liberazione comune della classi lavoratrici dei nostri Paesi dallo sfruttamento capitalistico, dal potere dei grandi monopoli. Vogliamo ringraziare i nostri partiti fratelli per l’importante partecipazione attraverso i messaggi inviati, e soprattutto il Partito Comunista di Grecia, il Partito Comunista dei Popoli di Spagna, il Partito Comunista Rivoluzionario Francese, e il Partito del Lavoro dell’Austria per la loro presenza a Roma. Ringraziamo anche la presenza di una delegazione dei compagni del Partito Comunista Marxista dell’India.

Il Partito Comunista esprime soddisfazione per l’esito della manifestazione. Nonostante la forte censura mediatica, nonostante i timori diffusi delle autorità e dall’informazione sull’esito delle manifestazioni di protesta, nonostante le misure di sicurezza che hanno rallentato e in alcuni casi impedito l’arrivo di manifestanti, la manifestazione si è svolta con successo. Denunciamo la criminalizzazione delle proteste, il terrorismo mediatico diffuso a reti unificate, le nuove misure di sicurezza che determinano una oggettiva svolta reazionaria nella gestione dell’ordine pubblico da parte del governo. Ogni misura di questo genere non sarà in grado di fermare la lotta popolare contro l’Unione Europea e i governi che applicano le politiche antipopolari nell’interesse dei capitalisti.

Salutiamo con fierezza la grande partecipazione della gioventù, grazie al grande lavoro del Fronte della Gioventù Comunista costruito in questi anni. A dire no all’Unione Europea con i comunisti sono stati in larga parte giovani. Quelle nuove generazioni che subiscono sulla propria pelle gli effetti delle politiche antipopolari, della disoccupazione, della precarietà sul lavoro, che nonostante le campagne anticomuniste dimostrano di aver compreso che il socialismo è l’unico strumento di liberazione possibile e reale.  La piazza di Roma non è stata una piazza di nostalgici, ma di giovani e lavoratori.

In questa direzione, è importante rafforzare l’impegno e la lotta del partito, la solidarietà e l’azione comune dei comunisti a livello internazionale. Costruire un’opposizione comunista alla UE e alle sue politiche, rafforzarne la percezione a livello di massa, è un elemento fondamentale per rompere il potere del capitale ed evitare che il dissenso sociale sia incanalato in prospettive perdenti o nuove avventure reazionarie che abbiamo il dovere di contrastare.

Fuori l’Italia dalla UE, dall’euro e dalla Nato

Per il potere dei lavoratori, per il socialismo!

 Roma, 26 marzo 2017

Ufficio Politico del Partito Comunista

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25 MARZO COMIZIO COMUNISTA A ROMA CONTRO L’UNIONE EUROPEA

25 MARZO COMIZIO COMUNISTA A ROMA CONTRO L’UNIONE EUROPEA

Il 25 marzo il Partito Comunista sarà in piazza a Roma per manifestare contro l’Unione Europea in occasione dei 60 anni dei trattati istitutivi della CEE, della Ceca e dell’Euratom, le tre antenate dell’Unione Europea. In quell’occasione i primi ministri e i capi di stato europei saranno a Roma per celebrare l’anniversario e ribadire il loro accordo alle politiche antipopolari della UE. I lavoratori e i popoli europei subiranno in quei giorni il culmine di una campagna di disinformazione e propaganda a favore della UE che va avanti da mesi, con spot televisivi, concorsi pubblici, iniziative nelle scuole e nelle università, con lo scopo di conquistare consenso popolare alle politiche europee e convincere le classi popolari che non esiste alcuna alternativa alla UE e a questo sistema. Il Partito Comunista scenderà in piazza il 25 marzo alla fine di una campagna di informazione sulla natura reale della UE che i militanti stanno conducendo in tutta Italia nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università. In questi sessant’ani l’Unione Europea ha:

–       rafforzato il potere dei monopoli finanziari (banche, grandi imprese) riducendo ovunque i margini della sovranità popolare, stracciando anche le temporanee e parziali conquiste che le classi oppresse avevano ottenuto con le costituzioni successive alla mobilitazione popolare contro il fascismo;

