Intervento di Marco Rizzo all’Incontro Europeo dei Partiti Comunisti 1 e 2 Ottobre Bruxelles.
Cari Compagni, innanzitutto, a nome di Comunisti Sinistra Popolare – Partito Comunista, permettetemi di esprimere un caloroso saluto ai Partiti Comunisti fratelli e agli organizzatori di questo importantissimo incontro e permettetemi un augurio di buon lavoro a tutti i partecipanti.
L’aggravarsi della crisi sistemica del capitalismo è sotto gli occhi di tutti. Come abbiamo più volte affermato, il debito non è causa della crisi, ma ne è conseguenza. Le ragioni vere sono insite nella natura stessa del modo di produzione capitalistico, sono frutto dell’esplosione delle sue contraddizioni oggettive. I loro effetti quantitativi, con cicliche crisi di sovrapproduzione, universalizzazione della concorrenza a livello mondiale, caduta del saggio di profitto, persistente anarchia della produzione, si sono accumulati a tal punto da trasformarsi in un devastante effetto qualitativo, cioè nell’impossibilità da parte del capitale di riavviare il ciclo di accumulazione e di riproduzione allargata se non a prezzo di insostenibili distruzioni di ricchezza sociale, spesso attraverso la guerra, e di insopportabili compressioni di salari e servizi sociali. In altre parole, il modo di produzione capitalistico ha esaurito il proprio ruolo storico e, se non sarà rovesciato, rischia di trascinare l’umanità in una catastrofe di proporzioni planetarie.
La competizione tra le centrali imperialistiche per assumere il controllo delle risorse e delle ricchezze mondiali si fa sempre più forte ed aggressiva, nel tentativo di garantire solo per sé la ripresa del ciclo di accumulazione e la stabilizzazione del saggio di profitto. La recente guerra in Libia e le attuali prove di conflitto con la Siria e l’Iran ne sono la dimostrazione.
La concorrenza interimperialistica, l’ossessiva ricerca dell’egemonia monetaria e commerciale e di vantaggi competitivi sono tra le principali cause dell’indebitamento, dello smantellamento dello stato sociale, dell’impoverimento crescente dei popoli europei.
Anche all’interno della stessa UE si manifestano contraddizioni tipicamente interimperialistiche tra paesi economicamente più forti e paesi più deboli, dove i primi conducono un’impietosa politica di rapina nei confronti dei secondi. E’ tuttavia sbagliato e fuorviante interpretare quanto accade come un “conflitto Nord-Sud”. La latitudine non c’entra nulla!
L’UE è, tra l’altro, la foglia di fico che le borghesie nazionali, prime responsabili della spoliazione dei propri popoli, usano per nascondere o giustificare le proprie politiche antioperaie, come se queste fossero imposte dall’esterno per oggettive ragioni superiori.
Ma l’UE è anche una specie di “camera di composizione” delle contraddizioni interne all’imperialismo europeo, la sede istituzionale in cui le borghesie nazionali europee cercano di appianare quelle contraddizioni tra loro che in passato sono sempre sfociate in conflitti armati e da cui pianificano lo sfruttamento e l’oppressione dei propri popoli.
Per questo, così come le classi operaie e i lavoratori di Grecia, Italia, Spagna e Portogallo non sono i responsabili, ma le vittime, della crisi, allo stesso modo i lavoratori di Germania, Francia, Finlandia, ecc., non sono corresponsabili della spoliazione di questi paesi.
Sono le borghesie di Grecia, Italia, Spagna e Portogallo le vere responsabili della crisi dei loro paesi e sono complici, al pari delle borghesie più forti, nella politica di spoliazione e rapina dei loro stessi paesi!
Perciò, interpretare il problema delle istituzioni dell’imperialismo europeo come una questione di sovranità nazionale è falso e fuorviante, in quanto esonera le borghesie nazionali dalle proprie responsabilità. Il problema va correttamente inserito e interpretato in un ottica di lotta tra le classi, da un lato, e di competizione tra borghesie dominanti, dall’altro.
Non sono ammissibili, da un punto di vista coerentemente comunista, ammiccamenti al nemico di classe e alle sue istituzioni in termini di congelamento, anche temporaneo, del conflitto di classe in nome di una assunzione di responsabilità per “salvare il paese dalla crisi”. In questo modo, si salva solo il dominio del capitale.
La borghesia, al contrario, va incalzata e inchiodata alle proprie responsabilità con una lotta senza quartiere e a 360° che sia chiaramente finalizzata al rovesciamento del suo dominio e all’instaurazione del potere operaio e popolare.
