– alla sede provinciale di Csp-Partito comunista di Bologna
Nel fare questa richiesta vorrei spiegare le ragioni di fondo che mi spingono a farla.
Sono stato iscritto a Rifondazione Comunista dal 1992 al 2009, ininterrottamente. Dal 1996 al 2009 sono stato membro della segreteria provinciale di Bologna, prima come responsabile di organizzazione, poi come Tesoriere provinciale.
Nello stesso periodo ho aderito, convintamente, alla componente politico-ideologica denominata l’Ernesto, della quale sono stato per numerosi anni coordinatore provinciale e membro dell’esecutivo nazionale.
Perchè iscriversi a Csp-Partito comunista, oggi?
Quando nacque rifondazione comunista, prima movimento poi Partito, eravamo all’indomani del rovinoso crollo dell’Urss e dello scioglimento del Pci. Vi era un contesto ‘oggettivo’ che spingeva a scelte opposte, la stessa condizione sociale in Italia aveva caratteri assai diversi da quelli di oggi: il Lavoro c’era e lavorando la propria condizione materiale non spingeva certo lavoratrici e lavoratori ad alzare la bandiera del socialismo, il quadro internazionale non incoraggiava certo l’impresa della ricostruzione comunista. Eppure il Partito della rifondazione comunista presa forma e vita.
Oggi ci troviamo in una situazione ‘oggettiva’ opposta: la condizione materiale di milioni di proletari italiani spinge ad alzare la bandiera di un’altra società, le ragioni del socialismo possono mettere radici nella realtà materiale, lo stesso quadro internazionale evidenzia una crisi sistemica del capitalismo e dell’Imperialismo. Le forze politiche, sociali, statuali che si richiamano al socialismo stanno crescendo nel mondo, l’America Latina è solo l’esperienza più recente.
Eppure il movimento comunista in Italia vive una crisi di fondo, è sulla soglia dell’estinzione politica e organizzativa.
Come si spiega questo paradosso?
Non spiegarlo significa non fare i conti, sino in fondo, con la crisi del movimento comunista italiano.
Perchè è fallita l’esperienza di rifondazione comunista e le esperienze che da essa hanno preso forma, Pdci compreso? Quale è la ragione di fondo?
La storia di rifondazione è costellata di scissioni, prima il gruppo dirigente intorno a Garavini (il primo segretario nazionale), poi la corposa scissione di Cossutta (fondatore di rifondazione comunista) che diede vita al Pdci, poi la fuoriuscita delle componenti troskiste, poi la fuoriuscita dei ‘bertinottiani’ con la nascita di Sel, in ultimo la fuoriuscita delle compagne e compagni de l’Ernesto. Non sono state piccole scissioni, poco alla volta l’intero gruppo dirigente che diede vita a rifondazione nel 1991-92 ne è uscito, ciò che è rimasto è poca cosa se paragonato a ciò che c’era.
Quando l’intera storia di un partito è costellata da scissioni di queste dimensioni la ragione di fondo è una, la presenza al suo interno di culture politiche, di ideologie, di progetti strategici diversi e spesso antitetici, non è un caso che queste scissioni siano avvenute sul tema del governo e del più generale rapporto tra comunisti e socialdemocrazia, tema strategico, tanto nel ‘900 quanto oggi.
Il difetto ‘nativo’ di rifondazione comunista è stata la sua etergenietà ideologica, è anche la ragione per la quale non solo la ‘rifondazione’ non ha mai preso avvio ma si è ridotta a un approccio liquidatorio con l’intera storia del movimento comunista dell’intero novecento. Non una riflessione è stata mai fatta sulla storia del movimento comunista italiano, sul perchè la più corposa e originale esperienza dei comunisti in occidente si è rovinosamente trasformata prima nel Pds, poi nei Ds e infine nel Pd, uno dei due partiti delle classi dirigenti italiane, della borghesia italiana.
Le basi ideologiche di rifondazione erano gracili, eclettiche, una delle conseguenze più nefaste è stato il correntismo, inevitabile in presenza di progetti strategici diversi: l’unità di un partito comunista è innanzitutto unità ideologica e teorica, senza questa unità gli appelli allo ‘spirito di partito’ o al ‘centralismo democratico’ si riducono a parole vuote che si infrangono contro la storia stessa di quel partito, rifondazione comunista e il Pdci ne sono un esempio cristallino.
Nell’Italia concreta di oggi, e nell’Europa concreta di oggi, viviamo dentro la principale crisi del capitalismo dell’intero novecento. A differenza dell’altra grande crisi, quella che prese avvio nel 1929 e che portò alla seconda guerra mondiale, oggi l’occidente capitalista vive anche una crisi di competitività economica con molti sud del mondo, Cina in primis: non era mai capitato nel ‘900, al massimo i popoli sfruttati dall’Imperialismo erano riusciti a riconquistare una sovranità nazionale ma mai erano riusciti a sfidare l’Imperialismo sul piano economico, sul piano dello sviluppo delle forze produttive, sul piano dello sviluppo teconologico. E’ la prima volta dalla nascita del capitalismo che si sta riducendo, invece che aumentare, il gap tecnologico tra ‘Sud’ del mondo e occidente capitalista.