–       creato un mercato unico a immagine e somiglianza del grande capitale, grazie al pilastro comunitario della libera circolazione dei capitali, delle merci e dei servizi con i quali le grandi aziende hanno ottenuto la possibilità di scegliere la sede legale negli stati più favorevoli fiscalmente, diminuendo le tasse pagate e incrementando i profitti, de localizzando la produzione nei paesi più convenienti. Tutto questo ha favorito i processi di concentrazione e centralizzazione del capitale, il trasferimento di ricchezze dalle classi popolari ad un’aristocrazia finanziaria che con poche decine di società controlla ricchezze sempre maggiori;

–       con la creazione dell’euro ha creato un sistema monetario saldamente nelle mani delle banche private per il tramite della BCE che ha acuito le contraddizioni capitalistiche e la crisi a tutto danno della classe operaia e delle classi popolari. Attraverso la leva del debito pubblico gli istituti finanziari hanno guadagnato sulle spalle dei popoli europei e le politiche dei governi sono state commissariate nella direzione di svendite del patrimonio comune, privatizzazioni, riduzione delle politiche sociali;

–       peggiorato le condizioni di lavoro in tutti i Paesi aderenti, mettendo in concorrenza i lavoratori al fine di diminuirne salari e di cancellare le conquiste frutto delle lotte del movimento operaio nel secolo scorso. La UE ha sostenuto la precarizzazione del lavoro, con l’introduzione di nuove forme contrattuali a danno dei lavoratori; sostenendo la libertà di delocalizzare ha imposto un mercato unico della forza lavoro in cui la minaccia dello spostamento delle sedi produttive all’estero è utilizzata per importare il peggioramento delle condizioni di lavoro e dei salari. Ha incrementato la disoccupazione, e in modo particolare la disoccupazione giovanile, con la conseguenza di centinaia di migliaia di giovani che emigrano per cercare lavoro, convertendosi in manodopera a basso costo, doppiamente sfruttata;

–       assoggettato ogni settore economico alle logiche capitalistiche e agli interessi dei monopoli, come dimostra la direttiva Bolkenstein il cui impatto comporta il peggioramento delle condizioni di settori popolari (mercati, piccoli commercianti ecc…);

–       imposto la privatizzazione e conseguente trasformazione dei servizi sociali in privilegi su base economica e strumenti di creazione di profitto privato, imponendo una concorrenza del tutto favorevole ai grandi gruppi economici. Così ha sostenuto e indirizzato le politiche di privatizzazione della sanità e la dismissione del sistema sanitario nazionale, determinato le riforme delle scuole e delle università;

–       attraverso la creazione di un mercato unico e di accordi sempre più vasti a livello globale, la UE è responsabile del peggioramento della condizione dell’agricoltura, della concentrazione della proprietà terriera e agricola, dell’impoverimento di migliaia di contadini e del peggioramento della qualità dei beni prodotti (si pensi alla direttiva sugli oli deodorati, o alle conseguenze del CETA e dell’eventuale stipula del TTIP per la produzione di cereali e altri beni agricoli);

–       mentre si dice che la UE ha promosso la pace si dimentica che essa ha sostenuto ogni intervento imperialista condotto dai propri paesi membri e nella cornice delle alleanze militari come la Nato. Sostenendo l’azione dei propri monopoli la UE ha contribuito allo sfruttamento delle risorse in Africa e Medio Oriente, all’impoverimento delle classi popolari di quei paesi, non disdegnando ove necessario il sostegno all’intervento militare di propri paesi al fine di ottenere maggiori fette di mercato e controllo di risorse economiche e rotte commerciali strategiche. Ciò, oltre a contraddire ogni ipotetica funzione della UE come fattore di pace e stabilizzazione, comporta il dramma di milioni di persone costrette ad emigrare per salvarsi dalla guerra e dalla miserie o migliorare la propria condizione di vita, finendo per convertirsi a loro volta in manodopera a basso costo da poter sfruttare.

Per tutte queste ragioni nel 1957 il Partito Comunista fu l’unico partito italiano a votare in Parlamento contro l’ingresso dell’Italia nel Mercato Comune Europeo. Oggi che la destra fa dell’antieuropeismo la sua bandiera, noi comunisti abbiamo il dovere di rimarcare la nostra posizione contro un’unione europea espressione diretta degli interessi della finanza e promotrice delle politiche antipopolari che opprimono i lavoratori e le classi popolari del continente.