Questo percorso richiede inevitabilmente una chiara rottura con le istituzioni internazionali della borghesia imperialista. I comunisti devono battersi senza cedimenti per l’uscita dei propri paesi dall’UE, dalla NATO e dall’illegittimo Tribunale Internazionale dell’Aja. Questi organismi devono essere smantellati insieme al FMI e al WTO, anch’essi strumenti dell’oppressione imperialista!
L’ONU stessa si è trasformata in un organismo di ratifica delle guerre imperialiste camuffate da interventi umanitari e una modifica dei suoi meccanismi decisionali, rappresentativi e operativi è ormai diventata irrinunciabile.
Dobbiamo respingere e combattere con energia la posizione opportunista del Partito della Sinistra Europea, un’organizzazione nata per dividere e soppiantare il movimento comunista in Europa, attirandone la parte meno salda ideologicamente su un terreno di accettazione di fatto dell’UE e delle sue politiche; un’organizzazione creata per fornire la stampella sinistra al capitalismo europeo. Poiché l’UE è un edificio costruito dai monopoli e dalle banche per le proprie esigenze di dominio e, quindi, nessuna riforma a favore del popolo è possibile in casa loro, dobbiamo far capire ai lavoratori che il Partito della Sinistra Europea li sta ingannando con l’illusione della migliorabilità delle istituzioni europee e della mitigazione delle misure di rigore. Appoggiando anche solo in parte quella linea si sostiene il capitalismo europeo! A quei PC che ne fanno parte come osservatori rivolgiamo un appello: non c’è nulla da osservare! La Sinistra Europea è una “foglia di fico”del capitale! Non aiutate gli alleati del nemico di classe attribuendogli dignità di interlocutore, distaccatevi!
Per quanto riguarda le istituzioni nazionali della borghesia, la posizione di CSP-PC è altrettanto chiara e coerente. Non crediamo nell’assolutizzazione del parlamentarismo, né nella possibilità di vie “pacifiche” e non conflittuali al socialismo attraverso riforme successive. Questa illusione, tipica del riformismo della II Internazionale e ripresa dall’opportunismo contemporaneo, parte dal presupposto sbagliato che il capitalismo sia migliorabile, riformabile gradualmente fino a trasformarsi in socialismo, cioè nella negazione di sé stesso. La nostra ferma opposizione a questa visione deriva dalla nostra concezione scientifica marxista-leninista, dall’osservazione della storia e dallo studio dell’esperienza del movimento operaio.
Qualsiasi formazione economico-sociale è storicamente determinata, cioè nasce, si sviluppa, decade e infine muore, portando in grembo l’embrione della nuova formazione che dovrà sostituirla. La storia dimostra che il parto non è né automatico, né indolore. La nascita della nuova formazione è sempre traumatica. I rapporti di produzione e la corrispondente sovrastruttura politico-giuridica, divenuti un impaccio allo sviluppo delle forze produttive, vengono abbattuti dalla nuova classe che si affaccia alla ribalta della storia, apre la strada a nuovi rapporti di produzione e impone la corrispondente nuova sovrastruttura da questi determinata. Chiaramente, la vecchia classe dominante non rinuncia volontariamente al proprio dominio, ma oppone resistenza. Il cambiamento le viene imposto in modo coercitivo. La storia non conosce altre vie di cambiamento rivoluzionario. I rapporti di produzione mercantilistico-capitalistici nascono dalla disgregazione del modo di produzione feudale, ma si affermano grazie alla rivoluzione di Cromwell in Inghilterra e alla Rivoluzione del 1789 in Francia, eventi di rottura per eccellenza. Il socialismo, nato dalla putrefazione del capitalismo, si è affermato storicamente solo grazie al sovvertimento dello status quo, a partire dalla Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre in Russia, alla Rivoluzione Cinese, a quella Cubana.
In altre parole, la storia non riporta esempi storici di affermazione di nuovi rapporti di produzione che non siano accompagnati da un cambiamento totale dello stato di cose presente.
Noi non rinunciamo alla lotta parlamentare e alla partecipazione alle elezioni, ma intendiamo, da leninisti, il parlamento e le altre istituzioni elettive come un momento che dà maggiore visibilità e voce al programma comunista, alla sua diffusione tra le masse, non certo come lo strumento principale di trasformazione della società.
