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CHI HA VINTO E CHI HA PERSO NELLA VICENDA SALVINI/OPEN ARMS
Giornali e tv infestati dalla notizia del giorno: Salvini assolto. Scatta l’ultima puntata della saga.
La trappola sta nell’accettare la contrapposizione fittizia, entrare nella diatriba giudiziaria e perdere del tutto i termini politici. Quindi perde chi cade nella trappola e vince chi ce lo fa cadere.
Andiamo per ordine.
MA DI COSA STANNO PARLANDO? INVASIONE SÌ/INVASIONE NO
Nessuno si è posto il problema che la partita giocata sui poveri 142 malcapitati sulla nave di Open Arms riguardava una cifra irrilevante rispetto al fenomeno dell’immigrazione illegale. Irrilevante, beninteso, non certo per quei poveri disgraziati oggetto di una indegna bagarre a loro spese. Però Salvini si è potuto intestare una battaglia “patriottica” facendo bella mostra di voler arrestare il vento con le mani, senza che nessuno chiamasse la neuro prima che la magistratura, e tutto il circo opposto secondo cui la verità politica è diversa da quella giudiziaria, senza che nessuno li mandasse a quel paese.
Come ha ricordato il Governatore della Banca d’Italia Panetta, e come confermano gli studi più recenti, non solo il saldo migratorio netto è inferiore al deficit demografico (quindi nessuna “invasione”), ma d’altro lato l’immissione di lavoratori a basso reddito e quindi a bassa capacità contributiva non può sostenere il peso del sistema pensionistico futuro. In termini semplici, occorre lavoro stabile e ben pagato, che faccia ripartire la possibilità di fare figli, e non continuare a usare i lavoratori stranieri per abbassare il costo del lavoro italiano.
Come conferma Mediobanca «… le aziende possono approfittare della forza lavoro degli immigrati per ridurre i costi e aumentare i profitti, generando inefficienze ed effetti negativi a lungo termine sulla crescita della produttività. E infatti … in Italia … un aumento dell’1% nella quota di immigrati extra-UE si traduce in una diminuzione media della produttività del lavoro di circa 0,5 punti percentuali».
DI COSA NON STANNO PARLANDO. IL PONTE E I TAGLI
Salvini, che viene a fare lo show a Palermo, è il responsabile del più grave scippo che questa regione, e con essa tutta l’Italia, sta subendo a causa del Ponte di Messina.
L’emendamento 80.039 della Lega ha alzato i finanziamenti del Ponte sullo Stretto di Messina di 2 miliardi netti (preventivo a 13,6 miliardi dagli 11,6 previsti) a spese soprattutto del “Fondo di sviluppo e coesione” (che va per l’80% al Sud), “contributo” che sale da 2,32 a 6,2 miliardi, in particolare per 1,6 miliardi nella quota destinata a Sicilia e Calabria. Ma a pagare in orizzonte pluriennale sarà tutta Italia. Gli stanziamenti dal 2029 in poi perdono 1,4 fra manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade di Province, Città metropolitane e Regioni, che gestiscono la parte maggiore della rete viaria.
Nella manovra per il Tav c’è un miliardo in più, così come un miliardo alle opere ferroviarie legate al Pnrr, due miliardi e mezzo a Rfi, due miliardi all’Anas. Grandi opere, grandi sprechi, tanti soldi. Piccole opere necessarie, tagliate. Decine di strade provinciali resteranno chiuse per frana, 80 Comuni resteranno praticamente isolati.
NEL FRATTEMPO A MESSINA …
Salvini sta facendo i salti mortali per far approvare dal CIPESS il progetto definitivo, nonostante i 60 rilievi della Commissione VIA e i ricorsi di sindaci e amministratori siciliani e calabresi, in modo da blindare il contratto con Eurolink, cosa che esporrebbe lo Stato a rimborsi miliardari in caso di recesso.
C’è chi però non crede al successo dell’operazione. O meglio crede che il ponte alla fine si farà, ma non verrà usato. La Caronte&Tourist ha presentato a Messina la nuova avveniristica e “ecologica” nave Pietro Mondello, costruita in Turchia e progettata in Norvegia, capace di 290 auto 35 articolati e 1500 passeggeri, per «completare e qualificare la flotta in servizio tra le due sponde dello Stretto».
MA, PER FAVORE, PARLIAMO DEL PROCESSO