I comunisti non si uniscono a quella parte della sinistra che si nutre di illusioni sulla riformabilità della UE, e peggio ancora, illude le classi popolari sulla natura del processo unitario europeo contribuendo a mascherarne la reale essenza, ossia il carattere di strumento degli interessi del grande capitale. La vicenda greca ha dato ragione a chi coerentemente non ha riposto alcuna fiducia nell’idea di poter cambiare il sistema europeo dall’interno, come la capitolazione del governo Tsipras e delle illusioni della sinistra europea ha ampliamente dimostrato.

Allo stesso tempo, come comunisti, abbiamo il dovere di indicare una via d’uscita in senso progressista e favorevole agli interessi dei lavoratori e delle classi popolari, dal sistema della UE. Solo in questo modo sarà possibile arginare l’avanzata della destra nei settori popolari, combattere la visione reazionaria che utilizza l’antieuropeismo come mero pretesto per riaffermare un sistema di sfruttamento su base nazionale, fondato sul potere dello stesso capitale nazionale che è responsabile e primo fautore dell’adesione dell’Italia al mercato comune. I comunisti combattono la visione di chi critica la UE, ma poi non ne chiede l’uscita unilaterale, di chi si scaglia contro l’immigrazione ma poi è pronto a sostenere le politiche imperialiste e la permanenza dell’Italia nella Nato, utilizzando l’immigrazione come pretesto per scatenare una guerra tra poveri il cui ultimo risultato è distrarre le classi popolari dal comune nemico, mettere i lavoratori gli uni contro gli altri sulla base della nazionalità e della provenienza etnica, salvando quel sistema di sfruttamento capitalistico e il potere dei monopoli.

Il Partito Comunista, insieme ai partiti membri dell’Iniziativa Comunista Europea si batte per l’uscita dell’Italia dalla Ue e dalla Nato, per la creazione di un governo dei lavoratori in un’Italia libera e socialista. L’Unione Europea non è riformabile, la lotta dei lavoratori e delle classi popolari dei paesi europei non può che indirizzarsi per la sua rottura, attraverso l’uscita unilaterale di ciascun paese fino alla dissoluzione delle alleanze imperialiste. Né illusioni di sinistra, né ricette reazionarie di destra. Per uscire dalla crisi, per conquistare il proprio avvenire, i lavoratori e la gioventù lottano contro la UE, per il potere popolare, per il socialismo.

Il 25 marzo tutti in piazza a Roma, per il comizio del Partito Comunista ore 16.00 Piazzale Tiburtino, quartiere San Lorenzo (raggiungibile con la metro B fermate Tiburtina o  Castro Pretorio; con il treno con fermata a Roma Termini o Roma Tiburtina)

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8 MARZO DI LOTTA

8 MARZO DI LOTTA

Ciò   che   sta   avvenendo oggi a danno delle donne, dallo sfruttamento ai licenziamenti, dai femminicidi ai maltrattamenti, è il segno chiaro dei tempi di una crisi sociale ed economica, dove tutto ciò che era stato conquistato prima, con decenni di lotta e di rivendicazione di classe, sempre più velocemente scivola via. Senza freni si arriva alla costruzione di un contesto sociale dove arretramento ed imbarbarimento dei rapporti umani, in generale e anche dentro le classi popolari sono sempre peggiori, improntati alla violenza ed alla prevaricazione e dove permangono concezioni patriarcali organiche ad una società improntata ai valori fondanti del capitalismo, quelli dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’accaparramento del profitto in capo a pochi individui.

Con la concentrazione in poche mani della ricchezza economica e finanziaria e l’aumento esponenziale della proletarizzazione del ceto medio, di concerto si immiserisce la qualità della vita di classi sociali che oggi non hanno nemmeno la consapevolezza di essere sfruttate, e all’ interno delle quali la condizione di vita delle donne proletarie peggiora ulteriormente. Non solo le donne sono private del lavoro per prime, sono sottopagate a parità di impiego, sono costrette a svolgere gratuitamente pesanti lavori in supplenza di servizi sociali divenuti inaccessibili, ma, all’ interno della famiglia e in un contesto sociale di classe senza coscienza, subiscono violenza, maltrattamento, isolamento e deprivazioni che, per le donne proletarie, sembrano diventate una condanna senza appello.