La nostra partecipazione alle competizioni elettorali, anche nelle condizioni attuali, non può, però, realizzarsi attraverso la partecipazione a coalizioni di “fronte democratico” o di centro sinistra. Ribadiamo ancora una volta la nostra piena alternatività a qualsiasi coalizione borghese, di centrodestra come di centrosinistra, in quanto espressioni politiche degli interessi del capitale.
Non nutriamo nessuna illusione in merito alle istituzioni borghesi. Non ci interessano le alchimie delle coalizioni con i partiti borghesi, la ricerca di algebriche alleanze elettorali i cui numeri esprimono solo la somma di debolezze.
La sola alleanza che ci interessa sviluppare è l’alleanza sociale degli strati popolari, anche di settori della piccola borghesia proletarizzata dal grande capitale monopolistico e dalla crisi, con la classe operaia e intorno ad essa, per creare un blocco sociale, alternativo a quello borghese, che diventi la forza motrice della rivoluzione socialista in Italia.
Un’alleanza che deve avere come spina dorsale il Fronte Unito del Lavoro, organizzazione che raggruppi il più ampio numero di lavoratori, indipendentemente dalla loro collocazione sindacale o partitica, che sappia svilupparne le lotte di massa, che funga da cinghia di trasmissione tra il Partito e il blocco sociale della classe operaia, che serva anche da serbatoio umano e intellettuale per il Partito.
Nella condizioni attuali, solo le lotte sociali di massa possono creare una situazione rivoluzionaria. Occorre ridare coscienza di sé, centralità e dignità ad una classe operaia tradita e disorientata, che ormai fa notizia solo se si “taglia le vene” in diretta televisiva o si dà fuoco in piazza. Questa è manifestazione di disperazione e sconfitta, buona solo a far versare qualche lacrima compassionevole alle signore borghesi. Non di questo c’è bisogno, non di pietà, ma di lotta e combattività, affinché – come diceva Marx – “tremino le classi dominanti all’idea della rivoluzione proletaria”. A questo stiamo lavorando, allo sviluppo delle alleanze di classe, di mobilitazioni e movimento di popolo che sappia coniugare le lotte per la difesa dei diritti e delle esigenze immediate della classe operaia e degli strati popolari con l’obiettivo strategico del rovesciamento del capitalismo e dell’instaurazione del socialismo.
Il diritto al lavoro, stabile e sicuro, il diritto ad un salario e ad una pensione dignitosi, il diritto alla salute, all’abitazione, all’istruzione, all’accesso alla cultura, alla sicurezza privata e collettiva, sono diritti fondamentali della persona umana che oggi il capitalismo europeo colpisce duramente e di fatto nega con le criminali politiche, poste in atto dall’UE e dai suoi organismi. Lottare per l’affermazione di questi diritti oggi vuol dire lottare contro l’UE e i suoi organismi e contro le loro misure antipopolari, consapevoli che l’Europa dei popoli, della solidarietà e della cooperazione può costruirsi solo sulle ceneri dell’Europa dei monopoli capitalistici e delle banche.
Uscita dall’UE e dall’Eurozona, azzeramento unilaterale del debito, nazionalizzazione ed espropriazione dei monopoli e delle banche, potere operaio, pianificazione centralizzata dell’economia sotto controllo popolare: questi sono gli obiettivi che CSP-PC propone alla classe operaia e ai ceti popolari per superare la crisi e affermare definitivamente i propri diritti fondamentali.
Lo sviluppo delle alleanze sociali della classe operaia e delle lotte di massa, la creazione delle condizioni per una trasformazione rivoluzionaria e socialista della società sono biunivocamente connesse alla presenza di un forte Partito Comunista, capace di dirigere con successo la classe operaia verso il raggiungimento dei suoi obiettivi storici. Da un lato, costituiscono il risultato di un efficace lavoro politico del Partito, ma dall’altro lato sono la condizione per il rafforzamento del Partito stesso. Non possiamo aspettare di avere un partito perfettamente strutturato sulla carta per iniziare ad operare efficacemente nella realtà. Non ce lo consentono i tempi, ma non ce lo permette neanche la considerazione che un partito comunista che rinuncia a lottare non potrà mai crescere e presto muterà la sua natura. La crescita del Partito e dei suoi quadri dipende dalle lotte e, nello stesso tempo, la crescita dell’efficacia e la diffusione delle lotte dipendono dalla crescita del Partito.
Questa considerazione ci rende differenti da quanti, in Italia, parlano sulla necessità di ricostruire il Partito Comunista e lì si fermano.
Noi non soltanto parliamo di ricostruzione del partito, noi il Partito Comunista lo stiamo ricostruendo nei fatti, non a parole! Certo siamo coscienti di quante energie in carne ed ossa devono partecipare per ottenere il successo in questa impresa.