In Italia e in Europa non vi saranno solo mesi e neppure solo anni di crisi, stiamo assistendo a un declino complessivo dell’occidente capitalista, stanno rapidamente cambiando, e sono già camboati, i rapporti di potenza tra aree e poli economici nel mondo. In Italia e in Europa la crisi economica, l’impoverimento di ceti medi e proletari è destinato ad aumentare. Nel mondo la guerra è già e sarà sempre più al centro delle relazioni internazionali, l’Imperialismo la usa per perpetuare una situazione di dominio economico non più supportato da una superiorità economica e tecnologica, l’Imperialismo usa l’unica superiorità che ancora ha, quella militare. Vi è un’oggettiva necessità, qui in Europa e nell’occidente capitalista, di rimettere al centro il tema del Socialismo e della ‘transizione’.
Con tutta evidenza si ripresentano come attuali tutte le categorie teoriche ed ideologiche del leninismo, dall’analisi dell’Imperialismo, dal tema del Partito, al tema del Potere e dello Stato, categorie troppo frettolosamente accantonate mentre la realtà concreta ce le ripropone come valide ed attuali.
Perchè richiedere l’iscrizione a Csp-Partito comunista, in questa concreta situazione nazionale ed internazionale?
La risposta è forse l’insegnamento principale che ho tratto dalla lunga militanza dentro l’Ernesto. Non vi è partito rivoluzionario senza teoria rivoluzionaria, non vi è partito rivoluzionario destinato a durare e crescere nel tempo se non è basato su un’omogeneità ideologica di fondo, su una visione condivisa del quadro internazionale, delle tendenze di fondo che vi sono nel concreto sviluppo del capitalismo.
Non considero Csp-Partito comunista ‘il’ partito comunista già fatto, in esso vedo limiti e parzialità, vi è un’assenza di un insediamento di classe e di una chiara linea sindacale, l’assenza di un rapporto con molti intellettuali marxisti e più in generale con il mondo della cultura, piccole dimensioni. Questi limiti sono però solo un aspetto, frutto anch’essi della crisi complessiva del movimento comunista italiano.
Vi sono invece aspetti che ritengo prioritari in questa fase, fondamentali per la ricostruzione comunista.
Innanzitutto una condivisibile, e condivisa al suo interno, visione internazionale, a partire da una fratellanza sincera e di sostanza con il KKE e con la linea che i comunisti greci propongono in questa fase storica della lotta di classe in Europa, la collocazione cioè dentro una filiera internazionale ben precisa, tenuta insieme da una comune analisi dell’attuale fase internazionale.
Vi è una chiara e non equivoca collocazione di campo internazionale, nel campo della lotta all’Imperialismo.
Vi è una chiara e non equivoca collocazione di classe, l’utilizzo del ‘classismo’ quale chiave di lettura delle vicende italiane ed Europe, il libro Il Golpe Europeo, scritto dal segretario nazionale, è, oltre che stimolante, una base condivisibile per inquadrare il tema Unione Europea e lotta per il Socialismo.
Vi è infine, aspetto non secondario, la manifesta e manifestata volontà dell’intero gruppo dirigente di lavorare alla ricostruzione del Partito comunista, consapevoli di rappresentare, ad oggi, solo un pezzo della soluzione, seppur organizzato.
In Italia non solo vi è la diaspora dei ‘comunisti’, in essa ve ne è anche un’altra, ben più grave, quello del ‘leninismo’, l’unica corrente ideologica che nell’intero novecento ha prodotto fatti rivoluzionari, e come sempre la storia concreta è la prima e più importante prova che ogni ‘teoria’ deve affrontare.
Richiedo l’iscrizione a Csp- Partito comunista perchè, seppur in embrione e tra limiti, vi intravedo tutti gli elementi essenziali per dare corpo a un vero e proprio processo riaggregativo dei comunisti di matrice leninista, compresa la costruzione di una leva giovanile che in questi anni e mesi sta prendendo forma, aspetto politicamente importante.
Ho scelto di richiedere l’iscrizione prima e non dopo il voto alle elezioni politiche per una ragione ben precisa: indipendentemente dall’esito della lista Ingroia sia rifondazione che il Pdci hanno evidenziato, in modo cristallino, il loro sostanziale e formale abbandono della questione comunista.
La strada sarà lunga, sui territori si tratta innanzitutto di ricostruire su macerie politiche ed ideologiche, credo però che in questa precisa fase storica i comunisti e le comuniste debbano innanzitutto rimettersi in cammino, ritessere i fili tra di loro, riorganizzarsi, ricostruire le basi teoriche, ideologiche, politiche per consegnare alle nuove generazioni lo strumento di lotta e direzione delle battaglie che ci aspettano.
Entusiamo, organizzazione, studio, sono le tre parole del novecento italiano che oggi mantengono tutto intatto il loro valore e la loro attualità.
C’è bisogno di comunisti in Italia, più oggi che non nel 1991-92. Per i comunisti è oggi il tempo dell’assunzione di responsabilità.
Stefano Franchi, già membro dell’esecutivo nazionale de l’Ernesto.
Bologna 31 gennaio 2013