L’attuale debolezza del movimento operaio esige uno sforzo enorme per la ricomposizione di classe il rilancio delle lotte proletarie. Il partito, sul piano politico e il sindacato di classe, sul piano economico, devono essere in grado di tradurre l’elaborazione teorica, per altro valida ed avanzata, in concrete proposte di lotta e obiettivi tattici per ristabilire quei diritti e quelle conquiste di cui i lavoratori sono stati privati negli ultimi decenni.

In un mondo, dove è sancita per legge la parità di genere, sono stati introdotti istituti civili avanzati e paritari, sono stati  previsti servizi per la tutela delle donne, delle madri e della famiglia ed è stato cambiato persino il lessico, assistiamo al (finto) paradosso di donne che muoiono di fatica, lavorando in campagna fino allo sfinimento per 3 € all’ora, o di altre donne che non possono abortire presso le strutture pubbliche, occupate da medici obiettori per convenienza  (se il primario è obiettore), che non cercano più lavoro perché si sono stancate di incassare rifiuti, che non accedono alla scuola perché non se la possono permettere, che subiscono condizioni di convivenza violente perché non sanno dove andare e soprattutto di avere diritti. Le risposte che dà l’attuale sistema sociale, in tal senso, sono palliativi, specchietti per le allodole, documenti infarciti di pseudo-teorie di genere che hanno addirittura distorto il contenuto vero delle lotte di genere e di classe contro padroni e patriarcato per trasformarle in kermesse mediatiche, appaltate a chi ha derubato la classe persino delle parole d’ordine, appropriandosene e stravolgendole.

I partiti della sinistra borghese e i sindacati collaborazionisti utilizzano la differenza di genere per offuscare la coscienza della differenza di classe. La condizione delle donne proletarie non è certo uguale a quella delle donne borghesi.  La donna che cerca un lavoro e non lo trova, che viene licenziata o brutalmente sfruttata sul lavoro, che vive senza sostegno la maternità, la malattia e la vecchiaia, che subisce violenza, che viene espulsa dal ciclo formativo, ha interessi in totale contrasto  con  quelli  delle donne della classe dominante. Non c’è affinità, né vi può essere comunanza di problematiche e solidarietà, tra queste e le donne proletarie, tra chi esercita   l’oppressione   di   classe   e   chi   la   subisce.   L’oppressione   di   genere   è   conseguenza dell’oppressione di classe, di una divisione del lavoro ad essa funzionale. Pertanto, l’emancipazione femminile non può essere raggiunta che attraverso la più generale emancipazione del lavoro.

I partiti borghesi e i sindacati collaborazionisti pongono, invece, l’accento sulla violenza “fisica” sulle donne per nascondere la generalizzata violenza che la produzione e le società capitalistiche sistematicamente esercitano su di esse. La violenza sulle donne è uno dei sintomi della decadenza del capitalismo anche sul piano della civiltà, origina dal suo degrado sociale, morale e culturale. Il diritto al lavoro, ad una retribuzione e a una pensione dignitose, alla salute e alla maternità assistita, all’istruzione, oggi negato, deve tornare ad essere al centro delle lotte delle donne, come parte della più generale lotta di classe e nella consapevolezza che la liberazione della condizione femminile passa   necessariamente   attraverso   la   liberazione   dell’intera   società   dallo   sfruttamento,   che   la violenza,  fisica  e  sociale,  sulle  donne  può cessare  solo  con  un  “cambio  di  civiltà”,  cioè  con l’abbattimento del capitalismo e l’affermazione del socialismo-comunismo. Questa verità è confermata dalla storia. Cento anni fa, la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre per la prima volta realizzava pienamente l’uguaglianza di diritti, ruoli e responsabilità della donna nella società, nel rispetto e nella valorizzazione della differenza di genere.L’8   Marzo  non   deve   essere,   quindi,   una   semplice   ricorrenza,   ma   una   giornata   di   impegno   e mobilitazione che segni l’inizio della ripresa delle lotte per la riconquista dei diritti delle donne e degli uomini del lavoro e per un mondo libero dallo sfruttamento. E’ con questo spirito, con questo appello alla mobilitazione per i nostri obiettivi comuni, che salutiamo le lavoratrici d’Europa e del mondo.

Il documento è stato redatto dalla compagna Monica Perugini e dalla compagna Federica Savino (resp donne FGC) dalle compagne della Commissione Donne del Partito, è stato assunto per la discussione nell’Iniziativa dei Partiti Comunisti e operai d’Europa

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