Lo stiamo ricostruendo chiamando la classe operaia e il popolo a mobilitarsi su obiettivi chiari e concreti. Lo stiamo ricostruendo attraverso lo sforzo e il sacrificio dei nostri militanti, in prima fila nelle lotte sociali e sindacali. Lo stiamo ricostruendo con la coerenza e la chiarezza di chi pensa quello che dice, dice quello che pensa e fa quello che dice.
Questo ci porta a fare alcune considerazioni sulla situazione in Italia.
I dirigenti del più grande partito comunista dell’Europa Occidentale, il PCI, hanno pesantissime responsabilità nell’affermazione del riformismo, del revisionismo e dell’opportunismo che hanno portato alla sua stessa dissoluzione e oggi sembrano essere largamente diffusi anche all’interno del MCI. Lo riconosciamo con amarezza e sincero senso autocritico. Si tratta di un processo degenerativo di lunga durata, che, nelle sedi opportune, andrà ulteriormente studiato e approfondito, e che ha le sue iniziali radici già nella ”svolta di Salerno”.
I partiti, PRC e PDCI, formatisi dopo l’autoscioglimento del PCI, hanno chiaramente fallito nell’intento di ricostruire una presenza comunista in Italia.
Privi di un saldo ancoraggio ideologico al marxismo-leninismo, a cui non fanno esplicito riferimento né nel Programma (dubitiamo che ne abbiano uno, dal momento che sui rispettivi siti non se ne trova traccia), né nello Statuto, entrambi i partiti hanno una quasi esclusiva vocazione istituzionale e, ormai, agiscono solo in funzione delle scadenze elettorali.
Il Partito della Rifondazione, che esplicitamente rifiuta il principio del centralismo democratico, non può essere certamente definito un partito di tipo leninista. Caratterizzato da un estremo eclettismo, al proprio interno comprende un po’ di tutto, dai buddisti, ai gandhiani, ai pacifisti generici, ai movimentisti dei centri sociali, fino ai trotzkisti. Sicuramente, al suo interno vi sono ancora compagni onesti e sinceri che, però, non hanno alcuna possibilità di influire da comunisti sulle scelte del gruppo dirigente, che oltre ad essere ondivago ha già dichiarato pubblicamente di esser disponibile a rinunciare ancora una volta (come nelle elezioni del 2008 con l’Arcobaleno) al simbolo della bandiera comunista con falce e martello per le elezioni politiche.
Il PDCI, si è sempre più caratterizzato per la forte vocazione “istituzionale” del suo gruppo dirigente e per l’estrema spregiudicatezza della sua condotta politica. E’ l’esempio tipico dell’opportunismo che, a differenza del revisionismo, non nega i fondamenti ideologici, ma semplicemente non li applica, agendo in modo diametralmente opposto a ciò che dice o scrive.
In entrambi i partiti si constata un fortissimo scollamento tra base e gruppi dirigenti, che sempre più spesso sono autoreferenziali e agiscono in base a logiche di pura convenienza personale. Bassissima, inoltre è la percentuale di militanti in rapporto agli iscritti.
La partecipazione di entrambi i partiti al secondo governo Prodi,dove nel 2006 hanno avallato i finanziamenti alle missioni militari a sostegno delle aggressioni imperialiste e alcune tra le peggiori misure antipopolari degli ultimi anni, la concentrazione della loro attività solo nelle istituzioni e in funzione elettorale, il loro ripiegamento in un dibattito puramente interno, quasi sempre incentrato sull’assegnazione di posti e cariche, hanno portato alla scomparsa totale della loro rappresentanza parlamentare con la sciagurata esperienza dell’Arcobaleno, un’eterogenea alleanza di sinistra generica che aveva come unico perno programmatico strategico la prosecuzione della fallimentare coalizione di centro-sinistra. Paradossalmente, sono riusciti ad ottenere l’esatto opposto di ciò che volevano, puniti da un elettorato popolare deluso e disgustato.
La nostra concezione in materia di parlamentarismo borghese, elezioni e alleanze è uno degli elementi che più ci differenziano strategicamente dal PRC, dal PdCI e dalla loro somma nella Federazione della Sinistra, il bambino mai nato che dovrebbe assommare le debolezze dei due partiti.
Un’analisi seria della situazione presente dimostra come il centrosinistra sia la forza che maggiormente e più pervicacemente ha rappresentato e promosso in Italia gli interessi del grande capitale europeo, industriale e finanziario, che più fortemente ha voluto questa integrazione europea e questa Unione Economica e Monetaria che oggi così crudelmente colpiscono i popoli e i lavoratori. Un’analisi seria dimostra che attualmente il PD e dei suoi alleati di centrosinistra sono i più convinti sostenitori del governo Monti, emanazione diretta della BCE e della Commissione Europea, il più antipopolare governo della storia della Repubblica Italiana, le cui misure stanno letteralmente distruggendo l’economia reale del nostro paese, condannando la maggioranza del popolo ad un immiserimento che gli toglie persino la dignità. Un’analisi seria dimostra che il massacro sociale a cui oggi assistiamo è il prodotto delle brecce aperte dai governi di centrosinistra (dalla legge Treu ai “suggerimenti” di Ichino, alle riforme del sistema previdenziale, allo scippo dei TFR, alla stessa adesione al Trattato di Maastricht) e dai cedimenti collaborazionisti del maggior sindacato, la CGIL, egemonizzato dal PD. Un’analisi seria dimostra, infine, che il substrato ideologico del ministro tagliatore di teste Fornero, quello che ispira la cancellazione dei diritti del lavoro, è costruito sulle elucubrazioni antioperaie del giuslavorismo di matrice PD.
La conclusione, per un partito che vuole ancora chiamarsi comunista, dovrebbe essere che nessuna alleanza è possibile con il PD e il centro-sinistra, con i massacratori sociali.
Così come non è possibile nessuna alleanza con quei partiti di pseudo sinistra che, sono ancora alleati col Pd nelle regioni e che cercano di trovare comunque uno “sbocco” di alleanza su scala nazionale come l’Italia dei Valori e Sinistra Ecologia Libertà,
L’abbandono dei principi del marxismo-leninismo, la conseguente perdita di autonomia ideologica e culturale, l’accettazione supina del parlamentarismo e della legalità borghesi, l’annacquamento della composizione di classe dei partiti hanno definitivamente deviato verso l’opportunismo più evidente il PRC e il PDCI, ormai disposti a qualsiasi cedimento e concessione in cambio di una qualsiasi poltrona, ben remunerata, nelle istituzioni o in qualche consiglio di amministrazione. Ne sia dimostrazione il fatto che, dopo aver appoggiato il referendum contro la privatizzazione dell’acqua e di altri beni pubblici, PRC e PDCI, in cambio del loro sostegno a coalizioni di centrosinistra alle ultime elezioni comunali di maggio 2012 (alleanza della FDS con il PD,in 23 comuni capoluogo su 26) hanno sistemato loro rappresentanti, retribuiti con denaro pubblico, nei consigli d’amministrazione di diverse authorities, incaricate proprio di avviare le privatizzazioni nonostante il contrario pronunciamento referendario! Ecco i trenta denari dell’opportunismo!
E sono proprio questi due partiti opportunisti – il PRC, membro della presidenza del Partito della Sinistra Europea ed il PDCI, che vi partecipa indirettamente come osservatore, – che continuano strenuamente ad opporre il veto alla partecipazione di CSP-PC alle Assemblee Internazionali dei Partiti Comunisti e Operai, forse perché temono di venire sbugiardati, anche di fronte ai loro stessi militanti, in un’assise comunista internazionale sulla loro reale natura e prassi politica.
Alcuni partiti hanno dato vita e sostengono organizzazioni estranee e spesso contrapposte al MCI, quali il Partito della Sinistra Europea. Stiamo assistendo ad un lento lavoro di svuotamento e paralisi del MCI, dove una sua componente si coordina attivamente al suo esterno in entità in cui, a nostro parere, si stanno strutturando in modo organizzato partiti opportunisti e revisionisti. Ad esempio la FDS italiana , alivello europeo, mantiene ormai quasi esclusivamente rapporti con forze non comuniste quali IU in Spagna, la Linke in Germania, Syriza in Grecia e via di seguito.
Crediamo che i partiti comunisti e operai fratelli che si riconoscono sinceramente nei principi del marxismo-leninismo e si battono realmente per la rivoluzione proletaria abbiano il diritto, per non dire il dovere, di organizzarsi altrettanto attivamente, creando un effettivo coordinamento, anche operativo, tra loro per contrastare l’attacco del capitale in modo efficace, per rilanciare la controffensiva proletaria a livello internazionale, per il Socialismo! Per il Comunismo!
Proletari di tutti i paesi, unitevi!
Viva la rivoluzione socialista!
Viva il Movimento Comunista Internazionale!